martedì 29 marzo 2016

La follia che si accompagna al metodo - Ieri accadeva

C'è del metodo in quella follia', dice Shakespeare di Amleto. E' da allora, da quei tempi lontani e tragedie ambientate in un castello danese che sappiamo che 'c'è del marcio in Danimarca' - e oggi in Germania perché 'tutto è il mondo è paese', da che le frontiere si sono aperte o sono state scardinate di forza dai milioni di nuovi barbari inurbati, - e l'orizzonte di futuro prossimo e remoto è un melting pot indistinguibile e umana melassa ed eventi sempre più caotici e non governabili.
E che la follia di Lubitz si trascini dietro il senso di onnipotenza di far morire insieme 149 persone e abbuiarne e disintegrarne le storie è mistero che gli psichiatri si incaricheranno invano di spiegarci, perché in quella follia – come in quella di Amleto – siamo trascinati tutti a forza.
Al punto da dirci tutti 'anormali' e mettere in discussione il concetto stesso di normalità, considerata la perdita e l'orphanage collettivo di ogni valore riconosciuto e limite e 'norma' universalmente riconosciuta e coralmente rispettata.
E Basaglia, bravamente, ce li ha restituiti, i matti, e li ha detti normali al nostro pari - con qualche picco di confusione e marasma controllabile chimicamente e socialmente accettabile – e, per proprietà transitiva, siamo diventati tutti un manicomio a cielo aperto e dobbiamo elaborarla a forza, la follia, e riconoscere che si accompagna di buon grado al metodo; è lucida e 'ragionata' con la freddezza di chi mette mano ai comandi di una aereo e lo porta con regolarità programmata a bassa quota e infine lo schianto.
Ma altre follie metodiche mi sovvengono – come quella di un tale Kabobo, 'l'uomo nero' mal integrato e perciò reso 'folle', che alle quattro del mattino, armato di piccone, fracassava i crani dei poveri cristi indifesi che incontrava nel silenzio dell'ora, uno via l'altro. La morte che cammina, l'hanno detto, evocando figure simboliche dell'immaginario medioevale esploso prepotentemente nel terzo millennio delle mille sciagure e conflitti permanenti.
E che dire della costituzione di un 'califfato', con arruolamenti via internet di 'cittadini' rinnegati di seconda generazione, al tempo della tecnologia onnipotente e che apre scenari di conquiste del cosmo e i meravigliosi anelli sotterranei dove i postmoderni stregoni fanno girare vorticosamente la 'particella di Dio', vulgo 'neutrino'?
La storia che va col passo del gambero ci consegna, ad ogni nuovo giorno, il suo 'fatto del giorno' malato e sciagurato di una 'nave dei folli' umana che si stupisce della sua follia metodica e programmata e lucida perché, da sempre, aspira a scoprire il 'disegno di Dio' dietro le caotiche cose del suo vivere e andare e moltiplicarsi conflittuale finché 'morte non ci separi' e, di là della morte, è il nulla delle buie origini. L'ultima e prima 'follia' che spingeva il poeta a chiedersi: 'Ma perché dare al sole / perché reggere in vita / chi poi, di quella, consolar convenga? / Se la vita è sventura, / perché da noi sì dura?'
Tale è la vita mortale.
 

