venerdì 31 ottobre 2008

epici scontri

Bisogna concedere loro l'onore delle armi. Combattono bene la loro battaglia, bisogna convenirne. Usano mazze e bastoni con grande perizia quando non bastano i tornelli e i fucili per il momento li minacciano solo se non si farà il federalismo.
Lanciano grida spaventose dai giornali di famiglia e dai forum della Rete - che contano tra le loro file soldati valentissimi di retrovia: Doppiofuoco il Cinico, l'irsuto principe orrendo a vedersi uscito dai nuraghes dei Giganti e il prodigioso Megalorchis - che ogni sera esce dalla tenda e si fa sotto le mura e mostra il petto privo della corazza e lancia i suoi insulti ai singoli guerrieri silenti di là delle mura che la Notte oscura. L'amazzone sua regina balcanica l'attende nella tenda e riscalda gli olii avuti da Persefone coi quali il Megalorchis farà lunghi gargarismi che danno alla voce quelle risonanze orribili a udirsi e che terrorizzano i nemici dalle menti più fragili.
I Semidei Ordinatori mostrano nella prima fila urlante del campo di battaglia la truce Gelmini coi fulmini del padre Giove infilati tra le pieghe della tunica e Brunetta/Pièveloceachille capace di balzi prodigiosi colla spada tesa in avanti a infilzare qualunque categoria sociale gli si pari davanti.
Troia, l'inverconda città che difende i ladri di mogli (ogni riferimento al filosofo-sindaco è puramente casuale) va espugnata e i Semidei Ordinatori con le loro navi ancorate di fronte alla spiaggia hanno in serbo sorprese a non finire e ancora l'avvilente contesa delle armi tra l'Odisseo e il Telamonio Aiace è di là da venire.

Bisogna convenirne: si battono bene e l'Orda assassina dei maledetti Troiani che allagano le piazze e si rifiutano di indossare le prodigiose ali d'Italia e ognora chiedono soldi all'aulico Sforbiciatore del Capitalismo Compassionevole ('una manciata di briciole non si nega a nessuno' è il suo motto di sempre e aggiunge 'finchè ce n'è') non li spaventa e sempre respingono di là dei tornelli cogli scudi e le spade i maledetti guerrieri del Disordine Assassino spalleggiati dai Demoni della Sinistra Insania.
Lottano contro una società anarchica che non li ama dappoichè nelle lontane Origini del Mito si racconta che perpetrarono il Grande Furto delle Tasse Malpagate che impoverì i contadini dissecando le zolle e la conseguente Siccità diede inizio ai Tempi Calamitosi della Crisi del Sistema foriera di cento e cento guerre.
Non sono soli, si dice, si racconta. Nell'ombra, una moltitudine di sicari (oltre il settanta per cento delle popolazioni barbare, pare, si mormora) rimpingua le fila e sostituisce i Caduti ad ogni guerra.
Sono i Semidei Ordinatori.
Come Prometeo sulla rocca, si mangiano il fegato strappandoselo ogni mattina colle mani, ma, prodigiosamente gli rinasce ogni notte.
Sono condannati per l'Eternità dei millenni a provarci, a ordinare il poco del paesaggio sociale che lo spaventoso Caos dall'immenso corpo oscuro - che tutto avvolge - consente loro.
Nei sogni, durante il tormentato riposo, uggiolano i loro spaventi per il nascosto terrore di non essere all'altezza del compito, ma al mattino l'urlo di Agamennone sulla spiaggia silente li chiama all'imprenditoriale dovere di combattere.
Contro la Sinistra Insania e i suoi milioni di demoni, miei prodi! all'attacco!uccideteli tutti!

mercoledì 29 ottobre 2008

il senso delle cose

Se cercate di dare un senso alle cose che vedete e alle vite vostre e le altrui, andate a visitare una mostra di arte moderna. Se possibile, portateci i bambini.
Noi adulti fatichiamo a trovarne (di senso), in quanto ci accade - dalla politica alla famiglia e alla scuola - giunti al fatale mezzo del cammin di nostra vita e l'arte moderna ci è medicina.
Amara, ma medicina. Come dire: questo è quel mondo in cui viviamo e a noi uomini ri-creatori non è dato che di mostrarlo nelle sue filigrane dolorose e insensate.
Noi adulti ci soffriamo, ma i bambini, invece, entrano nelle installazioni, giocano, aprono le ante con gli specchi dentro ai labirinti colorati e, se potessero, toccherebbero tutte le strane cose che si espongono e i colori vivaci, vivacissimi delle polveri stese a terra, e scarabocchierebbero sui quadri e le tele vuote e gli ampi spazi bianchi delle pareti.
Il mondo salvato dai ragazzini, era il titolo di un bel libro di qualche decennio fa.
Forse è perchè il nonsenso del mondo non li spaventa, i bambini: ci sono abituati dalla nascita (ma perchè dare al sole, / perchè reggere in vita chi poi di quella consolar convenga... scriveva il poeta); li abituano i videogiochi che impongono loro gesti compulsivi (come i polli: imbeccati a forza h24 nelle stie degli allevamenti crudeli) e i litigi feroci e insensati dei genitori in famiglia e i bullismi che tocca loro sopportare dei compagni di banco.

