giovedì 30 aprile 2020

Primi di maggio poco retorici - Turismo di prossimità

Hortus conclusus - 1 maggio 2015 · 
E sarà perché prediligo i luoghi del silenzio di natura (ma foltissima era la presenza di cicaleccianti allievi con maestre/professori in testa) che questo hortus conclusus incastonato dentro la bella città di Padova mi incanta, malgrado le gocce di pioggia che disputano lo spazio del cielo al sole nascosto.
E tutti quei nomi di classificazione botanica complicatissima e tutti in latino ti fanno sentire piacevolmente ignorante, ma voglioso di redimerti e impugnare i tomi e sfogliare i volumi - e hai la sorpresa di leggere, sopra un cespuglio che noi diremmo di volgare 'erba', che si tratta invece di 'Carex Ovalis Gooden' un cespuglio di Cyperacea euro-asiatica che ha piantato radici casuali in un vaso del mio giardino pensile e l'ho lasciata crescere e vegetare, perché no: la vita vegetale tutta mi incuriosisce e commuove tanto quanto quella animale e, a volte, di più, considerato il silenzio commovente con cui esprime il suo essere e vivere e tollera ogni umano sopruso e noncuranza.
E commuove del pari il ritrovare nelle palette didattiche piantate sul terreno le citazioni di distici di poesie delicate mandate a memoria come 'l'asfodelo' e i fiori color 'pervinca' – di cui ci piaceva la sonorità, ma non l'avevamo mai visto in natura e distinto dai suoi simili e al massimo arrivavamo al banale 'lilla' delle avvilenti semplificazioni coloristiche del nostro quotidiano - e chissà che splendore sarà 'l'amaranto', con quella sua sonorità spagnola e profumo mediorientale (anche i colori hanno un profumo).
E ci aggiriamo in questo hortus conclusus che è parte dell'immaginario splendido dei grandi giardini dell'Europa delle regge e dei palazzi nobiliari (Versailles, il Belvedere di Vienna) e ne è il vocabolario e la riserva vivaistica e la serra di conservazione a cui attingere in caso di calamità e siccità - ed è un tripudio di forme e colori e simmetrie ed esalazioni di tiepidi profumi ed essenze e impari ad ogni passo che la biodiversità esiste, è splendida e generosissima e tuttavia fragile e dipendente dalla maledetta spinta antropica che si mangia chilometri e chilometri di giungla primaria ogni settimana e distrugge essenze e alberi e piante dai poteri farmaceutici straordinari prima ancora di averne contezza e conoscerne le proprietà e i benefici.
Dovremmo farne un 'expo' del regno vegetale e darci, l'umanità tutta, gli stessi propositi che ci diamo per il cibo – che vogliamo ci sia per tutti e non venga sprecato e se ne valorizzino le diversità ambientali e culturali.
Natura é Madre e, se è talvolta matrigna, lo è, spesso, perché ce la siamo cercata'.

Del dare la scalata al Cielo.

