giovedì 28 ottobre 2010

l'ufficio di collocamento

C'è ancora chi lo chiama 'gossip' ma basterebbe esportare il caso Berlusconi-Ruby in Francia, Germania o dovunque vogliate per ottenere quello specchio di comportamenti pubblici di livello medio che dicono il nostro presidente del consiglio impresentabile macchietta ridicola nel consesso internazionale e perciò questione eminentemente politica.
Andate a leggervi il fondo di Gramellini sulla stampa – giusto per averne un'idea e ridere a denti stretti.
Gossip è chiacchiericcio sciocco, da 'Eva 2000' e negozio di parrucchiere, ma le cronache che vengono da Arcore e Palazzo Grazioli e villa Certosa ci raccontano di un puttanaio-Italia fitto di lenoni e prostitute che nella persona del presidente del consiglio hanno trovato un intero ufficio di collocamento e l'ultima in ordine di tempo – dopo le ministre ex veline e 'da sposare' (Berlusconi dixit versus la Carfagna)- è la sua 'igienista dentale' e, detta così, viene il sospetto che il satrapo nostro nazionale non sappia nemmeno pulirsi i denti collo spazzolino e il colluttorio, ma intanto la bella 'igienista' siede nel consiglio provinciale di una metropoli e e neanche la soddisfazione che l'igiene dentale la vada a insegnare negli asili-nido - che almeno se ne avrebbe una ricaduta sociale del denaro pubblico che si spende per mantenerla in quel posto.
E chissà dove siederebbe la sua 'massaggiatrice' personale – se ne esiste una, ma il sospetto è che ne cambi una a sera, ad Arcore o a palazzo, e facciano a gara, la schiera di belle donne e il suo harem di veline e conduttrici televisive, a 'ripassargliela' al modo delle tailandesi – e deve essere verbo comune nell'entourage del premier 'dare una ripassata a Francesca' come ci faceva ascoltare il bravo Bertolaso nelle indimenticabili intercettazioni ultime scorse.
E' un 'caso politico' e non gossip l'aver trasformato questo paese in un puttanaio - col di più di ritrovarci le sue preferite sedute in parlamento o nei consigli provinciali e regionali a carico del pubblico erario.
E' un caso politico l'aver ridotto una malandata democrazia europea al rango di una satrapia mediterranea 'bungabunga' – come pare si rida in Libia, Marocco, Egitto per dire dei vizietti privati dei dittatori locali e inamovibili capi di governo.
E massimamente politico è il caso dell'aver interrotto un riconoscimento di polizia in una questura col più classico dei vituperati clichè italici :'Lei non sa chi sono io!'
Ed era il presidente del consiglio dei ministri che si spendeva in una azione di 'bontà' (lui aiuta chi è nel bisogno; si passino parola i vari clandestini in gravi difficoltà colle questure) e raccontando, per meglio convincere gli allibiti agenti in servizio, che quella tale con la bocca rossa e splendidamente carnosa e viso da vamp era, nientepopodimeno, che una nipote di Hosni Mubarak. Magari alla lontana.
E lo chiamano 'gossip'.

martedì 26 ottobre 2010

odio e odiosità

Anche l'odio contro l'ingiustizia stravolge il viso e fa rauca la voce, recita una bella poesia di B.Brecht (A coloro che verranno) e non vi è dubbio che molto di ingiusto e di falso, odiosamente falso, abbiano espresso, continuino a esprimere ed esprimeranno questi nostri tempi infami.
E che i nostri visi si mostreranno - come già si sono dimostrati ampiamente – 'stravolti' e rauca la voce per l'ira.

Iterare la menzogna politica e dirla 'professionalmente' in video e in voce era uno dei compiti squalificanti, avvilenti, mortificanti la sua piccola anima quotidianamente, di Daniele Capezzone e l'ira montava di fronte a quelle sue frasette cretine, alle veline concordate cogli altri portavoce e recitate col faccino da bravo ragazzo diligente e capace di dire l'infame poesiola fino alla fine senza impaperarsi.

Forse hanno ragione i commentatori a dire che un pugno in faccia non si fa, non si deve dare, ma è indubbio che quel desso una 'faccia da schiaffi' ce l'ha: perfetta, rosea, tonda – e una voce da 'tre palle un soldo' come quella del suo patron politico; una voce allenata da anni alla menzogna politica spudorata e 'da ricacciargliela in gola'.

E' vero che bisogna sapersi controllare e contenere la rabbia quando monta di fronte a tanto marciume politico sfrontatamente esibito nei video e sui giornali, ma perfino Cicero sbottava in Senato : 'Usque tandem, Capezzina, abutere patientia nostra!?' (o era Catilina?)

lunedì 25 ottobre 2010

sol chi non lascia eredità di affetti...

costellazioni familiari



Sarà perchè cadono le foglie che il mondo dei morti si appressa ai viventi e i cimiteri si ri-animano e ci sentiamo partecipi di un destino comune: il lasciare il posto alle generazioni che seguono e promettono un destino migliore a quell'accozzaglia tragica di rissosi e opposti di fedi che siamo e ci fregiamo di essere 'umanità' con un comune destino di 'magnifiche sorti e progressive' ?



Non ho mai amato i cimiteri e quel verso del Foscolo ' sol chi non lascia eredità di affetti poca gioia ha dell'urna' mi inorridiva perchè nessuna gioia bensì il dolore del nulla che paventiamo e ci angoscia è contenuto nell'urna cineraria e nella repentina scomparsa dei corpi nostri e anime dalla disgraziata crosta che ci ospita.



Perciò tra le tombe dei cimiteri ci cammino veloce, e la massa dei 'più' che giacciono con quelle loro espressioni improbabili definite nelle foto mi spaventa e mi chiedo quanto sarà affollata la valle di Giosafatte e mi coglie uno schizofrenico riso interiore se penso alla battuta del nostro miglior comico che si finge il Pancreatore e grida colle mani a imbuto sulla bocca : 'Ferrara (Giuliano), spostati! che là ci devo mettere i cinesi!'