E' la ricerca di senso il leit motiv della mostra 'Italics' in visione a Palazzo Grassi, ma davvero si fa una gran fatica a trovarne, pur ricorrendo alla lettura delle didascalie che accompagnano le opere e alle cuffie audio.
Morta l'arte di figura, il bel quadro di paesaggio e ritratto, restano questi incunaboli astratti e 'strutturali' che scompongono e riducono ciò che abbiamo sotto gli occhi a pure linee e punti, a strutture di ferro scarnificate e disossate, tele di iuta mostrate nella loro semplice trama di tessuto, video di grassi, grassissimi individui che nutrono la loro bulimia e il loro senso di morte prigionieri dell'appartamento dal quale non possono uscire perchè le gambe non gli reggono il peso.
Mairizio Cattelan ci mostra la miniatura della cucina in cui è cresciuto e si raffigura, metaforicamente, come uno scoiattolo morto suicida seduto al tavolo e la pistola in terra.

E' un'orazione funebre questa mostra, un miserere, uno stabat mater; dice il dolore di vivere meglio di quanto fa l'azione di governo di Berlusconi - castigo divino e penitenza dei peccati commessi che dà seguito postmoderno alle sette piaghe d'Egitto.
Se ne esce con un leggero senso di nausea e di spaesamento e perfino la giornata uggiosa e sciroccosa e l'acqua alta che monta impetuosa ci pare un conforto alla tristezza mortale narrata dal concerto di questi artisti italiani che vedono il mondo con occhi straniti e offesi dal troppo di brutto che fa la nostra vita di popolo e nazione.

Atridi


Aveva le chiome brune e lunghe che le coprivano le spalle ossute. Una ragazza qualunque tra le tante che camminavano lungo i marciapiedi gettando sguardi distratti alle vetrine e a chi le incrociava. Solo gli occhi mostravano un furore represso, un ardore che un primo piano cinematografico avrebbe esaltato, spaventandoci per l'intensità.
Era lei, Clitennestra, la regina offesa e vilipesa da un marito arrogante e vigliacco al punto da strapparle dal cuore una figlia soavissima, tenera come una cerbiatta neonata.
L'aveva voluta immolare sull'altare eretto sulla spiaggia davanti alle navi ancorate perchè il dio dei mari, il temibile Poseidone, favorisse la navigazione. Guerrieri, uomini d'arme violenti, avvezzi più al sangue di ferite inferte che alle dolcezze del talamo.
A nulla erano valse le grida straziate della madre e il suo accorrere disperato per fermare il coltello che tagliava la gola della vittima tenuta ferma da due soldati.
Spasmi di dolore e di morte offerti a invisibili dei crudeli.
Poi la pira, il furore delle fiamme e il suo furore immoto di madre, - furore e rabbia covata contro gli dei e gli uomini, contro coloro che danno la vita distratti e la tolgono poi sui campi di battaglia e irridono i vinti e stuprano le donne e ammazzano i bambini perchè progenie di future vendette.

Era lei, ne sono certo. Clitennestra, la regina dolente che non aveva atteso il marito-padrone di ritorno dalla guerra e, anzi, ne aveva mille volte invocato la morte - mille volte aveva sognato il lampo della spada o il sibilo della lancia di un troiano che gli aprivano il ventre, disperdendone il sangue e le viscere sulla rena.
Invece, era disceso dalla nave alto e forte come discendono i re vincitori coll'urlo dei soldati che ne celebrano la gloria. Aveva al fianco la sua schiava, preda di guerra: Cassandra, profetessa di sciagure.
La stuprava ogni notte, ansimandole sul collo il suo rantolo animale e ne riceveva le predizioni oscure del sangue suo che, presto, avrebbe intriso la terra della città su cui regnava.
Rideva, Agamennone, di quelle predizioni che credeva dettate dal rancore che nutre ogni vittima.
Ma non rise, bensì rantolò il suo impotente furore bestiale quando il coltello della moglie gli squarciò il ventre - disteso nella vasca del bagno e il traditore Egisto gli teneva fermi i piedi a fatica e le forti mani battevano l'acqua che lo affogava e il coltello della madre dei suoi figli gli cercava il cuore, gli tagliava la gola, lo macellava colla furia mai sopita della madre che vendicava il suo dolore lontano.
Non per amore di un pallido amante pusillanime uccise Clitennestra, ma per il dolore suo di madre.

Era lei, io l'ho vista aggirarsi sperduta per le strade della città moderna.
Guardava le vetrine, ma aveva lo sguardo febbrile pel ricordo di un dolore sordo che attraversava i secoli e i millenni e mi trafiggeva.

sabato 25 ottobre 2008

il ponte dei Caduti

Il Ponte dei Caduti, già di Calatrava ed ufficialmente 'della Costituzione' (per pervicace volontà del sindaco-filosofo) è un bellissimo oggetto architettonico. E' una sfida arditissima alla teoria della tettonica a zolle perchè -rigido e sinuoso nella sua lunghissima campata- poggia e scarica le tensioni del suo arco su quattro corti perni di metallo infitti nel marmo dei basamenti e già molto si discuteva, prima del suo laboriosissimo innesto, sul movimento occulto delle due rive dal Canal Grando che rischiavano di rovesciarlo di lato al minimo scotimento assassino di nostra madre Terra.

