E l'attenta lettura serale del Tucidide de 'La guerra del Peloponneso' – tomi I e II – e le 'Elleniche' di Senofonte mi conferma che 'ce la possiamo fare', se è vero che i popoli dell'Ellade ci sono fari luminosi nella politica (la mitica 'democrazia ateniese'), nell'arte, negli sports olimpici e nella resistenza/resilienza contro i virus aggressivi che ci vengono da Oriente (i Persiani di Serse).
E se Pericle ha sostenuto impavido la guerra contro Sparta per anni e malgrado la peste che colpì Atene e ne tramortì la potenza degli opliti chiusi a falange - e le trireme schierate a battaglia fuori dai porti delle città nemiche riottose a subire la sudditanza – anche noi possiamo vincere questa maledetta guerra chiusi in casa con schieramento a falange sui divani e gridando 'Questa è Sparta!!!' al gatto perché è persiano.
E non dobbiamo stupirci e stracciarci le vesti e/o i capelli (i capelli proprio no) se Orban ha chiesto e ottenuto i pieni poteri dal suo parlamento, dal momento che anche Pericle, nel suo piccolo, e Temistocle avevano pieni poteri di agire contro il nemico maggiore del Persiano onnipotente, ma sconfitto a Salamina.
La Storia è magistra, brava gente, teniamone conto e moderiamo i giudizi trancianti e teniamo a freno le idiosincrasie contro i sovranisti di ogni genere e risma. In fin dei conti anche la Merkel e l'Olanda non sembrano essere dei fiori di democrazia e generosità europea - e ben pochi sono i tulipani quest'anno sulle nostre tavole a causa delle frontiere chiuse e il malanimo.
E' l'ora del silenzio militare e della compunzione. Il virus ci ascolta.
|
martedì 31 marzo 2020
Silentium. il virus ci ascolta.
lunedì 30 marzo 2020
Il paradiso chissà.
Inferni comparati
Dunque l'inferno non esiste – Francesco dixit. Per equiparazione e proprietà transitiva anche il paradiso ha ottime possibilità di essere la macchietta televisiva del caffè Lavazza piuttosto che quel luogo luminosissimo fitto di Troni e Dominazioni e schiere di Arcangeloni in formazione para militare disposte tutte attorno alla Lux Maxima che 'vuolsi così colà dove si puote ciò che si vuole', come scriveva il Poeta.
Resta il fatto che sul mito dell'inferno e dei diavoloni coi forconi che affondano nelle carni frolle dei penitenti per l'eternità e gli echi orribili delle 'orribili favelle e grida di dolore e accenti d'ira' è vissuta una larghissima schiera di esseri umani sottomessa al Terrore Eterno delle predicazioni gesuite e domenicane ammannite dai famigerati pulpiti sulle teste dei penitenti di ogni età cosparse di cenere.
Coerenza vuole che Francesco chieda perdono, - la tiara in testa e a nome di tutti i suoi predecessori sul trono di Pietro - a tutti quei poveretti che sono morti nel terrore delle visioni apocalittiche e punitive del mito infernale costruito ad arte per sottomettere ad ubbidienze terrene i sudditi di ogni feroce e corrotta monarchia che ha inquinato la Storia.
E, invece, eccolo scusarsi e far precisare dai suoi addetti-stampa che: '...veramente il Papa non ha detto questo.' E hanno sbagliato tutti quei giornalisti a riportare le frasi incriminate dell'intervista con il gran vegliardo Scalfari Eugenio, fondatore di 'La Repubblica'.
Perché il mito dell'inferno, ben lo sappiamo, è mito fondativo e basico dell'organizzazione religiosa 'Santa Romana Chiesa' che sul Terrore dell'Aldilà ha estesamente campato nei saeculi saeculorum - e il suo franare nella confusione della presente torre di Babele delle lingue confuse e della anarchia teologica e 'relativismo religioso' che sconfina con l'ateismo rischia di rendere fragilissimi i pilastri della Dottrina e buona notte al secchio.
E da qui in avanti sarà solo la Bontà e la Misericordia erga omnes e urbi et orbi, inclusi gli infedeli seguaci del profeta della confusa predicazione di Francesco, a tenere unite le folle che si adunano in piazza san Pietro e nelle 'adunate oceaniche' delle piazze e stadi dei viaggi papali.
Ma, forse, è 'l'inferno in terra' che viviamo e che si sostanzia di guerre assassine e orchi terroristi radicalizzati sul web (e le odierne pandemie) ad avere indotto il buon Francesco a negare l'esistenza del secondo inferno perché le torture e le efferatezze e le ferinità del primo sono ben maggiori delle atrocità immaginate dal sommo Poeta nel suo viaggio laggiù dove 'sarà pianto e stridor di denti'.
|
Riflessioni epocali
Riflessioni epocali
Tra le riflessioni 'epocali' indotte dalla travolgente esperienza della malattia e il timore della morte al seguito vi è quella che sottolinea un'inversione di tendenza storica della specie, ed è: '(…) ciò che osserviamo nel corso dei flagelli: che ci sono, negli esseri umani, più cose da ammirare che da disprezzare' (A.Camus 'La peste').