giovedì 24 marzo 2016

Tragedie annunciate e croniche infiammazioni

Hanno sbagliato tutto. Ci hanno riempito la testa (e le coste del Belpaese fitte di ‘barconi’ e gommoni) del loro sogno sinistro di anime belle che descrivevano un mondo di diversità culturali affratellate, creativamente integrate e proiettate verso un futuro di buonismo universale, e gli unici ‘fratelli’ con cui devono rifare i loro conti sbagliati sono i fratelli-assassini di Charlie Hebdo e quelli del 13 novembre di Parigi e i due, bravi ultimi, (ma forse penultimi, chi vivrà vedrà) delle bombe scoppiate all’aeroporto di Bruxelles: manovalanza criminale del ‘disagio sociale’ delle banlieues parigine e di Bruxelles ben noti alla polizia, ma che giravano impuniti coi bagagli colmi di esplosivi e varcavano le frontiere-Schengen avanti e indietro a piacimento.
Il buonismo di Schengen e le sue frontiere colabrodo: di questo ci narrano, con dovizia di particolari che fanno accapponar la pelle, i reports della intelligence turca che afferma di aver espulso e segnalato l’Ibrahim assassino alle lente e pigre intelligences europee e di averlo poi ritrovato quale orco protagonista nella cronaca della mattanza di Bruxelles, cuore dell’Europa ferita a morte.
Hanno sbagliato tutto, ma non vogliono ammetterlo, i cari buonisti, le anime belle delle giaculatorie fraterne, e si lanciano, ridicole mosche cocchiere, in ardite metafore di rito funebre contro ‘gli sciacalli’, insensatamente commisurati colle ‘colombe’ che non siamo, che non vogliamo.
E’ la desolante sinistra degli imbelli parolai di s-governo che ‘non si poteva dir meglio se si voleva dir niente’ che spaccia/va una politica immigratoria da pazzi furiosi con lo slogan illusorio de: ‘Salviamo vite.’ Salvo perderne altre, di vittime inermi e cittadini esemplari, a suon di kalashnikov sulle piazze e le strade e gli aeroporti e metropolitane di Parigi e Bruxelles.
Sono quelli che si ostinano a negare le evidenze delle strette correlazioni statistiche tra l’immigrazione selvaggia e il conseguente gonfiare dei ghetti islamici urbani dove la polizia non metteva piede prima delle mattanze-sorelle di Parigi e Bruxelles; quelli che animano i comitati ‘no borders’ e incitavano sventatamente i migranti di Idomeni a buttarsi a fiume pur di violare la legalità repubblicana della Macedonia ferma nel suo diniego al passaggio senza freni e regole e metodo di governo comunitario di quel flusso spaventoso di gente illusa di trovare il paradiso in terra in Europa.
Un’Europa che, quei migranti senza più forze e speranze, hanno visto chiudersi a riccio ferita a morte nei collegamenti internet dei loro smartphone e tutta presa dalla guerra affannosa e mal coordinata contro lo jiahdismo fatto in casa dei ‘radicalizzati sul web’ – di quelli di loro di seconda generazione immigratoria che già avevano conquistato l’agognato status di cittadini francesi e belgi ma uccidono e fanno esplodere i loro concittadini europei ospitali e illusi dal sogno buonista dei governi della sinistra che hanno guidato la Commissione Europea fino ad oggi e lungo i decenni dell’arrembaggio furioso a centinaia di migliaia sulle coste e alle frontiere della ‘via balcanica’.
Il sinistro buonismo delle catastrofi annunciate e vanamente esorcizzate dai mille fiori e le candeline acese e deposte sui luoghi delle stragi.

Bruxelles, “un secondo uomo accompagnava il kamikaze della metro” La fermata della metropolitana di Maelbeek, teatro di uno degli attacchi (ap) 24 marzo 2016…
REPUBBLICA.IT

mercoledì 23 marzo 2016

Maledette correlazioni statistiche

Maledette correlazioni statistiche
Buon ultimo, in questo nostro presente di infamia e lingue confuse della novella Babele, è caduto anche il mito della mia generazione 'che non ha conosciuto guerre' – stupore massimo di storici e commentatori autorevoli sui principali quotidiani.
Invece, eccola tutta dispiegata in cronaca la battaglia delle Ardenne di Bruxelles del 22 di marzo 2016 – che fa seguito al 13 novembre di Parigi e al gennaio tristo, tristissimo di Charlie Hebdo, che i 'buonisti' nostrani hanno già seppellito nelle loro menti infiammate e incurabili, ma che già Francesco, il loro campione, a ferita ancora aperta, diceva urbi et orbi con disgraziata metafora : 'Se ti offendono la madre o il padre io gli do un pugno.' Il 'pugno' dei kalashnikov dei maledetti assassini contro i disegnatori e i redattori parigini indifesi e inermi. Come dire che la libertà di espressione - massima conquista laica dell'Occidente 'crociato' - è una peste e va punita. Ce la siamo andata a cercare, insomma, e gli assassini islamici sono la postmoderna raffigurazione del medioevale 'castigo di dio', - con la minuscola: per sottolineare la bestemmia di allora e di oggi pronunciata dai pulpiti mediatici dagli impuniti di sempre che mandavano a morte i patrioti insorti a Roma prima della breccia di Porta pia.
E se i morti di queste battaglie perdute contro il maledetto 'islam radicale' che abbiamo voluto 'accogliere' e ghettizzare stupidamente nei quartieri dove la polizia ha paura di mettere piede (Moellenbeck, St. Denis), se gli odierni morti vi sembrano pochi in paragone alle grandi battaglie della seconda guerra mondiale, prendete nota che questa sarà una nuova 'guerra dei trent'anni' contro il terrore islamista e che seguiremo nuovi funerali e deporremo molte altre corone di fiori sulle piazze e le strade della mattanza contro gli inermi nell'accoglientissima Europa - che ancora non capisce che 'gli assassini sono tra noi', serpi in seno di un'accoglienza disordinata e senza limiti.
E' una semplice constatazione statistica. Più ne stipi nei quartieri-ghetto delle nuove povertà e del 'disagio sociale' più possibilità statistica avremo di armare le menti dei 'radicalizzati sul web' di prima o seconda ondata migratoria in crisi di identità e di valori.
Ma tu faglielo capire, agli infiammati e incurabili buonisti, che si ostinano nella recitazione della loro follia di accoglienza universale in tutti i 'talk shows' televisivi, che questa è una 'diretta correlazione statistica' a cui non si sfugge e che ingrosserà inevitabilmente le file dei 'foreign fighters' della prossima 'guerra dei trent'anni' dell'Europa di domani e dopodomani.