Come che sia, ora campeggia alto (ma non troppo) e lunghissimo ed elegante nelle sue costolature scheletriche color del sangue secco e mostra a chi passa sulla riva opposta il fitto formicare dei pendolari p.roma-ferrovia che sfilano coi cellulari all'orecchio (la maggior parte) e cadono per terra a mucchi, a decine, rovinosamente, tanto da averlo ri-nominato, verbo populi, 'il ponte dei Caduti'.

E' una esagerazione, ovviamente. Se contassimo le cadute accidentali sugli altri ponti della città che non interessano a nessuno (e meno ancora ai giornalisti dei quotidiani locali), supererebbero di molto quelle del ponte di Calatrava, ma si sa che ogni oggetto nuovo e diverso attira le attenzioni malevole di chi gli era contrario che ne distruggono la fama.
Certo è che se l'architetto catalano dovesse fondare la sua fama e il suo futuro operare sul ponte della Costituzione di commesse ne raccoglierebbe ben poche in giro per il pianeta.
E' un bellissmo oggetto architettonico, dicevo, tanto fragile e prezioso da aver bisogno di un cartello al suo inizio che dà le 'istruzioni per l'uso'. Niente carrelli pesanti e valigie al seguito che superino i venti chili e fate molta attenzione ai gradini.
Già perchè, per quanto illuminato anche la sera dalle sue luci soffuse, la conformazione dei gradini e il colore della materia pare siano la causa delle molte cadute e a me vengono in mente le irridenti battute dei nonni che, quando andavi a sbattere contro una mensola o uno stipite della porta, ti dicevano: 'Scantabauchi! Guarda che c'era lì anche ieri!'.
Ma tant'è, complici i telefonini che trasportano le menti dei cellular-dipendenti in un altrove di chiacchiere e desideri alieni, i 'bauchi' continuano a incespicare e a cadere a decine.
Si favoleggia anche di una 'ovovia' che risponderebbe al politicamente corretto rivolto agli handicappati (che brutta parola) o diversamente abili. A quando gli ascensori sulle più appetite vette dolomitiche per raggiungere più agevolmente le cime? Non costerebbe di meno (e sarebbe meno deturpante per l'oggetto-ponte) organizzare un servizio di navetta acquea per i rari casi di persone bisognose che volessero/dovessero transitare sull'altra riva? Con tutta l'offerta di volontariato che c'è in giro, anche il costo umano del servizio sarebbe ridotto a zero.

Un bell'oggetto davvero. Lo guardavo ieri e nei giorni precedenti da un lato e dall'altro e mi beavo delle sue curve sinuose e di come mutava forma secondo le posizioni dell'osservatore. Belli anche i basamenti in marmo: aerodinamici e lisci e caldi e a forma di prua di nave.
Peccato che davanti vi transitino migliaia di persone sempre di fretta perchè la banchina-fondamenta sotto al ponte avrebbe potuto ospitare i poeticissimi barboni che si vedono sui ponti della Senna a Parigi. Ecco un bel suggerimento (dati i tempi di crisi del sistema capitalistico) per chi progetterà il nuovo ponte dell'Accademia di cui già si parla molto in città.

Vi è da notare che, per i tanti 'bauchi' incantati dalla bellezza della città, le due punte della prua di nave sul lato di piazzale roma sono un ennesimo pericolo, tanto da aver dovuto mettere due vistosi vasi di fiori davanti ad evitare i cozzi - pericolosi più per i marmi eleganti che per le zucche dei 'bauchi' cellular-muniti.

Insomma, dopo l'enormità dei costi del prodigioso manufatto, anche la grande fragilità di un oggetto la cui estetica fa aggio sulla praticità che deve essere propria di ogni passerella o ponte destinato a un numero grandissimo di persone e alle loro esigenze pratiche.
Suggerivo a un amico di chiuderlo definitivamente e tenerlo chiuso e bello a vedersi a futura memoria - come un inno all'arditezza architettonica e alla insensatezza di amministratori sciupasoldi travolti da un insolito destino sopra un rosso 'ponte dei caduti'.

venerdì 24 ottobre 2008

le onde del Destino

Le onde del destino ci sommergono. Onde alte, di burrasca, che neanche i surfers più arditi reggerebbero a lungo sulla cresta. Sono le onde della crisi economica che ci affanna con i picchi delle borse sempre più in giù e gli stati nazionali che non sanno come fare ad arginare i fenomeni negativi connessi.
Chiude i suoi stabilimenti la Renault in Francia, taglia la spesa pubblica Chavez in Venezuela, in seguito al cadere della domanda di greggio. Ristagna e recede la domanda globale, crolla la produzione delle merci.
Mangeremo di meno e ci vestiremo di più per fronteggiare i rigori dell'inverno.
Montano i disordini sulle piazze: l'irrefrenabile allegria caotica degli studenti produce mirabilie di nonsensi e sensi nuovi e i semidei osservano corrucciati il degradare del loro disegno di Ordinatori.
Molti coltivano il sogno fradicio dei manganellatori di ogni tempo e luogo della storia: una robusta razione di legnate, l'olio di ricino che purga e libera dai fiati malefici della rivolta.