Mia suocera mi guarda con un sorriso dolce e rassegnato. E' morta da poco più di un anno e la tomba è ancora in disordine. Gliel'ho fatta io quella foto e la mostra monda dell'atroce dolore lungo tre anni che ha torturato la sua agonia. Abbiamo bisogno di dimenticare il dolore e la sua atrocità.



Era una roccia quella donna. Ha seppellito tutti i suoi fratelli e al funerale, mi dicono, c'era una folla che si ricordava ancora della tragedia che l'aveva colpita quando in pancia aveva l'ultima sua figlia, mia moglie: un'automobile impazzita, guidata da un ubriaco, falciò suo marito di ritorno da un imbarco ed erano entrambi profughi da pochi anni – istriani che si erano costruiti una casa e una vita migliore senza troppo ricorrere agli aiuti che lo stato italiano volle per i suoi concittadini che scapparono dalle foibe e dal comunismo titino che prometteva miseria.



Negli ultimi anni che abbiamo passato insieme mi chiedeva spesso di armare la sedia a rotelle e di condurla qui, nel regno silenzioso dei morti che la chiamavano con sempre maggiore insistenza.

Si riconosceva di più in quei visi fermi delle foto di persone di cui mi raccontava tutto che nelle facce dei vivi che le passavano accanto e non erano più il suo mondo favoloso in cui la sua mente sempre la riconduceva.



Non era persona di facile convivenza, forse nessuno lo è, ma abbiamo mangiato e chiacchierato e riso insieme tante di quelle volte da scriverci un libro e l'estremo saluto e un volatile pensiero di commiato erano d'obbligo – come quello che finalmente mi decisi a dire a mio padre dopo quindici anni di assenza dalla sua tomba e neanche al suo, di funerale, avevo voluto partecipare.

venerdì 22 ottobre 2010

gli imbecilli del cavaliere

22ott2010 Il Cavaliere e gli imbecilli (di marco bracconi)

Nella intervista alla Faz Silvio Berlusconi svela un retroscena che ai più, in queste settimane, era sfuggito: “Il Lodo Alfano? Io non l’ho mai chiesto”.

Davanti a questa frase una parte consistente degli italiani – e credo perfino dei lettori tedeschi – avrà l’impulso immediato di sbellicarsi dalle risa. E invece c’è poco da ridere. Perché la frase del Cavaliere, dietro la sua palese assurdità, dimostra tre cose.

Primo: Silvio Berlusconi, capo del governo italiano, considera i suoi concittadini degli imbecilli.

Secondo: tanti dei suddetti concittadini continuano a farsi trattare da imbecilli senza fiatare.

Terzo: tutti quelli che invece trasecolano per l’assurdità proferita dal premier penseranno una volta di più che i milioni che lo votano sono imbecilli.

E questo non solo fa malissimo all’Italia, ma non è neanche vero.

p.s.
Che sia vero? Che, beccati col cerino in mano e una tanica di benzina aperta e con lo stoppino di fuori, ci hanno soffiato su in fretta-in fretta e l'hanno fatto cadere a terra e calpestato e coperto di foglie e terra fingendo di zufolare una qualsiasi melodia? E, interrogati su cosa contiene quella tanica, rispondono in coro, uno via l'altro: Pinot grigio!', - dato il colore paglierino ma vagamente rosato del liquido contenuto.

Gli 'uomini (e le donne) della libertà' di cui al partito di riferimento se stanno ignudi in miserevole fila a rimirarsi gli osceni piselli e le patonze e le orribili panze e le miserevoli crepe di cellulite sulle cosce e sui glutei, vergognosi/e di quella loro improvvisa nudità e c'é chi unisce le mani a nascondere le vergogne, chi prova con una gialla foglia di platano ed è bastata una dichiarazione piccola-piccola di Napolitano sul fatto che una persona onesta e dabbene non ha bisogno di 'scudi' speciali e 'lodi' più o meno costituzionali per metterli tutti in riga e dirli vergognosi e più nudi del re a cui tuttora reggono... (che gli reggono se il loro re è nudo peggio di un verme? I regali, satrapici 'cosi' mollicci e schifosi?)

Silvio Berlusconi, colto colle mani sulla refurtiva politica, lascia il sacco del denaro rubato nelle mani del povero Alfano, suo servo sciocco, e del Ghedini-fido consulente per le leggi buone a evitargli ogni processo (passato, presente e futuro) e rilascia una dichiarazione giurata a un giornalista tedesco per dire che lui non ha mai pensato a una legge ad personam – mai, lo giuro sui miei figli- e siamo noi maliziosi comunisti ad aver pensato male, ad aver calunniato quell'onest'uomo e i suoi sodali, i suoi servi fedeli, i suoi tragico-ridicoli laudatores nei forum de 'menomalechesilvioc'è'.

E adesso, pover'uomo? Che farà il re nudo di fronte a tanto scempio di regalità coi ragazzini che gli corrono intorno coglionandolo: 'Il re è nudo! Il re è nudo!' ?
Rovescerà il tavolo? Invocherà le elezioni subito? Chiamerà a raccolta i suoi soldati inebetiti da tanta malvagità che li circonda, da tanti giudici comunisti e comunisti tout-court che lo vogliono in tribunale a difendersi dalle imputazioni come un comune cittadino? Che onta, o Grande sire di denari! Quale incancellabile offesa alla sua maestà!

giovedì 21 ottobre 2010

uscire a riveder le stelle

Il mondo tutto intesse una creatività illimitata e basta uno sguardo anche distratto al mondo dell'arte o a quello delle quotidiane applicazioni e nuove invenzioni della tecnica per averne contezza.
Gli astronauti che vanno in orbita a riparare o integrare di nuovi circuiti il telescopio spaziale Hubble (che ci dà immensa gioia colle sue rivelazioni di affascinanti nebulose e galassie a spirale e lune di Giove indefessamente orbitanti nel silenzio cosmico) ne sono l'apice e il meraviglioso vertice - la traduzione tecnologica dei medievali versi '..e quindi uscimmo a riveder le stelle.'- ma, nello stesso palazzo veneziano che ospita la mostra sul telescopio spaziale (l'istituto veneto delle arti e delle scienze in campo s. Stefano), possiamo osservare una mostra che illustra un altro campo di applicazione dell'umana creatività ed è quella di un prestigioso istituto della capitale francese che ai suoi migliori studenti ha prestato il palcoscenico internazionale di Venezia per dimostrare di quante diverse forme e arti diverse possa fregiarsi la creatività di ognuno e tutti.

