giovedì 31 marzo 2011

newsletter from the beautiful town (4)

'Il mondo vi appartiene' è il confortante avviso che ci viene dall'allegra combriccola di artisti che saranno ospitati a Palazzo Grassi quest'anno e, detto da loro, è auspicio quantomai gradito perché, si sa, (ce lo dicono e ribadiscono con parole alate i valenti critici sui cataloghi delle mostre), gli artisti e i poeti sono gli oracoli del futuro, - lo predicono, lo forgiano, in alcuni casi, lo connotano di sé: guardate a Michelangelo e al Grande Bardo inglese o a Van Gogh e Picasso come ancora torreggiano sopra di noi, esseri minuscoli formicanti nel caos degli eventi del postmoderno.

Quindi il mondo ci appartiene. Già, ma come? A me appartiene una porzione davvero minuscola di mondo, in verità e, se è vero che viaggio e mi guardo intorno e visito i musei e le grandi mostre d'arte all-over-the-world, il mio è un breve passaggio, una visitina, un briciola raccolta (e pagata a caro prezzo, con quel che costa il viaggiare) e ben poco del Tutto che ho intorno sento mio, perciò dovrebbe essere un altro il senso di quell'affermazione curiosa della combriccola di famosi artisti convocati da monsieur Pinault per la sua Mostra Nuova; forse una provocazione – com'è l'uso degli artisti moderni, e magari sotto a quella didascalia ci mostreranno le barche dei migranti stracariche di visi spaventati che beccheggiano tra i flutti e le foto di qualche cadavere gonfio che approda alle spiagge italiche, greche, maltesi, spagnole, chissà, e le autorità lo seppelliscono in fretta e in furia per non allarmare l'opinione pubblica. Anche a loro il mondo gli appartiene?

La primavera veleggia verso i grandi caldi, malgrado l'aria fredda del primo mattino e che non ci siano più le mezze stagioni ormai ci siamo abituati, così come le brave ragazze di una volta e i signori galanti e disinteressati, signora mia, (non come il nostro premier che, se fa dei regali o allunga le buste coi denari, è per via del bunga-bunga che pretende dalle postmoderne vergini e, in alternativa, il listone bloccato che spiana la via del Consiglio Regionale alle sue igieniste).

Le locandine dei quotidiani locali ci avvisano che 'c'è del marcio a Ca' Farsetti'. Funzionari e vigili urbani oliati con mazzette per lasciar correre sulle ispezioni e favorire le pratiche del cambiamento di destinazione d'uso delle antiche dimore in alberghi, hotels e B&B. E di che altro poteva trattarsi, in questa città di ammuffiti fantasmi di abitanti pretesi che la abitano giusto per la pigrizia di non cercarsi un luogo migliore dove vivere?

E, vicino a casa mia, un tale, con lo spray – un 'writer' – , ha vergato le criptiche parole: La patria sarà quando tutti saremo stranieri e, da giorni e giorni, mi scervellavo per capirne il senso e forse vuol dire che dobbiamo arrivare al massimo della estraniazione, alla perdita dell'identità di popolo e di luoghi, alla nostalgia di un concetto obsoleto e vituperato (come ha fatto la Lega per decenni col 'tricolore nel cesso') per tornare a 'stringerci a coorte' e sentirci italiani e, forse gli stranieri che vengono intervistati a Lampedusa sono dei veri patrioti ante litteram quando affermano che preferirebbero morire qui da noi piuttosto che essere 'rimpatriati'.

Tu vedi come il mondo si è rotto e in che buffissimo modo 'ci appartiene'

martedì 29 marzo 2011

folle,lavacri,imputati,caimani

(... )Il Premier imputato appare, e già si mostra sorridente. Incede tra la folla, e diventa trionfante. Alza il braccio per rispondere alle acclamazioni e agli applausi, ed è incontenibile. Infatti sale sul predellino, come tre anni fa quando s'incarnò nel popolo di San Babila e nel popolo delle libertà che stava nascendo. È un'apoteosi.

Ma soprattutto, è un ribaltamento politico della realtà, costruita a tavolino come in un reality, e recitato sulla pubblica piazza cercando di ricalcare in tutto la scenografia del Caimano, come ad annunciare la resa dei conti finale e la capacità di rovesciare la verità. Il Premier di un Paese democratico, imputato per gravi reati comuni, non si preoccupa di rassicurare la pubblica opinione, le istituzioni e la società politica che chiederà chiarezza di giudizio e offrirà collaborazione nella trasparenza per arrivare all'unica cosa che conta, cioè l'accertamento della verità.

No: al contrario maledice davanti alle sue telecamere i magistrati che devono giudicarlo, pronuncia in diretta la sentenza con cui si assolve, addita al ludibrio i suoi avversari politici, raduna i suoi sostenitori di fronte al palazzo giudiziario e si unisce a loro in una manifestazione di ribellione alla giustizia, di lavacro popolare, di giudizio anticipato sommario e inappellabile. Una manifestazione di debolezza estrema spacciata per prova di forza, con il populismo che mette in scena se stesso nella fase più estrema e radicale, perché tecnicamente eversiva, con il potere esecutivo che chiama il popolo a contestare il giudiziario: mentre il legislativo cerca di fulminare i processi con leggi ad personam, spargendo il fumo di false riforme sulle opposizioni, sulle istituzioni e sui soggetti incapaci di una vera autonomia culturale e di una concreta libertà di giudizio.

Il secondo evento è tutto televisivo, ed è andato in onda appena venerdì scorso. A Forum, su Canale 5, una signora abruzzese dell'Aquila si presenta a discutere della sua separazione dal marito Gualtiero, e del loro negozio di abiti da sposa lesionato dalle scosse. Incidentalmente, la signora magnifica sulla rete Mediaset l'operato del Presidente del Consiglio e del governo, "l'Aquila ricostruita", "la vita ricominciata", i giovani che "ritornano", i negozi che "riaprono". Distribuisce "ringraziamenti al Premier", conclude che tra i terremotati "chi si lamenta lo fa per mangiare e dormire gratis". Applausi in studio. Solo che la signora non è terremotata, non è dell'Aquila, non è separata, non è sposata con Gualtiero che è figurante come lei, non ha perso alcun negozio nel sisma ma aiuta il vero marito in un'impresa di pompe funebri. Semplicemente, ha recitato una parte: "Sono abruzzese, mi hanno chiesto di interpretare quel ruolo".

Ora, è possibile accettare tutto questo? Inventare una "fidanzatina" per il Premier circondato da troppe ragazze a pagamento, e costruirne l'identikit sul rotocalco della Real Casa. Modellare dal nulla un fidanzato per Noemi Letizia e fotografarlo in un falso abbraccio con lei per proteggere "Papi". Infine fabbricare la falsa terremotata che salmodia le lodi al Premier ricostruttore nell'unico processo accettato sulle reti Mediaset, quello finto di Forum.

Questo meccanismo menzognero e ingannatore si chiama "ricostruzione della realtà". Decostruisce il reale, lo sposta e lo reinventa in un contesto di comodo, ricostruendo il paesaggio politico e sociale ridisegnando il palinsesto non solo televisivo, ma quotidiano della vita italiana. Non è un caso, è un metodo. Nell'ottobre del 2004 uno stretto collaboratore di George W. Bush (si pensa sia Karl Rove) disse al giornalista Ron Suskind queste parole: "Ora noi siamo un impero, e quando agiamo, noi creiamo la nostra realtà. E mentre voi state studiando questa realtà, giudiziosamente, noi agiremo ancora, creando altre nuove realtà, che voi potrete soltanto studiare, e nient'altro". Bene, fatte le proporzioni con la miseria italiana, forse è arrivato il momento per gli spettatori di tornare cittadini, riportando la politica - Presidente del Consiglio compreso - a fare i conti con la realtà.
 Ezio Mauro (29 marzo 2011)

domenica 27 marzo 2011

campagne e città

Ghandi aveva una sua visione romantica e idilliaca delle campagne che opponeva alle città – al caotico e miserando stringersi in un territorio urbanizzato di milioni di persone e i più fortunati costruivano le case di civile abitazione, gli altri si ammalavano e morivano nelle bidonville tra il correre dei ratti e gli scoli fognari sui due lati delle improvvisate strade interne.