Ma la protesta degli studenti non è come la monnezza campana: non si può nascondere sotto il tappeto e militarizzare le piazze e le scuole presenta un più alto tasso di rischio di quello affrontato nelle piazze dei paesi che si opponevano alla riapertura delle discariche.
Chissà, forse il vento della rivolta riaprirà anche questo fronte di guerra sociale testè sedato.
Le onde del Destino hanno fragori e forze che ci sono sconosciuti e ci travolgono.
Nessuno degli osservatori di destra ha mai notato l'aspetto inquietante legato al governo del loro campione: la sfiga.
Quando va al governo Lui, caro Lei, succede di tutto e di più.
Crollano le borse e i mercati, cadono gli elicotteri, monta la protesta di piazza, ma, miracolo dell'insensatezza globale, continua a crescere il consenso politico attorno al Pifferaio Habilis.
L'insicurezza 'percepita' è malattia neuronica incurabile e si affida ai peggiori 'guaritori'.
Qualcosa di magico aleggia intorno alla figura dell'Unto.
Come i pazzi nell'antichità, come gli epilettici, si attira la sacra considerazione di chi teme gli dei della grandine e dei fulmini.
E' uno strano Ordine, in verità, quello che abbiamo sotto gli occhi: è l'ordine dei pazzi che credono di poter ordinare il Caos, di dominare le onde del Destino e sono, invece, fratelli e cugini stretti dei 'furbetti del quartierino' -capaci di fabbricare le demoniache pentole, ma incapaci di coperchiarle mentre il liquido infernale ribolle minaccioso all'interno.

giovedì 23 ottobre 2008

i semidei alla prova dell'Unto

Che impressione vedere/ascoltare il Premier gigione e che nomina ministre le sue puellae fare la faccia feroce e promettere sfracelli agli studenti e ai professori in rivolta!
Se non ci fosse il precedente del G8 di Genova e la narrazione delle efferatezze e delle torture e della vigliaccheria (evidenziata nelle inchieste e nei processi) di miserabili agenti-squadristi che hanno infierito sulle teste e sui corpi di vittime indifese, potremmo passarci sopra e ritenerle vuote minacce preventive di un personaggio impaurito dal montare di una protesta che può diminuire il suo consenso bulgaro (che i bulgari ci perdonino per questo accostamento con noi italioti che li umilia).
Invece eccolo lì, in video e in voce a reti unificate, il Mascella-volitiva-bis (perdonami l'involontario accostamento, Mellen). 'Manderemo la polizia nelle scuole e fermeremo la rivolta.' Uaao! Com'è duro Lui, caro Lei! Forza Premier, facci vedere, fletti i muscoli e i garretti!
Quadrato come le sue legioni di fans e supporters - la maggioranza silenziosa la dicono - e l'accostamento stavolta è con De Gaulle: altro Grande, ma almeno lì la statura - fisica e morale e politica- c'era.
Torna in mente la sfilata impressionante dei francesi e dei quarantamila della Fiat che fanno i miti poveri e asfittici di una destra capace di votare un Barabba qual che sia pur di veder garantito l'andazzo dei privilegi sulle spalle di altre categorie sociali.
Genti che amano l'imposizione dell'Ordine Pubblico col manganello per coprire le proprie rivoltanti private indecenze di evasori plurimi e capitalisti da tre palle al soldo che, alla prima crisi del sistema, squittiscono come topi impossibilitati a lasciare la nave che affonda.
O di genitori che, se il figlio fa il bullo a scuola e viene punito, insorgono contro i professori troppo severi, ma si scoprono 'educatori' quando il figlio, per uno strano caso della storia patria, si converte alle occupazioni e si schiera per la protesta.
Poi ci sono quelli che si affannano a mostrare la miseria degli slogans e l'infruttuosità di sempre delle occupazioni e il disordine e lo schifo lasciato da chi occupa le scuole e le università.
Tutto vero, tutto giusto, ma alla base di tutto ci sta un decreto Gelmini non condiviso e se una parte dei manifestanti è ingnorante e lassista e si lascia plagiare, un'altra corposa pars ha le idee chiare e, in ogni caso, è il Caos che impera da sempre nei moti di massa e muove gli animi e le masse nelle loro marcie di protesta.
I semidei ci provano a ordinare il Caos, è la loro condanna storica di figli di Prometeo che hanno ricevuto il fuoco sacro, ma perfino Alessandro il Magno -giunto ai confini dei regni infidi dell'India dei monsoni e zanzare e malaria- dovette ammettere che il Mondo era più grande di Lui che pure si diceva figlio di Zeus e parente stretto di Eracle. Qui, invece, siamo all'Unto del Signore.
Sarà interessante seguire il Declino e la Caduta di quest'altro semidio postmoderno, il Mascella-volitiva, figlioccio di Craxi Bettino a cui si presentava col cappello pieno di soldi in mano perchè gli approvasse il decreto sulle televisioni che fu base della sua Onnipotenza attuale.
Craxi Bettino, chi se lo ricorda più? Era un altro semidio, caduto nell'infamia dell'oblio, e il parallelo tra l'Unto e il Magno Alessandro non sembri troppo irridente.
Semplicemente, si dà il caso che molte delle storie che si ripetono, si ripetono in farsa - scriveva il Vecchio di Chio.

martedì 21 ottobre 2008

caro amico, ti scrivo (così mi rilasso un po')...