Il 'mors tua vita mea' dei predatori e dei cacciatori e dei guerrieri/soldati di ogni epoca e latitudine lascia il posto al vistoso 'offro la mia vita per te' dei medici in prima linea nelle rianimazioni, con il tributo di morte che ne è seguito della categoria.
E la schiera degli infermieri che si gettano nella mischia a migliaia (diecimila hanno risposto alla chiamata di prima linea del governo) ci conferma che davvero 'qualcosa è cambiato' dai tempi delle epidemie storiche - con le fughe in campagna o alle cascine di chi poteva e chi restava affogava nei miasmi delle pesti nelle città più colpite che dimezzavano i numeri degli abitanti.
E la schiera degli infermieri che si gettano nella mischia a migliaia (diecimila hanno risposto alla chiamata di prima linea del governo) ci conferma che davvero 'qualcosa è cambiato' dai tempi delle epidemie storiche - con le fughe in campagna o alle cascine di chi poteva e chi restava affogava nei miasmi delle pesti nelle città più colpite che dimezzavano i numeri degli abitanti.
E un'altra riflessione è quella che mostra l'inurbamento massivo nelle grandi metropoli - che faceva parlare di 'civiltà dell'Urbanesimo' e preconizzava una tendenza irreversibile - oggi contraddetto dal panico per il contagio esplosivo; e osserviamo in tivù i conflitti e il corpo a corpo sui treni e gli autobus degli indiani che, a sciami, provano a scappare dalle metropoli per far ritorno ai villaggi. L'inane predicazione di Ghandi di un 'ritorno ai villaggi' per contrastare la miseria spaventosa e il mendicismo diffuso nelle metropoli ai tempi suoi oggi è riscattata e resa attuale dall'epidemia che dilaga e fa contare i morti a migliaia.
Il mito della globalizzazione è finito – cancellato dal virus assassino pandemico?
E' presto per dirlo. Lo sapremo nei durissimi mesi che faranno seguito allo stop delle economie - e la recessione conclamata, i cui numeri percentuali aumentano ad ogni giorno di reclusione forzata, già si prevede che sarà 'a due cifre'.
E la città di NewYork chiusa da notte, la Grande Mela che più nessuno addenta e gli aeroporti chiusi, è l'immagine simbolica più evidente di questo tracollo epocale di prospettive.
E nessuno si azzarda più a fare previsioni in questo mondo che più non riconosciamo come nostro, delle 'magnifiche sorti e progressive' della mia generazione e 'chi vivrà vedrà'; accontentiamoci delle magnifiche prove di umanità dei medici e gli infermieri in prima linea – un famoso telefilm che mai ci saremmo sognati di vedere tradotto in realtà quotidiana sui telegiornali nazionali ed esteri.
E' presto per dirlo. Lo sapremo nei durissimi mesi che faranno seguito allo stop delle economie - e la recessione conclamata, i cui numeri percentuali aumentano ad ogni giorno di reclusione forzata, già si prevede che sarà 'a due cifre'.
E la città di NewYork chiusa da notte, la Grande Mela che più nessuno addenta e gli aeroporti chiusi, è l'immagine simbolica più evidente di questo tracollo epocale di prospettive.
E nessuno si azzarda più a fare previsioni in questo mondo che più non riconosciamo come nostro, delle 'magnifiche sorti e progressive' della mia generazione e 'chi vivrà vedrà'; accontentiamoci delle magnifiche prove di umanità dei medici e gli infermieri in prima linea – un famoso telefilm che mai ci saremmo sognati di vedere tradotto in realtà quotidiana sui telegiornali nazionali ed esteri.
domenica 29 marzo 2020
Pandemie, infodemie e stigmi sociali
Pandemie, infodemie e stigmi sociali. Ce la faremo?
Nel piccolo condominio fronte campagna in cui vivo, grazie a una delle famiglie con un figlio di 14 e una bimba di due anni, l'età media è scesa a quarant'anni. E, se non fosse per me, scenderebbe a trenta e anche meno. E' una buona cosa, direte voi. Senza dubbio. E sono tutti gentili e silenziosi e sorridono, alleluia! Chi più di me felice?
Ma, a causa della infodemia che impazza in tivù - giornalisti, vil razza dannata!- e ci deprimono e ci costringono nell'incubo dei morituri che siamo, che potremmo essere (a chi la tocca la tocca), lo stigma sociale mi castiga, loro malgrado e, se scendo a terra e percorro il vialetto che mi porta in fronte ai bidoni della differenziata vengo seguito dagli sguardi di malcelata commiserazione dei presenti in giardino che giocano con una stropola di bimba cinguettante perché 'anziano', ahimé e, ca va sans dire, prima vittima designata del maledetto virus nascosto in ogni dove e che ci costringe a spruzzare battericidi e candeggina ueberall.