Ghandi la perse la sua battaglia politica per il 'ritorno alle campagne' -e le principali e più popolose città indiane sono tuttora la dimostrazione più tragica di come la tendenza degli esseri umani è a 'stringersi a coorte', intrupparsi, sviluppare la speranza di una vita migliore nel commercio coatto che ha nell'urbe la sua esaltazione e perversione: commercio di corpi e di forza-lavoro che si equipara a quelle delle merci -e il contadino-produttore ha la peggio nel formarsi del prezzo a causa della concorrenza e torna al villaggio, la sera, colla miseria di quattro denari che non remunerano la grande fatica del coltivare, zappare, seminare, mietere.

Non ci sorprendiamo, perciò, che dalle 'campagne' del sud e dell'est del mondo vengano a noi i diseredati, i clandestini, i profughi, perché l'Europa tutta è 'la grande città' televisiva dove andare a fare fortuna e per questo sogno di miglior vita si raccolgono le offerte in denaro delle famiglie e si pagano i 'mercanti di schiavi' e si naviga perigliosamente verso le coste del mitico Bengodi.

Non diversamente si faceva nel Veneto, negli anni della Grande Emigrazione e il mito de La merica valeva lo sforzo che i parenti tutti sostenevano nell'affidare al loro congiunto i denari per i viaggio e sostenere il sogno di riscatto dalla miseria contadina.

Ma l'economia di quel grande paese americano era 'a crescere' e le frontiere erano aperte e moltissimi ottenevano i visti di ingresso e il momento economico dell'Europa è. invece, ' a rendere', da molti anni a questa parte, e fatichiamo a crescere nei confronti della Cina e dell'India e il contrasto all'emigrazione clandestina ne consegue ed è divenuto imperativo continentale e dell'intera Comunità Europea.

Dispiace vedere i visi di delusione e tristezza di quei ragazzi di Lampedusa che hanno investito tutti i loro averi e quelli della famiglia nel sogno di una vita migliore qui da noi e si sono visti derubricare d'imperio – coi recentissimi accordi tra Tunisia e Italia – da profughi pretesi a clandestini da rimpatriare, ma la regolazione dei flussi immigratori è parte fondamentale di una ordinata crescita economica e civile e i numeri di queste vere e proprie ondate umane che affannano le nostre isole e coste è tale da esigere un risposta forte e corale dell'Europa tutta.

E, se faremo tesoro di questa severa lezione che gli immigrati ci impartiscono, svilupperemo (l'Europa tutta svilupperà) accordi economici coi paesi di origine che consentano il decollo di quelle economie mediterranee e l'assorbimento della forza-lavoro in patria.

Che mille campagne crescano (economicamente) e il lavoro sia garantito a quelle popolazioni di 'nuovi democratici' della sponda africana!
per approfondire: http://www.indika.it/?p=5611

mercoledì 23 marzo 2011

giullari e governanti dalla schiena dritta

Nel primo mistero doloroso si contempla



….che si possa provare dolore per la persona che si va a bombardare.



Chissà se, trascorsi questi lustri di vera e propria ubriacatura berlusconiana, il ravvedimento della Storia ci consegnerà un quadro del paese Italia con pennellate pulite che raccontino per filo e per segno e con il necessario nitore le tragedie del pensiero che hanno travolto una quantità incredibile di personaggi muniti di discreta intelligenza sulle cose e gli eventi, ma schiacciati vergognosamente nel loro ruolo di servi ridicoli e scherani che hanno avvilito il loro pensiero al servizio di Sua Prescrizione.



Che lo dicesse Berlusconi in video e in voce di essere addolorato per la sorte 'tragica' del Raiss tripolitano non sorprende ormai più nessuno, considerato il ruolo di pagliaccio di lotta e di s-governo che si è pubblicamente ritagliato e le idiozie miste alle barzellette oscene che va pronunciando ovunque gli si offra un palcoscenico e un microfono.



Ma che, più realista del suo Re di Denari che gli garantisce la pagnotta, un tal Veneziani scriva (sul giornale di famiglia) che, ebbene si, si può provare dolore e umana pietà per uno che sarà in fila dietro a Hitler, Saddam Hussein e Nabucodonor, davanti al Supremo Giudice per le condanne infernali del caso comminate per i massacri e gli stermini, è cosa che fa rivoltare lo stomaco -al pensiero di come si può ridurre un uomo e un giornalista nel leccare senza nessun ritegno intellettuale e professionale le allumacature viscide lasciate dal suo re amatissimo e giullare sgangherato che fa le corna e bubusettete tra i governanti europei e si fa in quattro per disfare ciò che Francia e Gran Bretagna hanno deciso e attuato, finalmente! per impedire il massacro di Bengasi.



E pare che Sua Prescrizone andrà a Tripoli a convincere il suo emulo e sodale a lasciare il potere con garanzia di salvacondotto – lui che sa bene come procurarseli a botte di leggi ad personam e avvocati personali eletti in parlamento – e forse lo ospiterà in una delle sue ville ad Antigua o altrove perchè gli autori dei crimini più efferati e i più tragici cialtroni di lotta e di s-governo la devono sempre fare franca su questo stramaledettissimo pianeta di infami e servi e gente da nulla che non sa che sia la morale pubblica e la giustizia giusta da doversi garantire a un popolo o a un consesso di nazioni onorate e governanti dalla schiena dritta.

martedì 22 marzo 2011

risvegliàti

Sono sopravvissuto alla notte.
Una tempesta di neuroni non sedati
travolgeva l'incerto sonno e il timore
del corpo di trasformarsi in salma
immobile. Niente era più, del tutto
che ha riempito la mente fino a ieri
e le tue cose, la casa, i figli,
le persone amate che restano
a testimoniare l'improbabile tua esistenza
e le doglianze per il suo venir meno.


'Eppur si muore' è variazione
fisica, impercettibile, dell' 'eppur si muove'
dell'osservatore del pendolo nella cattedrale
che vive nelle sue opere e se 'morto'
è parola che impaura, gioverà
ripeterla all'infinito per perderne il senso
-come di ogni parola e azione
del nostro astruso vivere che sconfina
nel sogno caotico di una moltitudine che brulica
nei diversi luoghi di un pianeta
di stratosferica apparenza celeste,
luogo di quiete relativa nel caos
dei movimenti cosmici che si tengono
tra gravità assassine e calori intollerabili
e freddi siderali quali mi accadeva stanotte di provare
e mi dicevo spaventato 'è l'ora' e l'onta
era il timore panico del buio e il non-senso
di tutto quanto inanellato nei giorni
di una vita che non ho chiesto di vivere,
ma, chissà perchè, mi chiedeva ragione
del come ho operato nell'ora del trapasso.