Mio caro Fabio,

ti devo una risposta in seguito alla tua esplicita chiamata di correo fazioso.
Ho avuto molto da fare dopo il mio ritorno e urgeva il riordino delle idee - doveroso dopo un viaggio che ci estrania dalla quotidianità e dalla avvilente italianità dei fatti e degli eventi.
Tu sei uno strano personaggio davvero, una sorta di ircocervo politico e del dibattito nei forum.
Fai ponte di qua e di là, non so se per amore del civile dibattere tra opposti (per me inutile perchè è muro alto con molti di voi destri) o per il puro, vandalico piacere della provocazione.
Certe volte mi sorprendi per come offri sguarnito il destro agli avversari e ti attiri la satira spietata e sapida di Castro (casteldi) e i ripetuti vaffa e i cazzotti virtuali di Creaxx e di Olivi.
Però qualcosa di buono riesco a tirarlo fuori dalle tue provocazioni e agisce nel mio confuso impasto neuronale (chi non è confuso in questi tempi di crolli delle Ataviche Certezze e delle più miserabili banche?).
Ad esempio mi attizza la tua lode del 'fare', del 'decidere' di questo governo di infami (nel senso dantesco de 'fama di lor il mondo essere non lassa').
Va bene il fare (sarebbe andato bene e meglio un 'fare' di sinistra se fosse stato nelle corde del precedente governo) ma anche il vostro, odierno mettere la spazzatura sotto il tappeto campano può andare, se di meglio il convento non offre. Le emergenze vanno fronteggiate, ne convengo.
E' bene notare, però che -con l'agire attuale- il percolato sotto la fragile crosta di terra e tutto ciò che ne consegue in termini di ecosistema falcidierebbe la più resistente forma di vita aliena che visitasse la Terra e, per certo, la sanità di acque e terre e aria in quei luoghi è concetto lontanissimo nel tempo e lo rimarrà a lungo.
Dici che Brescia anela alla spazzatura campana. Passa l'informazione al capo della protezione civile, ma non dimenticare di informare i tuoi concittadini del prossimo passaggio di tonnellate di rifiuti per i giorni e i mesi a seguire l'eventuale decisione. Potrebbero aver qualcosa da ridire.

Poi mi dici della lotta alla camorra di questo governo. Lotta a che, Fabio?
Pare, -si dice, si mormora- che un sottosegretario del vostro governo abbia avuto, abbia e, forse, avrà ancora sue speciali 'relazioni particolari' con tale sottosistema di governo della vita pubblica (la camorra) e sia indagato dalla magistratura.
Ma, già, a voi governativi della magistratura e della pochissima, vera 'giustizia' che amministra poco ve ne cale, - dal momento che avete approvato leggi ad personam per far tornare sulla scena politica e prossimo giudice-capo della Cassazione quell'onesto e perseguitato (sic!) Carnevale che diceva peste e corna e insultava 'i Dioscuri' Falcone e Borsellino - dopo che aveva ammazzato con i suoi 'garbugli' di virgole fuori posto sentenze a decine che inchiodavano i mafiosi notori alle loro spaventose colpe e omicidi e cadaveri disciolti nell'acido o murati nei piloni di sostegno dei cavalcavia.
Vediti e ascolta le pacate parole di Travaglio in proposito -è un video che puoi trovare sul sito di Micromega- e finiscila, una buona volta, di dire peste e corna e insultare un giornalista coraggioso che, come la Gabanelli, mostra e dice pacatamente tutto ciò che è sano e giusto dire sulle male cose che accadono sulla scena politica e di questo governo di malnati e scalzacani.

Come vedi, la mia 'faziosità' ha corpose basi e argomenti per non approvare le cose del vostro odierno 'fare' e 'decidere' e sono ben altri i comportamenti virtuosi che potrebbero sospendere e mutare il mio giudizio di condanna su tutta la linea che vi riguarda.
In primis il correre via e la nessuna vergogna e 'nostra culpa' sul fatto che a capo di questo governo di infami vi sia un Barabba notorio che ha inquinato la vita pubblica e perfino l'idea stessa di moralità politica di questo paese e si è letteralmente 'comprato' la politica.
Sono le mie giaculatorie di sempre, è vero, ma corrispondono al vero di sempre, al permanere di una spaventosa immoralità politica di base: uno zoccolo duro, durissimo, sul quale avete fondato il vostro 'fare' e 'decidere' e plaudere al Barabba qualunque cosa dica e faccia.
Da ultimo, a favore dei malnati di sempre: quelli delle banche che hanno privatizzato i profitti e ora pubblicizzano le perdite con l'inaudita minaccia di un crollo del Sistema Capitalistico e ancora gli imprenditori piagnoni - che ognora questuano aiuti di stato e sospensioni degli accordi europei sul clima.
Pollice verso, caro Fabio, pollice verso e via libera ai leoni nel Circo Massimo, se, vivaddio, tornassero di attualità quegli antichi ludi crudeli.