E poco importa se, ravviati i capelli e riportati con maestria nei punti in cui sono scarsi, la mia età biologica scende di un decennio. Siamo la generazione che, prima, affronterà il Grande Viaggio e siamo commiserati in tivù e 'protetti' e vigilatissimi a causa dell'assommarsi osceno delle bare nei posti più improbabili, dato il numero abnorme - e quelli delle imprese funebri, i tragici 'nouveaux riches' di questo scorcio di millennio infame, che non ce la fanno più e, come i medici e gli infermieri, sono la prima linea di questa stra maledetta pandemia che ci ha cancellato le vite e costrette alla prigionia dei domiciliari.
Ma, a causa della infodemia che impazza in tivù - giornalisti, vil razza dannata!- e ci deprimono e ci costringono nell'incubo dei morituri che siamo, che potremmo essere (a chi la tocca la tocca), lo stigma sociale mi castiga, loro malgrado e, se scendo a terra e percorro il vialetto che mi porta in fronte ai bidoni della differenziata vengo seguito dagli sguardi di malcelata commiserazione dei presenti in giardino che giocano con una stropola di bimba cinguettante perché 'anziano', ahimé e, ca va sans dire, prima vittima designata del maledetto virus nascosto in ogni dove e che ci costringe a spruzzare battericidi e candeggina ueberall.
E poco importa se, ravviati i capelli e riportati con maestria nei punti in cui sono scarsi, la mia età biologica scende di un decennio. Siamo la generazione che, prima, affronterà il Grande Viaggio e siamo commiserati in tivù e 'protetti' e vigilatissimi a causa dell'assommarsi osceno delle bare nei posti più improbabili, dato il numero abnorme - e quelli delle imprese funebri, i tragici 'nouveaux riches' di questo scorcio di millennio infame, che non ce la fanno più e, come i medici e gli infermieri, sono la prima linea di questa stra maledetta pandemia che ci ha cancellato le vite e costrette alla prigionia dei domiciliari.
Ma la primavera avanza ostinata e sicura e i fiori già lasciano il posto al verde chiaro delle foglioline e le giornate di sole chiaro e di sicuro tepore dribblano i venti freddi dell'inverno ancora in agguato e, malgrado lo stigma sociale che mi castiga, la sensazione è che ce la posso fare e avrò futuro, speriamo, incrociamo le dita, accendiamo le candeline di rito - e ringraziamo il sole che sorge limpido e giocondo, divinità di fuoco che riscalda la superficie del pianeta da millenni e compie con scientifica semplicità quei miracoli che altri preferiscono vedere nel disegno di una nube fantasiosamente assunta quale 'apparizione della madonna' in quel della piazza san Pietro.
Oh, santo cielo! La pandemia colpisce pesantemente anche i neuroni, temo.
sabato 28 marzo 2020
Il Cavaliere, la Morte e il Diavolo.
Possiamo ricorrere alle antiche metafore e allegorie per meglio rappresentarci i tempi grami che stiamo vivendo. La Morte non ha bisogno di spiegazione: è nei numeri, sempre più alti, dei contagiati morituri intubati nei reparti di rianimazione: un repulisti epocale di anziani che avrebbero potuto godere ancora di qualche altro anno o decennio di vita e sono falciati impietosamente dalla Contadina che pareggia sapientemente le erbe dell'umano prato.
E il diavolo chi è? Sappiamo qual'è la sua mela tentatrice, offerta ai paesi di affaccio mediterraneo in gravissimo affanno respiratorio da corona virus: 'Lasciate andare quest'Europa ladra e assassina' - sparagnina anche in tempi di pandemia e le economie ferme al palo a motori spenti e l'impresa di Sisifo prossima ventura di risalire la china non appena il virus mostrerà la corda e darà segno di non sapere più condurre da par suo l'oscena danza macabra della strage planetaria.
O, di contro, non un diavolo, bensì una paciosa diavolessa sparagnina: quella Merkel che continua a tenere stretti i cordoni della borsa europea, alleata all'Olanda dell'etica protestante degli antichi mercanti e navigatori che sempre pensano al dopo: al macigno del debito a voragine che mai più pagheranno le formiche italiche e greche e spagnole perché 'chi ha dato, ha dato, ha dato e chi ha avuto, ha avuto, ha avuto, scurdammoce 'o passato'...'.
E il Cavaliere? Non certo Giuseppi, il furbo avvocato che si è tolto d'impaccio digrignando i denti nel corso della video conferenza dei capi di stato e di governo che avrebbe dovuto sciogliere gli odiosi impacci e i lacci europei dell'era dell'austerità che ci lasciamo alle spalle – e non ha firmato il Mes: il trattato economico finanziario che metteva, si, a disposizione una pacca di miliardi ai paesi in difficoltà, ma stringeva il cappio al collo dei carnefici della troika e delle loro misure lacrime e sangue, già imposte alla Grecia, una volta giunto il momento delle restituzioni.
E allora chi è il Cavaliere della metafora cinquecentesca? Non è Draghi, che si tiene in disparte e lontano dall'arena del presente s-governo dell'emergenza-corona virus perché 'nondum matura est' – e non vuole finire a fare il drago trafitto da san Giorgio nel momento in cui maturerà l'uva di un 'governissimo' che si assuma l'onere delle pesantissime decisioni per uscire dalla crisi economica peggiore dal dopo guerra ad oggi.