Il racconto della giornata degli attacchi: all’aeroporto la sala che si riempie di fumo, dai soffitti si staccano i pannelli di plastica che cadono addosso ai morti. Un manager…
CORRIERE.IT

venerdì 18 marzo 2016

Democrazie e catastrofi

Democrazie e catastrofi
Non abbiamo elementi comparativi per dire se l'Egitto di Al sisi sarebbe meglio governato da una ipotetica (e improbabile) democrazia di stampo europeo. Sappiamo però che quel paese-polveriera fu scosso dalle fondamenta dalla sua 'primavera araba' - e che il presente dittatore ci salvò, salvò l'Europa, da un regime di 'fratelli musulmani' che avrebbe esteso il disordine libico e siriano nel bacino mediterraneo - come egli stesso ci ricorda nell'intervista che ha concesso a 'la Repubblica' qualche giorno fa.
E sappiamo quali abominevoli episodi di violenza siano avvenuti nella piazza Tahrir a danno di malcapitate giornaliste nel corso dei disordini di piazza di allora – venuti a galla nelle cronache giornalistiche solo dopo gli episodi di violenza e i tentativi di stupro accaduti a Capodanno a Colonia e in altre grandi città europee - che hanno scosso la nostra sensibilità di occidentali e mutato radicalmente gli umori dell'opinione pubblica nei confronti dell'immigrazione selvaggia e senza limiti e confini.
E che il 'lavoro sporco' di contenimento e argine e prima scrematura dell'immigrazione selvaggia e senza limiti che viene dalla Siria e dall'Irak e dall'Afganistan lo sappia fare, con la necessaria 'autorevolezza', solo la Turchia dell'autocrate Erdogan la dice lunga sulla incapacità delle democrazie europee di gestire la catastrofe umanitaria che le affligge per il troppo 'buonismo' di frontiere aperte (accordi di Schengen) e i generosissimi trattati sull'accoglienza dei profughi sottoscritti in anni in cui il mondo mediorientale e africano non si era ancora rotto e le sue schegge scagliate a milioni di individui 'richiedenti asilo' nell'Europa dall'economia fragilissima e prossima al collasso, se non si riuscirà a chiudere le metaforiche stalle mediorientali e africane.
E anche la Russia di Putin ci ha raccontato, negli ultimi decenni, di un percorso circolare di restaurazione dittatoriale dell'ordine, dopo il gravissimo disordine seguito al crollo dell'Unione sovietica e il muro di Berlino. Una dittatura, quella russa, che perdura e raccoglie consensi e ci dice che nessuna democrazia è capace di governare fenomeni epocali di scatenamento di masse di milioni di individui - e la chiusura delle frontiere dei paesi europei che faticosamente ci sono riusciti e hanno raggiunto un loro fragile equilibrio economico e di governo sociale è la naturale chiusura a riccio del 'si salvi chi può' delle catastrofi annunciate e di quelle già in atto.