Non è che la detenzione ai domiciliari, causa corona virus, abbia evidenziato 'il meglio e il peggio di noi' – come scriveva quel tale tout court. Il meglio e il peggio l'avevamo dentro da sempre ed è il troppo tempo a disposizione e il girare per casa in pigiama e senza farsi la barba che l'ha reso manifesto oltre il lecito.
Il bene e il male, il meglio e il peggio delle persone sono anfore mitologiche che stanno nelle cantine di ognuno come gli otri pieni di vento regalo di Eolo a Ulisse e ne attingiamo al bisogno. Ma guai a lasciarli scatenare.
'Esser costretti a farsi anche del male per potere, con dolcezza, perdonare.' scriveva un poeta bolognese scomparso anzitempo.
Per dire di quanto siamo strani e complicati, noi esseri umani e poco capaci di ben bilanciare i liquidi arcani delle due anfore che abbiamo a disposizione.
Sempre attingendo alla biblioteca universale di Facebook:
'I cretini sono sempre esistiti, solo che, prima di F/book, ne ignoravamo i nomi e i visi'.
Intendiamoci: ci sono anche i medici valenti, gli studiati, i volonterosi che fanno volontariato, gli eroi promossi sul campo dell'onore – il meglio e il peggio, insomma, di una umanità varia e diversa che, durando la pandemia, ha mostrato la sua difficile composizione e gli equilibri sociali fragili, come vuolsi dimostrare.
E tra il peggio io ci metto i talebani dei d.p.c.m., gli evangelisti del Profeta che, dalla Mecca di palazzo Chigi, ci ha regalato lungo i due mesi del nostro scontento i versetti dalla sharia pandemica – e i suoi scalmanati evangelisti fuori dalle terrazze, a migliaia, intenti a gridare improperi e 'Untori!' agli sconsiderati che se ne uscivano senza mascherina o appaiati. E quegli evangelisti talebani tuttora imperversano ottusi, malgrado sia palese e irresistibile il 'rompete le righe' di intere Regioni e categorie economiche, e ci fracassano gli zebedei già malandati con la loro predicazione furiosa e gli anatemi e i 'Penitenziagite! col capo cosparso di cenere.
Che, se quella loro predicazione fanatica fosse efficace e irreggimentasse i pochi riottosi, costringendoli alla divisa e rigorosamente mascherati, passi.
Vivremmo in un mondo meno libero e conculcati i diritti fondamentali ai fini della riguadagnata salute, ma così non è, non sarà, perché 'grande è la confusione sotto al Cielo', scriveva Mao tse Dong, il grande condottiero cinese.
E concludeva: '...la situazione è, quindi, eccellente'.
Fuor di metafora: possiamo provare a porre in essere i migliori propositi e tutti i 'lockdown' presenti e quelli eventuali futuri e le mascherine che trattengono gli aerosoli incollate sulle facce di ognuno e tutti, ma è sempre con la grande confusione sotto al Cielo che ci misuriamo - e dovremmo farcene una ragione dei nostri limiti e delle incapacità palesi a risolvere i problemi e guarire d'incanto le pandemie.
Questo significa che dobbiamo essere 'pronti alla morte', come cantiamo durante il nostro inno nazionale, dritti in piedi e con gli occhi lucidi. E' così – e se qualcosa ci ha insegnato la lunga detenzione e gli ascolti obbligati delle cifre dei contagi e dei morti e dei dispersi della infodemia televisiva è che: 'A chi la tocca la tocca', come gemeva Tonio nei 'Promessi sposi'.
Perché è la morte il nostro orizzonte mentale, ci ricordava Heidegger, e l'obbedienza in guerra agli ufficiali che guidavano gli assalti fuori dalle trincee maledette ce lo ricorda, ma più perché Il Faust delle vane provette e gli alambicchi fumanti e il tentativo di dare la scalata al Cielo degli uomini-semidei ci ricorda quanto vani siano i nostri sforzi di creare le pietre filosofali.
Penitenziagiamo, fratres.

martedì 28 aprile 2020

L'infinito viaggiare. Ieri accadeva.

CACHI, 25 marzo 2019 – L'infinito viaggiare.
E dell'infinito viaggiare è epitome questo dilatarsi dei paesaggi chiusi in lontananza dalla catena delle cime pre andine dove si sfilacciano le nubi fermate dalle Ande. E la strada vuota, la mitica ruta nacional 40 resa famosa dal giovane Guevara nel suo viaggio iniziatico in motocicletta e dagli epigoni che ne seguirono le orme, è spina dorsale di questo paese che si estende fino al finis terrae della fredda Patagonia ma fa tesoro, a metà del tragitto, del suo clima sub equatoriale e a Mendoza mostra il trionfo dei vigneti che danno un vino-idromele che ben si accompagna alla carne squisita e tenera come un burro.
Ed è vero che 'lascia senza parole' questo susseguirsi di immagini coloratissime del nostro viaggiare e ci incanta tanto quanto ci hanno incantato le nostre Alpi, ma con l'aggiunta di una estensione terrestre che la placca africana-europea nel suo insorgere non raffigura infinita al pari della placca continentale del Pacifico.
E il villaggio di Cachi è silente e vuoto di persone e attraversato dal vento, come nelle colonne sonore dei film 'western' girati al confine con il Messico, e l'architettura coloniale della dominazione ispanica viene ripresa dall'architetto che ha costruito il bell'albergo a cinque stelle dove alloggio e, sapientemente, mescola e compendia in un'unico luogo gli elementi caratteristici della scarsa vegetazione degli altopiani pre andini con risultati eccellenti.
E un buon albergo è parte del piacere del viaggiare e, a sera, negli occhi stanchi delle lunghe miglia percorse, si configura come quella poetica siepe che 'di tanta parte dell'ultimo orizzonte il guardo esclude'.
L'infinito viaggiare del sogno del poeta recluso nella sua Recanati.