E dispiace vedere i locali vuoti a fronte di tanta magnifica offerta culturale e vi si mostrano film d'animazione di tale professionalità e bravura e brillante inventività che solo trent'anni fa avrebbero fatto gridare al miracolo della scienza e della tecnica, ma oggi si proiettano a sala vuota, privi dell'attenzione che ne premierebbe i giovanissimi autori e li riconosca artisti futuri di prima grandezza.
E, per contro, osserviamo che 'l'arte della politica' si mostra come il luogo della polis che raccoglie tutto il peggio e l'infame e lo schifo del vuoto di fantasia e del malaffare al potere e, invece di sovvenzionare -come si deve- le migliori scuole e i migliori studenti e i talenti della ricerca artistica e scientifica si tagliano i fondi e li si dirotta verso il Ministero della difesa per le guerre insensate e gli armamenti assassini.
La mostra su Hubble e le meravigliose galassie e le stelle fredde e caldissime e le nebulae lattiginose ci raccontano il silenzio stupito del futuro che non vedremo perchè ancora ci aggiriamo nei gironi infernali di un presente asfittico e siamo ben lontani dall'uscire 'a riveder le stelle'.

sabato 16 ottobre 2010

metafore da pescatori di fiume

C''è un aspetto di stupidità nel comportamento della gens berlusconiana animata da 'spirito di servizio' anti democratico e che sembrano agire 'più realisti del re' – ma il gioco delle parti tra Ghedini-il-tollerante e Masi-l'incaponito li smaschera e basta riascoltare le intercettazioni che si volevano vietare con legge ad hoc tra Masi e il garante delle telecomunicazioni (di nomina berlusconiana lui pure) ed ecco sciorinato il volgare disegno censorio, il progetto perseguito a testa bassa e furia da bisonti di far fuori Santoro costi quel che costa per gli incassi pubblicitari dell'azienda.

C'è qualcosa di stupido, dicevamo, in quell'esporsi tracotante e privo ormai anche della foglia di fico dell'essere 'direttore generale' e plenipotenziario di un'azienda pubblica che dovrebbe competere con programmi di qualità con le reti mediaset rigurgitanti, invece, di soli programmi d'intrattenimento per beoti e nullafacenti.

Difficilmente Masi la spunterà contro Santoro e la richiesta di arbitrato avanzata da quest'ultimo consentirà la messa in onda della trasmissione e lo smacco non sarà privo di quelle conseguenze politiche che conseguono al rozzo e vergognoso tentativo di chiudere la bocca al maggiore competitore del dittatore mediatico con un 'uso criminale' dei servi sciocchi Masi e Minzolini - piazzati nei posto strategici per ridurre l'intera platea televisiva a 'panem et circenses' per il popolo bue disinformato e plaudente e grande finale a 'tarallucci e vino'.

C'è un redde rationem per ogni cosa in questo nostro mondo complicato e pazzo e, forse, il processo è iniziato che vedrà Silvio Berlusconi impiccato (è una metafora, sciocchini) al palo della cuccagna televisiva che gli ha dato immensa fama e ricchezza fraudolenta (vedere il registro degli indagati della Procura di Roma).

Resta da vedere se sarà festa popolare con l'Appeso dei moderni tarocchi a prendersi in faccia le 'tre palle un soldo' degli italiani rinsaviti e restituiti al verbo democratico o pulp fiction - come quella che ricordiamo degli appesi a testa in giù al chiudersi della parabola criminale del fascismo.

Chi vivrà vedrà e, nell'attesa, statevene buoni sul bordo del fiume e lanciate sereni le vostre lenze.

I cadaveri gonfi e lividi di chi troppo osa sul fragile e minato terreno della democrazia vengono sempre a galla, prima o poi.

venerdì 15 ottobre 2010

vivere i tempi grami

INTERVISTA A CARLO FRECCERO - Quando tutto è iniziato con l'editto bulgaro
«Via il giornalismo, avanti tutta con l'intrattenimento»
«Devo fare una premessa politica, e poi citare un aspetto pratico». Al telefono per parlare degli ultimi sviluppi del caso Santoro, Carlo Freccero ci risponde con la solita verve. Gli diamo la parola: «La premessa politica è questa: tutte le iniziative berlusconiane non vogliono essere solo restrittive, ma produttive di un nuovo ordine. L'editto bulgaro viene sempre ricordato come un atto di censura, ma c'è una seconda chiave di lettura, e Berlusconi la ribadisce continuamente con le sue decisioni». «L'editto bulgaro - prosegue Freccero - vuole colpire un certo modo di fare televisione: il famoso uso criminale del mezzo televisivo; e allo stesso tempo vuol dettare la linea editoriale del servizio pubblico. Lo fa in negativo, vietando un certo uso della televisione, ma queste decisioni diventano operative dato che indirettamente promuovono altri programmi. Praticamente si vieta il giornalismo d'inchiesta a favore dell'intrattenimento: infatti, in diverse occasioni vengono portate ad esempio le reti Mediaset che seguirebbero quest'ultima linea editoriale».