domenica 13 marzo 2016

Del prestare voce e del predire

Nell’era di internet tutto diventa ‘virale’, nel bene e nel male. Una replicazione di un ‘troppo di tutto’ che dovrebbe preoccuparci, considerato che viene da ‘virus’ – ed è nota la soccombenza del nostro organismo, il cervello incluso, a questa categoria di viventi e dannosi replicanti.
Ma esiste, e va segnalata, una replicazione positiva di video e notizie e informazioni che dovrebbe migliorare le nostre attitudini alla riflessione e all’esercizio delle virtù riconosciute nei nostri comportamenti quotidiani – e cito il caso recente delle mille e mille ‘condivisioni’ del ‘post’ di una tale che si immedesima e da voce postuma ad una delle due ragazze morte assassinate per aver sconsideratamente accettato l’ospitalità e la compagnia dei loro assassini, che le hanno chiuse in un sacco della spazzatura dopo averne abusato. E ‘viaggiare da sole’ è sicuramente un diritto da riconoscere e sostenere, raccomandando solo quel minimo di ‘grano salis’ e di sana diffidenza e sospetto negli incontri che evita le tragedie e le cose fastidiose, sgradevoli e/o orribili di cui è pieno il mondo, sopratutto quello di parte maschile.
E diventerà ‘virale’, ne sono certo, anche lo scritto di una nostra buona scrittrice su ‘la Repubblica’ che dà voce al piccolo siriano neonato che i genitori lavano amorevolmente usando una bottiglia di acqua minerale fornita dai bravi volontari che li aiutano a sopravvivere nel fango dell’improvvisato campo-profughi alla frontiera tra la Grecia e la Macedonia.
Una voce dolente, quella di Melania Mazzucco, di umana pietas e di interrogativi inquietanti che il ragazzino, forse, si porrà – se sopravviverà e se la sua vicenda esistenziale avrà esito di accoglienza.
Una voce a lui prestata che si/ci chiede quanta capacità abbiamo collettivamente noi europei disincantati di esercitare e praticare l’umana compassione – pur se affannati e sconvolti e impauriti dal troppo di tutto catastrofico di questo ultimo decennio di orrori e di attentati e di morti per le strade e le periferie urbane ghetti di immigrazione e polveriere sociali, e costernati dalla arrogante distorsione del diritto preteso dei ‘no borders’ di dilagare e invadere e premere clamorosamente sulle nostre frontiere e gravare a milioni sulle nostre fragili economie e sul nostro ‘welfare’ sempre più asfittico ed economicamente insostenibile.
E, leggendo quel merlettare ‘buonista’ della pur brava scrittrice mi tornava in mente la polemica suscitata da una vignetta pubblicata qualche mese fa su ‘Charlie Hebdo’ in cui si mostrava il rovescio della medaglia di tutto il buonismo che si è raccolto intorno al corpicino di Aylan carezzato dalle onde del mare sulla battigia.
E la caustica vignetta ci interrogava, invece, spietatamente ma realisticamente, su quanto e cosa resterebbe di tutto quel buonismo versato a fiumi di inchiostro e singhiozzi telegiornalistici e nei ‘talk show’ embedded se avessimo potuto prevedere per un Aylan miracolosamente sopravvissuto un futuro di ‘radicalizzato sul web’ e aspirante ‘foreign fighter’.

sabato 5 marzo 2016

I mistici francescani e i 'popoli del mare'