Le foglie d'autunno.


Le foglie d'autunno.
E, mentre ci si interroga, angosciati, se la ri-partenza 'val bene una messa' e se il visitare un museo nella mitica fase 2 sia 'cosa buona e giusta' mentre la messa ancora no, protestamus fratres in salmodiante coro, è certo che la differenza la faranno i fedeli che accorreranno a mucchi nelle chiese finalmente riaperte in debito di ossigeno delle sante parole consolatrici e chiederanno a gran voce al prete le benedizioni e le comunioni negate e si alzeranno in coro le preghiere per i defunti non dette nel corso dei funerali blindati – e pazienza se, una volta a casa, si avranno i fatidici colpi di tosse e le temperature dei corpi santificati dalle messe principieranno a salire, - la fede è fede e non si discute e il Disegno è il Disegno, chi siamo noi per opporvici.
'Vuolsi così colà dove si puote ciò che si vuole e più non dimandare' dice Virgilio a un Dante sgomento nei primi gironi dell'Inferno.
E che questa storia delle ri-partenze e delle ri-aperture sarebbe scoppiata nelle mani di uno s-governo che era cotto a puntino - e gli mancava solo la spintarella fatale - prima dello scoppio della pandemia che ha cancellato ogni opposizione politica era predizione facile-facile perché chiudere in casa ai domiciliari una intera popolazione e spegnere i motori delle economie regionali e nazionale è davvero una cosa da pazzi e la cosa buffa è ora il vedere e leggere di gente assennata (fino a ieri) e piuttosto intelligente (tutto ha un limite, ahinoi) che prende fazione a favore o contro questo o quel provvedimento di un d.p.c.m. che già è stato fatto a fette e tocchettini perfino da quei partiti che lo sostengono e che l'hanno tenuto a battesimo (Italia viva e un parte del pd).
E ci chiediamo, con Gaber, se sia di destra o di sinistra predicare su facebook e iterare fieri il mitico #iorestoacasa fuori dalle finestre e sulle ringhiere delle terrazze e/o sui loghi personali e le foto del profilo e ad ogni ora del giorno sui tiggì partigiani di Conte, spaventati da tutto il movimento di popolo protestatario che si annuncia e prende forma sulle strade e le piazze.
E alcuni di mia conoscenza, talebani dei domiciliari ad oltranza, sono già chini sulle tastiere a preparare i post vendicativi del 've l'avevamo detto, disgraziati!!, se dovessero ripartire i contagi e la conta dei morti, ma, a ben vedere, anche questo è un Disegno, sia pure laico e che prende a bandiera quel che si è fatto in altri paesi che non hanno spento le economie, bensì gli hanno messo la sordina, bilanciando la conta dei morti con i conti del p.i.l. che scendeva in picchiata e ci annuncia gli sfracelli dell'autunno drammatico della disoccupazione e dei fallimenti.
Si sta / come d'autunno / sugli alberi / le foglie.