Poi, finalmente, il buio e il sonno
e questo strano risveglio che mi pare vita
ma forse è un altrove familiare,
il mitico 'aldilà' che cerchiamo invano
di rappresentarci, ma è il presente
di ogni nuovo risveglio.

lunedì 21 marzo 2011

piccoli cancellieri crescono

Stiamo diventando tutti cancellieri, l'avete notato? Novelli Bismark o Conti di Cavour, tutti abbiamo le nostre belle analisi critiche in mente e sappiamo precisamente che questa guerra è 'per il petrolio' o perchè l'America vuole mettere i suoi ingombranti piedoni dentro al Mediterraneo e sull'intera Africa (disputandola alla Cina e all'India) -come sostiene Lucia Annunziata sulla Stampa.

E, se appena ti azzardi a dire e sostenere che siamo (una comunità internazionale) intervenuti perchè in Libia c'è stata una rivolta di popolo contro la dittatura del Pazzo Beduino, tutti a indicarti a dito come lo scemo del villaggio che crede alle fole di quei cattivoni che stanno al governo delle nazioni interventiste e nelle loro teste di maledetti governanti c'è solo la strategia dei signori del petrolio.

Ma il petrolio era garantito dallo stesso Gheddafi che oggi bombardiamo e tutti gli Stati europei, ciascuno secondo i suoi interessi, potevano andare in Libia e 'fare affari' come abbiamo fatto noi italiani, -col di più del baciamani del nostro irruento Guascone e le corpulente amazzoni-che-chissà-cosa-gli-fanno-al-Rais e le conferenze del Pazzo Beduino sull'Islam-che-salverà-l'umanità con solo pubblico di belle ragazze aspiranti veline e pagate per presenziare alla mesta cerimonia.

E, semmai, la situazione post bellica potrebbe essere più complicata di quanto non fosse prima e tutti gli analisti concordano nel dire che non sappiamo chi sono i ribelli e cosa si sta costruendo 'dietro le quinte' di quel popolo libico che abbiano osannato perchè ci ha mostrato lo stesso risveglio democratico di Tunisi e del Cairo – e nessuno in Occidente l'aveva previsto e siamo stati spiazzati da questo Risorgimento arabo non condizionato (apparentemente) dai Fratelli Mussulmani.

Dunque? Siamo sempre e ostinatamente in guerra per il petrolio? O per la 'libertà dei popoli' da costruire faticosamente -una volta tolto di mezzo il Pazzo Beduino, i suoi figli dinasti e i fedeli generali alla testa delle milizie mercenarie? Beh, preferisco credere a quest'ultima fola, per quanto appaia ridicola ai Grandi Cancellieri che scrivono sui giornali (e taluni di loro si dilettano sui forum perché quella di fare il giornalista era la loro aspirazione più grande da ragazzi, ma la sorte malvagia e ria non l'ha consentito e fanno, invece, i geometri o i bancari o i ragionieri).

E tutto quanto accade mi appassiona e negli eventi caotici provo a dipanare il Bene nascosto dal fitto groviglio di Male che ci affanna e, di certo, la dittatura del Pazzo Beduino e di ogni dittatore sanguinario è Male e se qualche bomba esplode sopra il groviglio del Male forse la tessitura caotica futura potrà diventare un ordinata tela di futuri stati democratici, chissà.
La guerra è la continuazione della politica con altri mezzi, si diceva, ed estirparla dalla Storia è cammino lungo e contorto e perfino i cristiani, al tempo della loro espansione e fondazione di civiltà nuova, hanno impugnato le spade.

E mi appassionano i videogames della Storia perchè niente è dato una volta per tutte e gli azzardi del decisionismo degli Stati e delle nazioni si concatenano con esiti a volte sorprendenti e mi viene in mente Milosevic e i suoi caccia che si levavano in volo contro la Nato e contro il maledetto Occidente, ma venivano abbattuti uno via l'altro e un ordine precario si è creato nei Balcani (ogni ordine nuovo è precario), che, da allora, tutto sommato tiene e si può dire soddisfacente, se comparato alle stragi del maledetto dittatore che oggi subisce processo all'Aia,

Forse dovremmo accreditarci anche di una qualche nota positiva noi dell'Occidente democratico, nel concerto delle nazioni a cui partecipiamo, e non tutte le decisioni che si prendono in occidente hanno odore di petrolio e di chissà che nuovi colonialismi economici.
Forse abbiamo anche idealità -le stesse che animavano il Conte di Cavour quando mandava i nostri soldati in Crimea a lottare per la libertà di quel popolo e in mente aveva il Risorgimento italiano e l'Unità della patria nuova.

E se le vostre analisi di piccoli-cancellieri-crescono vorranno ancora mostrare il pollice verso ad ogni decisione strategica dei governi occidentali, pazienza. Democrazia è concerto di voci. Pazienza se stonate e troppo spesso 'contro' per partito preso e scarsa propensione a 'pensare positivo'.

giovedì 17 marzo 2011

nel giorno del vostro scontento

Leghisti cari, secessionisti immaginari,

nel giorno del vostro scontento è giusto che io vi dica, apertis verbis, quel che pensavo ai tempi delle vostre prime prove di affermazione rabbiosa nelle piazze del paese e nel chiuso delle cabine elettorali.
Ero stupito della tranquilla sicurezza dello Stato italiano – nelle sue espressioni delle forze dell'ordine preposte alla vigilanza e del Ministero che le guidava – che tollerava bonario le jacqueries antifiscali davanti alle caserme della guardia di finanza e gli slogans eversivi contro le tasse che non si dovevano pagare.
Quest'ultima cosa davvero mi mandava in bestia; considerato che la maggior parte di voi le tasse le ha sempre bellamente evase e/o eluse, (i commercialisti compiacenti e talora complici) e alcuni di voi sbeffeggiavano e svillaneggiavano i lavoratori dipendenti mostrando le targhette col nome inciso sull'ottone lucidato delle pacchiane ville con piscina e i macchinoni lussuosi pagati con l'evasione o l'elusione e i pranzi cogli amici spacciati per 'pranzi d'affari' e detratti dal poco di tasse che vi costringevate a far figurare per evitare l'accanimento (sic!) dei controlli di legalità.

Di quell'epoca ormai lontana nel tempo ricordo anche l'atto di sovversione di quei quattro idioti che diedero l'assalto al campanile di Venezia e immagino che, se non fossero passati per le patrie galere (con pene risibili da ladri di mele), oggi siederebbero fieri nelle aule parlamentari con la cravatta verde e la coccarda dello stesso colore e correrebbero fuori dall'aula, tappandosi le orecchie per non sentir risuonare le auree note dell'inno di Goffredo.

Ed è inutile che vi ricordi l'ira mia e di molti altri come me quando spergiuraste sulla Costituzione della Repubblica di esserLe fedeli – e i comportamenti vostri successivi furono, uno via l'altro, di disprezzo per le istituzioni repubblicane, spernacchiamenti a vario titolo e di diverso grado di gravità al Tricolore e molto altro delle avvilenti e squallide cose e del ludibrio che avete consegnato agli annali della storia patria.

Fossi stato presidente del consiglio ai tempi del vostro primo apparire e manifestare i propositi 'secessionisti', credetemi, la mia risposta sarebbe stata di ben altro tenore da quella che avete ricevuto e vi ha consentito di crescere in consensi e di inquinare la vita pubblica di questo paese.
Avrei imposto per legge che chiunque rifiuti di riconoscere il proprio paese di appartenenza storica e geografica sia privato della cittadinanza e non possa concorrere ai pubblici uffici e alle cariche elettive di ogni genere e grado. Avrei steso un vero e proprio 'cordone sanitario' intorno allo scomposto crescere di una jacquerie antifiscale che si è fatta poi, per troppa, colpevole tolleranza, jacquerie sistematica anti nazionale e le annesse minacce dei 'trecentomila fucili padani' e il progetto secessionista quale 'piano b' in caso di federalismo non raggiunto.