Quello che Berlusconi chiamò «uso criminale del mezzo televisivo», insomma, era ben poco criminale. Era giornalismo d'inchiesta.
C'è una costante nel pensiero berlusconiano: è buono ciò che è scelto dal popolo, ed è avallato dalla maggioranza. Il pensiero critico, essendo per definizione contro la maggioranza, è criminale. E questa regola vale in tutti i campi: la maggioranza, e non il presidente della repubblica, deve scegliere il premier; i giudici, che non sono eletti dal popolo, non possono giudicare chi è eletto dal popolo, ed è perciò la maggioranza col suo voto a stabilire cos'è vero e cosa è falso. E' una concezione della verità su base plebiscitaria. Nemmeno i giornalisti possono permettersi di giudicare chi è eletto dal popolo. Questa regola taglia via dal servizio pubblico il giornalismo d'inchiesta e quello politico, vanificando di fatto la possibilità di fare informazione. Perciò, esclusa la politica come campo d'indagine, l'informazione non può che rivolgersi al privato nelle due varianti di cronaca rosa e nera.

Hai detto prima che volevi citare un aspetto pratico di tutta questa vicenda.
L'aspetto pratico sta nell'inadeguatezza a gestire la Rai, perché Santoro fa il programma di maggiore audience della rete, e anche di maggiore audience di tutte le reti Rai. Porta pubblicità. E inoltre, come mai Santoro che è in onda dall'87 con Samarcanda, poi col Rosso e il Nero, poi con Tempo reale, solamente oggi dev'essere punito, perseguitato, angustiato? In qualunque azienda televisiva un programma che produce audience e ricchezza sarebbe protetto e non perseguitato. Perché c'è un aspetto politico che si incrocia con l'aspetto - posso dirlo senza incorrere nel licenziamento? - di una gestione della Rai alquanto personalistica.

La «buona gestione di un azienda televisiva» Berlusconi sostiene di avercela mostrata a suo tempo, prima di scendere in politica. Santoro ha lavorato in Mediaset, a suo tempo. Quando si inceppa questo meccanismo?
La frattura sta nell'editto bulgaro. Santoro non appartiene alla linea editoriale che lui ha codificato per le sue reti e per la Rai. Nel 2001, dopo la mia Raidue, dopo Luttazzi e Santoro, spiegano a Berlusconi che io avrei mosso spettatori e voti, mentre questa linea editoriale - lo ripeto ancora una volta - era fatta solamente in luce televisiva, era una controprogrammazione. Lui invece ci legge dietro un impianto politico e da lì decide tutto quanto.

In sostanza Berlusconi stabilisce un equazione tra audience e voti guadagnati o ricevuti.
Esattamente. Pensa un attimo a come l'informazione non potendo affrontare i temi più consoni che sono politica, economia, controinformazione, si fa rotocalco popolare con gossip e processi, secondo il modello di tabloid popolare che è in voga in tutti i paesi anglosassoni. Lui decide che l'informazione dev'essere infotainment.

Infine caccia anche Mentana, che gli aveva inventato il telegiornale. A proposito, come leggi il successo del tg7?
Non esaltiamolo troppo, Mentana. E' uno che mostra l'«a» e il «b», non solamente l'«a». Il pubblico che vuol vedere un telegiornale vuole essere informato, e così pure il pubblico di Santoro. Quello di Santoro sarà pure un punto di vista, ma il punto di vista è tipico del pluralismo della Rai, ed è l'unica missione di servizio pubblico che le rimane. Oggi si vuole accreditare soltanto un punto di vista: è questa l'enormità, la bestemmia. Se togliamo anche il pluralismo, cosa rimane alla Rai?

Non credi che quel che accade stia portando all'esaurimento del rapporto tra la televisione generalista e le fasce di pubblico perlomeno più «alte»?
Infatti sospendere, censurare i programmi, è un aiuto solamente a Sky, a La7. Chi oggi gestisce la Rai, non fa gli interessi della Rai. Occorrerebbe a questo punto una class action. Non dico di fare la rivoluzione, pensa un po', ma di fare fronte a quel che accade perché evidentemente, in questo momento, per Berlusconi il consenso è più importante dell'industria televisiva.

Invece che sta succedendo a te, e alla tua Rai4?
Ho scritto al consiglio di amministrazione perché senza nessun rispetto delle procedure sono stato «messo a disposizione» con una lettera. La stessa lettera - con tutto il rispetto - che ha ricevuto la mia segretaria. Ho detto che se non avrò risposte in tempi brevi, procederò ad un'azione legale contro la Rai.

Cos'è stata? Una vendetta, un dispetto personale, un effetto fuori tempo del vecchio editto?
No, penso che sia stato soltanto un problema di efficienza, un errore procedurale. Per Berlusconi la Rai non è qualcosa da gestire in modo formalmente ineccepibile, e questo è sorprendente perché solitamente si circondava di persone che erano molto attente a questo. Ma qui vengono scelte persone che non rispettano nemmeno le procedure.

giovedì 14 ottobre 2010

i sepolti vivi e i soli(delle alpi) dei bauscia

Riemergono dal sottosuolo i sepolti vivi più baldanzosi che mai e abbracciano i loro cari e pare avranno un futuro nel serial televisivo 'Sepolti vivi!' che, per certo, qualcuno proporrà loro di interpretare perché le tragedie e le commedie (e le opere buffe) degli uomini e delle donne, di questi tempi, o sono televisive o non sono.

E televisivo è lo scontro al calor bianco che contrappone i censori berlusconiani più realisti del re (Minzolini e Masi) alla corazzata Potemkin-Santoro attraccata nei pressi del palazzo d'inverno della Rai acciaccata e prossima alla bancarotta degli ascolti.