lunedì 20 ottobre 2008

le rovine di un mondo


Aggirarsi tra le rovine di un mondo e provare a ricostruirne le forme e i suoni e le voci con la fantasia è impresa deprimente quant'altre mai.
E' più facile costruirne uno nuovo-nuovo con la fantasia e il kit della narrazione fantascientifica perchè la tabula rasa dell'immaginare consente l'incongruenza e dar vita qualsivoglia ai mostri nuovi è più agevole che 'mostrare' la vita che è stata nel suo rigore di altro da noi, dalle nostre fantasie.
Ha ragione Shakespeare: 'Ci sono (state, n.d.r.) più cose al mondo di quante la vostra fantasia di uomini sa immaginare.' (libera citazione).
Ecco: aggirarsi tra le rovine di una antica e gloriosa cittade e provare a tirar su un muro e poi un tetto e gli interni della stanza da una misera fondamenta polverosa che perimetra uno spazio ristretto è impresa da archeologi. Impresa nel senso titanico del provarsi a ricostruire, dare forma improbabile al palazzo/tempio minoico o miceneo o neolitico, secondo la profondità dello scavo e la quantità/qualità dei ritrovamenti.

Poi vai a guardarti il video della ricostruzione virtuale nel museo annesso agli scavi e stupisci dei colori, degli affreschi di straordinario impatto formale e coloristico e ti avvilisci perchè tu da solo non saresti mai stato capace di arrivare neanche vicino e una tale fantasmagoria di luci e colori e voci e dialoghi e grida e sangue versato e dolore universale che attraversa i millenni di tragedie dallo straordinario impatto emotivo (sui contemporanei e su noi moderni) come la saga degli Atridi: Atreo e Tieste, Agamennone e Clitennestra, la madre straziata da un sacrificio umano insensato e arrogante di un guerriero rozzo e cialtrone - affogato nel suo sangue dopo il trionfale ritorno e aveva al seguito la schiava-moglie Cassandra, triste profetessa tracia di infinite sciagure.

Dovremmo lavorare di più sul passato per avere lumi sull'avvenire, ri-costruire la vita e le opere dei progenitori molto più e meglio del poco che osserviamo nei musei e nelle mostre delle nostre moderne città perchè -come nota una scrittrice-, le storie che immaginiamo sono il pallido riflesso delle storie che già sono state, una loro ripetizione - spesso farsesca e povera di pathos e di fascino.

Ecco spiegata la ragione dell'angoscia di uno scrittore sulla pagina bianca che si deve riempire di segni e graffiti significanti: avere coscienza di scrivere una storia già detta, ma con la capacità (che è di pochi) di farla credere nuova e diversa.
Così, passando per la cruna dell'ago di un passato che non ci è chiaro, le spalle rivolte al futuro, possiamo predirlo ed esorcizzarne le prossime sciagure.

domenica 19 ottobre 2008

le chiesuole dimenticate da Dio


Certe chiesuole di piccoli villaggi dimenticate da Dio (e dagli uomini) hanno più fascino dei monasteri-fortezze di Rila o delle Meteore - dove schiere di pasciuti devoti cicaleccianti si recano al pascolo religioso coi barbuti pastori del paese di provenienza e si comportano peggio delle locuste sui campi del grano maturo.
E' curioso come si voglia salvaguardare l'affresco di un san Gregorio o dell'arcangelo Michele dell'anno mille (sopravissuto alle barbarie delle truppe ottomane e all'umidità dei mille inverni) dagli effetti dei lampi dei flashes e sia consentito alle locuste devote (più le donne) di toccarli con le mani avide di grazie e guarigioni e/o di baciare i piedi delle icone sputacchiandoli.
Moltiplicate per diecimila-un milione questi passaggi 'santi' di mani e bocche di popolo e poi chiamate il restauratore per gli avvilenti aggiustamenti del caso.
Misteri della fede e contraddizioni in seno al popolo che tanto sono care ai monaci di ogni era e latitudine e religione.
Però il canto dei monaci che si leva dal convento annesso a cui non hanno accesso i visitatori apre il cuore alla speranza.
Non è tutto da buttare questo retaggio antico dell'oppio dei popoli se è capace di insorgere dalle pieghe dell'anima confusa e smarrita e sollevarla in un misterioso 'alto' - col solo levarsi delle voci imploranti od osannanti le bellezze e le gioie ricevute in terra dal Pancreatore.