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Tutti noi ce la prendiamo con la storia ma io dico che la colpa è nostra è evidente che la gente è poco seria quando parla di sinistra o destra. Ma cos'è la ...

lunedì 27 aprile 2020

Rivoluzioni di ieri e di oggi


I Montagnardi e i Giacobini di sempre. 23 aprile 2013 · 
Viviamo tempi rivoluzionari, non vi sembri esagerato. Provate a immaginarvi registi di un film sulla rivoluzione francese e 'mettete in scena' quella fibrillazione politica che, fuori e dentro le sale della Convenzione Nazionale e dell'Assemblea legislativa di Parigi, vide comporsi e scomporsi, come cellule metastatiche impazzite, i rassemblements di centro e di sinistra e di sinistra estrema: i Montagnardi, e i Giacobini avversi ai Cordiglieri e ai Foglianti. E, ad ogni riunione di quegli anni di fervore e febbre politica altissima, qualche testa tentennava, timorosa del prossimo distacco dal corpo (era d'uso salutarsi, tra quei dessi, 'à la guillotine' : abbassando la testa di scatto, il corpo eretto, mimando lo stacco fatale della lama).
E, non ridete, quei tali rivoluzionari prendevano nome (Cordiglieri e Giacobini) dai conventi francescano e domenicano dove si riunivano i capi dei club, i ben noti Hèbert, Desmoulins, Danton, Marat, Robespierre.
I conventi, vedi caso, già da allora condizionavano in qualche modo la vita pubblica e privata – e 'dietro al convento delle Cappucine' ci si dava appuntamento per i duelli risolutori delle onorevoli contese.
Trasferite ora il set cinematografico a Roma e ridate anima e corpo ai 'rivoluzionari' cinque stelle (si parva licet) che, fuori da Montecitorio, hanno inneggiato alla rivoluzione contro 'la casta' e 'il vecchio' della cattiva politica nazionale – e non hanno applaudito il faticoso discorso alla nazione di 're Giorgio' a Camere riunite.
E mettete in canovaccio i furibondi conciliaboli e le risse e ' vaffa' reciproci lanciati dai vari Foglianti e Girondini interni al partito democratico - che sta per spaccarsi definitivamente di fronte alla fiducia da dare o non dare a un governo indigesto e indigeribile qual'è quello che si cucina nelle ovattate stanze del Quirinale.
Perché - è Storia, ahinoi! - è sempre a sinistra che 'va a parare' la crisi di un paese e i suoi sussulti 'rivoluzionari'. E' sempre la generosa e imbelle sinistra di ogni tempo e paese la camera di compensazione di ogni disastro politico e istituzionale iniziato e causato dalla 'destra', - da noi, la destra del barabba di s-governo, la destra fracassona e volgare e becera dei 'no taxes' evasori impuniti, la destra secessionista degli artigiani/piccoli imprenditori eredi delle 'jacqueries' del contadino francese Jacques.
E la cosa triste della nostra avvilente e squallida postmodernità politica e sociale è che manca sulla scena, consigliere del regista, un monsieur De Guillotin che ci fornisca lo strumento principe dei castighi riservati alla 'malapolitica' dei felloni e traditori e malnati e de 'la casta'. Lo 'zac' secco e definitivo della pesante lama che stacca le teste dai corpi.
E, senza quello strumento decisivo, ritrovarsi tra i piedi il berlusconi anti giudici e processi quale 'vincitore' della orrida partita a scacchi che si è giocata sulla testa del paese - e che ha visto la sinistra a pezzi, ancora una volta! - è naturale e tristissima conseguenza.

domenica 26 aprile 2020

Ri-partenze e dintorni. (Exultate iubilate).