Questa del voler chiudere la bocca (e il video) all'opposizione e a chi dissente è battaglia esiziale per la sopravvivenza di un regime che sulle televisioni private piene di programmi di intrattenimento ha fondato le sue fortune - e ricordo i saltimbanchi e i nani e le ballerine delle reti Mediaset che, ai tempi del referendum su retequattro (che avrebbe dovuto andare sul satellite per sentenza della Corte Europea), si sprecavano in proclami servili e da 'piatto in cui mangiamo' e si vedeva la coppia Raimondo Vianello-Mondaini affermare seri e costernati l'esizialità di quella battaglia e lamentare, poverini, la miseria in cui sarebbero caduti loro e la loro compagna de 'okkei il prezzo è giusto' che finì per andare al parlamento europeo anticipando le leggittime attese della Carfagna, della Noemi Letizia e di tutte le leggiadre veline e puellae del satrapo nostro televisivo.

Già. Chiudere la bocca agli oppositori è pulsione forte, profonda per chi, infitto nell'inferno della ignavia televisiva in cui trascorre le proprie giornate, ipnotizzato e rimbecillito da 'grandi fratelli' e 'x factor', non tollera gli echi del verbo critico giornalistico dalla schiena dritta e i documenti di vita delle inchieste televisive che narrano e mostrano in video le tragedie del paese ben nascoste dai molti Minzolini sparsi in Rai e nel consiglio di amministrazione dal sedicente 'popolo delle libertà' (seimila 'sic' e un milione di 'bleaahh').

Fui anch'io oggetto di minacciata censura (il famigerato 'modera i toni o ti banno a vita' pronunciato da un virile e prode ragioniere amante dei forum e de i 'popoli delle libertà') e su quest'ultima frontiera del vivere civile e civile dibattere si consumerà l'odio tribale dei Tutsi leghisti (alti e celtici e rigurgitanti di 'soli delle alpi') e degli Hutu romano-centrici – se sono vere le proiezioni malate e le predizioni di quei tali che in 'Presa diretta' gridavano in coro : 'Bruciare il tricolore! Bruciare il tricolore!' e il loro inno nazionale è 'La bella madunina' dei mai dimenticati bauscia lumbard.

sabato 9 ottobre 2010

la solitudine che strana compagna

Rimasi molto colpito, qualche tempo fa, da una critica malevola fattami da un tale che, per contrasto e crudele provocazione da stupido bullo scolastico, collocava, invece, se stesso bene infitto in quell'ambito così particolare e complesso (e talora buffo e crudele) che chiamiamo la 'socialità'.
Una socialità di destra, nel suo caso, inutilmente rumorosa e poco intelligente: fatta di placcaggi a terra e zomparsi addosso uno sull'altro dei giocatori e di affannose corse 'a meta' - come se il nostro fine ultimo e scopo del nostro vivere associati sulla crosta del pianeta fosse quella metafora sciocca del correre a perdifiato colla palla ovale sotto al braccio e piazzarla di là di una linea convenuta nel campo prima che un avversario ci blocchi.

Ma 'ndo corri, sciocchino (e di avatar microcefalo), avrei voluto chiedergli, ma che te ne fai di uno stupido punteggio e di una pretesa 'vittoria' in quella avvilente socialità competitiva? E' esaltazione della 'forza' e della potenza il vostro correre e disputarvi la palla in campo? La sublimazione nello sport della guerra atavica degli avi negata alle presenti generazioni e della violenza necessaria all'uomo tribale che ancora vive in noi, ma oggi è irrimediabilmente civilizzato e privato di quello 'sfogo'?

La vita come competizione e zuffa permanente è assunto-simbolo di una appartenenza 'di destra' - e l'obbedienza a uno schema prefissato da un 'mister' e la gerarchia militare, per dirne un'altra, sono tutti elementi di quel complesso quadro di 'socialità' negativa e violenta (anche se solo come rappresentazione) in cui ci specchiamo.

Ma, ricordo bene, la gerarchia militare - gli ufficiali di ogni grado e competenza di governo di una caserma - se ne fotteva dei 'perdenti' della naia per antonomasia: le giovani leve, i nuovi arrivati - ragazzi fragili che soccombevano al crudele gioco di sudditanza e vera e propria schiavizzazione dei 'nonni' versus ' le incolpevoli 'burbe'.
Ma i genitori stupidi e un verbo altrettanto stupido e 'di destra' affermavano allora correntemente che 'fare il militare' era un modo per 'diventare veri uomini' - e ho visto persone stupende e intelligentissime e dolci nell'animo perdere la ragione e la salute in quell'inferno di diciotto mesi di malvagia competizione e violenza coatta finalizzata all'obbedienza cieca del marciare e allo sparare e uccidere in una supposta guerra ai confini della nazione.
Chi per la patria muor vissuto è assai e fare massa ed essere 'carne da cannone' è pietra fondante dell'essere soldati e dell'ubbidire alle male intuizioni dei governanti di ogni risma ed epoca.

Io mi riconosco, invece, fin da ragazzo, nel grido di rivolta del tenente del film 'Uomini contro' (Gian Maria Volontè) che invitava a girare i fucili verso il quartier generale e sparare 'ad alzo zero' contro le gerarchie idiote che guidarono il macello della prima guerra mondiale.

La socialità, a mio modesto avviso, è uno dei gironi infernali dell'umanità nel suo divenire in cui si odono 'alti lai' e imprecazioni rabbiose e si commettono stupri e assassinii e sottili violenze psicologiche e intolleranze conseguenti che, spesso, in alcuni individui fragili, defluiscono o implodono nel misterioso regno della pazzia, - le 'voci di dentro' che intessono i privati inferni dei matti.

Quel tale che mi criticava desumeva dai miei scritti (in un forum - uno degli strani modi di relazionarsi in quella diavoleria postmoderna che va sotto il nome di 'internet') una disperante 'solitudine' e, a tutta prima, quella sua intemerata mi ferì, ma poi mi distesi in un'analisi degli eventi della mia storia privata che sempre ha privilegiato l'osservazione attenta di tutto quanto mi avviene intorno e il disincanto che ne consegue.