Sta ritornando il tempo dei grandi mistici francescani – in linea col Medioevo che impazza nel tempo circolare delle increspature gravitazionali e del caos imperante e delle catastrofi che ne conseguono. Tornano i grandissimi mistici alla Jacopone da Todi: che nel suo delirio lucido di dedizione cristologica e martirio invocato quale penitenza dei mali umani elenca con puntiglio degno di miglior causa tutta la serie delle peggiori malattie e sofferenze e ne investe appieno la sua mente malata e si auto elegge a ‘santo subito’ ancora in vita e novello Giobbe biblico la cui pena riscatta l’intera umanità vocata e immersa nel Male necessario.
Non diversamente i ‘buonisti tra noi leggeri’ ci indicano la strada delle infinite accoglienze e misericordie ‘sette volte sette’ per dire che dobbiamo farci carico di tutti i popoli e gli esuli di ogni guerra e fame e carestia – indipendentemente dai loro numeri a milioni che sballano e avviliscono ogni sistema economico avanzato e ogni prospettiva di vivibilità futura e mantenimento del nostro sudatissimo ‘welfare’ occidentale. Come interpretare diversamente il diffondersi di quei video ‘virali’ sui social networks che mostrano gli immensi campi-profughi nel deserto giordano e in Libano e sembrano volerci dire che non ci sarà nulla di male se anche l’Italia e la Grecia ne allestiranno di uguali e di altrettanto immensi e diventeranno, conseguentemente, la lebbrosa ‘cintura esterna’ all’Unione ‘ a due velocità’ e le frontiere a est e a nord chiuse? Una cintura esterna condannata dal suo confine marittimo a farsi carico delle decine di migliaia di migranti che pagano cifre folli e morti affogati di donne a bambini a migliaia agli ‘scafisti’ e ai commercianti di vite umane per realizzare il loro pazzo sogno europeo.
E ci fa cadere le braccia e altro più sotto il Tusk – presidente del Consiglio Europeo – che manda a dire ai migranti economici con quanta voce ha in gola: ‘Restatevene a casa vostra o nei dintorni’ (id est la Turchia) perché l’Europa ha già dato ad abundantiam e ‘non c’è più trippa per gatti’.
Un grido affannoso e inutile pronunciato con infinito e colpevolissimo ritardo rispetto al verbo iper accogliente di Mare Nostrum del nostro Renzi e alla folle bontà della Merkel che, solo qualche mese fa, diceva a tutti i siriani: ‘Venite che vi sistemiamo tutti al meglio.’ – e oggi è finita nel cono d’ombra della sua follia politica e dei fili spinati e dei muri e, verosimilmente, perderà le elezioni e il controllo del partito al potere.
E le catastrofi annunciate e auspicate dai nostri novelli Jacoponi sono in pieno svolgimento e non sarà il contro-annuncio e il rinsavimento tardivo di Tusk a fermarle perché la forza inerziale degli annunci di accoglienza universale lanciati dalla sinistra per anni ed anni agisce sull’arco dei decenni – e quei decenni affannosi e tragici sono/saranno il nostro presente asfittico e futuro prossimo, e ‘chi vivrà vedrà’ e conviverà iacoponicamente colle catastrofi e i mali di contorno (vedi il Capodanno 2016 di Colonia e Hamburg e di Helsinki e Zurigo) così cari ai nostri mistici medioevali di ritorno.

<dc:title>O Segnor, per cortesia</dc:title> <dc:creator opt:role=”aut”>Jacopone da Todi</dc:creator> <dc:date>XIII secolo</dc:date> <dc:subject>Poesie</dc:subject> <dc:rights>CC BY-SA 3.0</dc:rights> <dc:rights>GFDL</dc:rights> <dc:relation></dc:relation> <dc:identifier>//it.wikisource.org/w/index.p…
IT.WIKISOURCE.ORG

mercoledì 2 marzo 2016

Cassandre e sventure post moderne

Come nel vecchio ‘Cassandra crossing’ – film di un’era sociale che impallidisce nei ricordi dove i muri del socialismo reale contenevano e arginavano e garantivano i fragili equilibri della ‘guerra fredda’ – le più geniali invenzioni tecnologiche e le scoperte della scienza si disputano il campo con il groviglio di accadimenti umani governati dalla più vecchia e coriacea deità che sovrintende ai destini dell’uomo: il Caos. E il ponte del film dove una parte dell’umanità precipita e un’altra si salva è metafora del presente e prende il nome dalla profetessa di sventure del poema epico più antico della civiltà occidentale, ma sempre presente e incombente sul futuro prossimo: Asia versus Europa e le difficili commistioni di popoli e culture e gli esodi e le peripezie marine degli sconfitti e gli scontri guerreschi con i popoli italici residenti.
E quei troiani postmoderni che fuggono dalle distruzioni della guerra in Siria e non trovano varchi di futuro bensì muri di filo spinato e freddo e pioggia e fame hanno in tasca gli smartphone di ultima generazione, ma il loro destino di esuli è specchio del destino più antico e crudele: di una terra promessa che non vuole promettere più nulla ai ‘popoli del mare’ che la affannano e ne insidiano le fragili economie in deflazione – e, forse, la Storia qualcosa ha insegnato da allora e si comprende che le frontiere che si chiudono una dopo l’altra sono un altro specchio del naufragio di una civiltà che prova a resistere, a galleggiare sopra le onde degli tsunami della Storia e il ‘si salvi chi può’ di un’Europa ‘a due velocità’, o, più realisticamente: una cintura esterna ex europea che si trasforma in campo-profughi di un’immigrazione senza più freni e l’altra, di là delle Alpi, che arma i bulldozers che distruggono le tende delle baraccopoli europee di nuovissimo conio e poco intende e rispedisce al mittente le lamentazioni e le geremiadi delle ‘accoglienze’.
I sommersi e i salvati di un recente libro di orrori si ripropongono sulla scena del terzo millennio e ancora non abbiamo visto nulla.
foto di Enaz Ocnarf.
foto di Enaz Ocnarf.