Converrà, ora che siamo a un passo dalla 'ripartenza', memorizzare tutti i neologismi o i termini desueti che ci sono stati imposti in questi due mesi orribili del nostro scontento, perché, si sa, la nostra memoria è debole e c'è il rischio che, se il virus si defilerà con garbo e da un giorno per un altro, dimenticheremo un po' tutto di quanto ci è accaduto e abbiamo creduto che segnasse le nostre coscienze dolorose per sempre.
E 'ripartenza' è giusto il primo dei termini dell'incubo delle nostri notti insonni e disturbate.
Ma non sarà che 'ripartire è un po' morire', come si diceva di tutte le partenze prima di oggi, ma stavolta per l'impaccio delle azioni nostre quotidiane e il non saper bene che e come fare per 'distanziare' il nostro prossimo - e guardarlo in tralice se si avvicina un po' troppo a noi e fare due passi indietro, trattenendo in gola il 'Vade retro' che ci verrebbe d'impulso?
Ed eccolo il secondo termine da mandare a memoria: 'Distanziamento sociale'. Che, per noi post moderni che non sapevamo cosa fosse il 'mantenere le distanze' e, nel corso delle irresistibili movide, già ci 'stringevamo a coorte' nelle corti interne e nelle piazzuole dedicate e nei 'campi' (a Venezia), libando i lieti calici delle felici notti d'incanto estivo, per noi, dicevo, è punizione e castigo massimi - e ci addita come potenziali untori di un virus che non sappiamo se ancora aleggi e dove e in prossimità di chi. Nè se il sorriso malandrino di quella tale che esibisce abbondanti le sue grazie col bicchiere dell'aperitivo tra le dita affusolate e ci sogguarda maliziosa non sia, a ben vedere, il sorriso atroce della 'sora nostra morte corporale' che abbiamo fuggito accortamente fin qua, montando il cavallo delle mille precauzioni che ci portava a Samarcanda, ma: ' E' qui che ti aspettavo.', ci dice beffarda la sempre giovin Signora una volta giunti a destinazione.
Ascoltatevi il Vecchioni della canzone citata.
E 'prossimità' è l'ultimo termine che propongo alla vostra attenzione. Che non si è mai saputo bene se arrivasse a più o meno di km 2 dall'abitazione delle nostre quotidiane reclusioni – e a dircelo, con relativa sanzione, era il vigile urbano o quelli della 'stradale' nascosti dietro la curva o i militari in servizio di dissuasione contro i troppi disertori delle mure domestiche che sfogavano i loro ardori primaverili in bicicletta in barba ai divieti severi e alle contraddittorie ordinanze di Conte avverso ai governatori e ai sindaci.
Ma è finita, è finita! Alleluia! Il 4 di maggio è vicino, giorno di Liberazione vera ed effettiva e viva e presente - e scusate se quella di ieri mi è passata in sordina, ad onta dei pochi canti dei partigiani redivivi alle finestre che qui da me non si sono proprio sentiti, perché si è liberi poche volte in una vita, oggi lo sappiamo.
E, mai come in questi ultimi due mesi, abbiamo avuto coscienza che 'non è per sempre', bensì siamo soggetti e succubi dei crudeli eventi di guerre ed epidemie/pandemie e sciami di locuste.
Exultate iubilate, il 4 di maggio è vicino.


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Provided to YouTube by Universal Music Group Samarcanda (1997 Digital Remaster) · Roberto Vecchioni Vecchioni Studio Collection ℗ 1997 Lilliput Srl Released ...

sabato 25 aprile 2020

C'è Liberazione e liberazione.