Sono un 'osservatore' distaccato dell'agire degli uomini fin da bambino e credo sia un portato della solitudine e dell'abbandono che ho sofferto in quella prima parte della mia vita e di una mancata vita familiare e sociale, ma 'non tutto il male vien per nuocere ' ed ho sviluppato virtù compensative e il sentirmi dire che sono un 'asociale' non lo vivo come colpa e condizione di minorità bensì come un punto di osservazione privilegiato: un po' il Dante (si parva licet) che girava per i gironi infernali e descriveva la socialità negativa della sua epoca e gli eventi che la segnavano e i malvagi che ne erano protagonisti e la raffigurava poeticamente dal punto di vista di un esiliato e transfuga: un 'asociale' di genio che ha saputo fissare i regni di pertinenza di ciò che al tempo suo era il 'bene' e il 'male'.

E Virgilio è, in un contesto siffatto, la personificazione della solitudine che ben conosce le vie dell'Inferno sempre lastricate di buone intenzioni e di pretesi 'uomini della provvidenza' che deciderebbero per il bene del popolo.

lunedì 4 ottobre 2010

il come e il perchè

Nascere come e perché. Oggi più di ieri dobbiamo chiederci 'perché' – dal momento che il come è diventato vario e complesso anche grazie alle ricerche e relative applicazioni ospedaliere del neo premio Nobel per la medicina Robert Edwards.



La presente umanità (la parte migliore di essa) - malgrado le crisi economiche globali e le asfissie ideologico-religiose - si avvale di scienza e tecnica con sempre maggiore coscienza e prepara il futuro lontano dei viaggi spaziali e delle colonizzazioni di nuovi pianeti.



Fastidio e rabbia negli ambienti vaticani ci confermano nell'opinione che già avevamo : che il mondo presente e il futuro procedono per strade misteriose e interdette ai monsignori della curia - e solo in patria, nell'italietta miserevole del voto di scambio tra cattolici e atei devoti al governo , riescono a spuntare le leggi vergognose e avvilenti la cittadinanza laica qual'è la 'legge 40' sulla procreazione assistita.

Ma le brave madri e i padri volonterosi e che adoreranno il figlio che hanno fortemente voluto passano la frontiera e il diktat stupido italo-vaticano è presto aggirato e beffato.



Viva l'Europa della ricerca e del libero e sereno dispiegarsi delle rivoluzioni scientifiche e tecniche!



Segnaliamo, per chi intendesse documentarsi sulle miserevoli 'intelligenze di servizio vaticano' degli atei devoti di lotta e di s-governo, il fondo acrimonioso e livido del direttore de 'il Foglio' che si permette di paragonare il modo di venire al mondo in provetta di esseri umani, (in tutto e per tutto uguali agli altri una volta nati da ventre di donna e alcuni perfino migliori), a quello dei conigli – per dire come una certa partigianeria di servizio della gente di destra sa spingersi vergognosamente ben oltre la soglia del lecito e del condivisibile, sia pure in un 'diverso parere' democraticamente tollerabile.



E si dicono membri e sodali del 'partito dell'amore' questi infami (che non lasciano fama).



Citazione del giorno:



'Fama di lor il mondo esser non lassa. / Misericordia e giustizia li sdegna / Non ti curar di lor, ma guarda e passa.

(Dante. La Divina Commedia - Inferno)

domenica 3 ottobre 2010

le chiese e il fascino dell'inutile

le chiese e il fascino dell'inutile


Le antiche chiese hanno il sottile fascino dell'inutile. Sono incredibili monumenti alle ariose cose che abitano i nostri pensieri, id est: l'idea di un Dio provvedente e misericordioso al quale vanno erette le grandi case, appunto, che chiamiamo 'chiese' perché le abiti in qualche suo strano modo e vi raccolga l'omaggio delle preghiere e le suppliche dei sofferenti e anelanti a una Liberazione, a un Paradiso, a una Salvezza.



Non c'è idea più strampalata di quella riferita a una 'divinità' che non è mai apparsa agli uomini nella sua forma diretta, ma sempre immaginata da profeti e poeti e artisti: il Vecchione di Michelangelo nella Sistina che porge il dito compiacente all'Uomo, sua creatura, in un continuo rovesciamento di senso: l'Uomo immagina un Dio che lo crei per averne il riflesso benedicente della sua divinità.



Una simbiosi che evidenzia sempre e solo l'Uomo che sogna, anela a Dio e forse ne è (stato) sognato, chissà come, perché tutto si perde nella nebbia dei cosmi e delle galassie e dei big bang - e mai una volta che Colui si degnasse di cancellare ogni legittimo dubbio 'manu militari' – come si favoleggia nei Libri che abbia fatto e vi si narra di Diluvi Universali quali terribili castighi e Sodoma e tutti i suoi maledetti peccatori cancellati con gesto imperioso, vendicativo.



E, umano troppo umano, abbiamo le forme sempre irrimediabilmente umane di Shiva, il Pancreatore delle popolazioni indù, e le bizzarre statue di Ganesha, il dio-elefante e Hanuman, il dio-scimmia: leggende religiose che sfociano nelle favole infantili e se ne nutrono, ma mai un'apparizione folgorante, chiara, erga omnes che cancelli ogni dubbio e sorriso di sufficienza dei non credenti in ogni religione, comprese quelle del Libro.



E le tavole della Legge consegnate a Mosè dal Dio-arbusto fiammeggiante, ancora una volta, hanno l'aspetto del mondo abitato dall'Uomo e l'Inconoscibile si alimenta di inconoscibilità a tal punto da non poter essere nominato e tutta questa astrazione inconoscibile e indefinibile e impensabile si scioglie nell'incredibilità, nella resa della ragione che, o sposa la Fede o la rigetta e, come fece Giuliano l'Apostata, grida al Cielo la sua ira per tanto inutile mistero.