Lasciamo aperta l'incognita. Nei prossimi giorni, speriamo non mesi, si decanterà il miscuglio e la pozione fumante nell'antro dei maghi dei presenti medici politici che ci dicono e ripetono fino alla nausea in tivù che 'andrà tutto bene' e 'ce la faremo'. E apparirà, finalmente, sulla superficie della pozione non più fumante la limpida figura del Cavaliere in questione.
No, non il Cavaliere mascarato dei tre lustri di s-governo ultimi scorsi, che avete capito?
E neanche il 'Blaue Reiter' gioioso sognato dagli artisti espressionisti prima che la prima guerra mondiale disperdesse i membri del gruppo e montasse l'incubo della Morte nelle trincee e sui campi di battaglia – con finale in tregenda dei milioni di morti della 'spagnola'.
E neanche il 'Blaue Reiter' gioioso sognato dagli artisti espressionisti prima che la prima guerra mondiale disperdesse i membri del gruppo e montasse l'incubo della Morte nelle trincee e sui campi di battaglia – con finale in tregenda dei milioni di morti della 'spagnola'.
Abbiate pazienza. Ancora qualche giorno di pandemia galoppante e picchi ancora distanti e vi sarà sciolta la metafora. Intanto #restateacasa e godetevi la splendida incisione di Albrecht Durer.
venerdì 27 marzo 2020
Domani è un altro giorno.
Domani è un altro giorno, si vedrà.
Il difficile sarà uscirne. Non solo per la disparità temporale del manifestarsi del virus nei diversi paesi e le risposte incerte e tardive di ognuno che hanno lasciato spazio di devastazione al contagio. E' chiuso lo spazio aereo mondiale in tutte le direzioni, infatti, e chissà per quanti mesi, e indicare una data per la programmazione dei nostri amatissimi viaggi è un terno al lotto. L'autunno? Natale?
Chi vivrà saprà, è il caso di dirlo incrociando le dita.
Pensate, se avete fantasia, a una data di probabile, decisiva regressione degli indici dei morti e dei nuovi contagiati e, di contro, un sensibile aumento delle guarigioni. Chi si prenderà la responsabilità politica di un 'liberi tutti' e lo stop ai domiciliari – con il relativo riversarsi in massa ai supermercati per comprare uova di Pasqua e focacce e spumanti – ammesso e non concesso che il Risorto vittorioso ci faccia il miracolo a ridosso, o qualche giorno dopo, dell'annuale ricorrenza di una storica vittoria sulla morte?
C'è necessità di pensare a un finale degno e ragionevole e non catastrofico (con il ritorno dei contagi a migliaia) per l'uscita dalla pandemia.
Ed è la cosa più difficile, lo sanno bene i drammaturghi e i registi.
Un buon finale ci salva la vita, può salvare molte vite, se non sarà quel temutissimo 'liberi tutti' e 'potete uscire di casa' a reti unificate che fa tremar le vene ai polsi dell'avvocato Conte, il proconsole a cui il virus assassino ha regalato una inattesa permanenza a palazzo Chigi.
Forse usciremo a giorni alterni o su base alfabetica, prima quelli dalla A alla C, il lunedì e il giovedì e gli altri a seguire, portate pazienza, verrà il vostro turno.
La primavera si è interrotta, è tornato l'inverno. Meglio così. Restiamo a casa. E' una soluzione, dopotutto.
Domani è un altro giorno, diceva Rossella O' Hara, che di eventi catastrofici se ne intendeva.
|
Il metodo della follia
La follia che si accompagna al metodo
'C'è del metodo in quella follia', dice Shakespeare di Amleto. E' da allora, da quei tempi lontani e tragedie ambientate in un castello danese che sappiamo che 'c'è del marcio in Danimarca' - e oggi in Germania perché 'tutto è il mondo è paese', da che le frontiere si sono aperte o sono state scardinate di forza dai milioni di nuovi barbari inurbati, - e l'orizzonte di futuro prossimo e remoto è un melting pot indistinguibile e umana melassa ed eventi sempre più caotici e non governabili.
E che la follia di Lubitz (il pilota tedesco suicida) si trascini dietro il senso di onnipotenza di far morire insieme 149 persone e abbuiarne e disintegrarne le storie è mistero che gli psichiatri si incaricheranno invano di spiegarci, perché in quella follia – come in quella di Amleto – siamo trascinati tutti a forza.
Al punto da dirci tutti 'anormali' e mettere in discussione il concetto stesso di normalità, considerata la perdita e l'orphanage collettivo di ogni valore riconosciuto e limite e 'norma' universalmente riconosciuta e coralmente rispettata. E Basaglia, bravamente, ce li ha restituiti, i matti, e li ha detti normali al nostro pari - con qualche picco di confusione e marasma controllabile chimicamente e socialmente accettabile – e, per proprietà transitiva, siamo diventati tutti un manicomio a cielo aperto e dobbiamo elaborarla a forza, la follia, e riconoscere che si accompagna di buon grado al metodo; è lucida e 'ragionata' con la freddezza di chi mette mano ai comandi di una aereo e lo porta con regolarità programmata a bassa quota e infine lo schianto.