Poi ci sono i colori dell'autunno: folgorazioni di colore, fiamme di luce arboree che ritroverò sui monti del Pindo e che nutrono le mie passeggiate all'alba lungo i sentieri verso il monte.
Dicono che si possa incontrare l'orso bruno da queste parti e certe vistose tracce di escrementi lo confermerebbero, così come l'odore di carogna che si leva da dietro un muretto di un'antica casa abbandonata sulle pendici del monte. Mi sono sempre chiesto che bisogna fare di fronte a certi incontri ravvicinati del primo tipo: quello primordiale col predatore più grosso e forte di te che giri disarmato. Suggeriscono di alzare alte le braccia e agitarle per mostrarsi più alti e aggressivi -come fa il gatto col cane quando inarca la schiena e soffia- ma temo che l'esito sarebbe comunque funesto se il plantigrado è a digiuno da troppi giorni. Vano è opporsi al destino, se è questo che ha in serbo per te.

La sera, a tavola, guardo le immagini del telegiornale prive di audio perchè in taverna si ascolta la musica di sempre e aspettano l'inizio della partita della nazionale. Passano le immagini terrificanti (si fa per dire) dello Sconquasso del Sistema Capitalistico e la Grande Caduta delle Banche ed è tutto un rimando di pareri di dotti economisti e di esperti delle cartacee cose bancarie che hanno truffato e ridotto in miseria i gonzi risparmiatori di tutto il mondo.
Cerco di immaginare quel si dicono con quelle facce da funerale di terza classe poichè i caratteri cirillici mi sono ostici, ma già il menarla oltre la mezz'ora la dice grave, gravissima: malattia semi mortale; una sorta di Ebola economica con i governi che mettono le mani nelle tasche dei contribuenti per salvare i grandissimi cialtroni che hanno privatizzato i profitti e ora si aspettano di pubblicizzare le perdite colossali.
Dite che i plotoni di esecuzione delle rivoluzioni che si sono fatte nella storia sono un tantino eccessivi per certuni personaggi di nostra conoscenza?
Alla fine non resisto e chiedo al ristoratore di azionare il satellite e farmi ascoltare almeno i titoli del nostro telegiornale -tanto all'inizio della partita manca ancora mezz'ora.
Ci credereste? A fronte di quaranta-minuti-quaranta di approfondimenti della televisione macedone -con ripetuti contatti con gli esperti della Cnn e fior di professori universitari-, il nostro Tg1 liquida la cosa con un titoletto breve-breve in cui si dice che da noi le banche non sono troppo esposte e si fregano le mani per il nostro essere solo leggermente influenzati perchè collocati alla periferia degl'imperi finanziari in fragorosa frana.
Miracoli dell'informazione nell'era berlusconiana-bis!
Grande Italia, paese di Pifferai magici e felici beoti al seguito!

sabato 18 ottobre 2008

people (due)

'La prima classe costa mille lire / la seconda cento / la terza dolore e spavento / puzza di sudore dal boccaporto / e odore di mare morto....'
Qui non è questione di Titanic nel suo viaggio inaugurale, ma la terza classe esiste eccome (la chiamano eufemisticamente 'passaggio-ponte') e, se non il dolore e lo spavento, di certo è manifesta la puzza di sudore e il fumo delle sigarette e il pavimento bagnato dall'umidità del mare ottobrino e sporco della fuliggine dei camini che fumano a getto continuo.
E' un'incessante lavorio di pistoni di sotto e la nave vibra di tutti le sue ringhiere e tavolini e chissà il consumo del gasolio o della nafta o che altra dannata, inquinante brodaglia di carburanti si mangiano i grossi motori delle navi che poi sputano sù nel cielo azzurro.
Le chiamano 'autostrade del mare' e gli armatori pompano (c'è perfino un concorso internazionale sul tema riservato ai giornalisti) sulla necessità di incentivare i traffici marini per liberare quelle di terra ma è una minchiata di prima grandezza perchè il mare è, per definizione, il vuoto degli ampi spazi: orizzonti di cielo chiaro che sfumano nel liquido blu che se ne nutre e lo specchia e riempirlo di alti condominii viaggianti e sbuffanti sarebbe un delitto da ergastolo.

La gente più strana (ma lo siamo tutti a modo nostro) si raduna qui a poppa e si prepara i sacchi a pelo e qualcuno -due arabi-viaggiatori a loro modo eleganti- perfino un letto matrimoniale sopra al supporto di un materasso alto sessanta centimetri e gonfiato chissà come, con le lenzuola ripiegate di sotto e le coperte come un letto di casa e il tavolinetto/comodino con la teiera ornata e fumante : una vera chicca.
Il brutto dell'umanità qui è esaltato dall'assenza di regole e i motociclisti -che dentro ai saloni si danno un minimo contegno- qui fuori sbracano e sbevazzano birra e ridono a piena ganascia e si danno gran manate sulle spalle e fumano come due turchi (o un greco) o un idraulico tedesco in provvidente crisi suicidaria.
Bisogna averci un budget di viaggio davvero molto basso per ridursi a convivere con quest'umanità trista e avvilente/ita - sia pure per sole ventiquattro ore, ma, a guardare bene nel mucchio, ci vedi anche la coppia dei giovani innamorati (tre decenni fa li avremmo chiamati 'hippies') desiderosi di una vacanza 'diversa' e poetica al modo che solo a una certa età si può immaginare.
Beata gioventù! capace di tolleranze e convivenze che non sono più nelle mie corde.