E taccio l'immoralità privata e pubblica che avete dimostrato nel sostenere al governo il peggior Barabba che mai sia stato espresso dalla vita sociale e politica di questo paese – che ha occupato per tre lustri la vita della nazione con i suoi problemi di plurimputato di reati gravissimi e la necessità di scassare l'istituzione-giustizia al fine di averne l'impunità.

Nel giorno del vostro scontento per l'Unità della nazione che occupa la scena pubblica e s'impone con forza, malgrado le mille contraddizioni e i diversi pareri, era giusto che sapeste che la vostra esistenza e l'azione vostra di s-governo insieme a Sua Prescrizione e ai suoi miserabili scherani e sostenitori di ogni genere e grado viene considerata da me e mille altri come me quale un maledetto cancro da estirpare e bombardare radiologicamente e chimicamente al fine di garantire la fragile salute di questa nostra, pur tormentata, nazione.

mercoledì 16 marzo 2011

Scherzare col fuoco



Vi è un'obiezione difficile da eludere o sottostimare nel dibattere che si fa sull'atomo e le sue presenti applicazioni.

La proponeva un tale, in un forum, uno che si firma 'fuoco' (Fire) e non a caso paragonava l'uso primordiale del fuoco coll'uranio e i suoi derivati. E forse è vero che intorno a quel metallo giriamo e saltelliamo eccitati e impauriti come i primati del film 2001 odissea nello spazio intorno al fuoco sprigionato da un fulmine-regalo del cielo che bruciava quietamente un vecchio tronco.



E i progenitori allungavano le mani unghiate a toccarlo -curiosi della sua ariosa a-matericità- e le ritiravano perché scottava e vi fu chi vi allungò sopra un pezzo di carcassa animale e ne ebbe l'odore dell'arrosto e il sapore della carne arrostita che cambiò la nostra storia evolutiva.



Ed è vero che, dai tempi dei cavernicoli, col fuoco abbiamo scherzato parecchio e appiccato incendi, distrutto città assediate, incinerato le pire funebri fino a domesticarlo nelle case in modi e con rischi che tutti riteniamo accettabili, se comparati coi benefici del riscaldarci, cucinare e farci il bagno caldo nei lunghi inverni.



E accadrà che domesticheremo anche l'atomo, dopo aver a lungo alambiccato nei moderni nostri laboratori di apprendisti stregoni, ma se -solo se- sopravviveremo come razza umana e stirpe di semidei a quello che -dopo Hiroshima e Nagasaki- abbiamo chiamato 'l'olocausto nucleare'.



Perché il fuoco primordiale dei primati sta all'atomo dell'olocausto nucleare come la fucina di un fabbro di un piccolo villaggio sta alla caldera di un gigantesco vulcano in prossima eruzione.



Una questione di 'ordine di grandezze' e relative conseguenze – e il Giappone di oggi e le catastrofi nucleari incombenti e che tutti paventiamo sono lì a ricordarcelo di 'non scherzare con l'atomo' così come in antico si raccomandava di non scherzare col fuoco e coi santi perché la loro forza ci sovrasta e ci ricorda ognora la nostra fragilità e il rischio di morire e perderci e scomparire per un azzardo di troppo.



E intrupparci oggi colla 'lobby dei nuclearisti' sulla via delle centrali nucleari di terza o quarta generazione è azzardo di speleologi che decidono di scendere nella caldera ribollente di fumi di una prossima eruzione con indosso le tute protettive che si squagliano dopo qualche metro di discesa e addio alle armi e carni arrostite e incinerazione garantita.

Un azzardo e una logica dell'azzardare che scommette tutto su ciò che 'non è mai avvenuto prima' -così come i giapponesi di ieri scommettevano sulla sicurezza 'pressoché assoluta' delle loro centrali perché mai un sisma aveva raggiunto quella magnitudo e devastante tsunami conseguente.



E quella insensata (e interessata ai guadagni) 'lobby dell'atomo' trascura di dirci che, oggi, uguale intensità di intelligenza spendiamo (l'umanità tutta spende) nel misurarci con tecnologie 'fredde' (l'eolico, il solare, le biomasse) le cui applicazioni future ci sorprenderanno e svilupperemo e innoveremo al punto da garantirci il nostro fabbisogno con azzardi e rischi infinitamente più bassi e senza per questo fermare le sperimentazioni 'in vitro' e in alambicco degli scienziati del nucleare -ai quali solo raccomandiamo di tenere conto delle conseguenze ultime e ultimissime delle loro sperimentazioni prima di consegnare ai piloti del bombardiere americano il 'little boy' che deflagrò sopra Hiroshima, cambiando per sempre la storia del nostro tormentato Novecento.


martedì 15 marzo 2011

ostaggi (del nucleare) e stoccaggi

Il problema dello stoccaggio e della messa in sicurezza delle scorie nucleari appare tanto insormontabile quanto lontano da una possibile soluzione anche in virtù del fatto che in tutto il mondo i rifiuti radioattivi continuano ad accumularsi in maniera sempre più cospicua anno dopo anno. Basti pensare che gli Stati Uniti producono annualmente 2300 tonnellate di rifiuti radioattivi e nella sola Francia si produce una quantità annua di nuove scorie pari a tutte quelle presenti in Italia.
Il solo smantellamento di una centrale nucleare alla fine della sua vita operativa produce una quantità di scorie di quasi tre volte superiore a quella prodotta durante i 40 anni della sua attività.

Attualmente si è tentato di “neutralizzare” solamente le scorie meno pericolose, la cui radioattività rimane tale per periodi relativamente brevi nell’ordine dei 300 anni.
Nella maggior parte dei casi le scorie sono state stoccate all’intermo di depositi di superficie, costituiti da trincee, tumuli, silos e sarcofaghi di calcestruzzo, più raramente si sono utilizzate alla bisogna cavità sotterranee e depositi geologici profondi.

Per mettere in sicurezza le scorie nucleari ad alta radioattività, minori quantitativamente ma enormemente più pericolose, in quanto fonti di radiazioni per periodi lunghissimi di tempo che arrivano ai 250.000 anni, fino ad oggi non è stato fatto assolutamente nulla, in quanto tutto il gotha della tecnologia mondiale ha dimostrato di non avere assolutamente né i mezzi né tanto meno le conoscenze tecnico/scientifiche per affrontare un problema che travalica di gran lunga le capacità operative degli esseri umani.

Solamente gli Stati Uniti, dove la situazione legata ai rifiuti radioattivi è particolarmente grave in virtù delle oltre 100 centrali nucleari e del pesante contributo dato a questo tipo d’inquinamento dall’industria degli armamenti, hanno deciso di procedere alla costruzione di un sito di stoccaggio definitivo per le scorie nucleari ad alta radioattività, ma tale scelta si sta rivelando estremamente complessa e scarsamente risolutiva.
Il Dipartimento dell’energia statunitense, per tentare di risolvere il problema delle scorie nucleari, consistente in circa 37 milioni di metri cubi di materiali radioattivi che giacciono stipati in depositi di fortuna sparsi nel paese, impiegherà dai 70 ai 100 anni, spendendo dai 200 ai 1000 miliardi di dollari. Il suo programma prevede di decontaminare le 10 principali aree inquinate del paese e di raccogliere il materiale radioattivo più pericoloso, disperso in svariati siti, per poi trasportarlo in un grande deposito sotterraneo adatto ad una sistemazione definitiva.
Il progetto dovrà superare difficoltà quanto mai ostiche, quali la decontaminazione di aree vastissime (grandi quasi quanto la Valle D’Aosta) trovare un sistema di trasporto sicuro che consenta di trasferire per migliaia di chilometri le scorie più pericolose e individuare una sistemazione che possa restare sicura per molte decine di migliaia di anni.