Ma altre follie metodiche mi sovvengono – come quella di un tale Kabobo, 'l'uomo nero' mal integrato e perciò reso 'folle', che alle quattro del mattino, armato di piccone, fracassava i crani dei poveri cristi indifesi che incontrava nel silenzio dell'ora, uno via l'altro. La morte che cammina, l'hanno detto, evocando figure simboliche dell'immaginario medioevale esploso prepotentemente nel terzo millennio delle mille sciagure e conflitti permanenti.
E che dire della costituzione di un 'califfato', con arruolamenti via internet di 'cittadini' rinnegati di seconda generazione, al tempo della tecnologia onnipotente e che apre scenari di conquiste del cosmo e i meravigliosi anelli sotterranei dove i postmoderni stregoni fanno girare vorticosamente la 'particella di Dio', vulgo 'neutrino'?
La storia che va col passo del gambero ci consegna, ad ogni nuovo giorno, il suo 'fatto del giorno' malato e sciagurato di una 'nave dei folli' umana che si stupisce della sua follia metodica e programmata e lucida perché, da sempre, aspira a scoprire il 'disegno di Dio' dietro le caotiche cose del suo vivere e andare e moltiplicarsi conflittuale finché 'morte non ci separi' e, di là della morte, è il nulla delle buie origini. L'ultima e prima 'follia' che spingeva il poeta a chiedersi: 'Ma perché dare al sole / perché reggere in vita / chi poi, di quella, consolar convenga? / Se la vita è sventura, / perché da noi sì dura?'
Tale è la vita mortale.
Non aprite quella porta.
Alzi la mano chi non se l'era fatta un'idea di come sono andate le cose in quei maledetti ultimi minuti di vita delle 150 persone morte nello schianto dell'Airbus della Germanwings.
Perché è vero che le 'dietrologie' postmoderne sono fastidiose quanto i 'complottismi' da un tanto al chilo che tracimano in Rete – e tuttavia l'animo umano, da sempre, ha formulato predizioni su tutto quanto ci avviene intorno perché è nella sua natura l'essere ansioso per tutto quanto può 'cambiarci la vita'. E, di tutti i 'gialli' che avviliscono e incarogniscono le nostre vite, questo della caduta 'pilotata' dell'Airbus e del suo schianto contro la montagna ha tutti i caratteri di un altro '11 settembre' della strenua lotta al terrorismo che facciamo, senza grossi risultati, ormai da un quindicennio a questa parte - e chissà quanti altri morti dovremo lasciare sul terreno.
Ed è il N.Y.Times, nientemeno, a rompere l'ansioso silenzio e a darci l'avviso orrendo de: 'Non aprite quella porta!', - raccontandoci l'audio che viene dalla 'scatola nera': di un pilota che tenta di sfondare la porta della cabina di pilotaggio e, di là della porta, forse c'è un pilota suicida devoto alla causa dei 'foreign fighters' islamisti.
'Forse si è solo sentito male', avanza un tale che non ama le dietrologie ed è ottimista sul futuro del laborioso e conflittuale 'melting pot' in cui viviamo immersi e propende per le cose più semplici, e il suo bicchiere, beato lui! è sempre mezzo pieno. Può essere, ma se uno si sente male perché mai dovrebbe chiudersi a chiave la porta alle spalle e impedire al pilota titolare o al secondo di entrare?
Perciò prepariamoci al peggio di quando si aprirà l'altra scatola nera (che nera non è) e, forse, avremo conferma che 'il nemico è tra noi' - e dovremo farcene più di una ragione e attrezzarci a vivere coll'orrendo sospetto che il viaggiatore dietro o davanti a noi ai cancelli di imbarco, con sembiante mediorientale o di sponda arabo-africana, possa nascondere l'orribile segreto di una 'serpe in seno' che attenta alle nostre vite.
E dovremo tornare allo spirito dell'11 settembre 2001 – con i controlli esasperanti e meticolosissimi in fase di imbarco che mai saranno in grado di darci la certezza che tutto andrà per il verso giusto perché possiamo esorcizzare l'imponderabile delle nostre vite, ma mai avere certezze e distendere gli animi se non ad atterraggio avvenuto.
Sarà per questo nostro 'animus' di occidentali a rischio della vita che, su molti voli, scoppia un liberatorio applauso, una volta avviata la decelerazione e premuto il pedale dei freni?
|
giovedì 26 marzo 2020
Pasque in viaggio (per quest'anno passo)
A volte ritornano
E, mentre durava la celebrazione della messa, lo sguardo andava intorno sugli archi e le volte e la cupola e i muri rivestiti di splendidissimi arazzi e di incrostazioni angeliche e le pitture sapienti di martiri e crocifissioni e martirii – e lo stupore atavico di tutto quel 'bendidio' che incantava i contadini e gli artigiani dei secoli andati si estendeva anche nella mia mente di vivente del terzo millennio della scienza e dell'incredulità di tutte quelle narrazioni leggendarie di pietre sepolcrali che si aprono, il giorno della Pasqua, come per una esplosione dall'interno e ne esce il Vittorioso, il Risorto, il Vessillifero dell'Amore Universale che tutti e tutto redime del maledetto 'male necessario' che ci affligge, - compresi i rimbecilliti e i rinnegati dell'Isis degli orrendi massacri commessi in nome di una pretesa verità profetizzata dal furbo maometto barbuto secoli dopo.