Però restano nella antiche città le antiche chiese quali monumenti all'Inutile e all'Ineffabile: misteriose cripte e sancta sanctorum dei nostri interni misteri - luoghi dove ci spogliamo di ogni pretesa razionale e diamo sfogo alla nostra pulsione verso l'Alto e l'Aldilà inconoscibile e ancora sorprende il pensiero delle generazioni nuove che si siano spesi tanti soldi e umani talenti di artisti di grido per dare effige improbabile a Colui che a tutt'oggi si nega e predilige la dannazione del mistero alla Luce di divina chiarità alla quale tutti aneliamo.

venerdì 1 ottobre 2010

ad usum gonzorum

'Io sono la morte.' E' questo che avrebbe detto quel tale, vestito mezzo da finanziere coi gradi e mezzo in tutta da ginnastica già pronto alla doverosa fuga?
No, credo che non ne avrebbe avuto lo spirito necessario e, a dirla tutta, questa storia del Belpietro martire e santo subito mi fa un po' da ridere, sa di patacca lontano un miglio, di storia costruita ai fini di ri-lanciare l'ennesimo fumogeno in un momento di cattiva stampa per il governo dei dossiers fabbricati ad arte dai servizi segreti deviati contro il buon Fini.

Convince davvero poco questa 'notizia' e bene farebbero i bravi giornalisti d'inchiesta a grattare e scavare sotto e smascherare questi pervicaci, avvilenti fabbricanti di patacche un giorno si e l'altro pure, gente senza dignità e senso della vergogna – perfetti esponenti di un umanità di infami a cui si rivolgono e che costituisce il loro target televisivo e mediatico.

E fa ridere la frase del Belpietro-martire e santo: 'Pago per le mie idee'. Idee? Mavalà, mavalà, mavalà.
Le idee sono davvero altra cosa, caro il mio beneficato dai bonifici di casa Fininvest, caro il mio pervicace sciacallo mediatico che hai affondato i denti per mesi contro il presidente della Camera dei Deputati reo di lesa maestà al tuo signore e padrone.

Davvero fosse una questione di idee e martiri conseguenti alle idee, potremmo scrivere che viviamo in un paese normale, di normale dialettica democratica, di schiene dritte e vero giornalismo, ma non è certo il caso dei Feltri e Belpietro che oggi ci rifilano – in aggiunta ala storica patacca di un Berlusconi statista e 'uomo del fare' – anche questa squallida messinscena ad usum gonzorum.



p.s. eccovi un aggiornamento sulle indagini relative allo strano 'attentato' e misteriso 'attentatore' (da: 'la repubblica.it') :
L'identikit dell'aggressore. Sul fronte delle indagini, gli inquirenti hanno ora in mano l'identikit dell'aggressore, delineato sulla base della testimonianza dell'agente di scorta A.N. con una certa fatica, dovuta alla concitazione del confronto con l'uomo armato. La sera di giovedi A.N. lo ha incontrato per le scale del palazzo della centralissima via del Monte di Pietà a Milano, dove Belpietro abita. Lo sconosciuto ha puntato una pistola contro l'agente, ha provato a far fuoco ma l'arma si è inceppata. A.N. allora lo ha inseguito per le scale e ha sparato tre colpi, senza riuscire a impedirgli di dileguarsi. E per gli inquirenti è davvero un enigma da sciogliere capire quale via di fuga abbia utilizzato l'aggressore, visto che davanti al palazzo sostava in auto il secondo agente di scorta a Belpietro e le altre possibili scappatoie danno su via Borgonovo, dove né occhi umani né le telecamere hanno rilevato alcunché. In ogni caso, si ritiene che l'aggressore non sia legato a organizzazioni terroristiche politicizzate ma sia un "cane sciolto".

(02 ottobre 2010)

lettere dal carcere

http://www.repubblica.it/cronaca/2010/10/0...54/?ref=HREC1-3


"ROMA - "Vuole bere qualcosa?". "No, dottore, la ringrazio. Se avete del cianuro lo accetto volentieri...". Carcere di Regina Coeli, 24 settembre, 11 del mattino. L'ex assessore socialista Arcangelo Martino, "figlio di partigiani", come tiene a dire, risponde alle domande del Procuratore aggiunto Giancarlo Capaldo e del sostituto Rodolfo Sabelli. Si prepara a trascorrere le sue ultime ore da detenuto. Ha perso la moglie, malata terminale di tumore. Ha tentato il suicidio nel carcere napoletano di Poggioreale. Dal giorno dell'arresto, 8 luglio, è dimagrito venti chili.

È il suo secondo e ultimo interrogatorio. Novanta pagine di verbale. Nel primo, il 19 agosto (qui le pagine sono 166), ha gettato a mare i suoi vecchi compari della cosiddetta "P3", Flavio Carboni e Pasquale Lombardi. E il loro Pantheon: il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, il sottosegretario alla Presidenza Gianni Letta, il senatore Marcello Dell'Utri, il coordinatore nazionale del Pdl Denis Verdini. Quel giorno, congedandosi dai pubblici ministeri, si è lanciato in un'intemerata contro il Presidente del Consiglio. "Io - dice - posso fare il confronto con chiunque sulle cose che dico. Le confermerò in maniera durissima. Questi fatti qua travolgono Berlusconi. Io non ho preoccupazioni. Che Berlusconi si faccia il suo legittimo impedimento e le sue leginette (sic) personali. A me non me ne frega. Però non può pensare che il mondo va così e la gente va sottosopra. Quindi non ho problemi due volte a dire che "Cesare" era Berlusconi. E che a lui si faceva riferimento in riscontro di tutte queste operazioni".

"Tutte queste operazioni" sono i grani del rosario di interferenze che, come le cronache di questi mesi hanno diffusamente riferito, tra l'estate del 2009 e la primavera di quest'anno, governano le mosse della P3. Il tentativo di condizionamento della pronuncia della Consulta sul lodo Alfano. Lo spostamento della controversia fiscale della Mondadori alle sezioni unite della Cassazione per dare al Parlamento il tempo necessario a licenziare una norma ad aziendam. La riammissione della lista Formigoni alle regionali in Lombardia. L'azzoppamento della candidatura Caldoro in Campania con un dossier calunnioso. La nomina al Csm di importanti uffici direttivi. Ebbene, la mattina del 24 settembre, Martino riparte da dove ha finito. Dice: "Io non ho nessuno da difendere o da coprire. Io non ho niente da perdere più nella vita. Figurarsi se ho interesse a difendere questa gentaglia. Loro hanno ucciso la mia famiglia. Mi hanno rovinato".