Il monte Yucca che sorge nel Nevada meridionale circa 160 km. a nord ovest di Las Vegas, in una zona collocata all’interno della famigerata Area 51, notoriamente sede di test nucleari superficiali e sotterranei, nonché oggetto di voci concernenti un’ipotetica presenza extraterrestre, è stato scelto come sito di quella che può essere definita senza tema di smentita come la “grande opera” più costosa e complessa che mai sia stata progettata.
Solo per gli studi preliminari del terreno e il progetto sono stati spesi circa 8 miliardi di dollari e per la costruzione del deposito è previsto un esborso che supererà i 60 miliardi di dollari.
Il progetto colossale prevede lo scavo di una rete di tunnel sotterranei a spina di pesce della lunghezza di 80 km che correranno sotto la montagna alla profondità di 300 metri.
L’interno dei tunnel sarà composto da un materiale di acciaio inossidabile denominato “lega 22” protetto da un ombrello di titanio volto a costituire uno scudo antisgocciolamento che impedisca all’acqua d’infiltrarsi attraverso la volta delle gallerie. Dentro la montagna dovranno essere stivate 77.000 tonnellate di scorie radioattive che sono attualmente dislocate in 131 depositi distribuiti all’interno di ben 39 stati.
Per effettuare il trasporto saranno utilizzati 4600 fra treni ed autocarri che dovranno coprire centinaia di migliaia di chilometri attraversando 44 stati con a bordo materiale pericolosissimo. Le scorie nucleari verranno poi immagazzinate all’interno di 12.000 sfere container simili ai cassoni serbatoio dei camion cisterna. I container saranno a questo punto sigillati singolarmente ed allineati nelle viscere della montagna all’interno dei tunnel come fossero le perle di una collana.

Nelle intenzioni dei progettisti, dopo la conclusione dei lavori di scavo e preparazione del sito, prevista inizialmente per il 2010 ma già slittata al 2017, il deposito dovrebbe rimanere in attività per qualche decina di anni per poi essere chiuso permanentemente una volta completato il suo riempimento. Dopo la chiusura il deposito di Yucca Mountain dovrebbe impedire la migrazione delle scorie nell’ambiente in quantità significativa per un periodo di 10.000 anni.

Il progetto Yucca Mountain oltre ad essere stato avversato fin dall’inizio dalla popolazione del Nevada, il 70% della quale è contraria all’opera, e dalle autorità locali, ha destato grandi critiche e perplessità anche all’interno della comunità scientifica.
Da parte di molti esperti è stata messa fortemente in dubbio l’opportunità di seppellire le scorie nucleari in maniera definitiva ed irreversibile con l’ausilio di una tecnologia come quella odierna scarsamente evoluta in materia e pertanto largamente soggetta ad errori di valutazione e di scelta, tanto dei materiali da impiegare quanto dei processi tecnologici da mettere in atto.

Altrettante perplessità riguardano il lasso temporale di 10.000 anni durante il quale le scorie nucleari dovrebbero rimanere in condizione di sicurezza nelle viscere del monte Yucca. La National Academy of Sciences e il National Research Council ritengono questa grandezza temporale del tutto insufficiente perché si possa parlare di “messa in sicurezza” di materiale radioattivo che rimarrà tale per centinaia di migliaia di anni. Proprio in virtù di queste osservazioni, la Corte d’Appello Federale ha recentemente stabilito che un sito destinato al seppellimento delle scorie nucleari deve dimostrare di potere accogliere in sicurezza le stesse per almeno 300.000 anni, fino al decadimento della loro radioattività.

Il deposito di Yucca Mountain oltre a non essere in grado di rispondere a questa necessità, pone anche una serie d’interrogativi correlati alla sua reale capacità di preservare il materiale radioattivo in sicurezza per 10.000 anni come previsto nel progetto. Recenti studi hanno infatti dimostrato come anche il modesto grado di umidità della zona (19 cm annui di pioggia) sia in grado di corrodere i contenitori delle scorie nel corso di un periodo temporalmente così significativo, con il risultato di trasportare la radioattività attraverso i sistemi irrigui ed i pozzi di acqua potabile della regione, bombardando in questa maniera ignare generazioni d’individui con rilevanti dosi di radioattività.
Un altro problema è determinato dal calore connaturato nei rifiuti nucleari stipati all’interno di una montagna in mancanza di sistemi di raffreddamento. Tale calore determinerà la formazione di vapore acqueo in grado di corrodere i contenitori o frantumare la roccia circostante, con gravi conseguenze per la sicurezza.
Nel corso del decadimento radioattivo le particelle altamente energetiche potrebbero inoltre interagire con i materiali circostanti, frantumandoli o provocando l’emissione d’idrogeno, innescando in questo modo la possibilità di esplosioni ed incendi.

Altri studi mettono seriamente in dubbio i dati che sanciscono la scarsa sismicità della zona in cui sorge il monte Yucca ed identificano in 1.400.000 le persone che vivendo in prossimità dell’area interessata dal progetto, risulterebbero nel corso del tempo a rischio di contaminazione. Il fatto che la stessa città di Las Vegas si trovi all’interno di un raggio di circa 150 km. dal futuro deposito, crea fondati motivi di allarme nel caso di eventuali fuoriuscite radioattive.
Il trasporto al deposito di Yucca Mountain delle scorie sparse in ogni angolo del paese rappresenta inoltre uno degli aspetti più complessi dell’intero progetto. Non esistono al momento stime attendibili concernenti gli enormi costi di una simile operazione, così come non è ancora stato determinato il reale grado di rischio che la movimentazione comporterà per le popolazioni residenti nei territori attraversati dal trasporto. Si tratterà in ogni caso della più grande operazione logistica mai sperimentata prima dall’uomo, avente come oggetto materiale altamente pericoloso. Qualunque situazione di pericolo connessa ad eventuali incidenti, attentati terroristici, guasti dei mezzi preposti ad effettuare il trasporto, rischierebbe di creare una tragedia senza paragoni.
Come corollario a tutta questa lunga sequela di dubbi e problematiche che sta dividendo il mondo scientifico e politico americano, nella primavera del 2005 il Dipartimento dell’Energia statunitense ha denunciato forti sospetti concernenti una serie di gravi omissioni ed irregolarità compiute dai tecnici del servizio geologico, al fine di costruire in maniera fraudolenta elementi che confermassero la sicurezza del sito di Yucca Mountain. Tali sospetti ingenerati dal contenuto di alcune mail intercettate, hanno contribuito a creare nuove perplessità sulla reale affidabilità di un progetto che è già costato circa 8 miliardi di dollari, senza riuscire a proporsi con una qualche credibilità come risolutivo di un problema come quello delle scorie nucleari che ogni giorno che passa appare sempre più un rebus senza soluzione.
Marco Cedolin
Pubblicato su Terranauta
5 giugno 2009

lunedì 14 marzo 2011

gli apprendisti stregoni e gli alambicchi

La saggezza non è nel dna degli uomini che, invece, procedono nel loro faticoso cammino di semidei fragili e indifesi contro le catastrofi col passo dell'ubriaco, a zigzag, barcollando sotto i fumi dell'insensata euforia di chi, vinta una battaglia, pensa che la guerra sia vinta.