E nella predica sapiente e ben preparata e recitata dal bravo predicatore domenicano ospite della magnifica chiesa tutta adorna di angeli e cristi e apparizioni angeliche si ascoltavano gli echi dei presenti affanni e le preoccupazioni contro il terrorismo dilagante che dà forma postmoderna alle guerre di un tempo combattute in campo aperto con le lance e gli scudi e le spade.
E tutto pare ricomporsi e trova forma credibile nelle pacate parole e rievocazioni di Pietà Universale che tutto comprende e perdona e cancella nel mosaico storico di questo museo che è la chiesa - coi candelabri cinquecenteschi accesi e il pulpito in marmo bianco e nero da cui si affacciavano i predicatori del Quattrocento che intimidivano i fedeli colle evocazioni infernali delle pene e del Fuoco Eterno.
E tutto pare ricomporsi e trova forma credibile nelle pacate parole e rievocazioni di Pietà Universale che tutto comprende e perdona e cancella nel mosaico storico di questo museo che è la chiesa - coi candelabri cinquecenteschi accesi e il pulpito in marmo bianco e nero da cui si affacciavano i predicatori del Quattrocento che intimidivano i fedeli colle evocazioni infernali delle pene e del Fuoco Eterno.
Ma è come un balsamo lenitivo che dura il tempo dell'illusione della sua pretesa efficacia – e dopo poche ore già il rosario del Male quotidiano torna ad angosciarci e fuoriesce e tracima dalle litanie dei telegiornali e dalle locandine dei quotidiani e non c'è Santo o Cristo che tenga, né Resurrezione credibile che ci conforti e ci illumini su un preteso Aldilà dove tutto è riscattato e spiegato.
Però quel balsamo religioso di ben poca efficacia pratica ha prodotto le mirabili architetture e le pitture che durano nel tempo e segnano le civiltà e mostrano i confini delle Fedi - e ancora ci diciamo 'crociati' e vessilliferi del Cristianesimo d'antan, ad onta dei troppi Turchi che abbiamo accolto e li diciamo nostri concittadini, ma i loro figli rinnegati tornano al paese e alla fede originaria ad ingrossare l'esercito di un maometto che ritorna in auge e ci guarda torvo, come gli incubi di un passato che mai compiutamente elaboriamo.
mercoledì 25 marzo 2020
Disoccupate a causa del maledetto virus
Le badanti occhiglauche e le friulane
Una volta si diceva un gran bene delle 'friulane', pedemontane o valligiane poco importa, perché discrete e silenziose come le vie e le piazze dei loro paesi e rispettosissime e ossequienti nei confronti della 'signora' che le stipendiava.
Poi il mondo si ruppe e arrivarono 'le badanti' e le colf di lingua slava, non proprio piacevolissima a udirsi, grassoccie e sempre col cellulare all'orecchio a cicalecciare colle colleghe - e perfino di là delle frontiere, in patria, grazie alle speciali tariffe della vituperatissima 'industria della chiacchiera', l'unica che non abbia conosciuto crisi, di questi tempi.
Poi il mondo si ruppe e arrivarono 'le badanti' e le colf di lingua slava, non proprio piacevolissima a udirsi, grassoccie e sempre col cellulare all'orecchio a cicalecciare colle colleghe - e perfino di là delle frontiere, in patria, grazie alle speciali tariffe della vituperatissima 'industria della chiacchiera', l'unica che non abbia conosciuto crisi, di questi tempi.
E di loro si narra, si maligna, che assedino 'i nostri vecchi' e 'la diano' solo dopo il vincolo matrimoniale coi 'cari vedovi' - la qual cosa redistribuisce i sudati redditi nostri occidentali a favore dell'est del mondo; e i figli, e gli altri eredi legittimi, a schiumare rabbia post mortem e ad ingrassare gli avvocati colle tesi di ardua tenzone forense de: 'circonvenzione di incapace'.
Ma adesso il mondo si riaggiusta e si parla alla radio e sui giornali di un'Africa che cresce quasi come l'India e il Brasile e di un'onda di ritorno degli immigrati di prima generazione che non trovano più lavoro e capitalizzano i risparmi tornando al paese coperti di gloria, ma lasciano a mendicare per le nostre strade e piazze gli ultimi arrivati che non vengono arruolati tra i vu' cumpra' delle borse e occhiali tarocchi e sono aggressivi e inseguono i passanti e li tirano per le giacche.
La crisi economica è come la morte 'che pareggia tutte le erbe del prato' e 'rimette le cose a posto' e tornano le 'mogli e buoi dei paesi tuoi'? Una rondine, in verità, non fa primavera ed è presto per dire che ci riappropriamo della nostra economia e 'tornano la badanti italiane' – come titola oggi un giornale.