"LETTA E BERLUSCONI MI DEVONO MOLTO
AL PARTITO NON M'HANN SCASSA' O CAZZ"
Il racconto di Martino è un flusso verbale disordinato. Che alterna smemoratezza, melodramma e, alla bisogna, lampi di lucidità. Che tradisce una qualche furbizia, più di un'omissione, un certo senso della scena, e comunque la foga di allontanare da sé il "disonore". Martino ce l'ha con Lombardi, il geometra diventato giudice tributarista, il traffichino cui si apre ogni porta. Con quel suo fare smargiasso e cialtrone. E dunque se lo canta. A cominciare dal suo rapporto con il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio. "Un giorno mi dice: "Io ho fatto un favore a Gianni Letta. Mi è debitore per un fatto che gli ho risolto. Si riferiva a un'iniziativa del tribunale dei ministri su Berlusconi. Perché Berlusconi usava gli aerei di Stato per andare in Sardegna, portando persone a bordo. Fu aperta un'inchiesta e lui disse che Gianni Letta gli chiese di interessarsi. Aggiunse che aveva risolto questo fatto attraverso il dottor Giovanni Fargnoli (allora presidente del Tribunale dei ministri di Roma che, su richiesta della Procura, archivierà il procedimento ndr)". In che modo? Martino non sa dire. Né ricorda se ha conosciuto o meno il magistrato. "Forse è venuto a qualche convegno", farfuglia. Di Gianni Letta, al contrario, Martino ricorda bene. Il 19 agosto, ha già spiegato ai pm quale fosse il grado di confidenza tra il sottosegretario e Lombardi ("Lo chiamava Gianni"). Ha riferito di averli spesso sentiti parlare al telefono (anche se, agli atti, risulta una sola intercettazione tra Lombardi e la segretaria di Letta). Ha aggiunto di essere stato anche lui a Palazzo Chigi, dove Lombardi si intratteneva con Letta discutendo di "candidature" e "carriere". La mattina del 24, la mette giù ancora più spiccia. "Le frequentazioni di Lombardi con il quadro del Partito (il Pdl ndr) erano prevalentemente con Gianni Letta, con Dell'Utri, che conosceva dal '94, e con Verdini. Se poi qualcuno gli avesse chiesto "fai questo", non lo so. Lui lo diceva. Lui diceva: "Al partito non m'hann a scassà o cazz! Perché ste cose me le devono fare. Perché quando chiedono una cosa io sto a disposizione. E allora loro devono fare queste cose a me"".

DUE SOLUZIONI PER IL LODO MONDADORI
I FAVORI A MARTINO E CARBONI
Sappiamo ormai dalle cronache quali e quante volte Martino, Lombardi e Carboni si mettano a disposizione. Ma in questa storia, si inciampa sempre in qualche nuovo dettaglio. Come, sul cosiddetto "Lodo Alfano". Racconta Martino che Carboni, all'Hotel Eden, il 7 ottobre 2009 consegnò a Dell'Utri "un pizzino" con i nomi dei giudici costituzionali ed il loro presunto orientamento. O, come sul cosiddetto "Lodo Mondadori". Racconta Martino che della vicenda si occupò in qualche modo anche l'avvocato Ghedini. Ma non sa dire né come, né quando ("Non so cosa facesse, ma Lombardi quando ne parlava si riferiva anche alla sua attività"). Quindi, aggiunge: "Il trasferimento della controversia fiscale Mondadori alle Sezioni Unite fu un buon vantaggio per loro. Ma fu un ripiego. Loro volevano che la cosa (il ricorso contro la decisione che aveva dato ragione alla Mondadori ndr) venisse bocciata integralmente dalla Cassazione e desse ragione a Berlusconi. A casa di Verdini si parlò di trovare un giudice che decideva in quella direzione là. Poi Lombardi disse: "No, questa cosa non si può fare, il giudice non lo abbiamo trovato. Però abbiamo trovato la soluzione di ripiego. Rinvio alle sezioni unite". Del resto, Lombardi è di casa in Cassazione. E per conto dei suoi amici del Palazzaccio sbriga anche qualche faccenda. Come sistemare il figlio di Antonio Martone, allora avvocato generale in Cassazione. "Martone sosteneva che attraverso il Partito voleva dare una risposta lavorativa al figlio, un commercialista mi pare. Lombardi ne parlò a Dell'Utri che disse: "Vediamo"". O come assicurare una vecchiaia serena all'allora Presidente della Cassazione Vincenzo Carbone: "Voleva un incarico dopo la pensione. Quale non lo so. Ma un incarico importante".

LA ONOREVOLE DE GIROLAMO
PASSEPARTOUT PER IL CAVALIERE
Un ultimo quadro. Sul più recente dei personaggi apparsi sulla scena del sistema di relazioni della P3. La giovane e avvenente deputata beneventana Nunzia De Girolamo. Appena giovedì scorso, ha annunciato querele dopo aver letto su "Repubblica" di essere stata chiamata in causa come tramite tra Lombardi e il Presidente del Consiglio. Ebbene, Martino la racconta così. La De Girolamo, che lui definisce ora "donna" ora "amica" del Presidente, "voleva portare Lombardi da Berlusconi. L'invito fu rivolto anche a me. E io dissi: "Non sono interessato a seguire le veline per parlare con il Presidente"". Il procuratore Capaldo obietta: "Velina? Non è onorevole?". E lui: "Non mi interessa, perché gli onorevoli sono dei nominati. E non si fa l'onorevole così". "