E la guerra contro la fragilità degli ecosistemi e l'instabilità della crosta terrestre e contro gli dei infernali che agiscono i vulcani e i movimenti assassini delle immense zolle tettoniche sotterranee è ben al di là dall'essere vinta e se è vero che il nostro sogno di semidei insensati è di far partire le astronavi e conquistare le galassie e costruire le iper tecnologiche basi spaziali e le colonie sui pianeti nuovi è altrettanto vero che siamo alla preistoria di quegli eventi lontanissimi nel tempo, al pleistocene della tecnologia di cui necessitiamo per governare i macro sistemi, le macrostrutture che fondano l'equilibrio instabile di un pianeta tutto sommato elementare nel suo funzionamento se paragonato alle scoperte e alle imprese di conquista dei bis, bis nipoti astronauti e colonizzatori.



E davvero non è segno di saggezza, bensì fumo di ribalda euforia tutto il concerto stonato di 'esperti' dell'atomo: ricercatori e politici (che dirli esperti di qualcosa è azzardo e concessione esagerata di cittadini benevoli) che si sbracciano ad affermare che la catastrofe dello tsunami in Giappone non deve influenzare i nostri pareri di cittadini -chiamati a giugno a dire no all'energia di un maledetto atomo vocato alla fusione catastrofica non appena future sciagure annunciate faranno ri-esplodere la crosta terrestre.



E li ascolti parlare e sembrano davvero i semidei pazzi della mitologia costoro – che sfidavano gli dei e venivano accecati, puniti, travolti e uccisi dal Fato catastrofico- e ci dicono che le centrali nucleari di terza generazione sono sicure, ma basterebbe ascoltare le voci di coloro che li hanno preceduti trent'anni fa -che affermavano con uguale sicumera insensata che i sistemi di sicurezza erano tali da poterci figliare in quei siti, nei pressi delle centrali nucleari e oggi 170.000 persone vengono evacuate e si equipara il disastro a Hiroshima e Nagasaki.

E lo stoccaggio delle scorie nucleari è ancora quasi tutto nei piazzali interni delle centrali sorvegliato a vista da guardie armate e il costo di questo azzardo di semidei ubriachi è talmente alto da poter finanziare eolico ed energie rinnovabili per trecent'anni, in armonia con Gaia e con energia sufficiente ad un ragionevole sviluppo industriale ecocompatibile.



Abbiamo ricevuto in dono il fuoco da Prometeo, ma lo usiamo per le guerre e le catastrofi che ci auto infliggiamo senza serbare memoria e saggezza delle sconfitte che abbiamo subito e dei morti che abbiamo causato colla nostra insensatezza di semidei incapaci di scrutare la qualità dei fumi che sprigionano dagli alambicchi nostri di sempiterni apprendisti stregoni.

giovedì 10 marzo 2011

papà pappone mamma maitresse

Le mamme-maitresse delle lupe di Arcore

07 marzo 2011
LA GRANDE novità storica sono le mamme istigatrici e complici. Non le lupe di Arcore, ma queste mamme-maitresse che investono e lucrano sul sesso delle figlie, mamme che rompono la gabbia, all' apparenza inespugnabile, dell' identità italiana, della mamma chioccia, del "son tutte belle le mamme del mondo", della sacra famiglia, vetrina dei valori della tradizione: il matrimonio possibilmente d' amore, la maternità, la dignità. Mi faceva sorridere mia madre quando a mia sorella che si truccava gli occhi diceva: «Che cosa sono tutti questi buttanesimi?». MA CHISSÀ come avremmo reagito noi fratelli, padri e fidanzati dinanzi alla madre di Elisa che contabilizza con ingordigia: «Seimila euro, hai capito, sono dodici milioni delle vecchie lire!». È una mamma che predispone strategie quando la figlia le racconta che «lui mi vedrebbe bene a lavorare in Pubblitalia». È una mamma realista e pratica: «Se poi va male, pazienza, tanto va bene anche cosi». E forse Elisa un poco lo subisce, ma certamente alla sua mamma Berlusconi non basta mai: «Vi ha detto quando vi potrà rivedere?». Non c' è nulla di speciale nelle lupe di Arcore, nelle escort, nelle professioniste del sesso e meno che mai nelle loro baruffe, negli insulti e nelle rivalità con le gote accese - «si ammazzerebbero tra loro» confessa Iris Berardi - che sono un classico della farsa scollacciata, un topos dei teatri di periferia dove picchiandosi, tirandosi per i capelli e contendendosi i danari del caprone, le Filumena Marturano hanno sempre fatto sghignazzare i Lele Mora e gli Emilio Fede di turno. Ma sono al contrario specialissime le madri di Elisa, di Sara, di Noemie di molte altre, sono mamme-mezzane che dinanzi alla prostrazione psico-fisica, che sempre accompagna i più rozzi e pesanti sapori della vita («sono in condizione pietose») , senza pudore minimizzano («e che sarà mai») ed esaltano solo il valore del compenso «seimila euro, hai detto niente». Qui ci sono mamme che somigliano alle "parrine", quelle che lenivano i corpi abusati nel cambio della quindicina, le acide ma benevole streghe che preparavano gli impacchi e dosavano e alternavano le tisane e il riposo allo snervamento, e intanto legavano i rotoloni di soldi con lo spago. E i padri, che una volta erano il braccio armato dell' educazione, ora, come i fratelli, sembrano assistenti ruffiani. E c' è il signor Faggioli che istruisce la sua Barbara nell' arte d' amare: «Tu in questo momento devi fargli vedere che gli sei vicino». Ed è papà che invita Barbara Guerra a dire a Berlusconi che «mio padre, per il grande rispetto che ha nei suoi confronti» è pronto a mettere una cimice nella sede dei finiani: «digli che io ci ho le chiavi». Anchei fidanzati, che un tempo erano gelosi, oggi sono azionisti di minoranza degli amplessi altrui, come Ale che pretende che la sua Imma si guadagni ' i vestiti' , cioè i soldi: «...io penso che non mi dà niente». «No? Perché no, scusa? Mi incazzo! Oh!». «Eh amore, ma che ne so. Io non faccio niente con lui...». «Eh, ma sei scema?». Vendute dalle madri, dai padri, dai fratelli e dai fidanzati le lupe di Arcore non sono le vittime ma l' avanguardia di un degrado familiare che non esiste in nessuna parte del mondo civilizzato ed è addirittura inaudito in Italia, che è la terra della mamma Madonna, della natalità, la patria del presepe. Non c' erano mai state, nel pur vasto catalogo nazionale, queste povere mamme sfiorite che cercano un riscatto nel corpo delle figlie offrendolo al cliente ricco e vecchio e, allo stesso tempo, al bisturi del chirurgo estetico. Non c' era ancora, nel mito mediterraneo e matriarcale della mamma italiana, la signora Anna Palumbo che incassa ventimila euro dal ragioniere di Berlusconi: «La mia Noemi - ha dichiarato ai giornali - è una bambina che ho allevato nella luce del Vangelo e del Signore». Sul viso di Noemi «ci sono almeno 17 mila euro solo di lifting», ha scritto Famiglia Cristiana: ritocchi, contraffazioni, un accanimento sull' adolescenza della figlia, sulla sua apparenza, un' educazione familiare che cerca il riscatto nella creazione di un' antropologia chirurgica, un' idea del successo fondata sui trucchi estetici e sulle foto con Berlusconi pubblicate dal manipolatore Signorini, tutti a brindare con sugar daddy, con papi, che è al tempo stesso Gozzano e Freud, la tenerezza e la pedofilia. «Mio marito frequenta minorenni» disse la signora Veronica Lario e sul settimanale "Chi?" i Letizia divennero una famiglia-escort, finto fidanzato tronista, mamma allena e papà benedice: «Mia figlia lo chiama papi perché la abbiamo educata nel culto di Silvio». Certo, ci sono nella storia d' Italia le mamme di Bellissima, con la popolana Anna Magnani che si illude che la bellezza possa riscattare proprio tutto e prima di tutto la povertà, e ci sono i concorsi e le selezioni per miss Italia con quell' immagine odiosa della mamma che sbottona la camicetta della figlia adolescente per attirare sul seno gli sguardi lubrici della giuria. E c' è il caso, unico e terribile, e proprio per questo ricordato dalla storia, di una tredicenne ceduta a Vittorio Emaunele II «da una bruttissima mamma» che notò Carlo Dossi «prese a circolare in carrozza». E c' è l' Italia in quella madre felliniana che trascina la figlia davanti al divo inglese, «le presento la mia bambina, sa cantare, ballare, recitare ed è stata pure a Londra. Dai, di' qualcosa...» . E la ragazza: «Salve». Ci sono insomma, nella nostra storia, le mamme disposte a tutto e magari anche ad umiliarsi ma maia vendere le figlieei figli,e proprio perché mamme italiane, proprio perché mamme-mammelle, perché la mamma italiana ha il fascino della fragilità e della determinazione semplice e chiara e mi vengono in mente la mamma della piccola Yara e la mamma di Sarah che, pur così diverse tra loro, trattano i giornalisti con il medesimo rigore della maternità straziata. Ci sono mamme e mogli come Marella Agnellie come Sofia Loren e Mina e come era la stessa mamma di Berlusconi che fu l' unica cosa dolce della sua vita forsennata, o ancora - cito alla rinfusa - Luciana Castellina e Anna Craxi, Eleonora Moro, Ilary Blasi, Franca Ciampi, la Seredova Buffon, Gemma Calabresi..., signore d' Italia, padrone di casa, voci e volti antichi e moderni della tradizione della nostra civiltà femminile, donne italiane di oggi, energiche belle e nervose come Isabella Rossellini e Monica Bellucci, o riservate ed eleganti come la vedova di Enrico Berlinguer e Carla Fracci, e penso a come furono meravigliosamente mamme toste Marcella Ferrara, storica collaboratrice di Togliatti, e Palma Bucarelli, la signora dell' arte contemporanea. Non abbiamo avuto solo Filumena Marturano, la Ciociara e Anna Magnani. Le mamme italiane sono personaggi del romanzo nazionale dei sentimenti. E c' è "la mamma ignota", la mamma che ancora una volta è stata cantata a Sanremo, la mamma che sogna la laurea, un genero, i nipoti e diffida delle scuole di recitazione perché pensa, all' antica, che «femmina che muove l' anca / o è puttana o poco ci manca» che è certo un proverbio reazionario ma era una difesa contro questa smania di vendersi, contro i concorsi per "miss maglietta bagnata", contro le selezioni per diventare veline che- va detto chiaro - non è un mestiere. Non ci vuole il metodo Stanislavskij per trasformarsi in eccellenze del tacere agitando i fianchi, campionesse di velocità nel cambio degli stivali e dei pantaloncini corti, non è necessario frequentare l' Actor' s Studio per formare corpi senza erotismo, fantasmi televisivi, lolite smaterializzate e desessualizzate, il sesso senza eros, il ballo senza sapori. Eppure la professione di velina eccita queste nuove mamme italiane, perché appunto basta la "bella presenza" e nient' altro, come ha dimostrato a Sanremo Elisabetta Canalis. Ma forse per capire il degrado e la corruzione della famiglia italiana bisogna per contrasto aver visto in tv quell' intervista rubata al papà di Ruby, al venditore ambulante marocchino e musulmano. Sdentato, malvestito, povero ma non corrotto come i padri e le madri delle lupe italiane, ha tentato di cacciare i giornalisti urlando in dialetto sicilian-marocchino: «Itivinni, itivinni». E quando gli hanno detto che Ruby lo accusava di averla picchiata perché era diventata cattolica: «Ma quali botte. Ma quale cattolica. Quella di televisione si era ammalata».