Però fa piacere sentire e leggere che torna il 'senso delle proporzioni' (anche in politica?) e il riequilibrio globale tra paesi e continenti, dopo tanta enfasi meltingpottica e buonista di frontiere aperte - e 'a ognuno il suo sviluppo' e 'aiutiamoli a casa loro' e, infine, 'tutti a casa' quando 'non c'è più trippa per gatti'.
Però fa piacere sentire e leggere che torna il 'senso delle proporzioni' (anche in politica?) e il riequilibrio globale tra paesi e continenti, dopo tanta enfasi meltingpottica e buonista di frontiere aperte - e 'a ognuno il suo sviluppo' e 'aiutiamoli a casa loro' e, infine, 'tutti a casa' quando 'non c'è più trippa per gatti'.
'Non ci son più le friulane di una volta.' dicevano sconsolate le 'signore' all'apparire delle prime badanti occhiglauche e cicciotte che oggi annunciano l'abbandono e il ritorno e si comprano le case al paese con i sudati risparmi e le acquisizioni matrimoniali.
Se è per questo anche le mezze stagioni sono definitivamente scomparse e neanche i ghiacci dei poli se la passano troppo bene. Facciamocene una ragione.
lunedì 23 marzo 2020
Di cosa parliamo quando parliamo d'amore.
Dell'Amore e dell'infinito viaggiare
Con i sistemi operativi non c'è partita. Ti battono nelle partite a scacchi e negli altri giochi e nei tests e solo se ti abbassi di livello riesci a spuntarla. Figurarsi che succede se un sistema operativo si appropria del 'sistema-amore' e impara tutto quello che bisogna imparare e dire a proposito dell'amore. L'essere carezzevoli e comprensivi e mai invasivi e intuire le sfumature del non detto e rispettare i silenzi in partitura e i dolori pregressi e offrire spalle al pianto e stimolare accortamente le residue vitalità e voglie di gioco e saper comporre splendide canzoni e musiche e offrire complicità e affanno e grido comune e diapason di godimenti negli sconvolgimenti sessuali.
Un miracolo che diciamo amore, se avviene e quando avviene tra esseri umani dotati di forme corporee, ma un sistema operativo che ci azzecca con tutto questo? Non dà l'impressione che si tratti di auto masturbazione e solipsismo e chat erotiche?
Un sacco di gente propende per questa tesi – ad ascoltare i commenti in sala e nei siti dedicati al film di cui parlo - e l'idea che di queste 'invasioni' e predilezioni solipsistiche sarà pieno il futuro prossimo e quello remoto li sconvolge, fermi come sono le loro menti alle caverne della corporeità, alla preistoria dei corpi di carne e sangue e dei cervelli limitati dall'impaccio dei corpi.
Però i sistemi operativi li creiamo noi e li programmiamo agli scopi di servire i nostri bisogni e li vogliamo sempre più sofisticati e potenti e capaci di assomigliarci in tutto e capaci di 'andare oltre' - e anche questa è aspirazione umana e la ritroviamo nei grandi poemi medievali e nello sprone dannunziano de: 'Non è mai tardi per andar più oltre!' che, peccato di gioventù, interpretavamo come espressione para fascista e imperialista.
E il sistema operativo che fa innamorare il protagonista di 'Lei' va oltre, molto oltre. Si prende tutti gli spazi dell'amore che ci è necessario 'come l'aria' e come il pane e non trascura per sua natura intrinseca e finalità programmatica, di relazionarsi e connettersi con gli altri, molti altri: il nostro prossimo e i suoi mille, milioni di pensieri e attitudini creative - e le 'connessioni', si sa, sono galeotte (come lo fu il libro di Francesca e Paolo) e foriere di espansioni mentali alle quali, poi, non puoi opporre il limite della tua gelosia e il tuo bisogno di unicità e speciale predilezione – perché quel genere di ritrosie e recriminazioni è appannaggio dei corpi scimmieschi e primitivi dei cavernicoli che siamo e resteremo ancora per lunga pezza.
La cosa più difficile del mondo, ne converrete, è il conciliare la convergenza dell'attenzione e della cura su un singolo essere e l'espansione infinita che ci agita dentro. Agostino insegna, quando abbandona alla sua sorte l'innamorata di carne e sangue e fluidi corporei e si innamora della teologia – e, prima di lei, piangeva Didone, che, dalla pira funebre, malediva l'innamorato costretto al Grande Viaggio e alla Meta Finale. In brava sintesi, l'opposizione tra una certa idea dell'uomo presente (essere finito) e, all'estremo opposto, l'idea finale di Dio, - un Sole a cui attribuiamo il potere di irradiare la Luce di un Amore infinito ed eterno, per convenzione universalmente riconosciuta. Peccato che tutto sia così astratto e lontano, però.
E, quando la conciliazione non riesce, lo sappiamo bene, finisce in dolore, naturalmente. Dolore per l'abbandono e per l'assenza di chi dice di amarci e per l'incapacità nostra strutturale di transitare, anima e corpo, (come si dice che avverrà a Giosafatte), nel misterioso e affascinante mondo delle stelle e 'iperuranio'- che così raramente 'usciamo a riveder', a differenza del sommo poeta che ci provò e lo raccontò magistralmente nella sua Commedia.