Liberarsi è un verbo topico nelle nostre vite. Ci liberiamo di carte imbarazzanti prima che ci arrivi per casa la polizia e il procuratore con l'imputazione di traffico d'armi e/o commercio illegale di zanne di elefante e/o rinoceronte.
Ci liberiamo dei molti fastidi connessi al nostro vivere quotidiano: dai rumori molesti dei vicini di casa (cambiando casa, perché se aspetti che lo faccia la forza pubblica, campa cavallo) alla moglie-Santippe che, prima, era un amore di donna e vedi un po' com'è evoluta, poverina; avvocato mi prepari le carte del divorzio.
E quest'anno ci piacerebbe tanto liberarci di questo virus strano e famelico di vite umane che così tanto sconquasso ha seminato nelle nostre vite e durerà chissà quanto, ahinoi, e ci batteremo il petto per anni, accusando pubblicamente la Cina e i suoi maledetti laboratori e gli sventati ricercatori dagli occhi a mandorla che l'hanno lasciato scappare fuor di provetta (dicono), ma anche il particolato delle nostre città – che forma i 'cluster' malefici dell'inquinamento urbano includendovi l'aerosol dei virus maledetti. Leggetevi l'articolo qui sotto.
E oggi ricorre la Liberazione dal nazifascismo, ah beh, si beh. Un Grande Evento nazionale che ha segnato la storia degli ultimi 75 anni di ininterrotto 'dopoguerra', costringendoci afflitti nel ricordo delle malefatte dell'una e dell'altra parte in conflitto - e stringendoci a coorte dentro questa o quella fazione politica opposta; l'una che si inchina ed omaggia i suoi lontani combattenti e batte ognora la grancassa di una 'partigianeria' dura a morire (oh, partigiano, portami via) e l'altra, a cui appartengo, che auspica l'apparizione di un fumo di umana leggerezza all'orizzonte e la finale consegna di quei morti e di quei misfatti al periodo storico di appartenenza, - e nessuna opportunistica tracimazione nel presente di una lotta politica già sovraccarica di suo.
Beh, buona festa di Liberazione, compaesani, in primis dalla pesantissima zavorra dei domiciliari scontati per mesi due - e il virus ancora arzillo e presente in tutti i tiggi e le prime pagine dei giornali - e, in secundis, da ogni e qualsivoglia male che ci affligge e che nominiamo diversamente secondo le storie e i diversi percorsi mentali di ognuno.
 
Ieri accadeva
Di infiammazioni e distinzioni
Appartengo alla generazione degli Infiammati – che viene da 'fiamma' e quindi passione e fuoco di partecipazione e fazione politica e i nefasti furori conseguenti. Peccati di gioventù che l'età senile tempera e riscatta con le riflessioni pacate e con più larga inseminazione di 'ragione' che fronteggia il 'sentimento' ormai lontano negli anni.
Gridavamo nei cortei, 'Il 25 Aprile è nata una p....... e l'hanno nominata Democrazia Cristiana' e avevamo torto, oggi lo so, perché tutto il malaffare e il mal agire pubblico e lo s-governo e gli scandali e le ruberie che hanno distrutto quel pachiderma politico (e, oggi, il suo erede Forza Italia: grandioso esempio della 'Storia che si ripete in farsa') non giustificavano un'invettiva così rabbiosa e il malanimo e il furore che hanno portato, poi, agli 'anni di piombo' e al terrorismo delle Brigate rosse.
La Democrazia Cristiana fu anche un grande partito di popolo. Popolo moderato, è vero, - e sappiamo dalle attente letture della cronaca che si mutava in Storia quanto male abbia fatto all'Italia il 'moderatismo' usato come scudo politico e clava contro l'altro polo della storia d'Italia: il polo social-comunista - lungamente escluso dal potere e per questo logorato, come lo coglionava l'Andreotti-belzebù, buonanima, e affermava: 'Il potere logora chi non ce l'ha.'
E quella pacatezza della ragione che l'età coltiva mi portava a notare, - ascoltando l'intervento di un vecchio 'partigiano' non pentito a 'Primapagina' che paragonava i fatti della Resistenza alle 'nuove resistenze' di oggi, id est schierarsi con gli infiammati 'no borders' nostrani e lanciare anatemi e frasi ingiuriose contro gli austriaci 'fascisti', a sentir lui, che chiudono il Brennero all'ondata di tsunami immigratoria che, per decenni, noi italiani non abbiamo saputo/voluto governare e l'abbiamo lasciata tracimare a nord delle Alpi – quella pacatezza della ragione, dicevo, mi fa notare lo 's-ragionamento' e l'invettiva cretina del radio-ascoltatore che lo stesso Sansonetti, il conduttore della trasmissione, stigmatizzava e rimandava al mittente.
Perché 'misiar 'e verze' della Storia è sempre un'operazione idiota e di neuroni rattrappiti nei loro angoli e nicchie encefaliche mai scopate e lavate; e dire 'fascisti' agli austriaci e a tutti gli altri popoli che hanno chiuso le frontiere - per le ovvie ragioni degli altissimi numeri di migranti che si muta in 'onda di tsunami' capace di travolgere le economie e i faticosi equilibri sociali, (come si è mostrato nelle famigerate 'banlieues' parigine dei 'foreign fighters' radicalizzati sul web' e nel famigerato quartiere islamico di Moellenbeck che offriva covi protetti e complicità ai terroristi assassini) – è stupidaggine antica che non sa coniugare le evidenze dei fatti e le necessarie distinzioni e antepone le ruggini del sentimento antico di fazione politica alle clarità della ragione, che pure ha ispirato le sinistra giacobina delle origini - la Dea Ragione che studiavamo sui banchi di scuola.
Che il 25 aprile vi sia giorno ragionevole e sereno, oh popolo di infiammati buonisti e partigiani immaginari tuttora adusi alle vetuste e inutili invettive.