FRANCESCO MERLO

mercoledì 9 marzo 2011

l'impotenza delle nazioni

Che succederà se la reazione furiosa dei mercenari e dei fedelissimi del Rais di Tripoli avrà il sopravvento? Quali 'relazioni internazionali' si stabiliranno tra un regime libico tornato al potere e l'Europa e l'America?
I ponti alle spalle sono stati bruciati e il Beduino Furioso tornato al potere avrà facile gioco a ri-lanciare le sue provocazioni -peggiori di quelle che ha attuato colla strage dell'aereo esploso sui cieli della Scozia- e le rabbiose ritorsioni.
Nessuno può farsi illusioni sull'autostrada senza caselli di servizio che il Rais appresterà alle migliaia di migranti solo per consumare le sue atroci vendette.
Tutto ciò dovrebbe indurci a riflettere sull'impotenza delle nazioni unite nel trovare gli accordi necessari - in tempi brevissimi - per impedire un tale disastro annunciato e le sue conseguenze a lungo termine.

Imporre la democrazia dov'erano le dittature è, certo, azione azzardata -alla luce dei fatti accaduti in Irak negli ultimi dieci anni- ma un robusto aiuto militare agli insorti era il minimo comun denominatore tra le nazioni occidentali più lungimiranti e avrebbe dato gambe alla rivoluzione libica oggi in gravissimo affanno.

Così non sarà, a quanto pare. e una 'nazione-canaglia' retta dal Rais e dalla sua dinastia si aggiungerà al novero di quelle che già ci affliggono, l'Iran in testa. Una canaglia furiosa e le conseguenti sciagure annunciate che già il Rais minaccia, dal suo bunker, di scatenare.

martedì 8 marzo 2011

giustizia giusta, giustizia negata

Che Italia uscirà dal lavoro di 'restyling' avviato in questi giorni dal molto onorevole cav. Silvio Berlusconi con la sua riforma della giustizia definita 'epocale'? Un'Italia dove chiedere e ottenere giustizia nelle aule giudiziarie sarà finalmente più facile e appagante per chi ha subito un torto?
Processi rapidi, finalmente, e in perfetto equilibrio di forze tra accusa e difesa?

Dalla risposta che darete a questi quesiti si misurerà :
a) La vostra capacità (o possibilità) di avere le corrette ed esaustive informazioni sulla riforma che è stata messa in cantiere.
b) Se siete quel si dice un 'operatore del settore' o dell'informazione - ben addentro alle segrete cose e in grado di comparare gli assunti generali e le 'linee-guida' della riforma con quel che succede quotidianamente sui campi di battaglia dei tribunali di tutta Italia.
c) Se siete, invece, dei pervicaci sostenitori dell'assunto 'prima si salvi Berlusconi e lo si liberi dai processi che lo riguardano tutto il resto è fuffa'.
Quest'ultima proposizione, ca va sans dire, è cosa riprovevole e abbietta perché si fonda sull'assunto che, chi ha i soldi e con i soldi si è comprato la democrazia (evento oggi in vergognosa evidenza nella compra-vendita dei giuda parlamentari in uscita dai diversi schieramenti) e si fa le leggi ad personam per garantirsi l'impunità, può scassare liberamente una istituzione fondamentale della vita dei cittadini e modellare il futuro della nazione colla palta dei suoi interessi sporchi -il famigerato conflitto di interessi la cui mancata definizione e codificazione legislativa costituisce il buco nero della nostra democrazia malata e in grandissimo affanno costituzionale.