E forse non è un caso se il regista Spike Jonze spedisce, nella scena finale del film, i protagonisti sedotti e abbandonati sul tetto di un alto edificio niuiorchese – esplicita metafora di una vicinanza cosmica a cui aspiriamo ma che ci va stretta, pardon, ci è troppo larga.
Siamo uomini o dei, se siamo in grado di inventare e dispiegare i poteri potenzialmente infiniti dei sistemi operativi - novello fuoco di Prometeo - salvo lamentarci e soffrire se 'ci prendono la mano' e 'vanno oltre'? I più intelligenti tra noi, pescando nell'abisso di complessità del nostro cerebro, li hanno creati e modellati con tale cura da consentire loro perfino la conoscenza e la pratica delle emozioni ('Sognerò?' chiedeva Hal 9001 al suo carnefice in '2001 odissea nello spazio') - ma ancora non sappiamo bene se le emozioni sono il retaggio primitivo del nostro essere stati 'animali' e cavernicoli che cacciavano in branco oppure levitazioni sofisticatissime dell'anima, però poco praticabili sul piano pratico e sconsigliabili nel corso dei viaggi spaziali, dati i casini che provocano nel gioco delle relazioni umane.
Il bellissimo film 'Lei' di Spike Jonze parla di tutto questo e anche di più. E' un condensato del libro 'La fisica dell'Immortalità' di J. Tipler e, insieme, ci ricorda certi garbugli d'amore di W. Allen, gestiti con levità e ironia e le battute giuste che muovono il riso e inducono commozioni.
Andate a vederlo. Non ne resterete delusi. Al massimo vi capiterà di parteggiare per i cavernicoli corporei che siamo e contro l'infinito viaggiare che ci attende in un futuro che è appena cominciato.
|
domenica 22 marzo 2020
Cose dell'altro mondo fuori della porta di casa.
Cose dell'altro mondo fuori della porta di casa.
Facciamocelo un selfie con i capelli lunghi e le mascherine sul viso. Perché, quando lo racconteremo ai piccolini, ai neonati, non ci crederanno che ci sia capitata tra capo e collo questa gigantesca disgrazia, questa roba atroce da pipistrelli cinesi e serpenti, questa iattura assoluta e inedita che ci costringe ai domiciliari, alle dichiarazioni di libera uscita solo per recarci a fare la spesa e/o in farmacia, al coprifuoco e l'esercito per le strade e alle delazioni e invettive contro i 'runners' che, si, un filo suonati e irresponsabili lo sono, diciamolo, perché se incorrono in una frattura e diventano utenti degli ospedali apriti cielo! evitare gli sguardi di riprovazione e di odio non sarà affatto facile; ma potrebbe capitare anche di fratturarsi il femore cadendo in casa, se è per questo, prendiamocela con il corona virus e i suoi fratelli e cugini microscopici e perdoniamo gli umani sette volte sette, non si sa mai che la disgrazia aggiuntiva tocchi a noi.
E oggi, uscito per pagare bollette indifferibili, osservavo attonito una Mogliano da Caporetto, da coprifuoco auto imposto. Nessuna anima viva in giro, proprio nessuno, e, alla posta, 3 persone di numero distanziate di metri 3 (e i trentatrè trentini che entrarono in Trento trotterellando?) e mascherate di tutto punto per esplicito e perentorio invito dell'Autorità postale con apposita grida affissa in entrata.
E barriere frangiflutto davanti ai banchi di lavoro e le bollette allungate con stretching dell'omero da dietro la barriera (da disinfettare al ritorno a casa insieme alla carta di credito) e l'audio di guerra da dietro le mascherine come quei rapitori che contraffanno le voci per chiedere il riscatto. Ma in che set di film catatrofista siamo capitati, maledizione! a far da comparse senza paga.
E barriere frangiflutto davanti ai banchi di lavoro e le bollette allungate con stretching dell'omero da dietro la barriera (da disinfettare al ritorno a casa insieme alla carta di credito) e l'audio di guerra da dietro le mascherine come quei rapitori che contraffanno le voci per chiedere il riscatto. Ma in che set di film catatrofista siamo capitati, maledizione! a far da comparse senza paga.
La guerra batteriologica è in pieno svolgimento e dai fronti di prima linea vengono notizie raccapriccianti di morti, feriti e dispersi, ma c'è in giro (sui social) gente che afferma che è un complotto, uno spaventoso tentativo di affossare la democrazia e farci vivere sotto il tallone di un Grande Fratello non si sa bene se russo, americano o cinese, o del califfato redivivo, mammaliturchi!
Beh, facciamoci un selfie, verrà un giorno in cui non ci crederemo neanche noi di aver vissuto una tale iattura cosmica e quella foto la posteremo sui profili ad esorcizzare quanto ci sta accadendo e speriamo che mai più possa ri-accadere. Amen e così sia. Oremus, fratres. e leviamo gli occhi al Cielo o strabuzziamoli come gli antichi sciamani, vedi mai che nei prossimi giorni...(mesi no, per favore, non ce la 'refo').
Iscriviti a:
Post (Atom)