Sfilano a destra le coste albanesi color del bronzo e prive di un solo albero. Se li sono bruciati tutti durante il comunismo di Enver Hoxha buonanima e ancora dopo la sua caduta e sul monte basso e tondo vedi i disegni in controluce dei tratturi delle greggi che furono e vi transitarono per millenni - mangiate anche quelle fino all'ultima capra.
Sono stato in Albania per un solo giorno - giusto un cambio di un bus, zaino in spalla, già prossimo al confine greco - e osservavo gli sguardi straniti degli indigeni nella stazione dei bus (sosta di un'ora).
Faceva tanto panda rinchiuso nella sua gabbia allo zoo e i miei sorrisi non ottenevano ricompensa, ma solo una più allarmata curiosità di chi si chiedeva tra sè e sè che strana gente davvero gira il mondo.
Già. La più strana. Dove meno te la aspetti.
Viva la biodiversità capace di miracoli.

venerdì 17 ottobre 2008

people


Di gente ce n'era fin troppa, considerata la stagione turistica che chiude. A Corfù sono saliti tre autobus, ingoiati in un fiat dalla pancia del traghetto. Due di tedeschi e uno di olandesi. Gente di età avanzata, allegra, dalla lingua ostica e oscura, ma è la lingua di Durer, di Cranach, di Goethe, di Kant e Leibniz - per quanto di quei dessi nelle teste di coloro non rimanga molto, credo.
Quando discutono, i tedeschi di rango ed estrazione popolare, sembrano tutti conferenzieri, anche se si raccontano dei dolori di pancia e della schiena e della notte maldormita, ma questi qua mi ricordano le pitture dei pazzi e dei contadini nelle taverne fumose di un Bosch o di Brueghel il Vecchio e il Giovane. Bitorzoli sui visi e rughe profonde, guance rossiccie, pance gonfie, seni pesanti, gesti volgari.
Fortuna che la nave era italiana e le zone non fumatori erano maggioritarie.
Ridevano molto ierisera nel salone, - le donne col fastidioso modo anatroide che in Campidoglio risvegliò i valorosi e fieri difensori e li avvisò che i Barbari erano lì fuori e cominciava un'altra epoca per Roma e l'Impero.

Stamattina, seduto sulla panca a lato della 'reception' li guardavo sfilare davanti a me - obbligati dalla struttura della stanza a passarmi davanti come nelle Forche Caudine - e non uno che ricambiasse i miei sguardi (critici?) e il sorriso.
Indossavano i loro corpi malamente, con poche eccezioni e tutte di gioventù sbarazzina o di infanzia beata.
C'erano i figli bellissimi di un tale, un olandese forse, che lo seguivano biondissimi e imbronciati e dietro la giovane moglie/madre con in braccio l'ultima nata. Indossava una fantastica gonna gitana, due dita di ventre scoperto e un culetto da urlo e si mostrava divertita per tutto quell'andirivieni di folle variopinte e cicaleccianti nelle diverse lingue.
Il padre/marito aveva l'aria assorta da intellettuale dalla Magna Grecia; teneva i capelli incolti e spettinati all'indietro e sembrava indifferente al regalo straordinario che madre Natura gli aveva fatto di una tal moglie e quei figli.
Passava e ripassava quasi per dispetto un grasso motociclista con la sigaretta perennemente accesa con già addosso i pantaloni da attraversamento delle Alpi a tutta velocità - il tipo, per intenderci, incurante delle croci stampate sui manifesti stradali in Tirolo che ammoniscono i ribaldi della pericolosità del loro andare e curvare mezzo stesi a terra di possenti centauri.
Come per l'avviso del cancro sulla scatola delle sigarette, l'incidente e la morte sono cose che accadono agli altri, salvo lodevoli eccezioni.
Viso butterato, pancia immonda, coscie da bull texano, capelli incongruamente lunghi e grigi legati dietro la nuca da un elastico. Idraulico di Norimberga o stagnino/fabbroferraio di Colonia. Tutte le sere a bere litrate di birra in compagnia e quel corpo e viso che comprimono l'anima che a guardarli riflessi nello specchio la mattina fan venire la nausea e inducono riflessioni amare su 'chi siamo', 'dove andiamo' (se andiamo da qualche parte) e via elencando delle filosofiche quaestio.

Indossiamo i nostri corpi con malagrazia, li trascuriamo, li affidiamo alle lusinghe di cibi appetitosi e alcool e fumo (e donne sbagliate?) e il risultato è che, passata l'età di mezzo, la maggior parte di noi si presenta all'appuntamento impietoso degli sguardi del prossimo con un'inconfessata vergogna di essere evoluti a quel modo, - irrimediabilmente immemori dello splendore dei corpi giovanili e solo capaci di stupire e fermarci ammirati per lunghi minuti davanti alle sculture straordinarie di Fidia e i suoi contemporanei nelle meravigliose stanze del National Museum.