Vedete, la giustizia che si ottiene o si dovrebbe ottenere nelle aule di giustizia è una cosa seria, serissima. Ti cambia la vita, se sei parte lesa di un processo in cui hanno stuprato tua figlia o sei il genitore o diverso congiunto di una persona morta ammazzata a piazza della Loggia (Bs) o a piazza Fontana o affogata nel Mediterraneo a bordo di un aereo Itavia – per citare solo tre dei gravissimi casi di giustizia non resa e negata.

E la serie di quesiti che si pongono al seguito della 'riforma epocale' della giustizia che si varerà a breve -e troverà fiera e giusta opposizione nel paese- potremmo misurarli proprio sul metro di quei processi malati che hanno ferito la coscienza del paese -vulnus atroce e irrimediabile della storia patria.
La riforma di Berlusconi e del suo fido sgherro e portavoce Alfano avrebbe offerto esiti diversi a quei processi di giustizia negata?
E' una buona domanda che esige buone risposte. Il resto, questo si, è fuffa berlusconiana delle più atroci e stomachevoli.

lunedì 7 marzo 2011

il cronista triste

Miei cari lettori, il vostro cronista è triste, molto triste.
Ha appena ricevuto la conferma della notizia che il mondo non va come dovrebbe andare.
Non accade quel che dovrebbe accadere e accade, invece, tutto il male e il disordine globale contro il quale apprestiamo quotidianamente vane difese.

I dittatori non cadono con giusta ignominia e non vengono deferiti alle corti internazionali di giustizia e condannati per crimini contro l'umanità e siamo un paese di grandissime p....ne e di genitori ruffiani e papponi che consigliano le figlie di gestire meglio il capitale sociale e le promesse di impiego, in televisione e in politica, che vengono dai sacri palazzi Grazioli e Montecitorio.

E, per sovrappiù di disgraziate cose, Stephen Hawking -in un dvd dedicato alla teoria delle cose ultime del cosmo- mi ha convinto che siamo soli contro tutti nell'universo caotico degli asteroidi e delle comete impazzite e gravità assassine e saranno caz/zi nostri, fra qualche miliardo d'anni, se non emigriamo in fretta dal pianeta Terra non più ospitale e costruiamo, in alternativa, colonie delle più varie ovunque capiti e consenta alla nostra intelligenza tecnologica di costruirle.

Tutto è complicato e difficile per noi poveri umani e, per sovrappiù, ci capita di invecchiare e ammalarci e. forse, non c'è nessun confortante 'aldilà' che riscatti la mala vita che abbiamo vissuto e il poco amore.

In conclusione: non c'è nessun Dio provvidente Lassù che ci salvi/erà dagli accadimenti catastrofici e il Male, che ognora vince e si afferma in questa nostra valle di lacrime, è nient'altro che il Caos che ci avvolge da ogni parte e fatichiamo a contrastare.

Comprenderete, perciò, i miei lunghi silenzi affannosi e le terribili angosce e spero che sarete così buoni (almeno voi!) da giustificare le mie assenze e afonie.

In cambio, vi prometto che, se appena una qualche teologica luce intravederò alla fine del tunnel, nel breve cammino che ormai mi resta da compiere, mi affretterò a darvene notizia e condividerò con voi la gioia e la rinnovata Speranza di un possibile Paradiso sfuggito all'osservazione dei nostri occhiuti cosmologi e astronomi maledettamente atei e ostinatamente senza dio.

mercoledì 2 marzo 2011

nel caso ve lo foste perso

caso ve lo foste perso
Ho la sindrome della 'pagina bianca' - angoscia ben nota agli scrittori, ma passerà. Nell'attesa vi ri-propongo un mio intervento di qualche tempo fa, sempre attualissimo, ahinoi, in tempi di mercati delle vacche parlamentari e morale pubblica finita sotto ai tacchi delle scarpe. Repetita iuvant, dicevano gli antichi.



A proposito di Henry

Forse è vero che all'alba dei sessanta ci si rinco/glionisce un po'. Mi capita di commuovermi per fatti semplici, essenziali, come l'etica amorosa e, di riflesso, l'etica pubblica: la 'moralità' di ognuno e tutti in relazione obbligata di 'prossimi' gli uni agli altri, come la chiamiamo comunemente.



Ho appena rivisto 'A proposito di Henry', che è un film sulla moralità, appunto, sull'alfabeto della morale - quale si impara resettando tutto quanto di opportunistico e di 'privato giovamento' e godimento abbiamo imparato diventando adulti a scapito del nostro prossimo: homo homini lupis.



E' questo che mostra il film: sparano a un avvocato e lui, dopo la riabilitazione, non ricorda più nulla della sua vita precedente, rincoglio/nisce, per così dire, ma ri-nasce all'alfabeto dell'amore familiare, all'alfabeto delle cose che non si devono fare eppure si fanno perché così 'ci guadagniamo la pagnotta', gli dicono quelli dello studio - per ricordargli come andavano e vanno le cose nella trista realtà di tutti i giorni del 'tirare a fregare'.



E credo non sia un caso che lo sceneggiatore abbia scelto come protagonista/i un avvocato e uno studio di avvocati dove la morale è una variabile dipendente dalla parcella ed è fatto obbligo professionale al difensore di usare ogni mezzo lecito (ma si fa grandissimo uso dell'illecito) per scagionare il patrocinato - anche se l'evidenza di colpevolezza fa a pugni con la morale pubblica, con la verità dei fatti e degli eventi.



Vi ricorda qualcosa? Tipo: uno è nel mirino della magistratura per reati in gran copia e di grandissimo peso sociale che ne distruggerebbero la carriera imprenditoriale, ma ha un'idea geniale e 'scende in campo' e si compra la politica degli avviliti partiti di centro-sinistra schiacciati dalla valanga di cac/ca delle fogne di Tangentopoli e manda in parlamento i suoi dipendenti aziendali e i suoi avvocati personali per spianargli la strada a botte di leggi ad personam.

E, oggi, viene spacciato per leader politico e 'grande statista' prossimo a diventare presidente della repubblica con mandato popolare. E viene votato da una schiera di devoti osannanti quanto più si dimostra gaglioffo e Barabba e puttaniere.



Non si fa, non si deve fare. Lo dice l'alfabeto della morale comune, quello che si impara in famiglia dai genitori (a meno che non siano dei mafiosi conclamati o dei ladri) e nelle scuole dove le vecchie maestre e gli insegnati di religione si ostinavano a predicare i dieci comandamenti quale fondamento di una morale comune.



Non si fa di rubare la 'fiducia' pubblica con gli slogans stupidi e suggestivi che cancellano e mettono in secondo piano il quadro di scandali e ruberie quali sono emersi dalle intercettazioni sul G8 in Sardegna (poi spostato all'Aquila) e le Grandi Opere collegate.

E, a ruota, quelle di Trani: che mostrano il viso tragico e vigliacco di uno che vuol chiudere la bocca ad ogni opposizione, sopratutto a quelle che lo inchiodano al suo ghigno di malnato, dittatorello da tre palle un soldo allergico a tutto quanto dimostra la sua vita spericolata e immorale, giudici in primis, ma poi giornalisti indipendenti e dalla schiena dritta e tutto un popolo che condivide l'idea semplice che non si può eludere la moralità pubblica, non la si può cancellare e nessuno 'popolo sovrano' può concedergli la liberatoria democratica per uno 'stato di eccezione' che lo trasformi da criminale notorio a 'statista'.



Ri-vedetevi a un tal proposito 'A proposito di Henry'. E' pedagogico. E' un alfabeto da re-imparare.