giovedì 23 aprile 2020

Non facciamoci mancare niente



Le sette piaghe redivive.
Forse davvero i Maya si sono sbagliati nel conteggio del finis terrae atque humanitatis.
Forse è proprio il 2020 la data giusta, invece del fatidico 2012. Me lo fa credere l'articolo postato qui sotto che, se non fosse targato 'La Stampa' sembrerebbe un fake, il parto spiritato di un complottista navigato, o di un 'terrapiattista' da convegno astrologico e austroungarico – con corredo di segni zodiacali e relativi ascendenti.
Dunque dobbiamo aggiungere anche la fame e la carestia a questo anno bisesto - che non dovremo memorizzare negli annali delle nostre vite perché sarà l'ultimo e conclusivo.
Per la verità ci sarebbero anche un paio di articoli che ci danno conto della inquietante prossimità di un asteroide di duro ferro spaziale che fa cinquanta chilometri di diametro circa – roba che, in un eventuale impatto, determinerebbe la fine di quindici ere di dinosauri, figurarsi i fragili umani sopravvissuti alle carestie bibliche di cui si narra.
Ah, dimenticavo. Uscendo a far la spesa ho notato tre cavallette di grande stazza levarsi in volo fuori dall'erba fitta di un prato. Che siano l'avanguardia degli sciami di locuste di cui si era parlato per il Corno d'Africa un mese fa?
Così, giusto per amore di completezza e non farci mancare niente.
 

mercoledì 22 aprile 2020

Un sogno lungo un giorno



It's a funny, funny world.
E' uno strano mondo quello a cui do il buongiorno la mattina alle prime luci dell'alba, un mondo di apparenza serena – sguardo di campagna e case lontane, alberi ormai rinverditi e con un tappeto di petali ai piedi – ma per l'aria tiepida è tessuto un silenzio allarmato di notti insonni alle finestre perché il nemico è di fuori, invisibile, ma pronto a ghermirti se non ti bardi di mascherina e guanti, come ci dicono in tivù politici, medici e giornalisti consonanti. Una infodemia per alcuni aspetti peggiore della pandemia. Tratteniamo i respiri, il nemico aleggia, subdolo e vigliacco, manteniamo le distanze, ogni uomo e/o donna potrebbe contagiarti. E tuttavia sorridiamo, ci riconosciamo di là delle mascherine dei nostri selfies lunari, restiamo umani.
E' un mondo di uomini e donne rattrappiti in questo genere di pensieri nei giorni e mesi della quarantena – e spaventati dagli annunci di morte perché 'a chi la tocca, la tocca' è il motto delle epidemie e, di giorno, è un rosario di conversazioni al telefono con amici e parenti per sapere se siamo ancora vivi: gloria del momento presente; e già il passato è consumato e il futuro si sfilaccia incerto con le prime luci dell'alba.
E non vediamo l'ora che tutto questo nuovo mondo di incubi e follia collettiva si rischiari come la nebbia al sole e la 'normalità' dei rapporti di ieri si imponga e ci sia regalo ambito come la salute - e ci appoggiamo alla memoria dei profeti dell'Ecclesiaste che ci ricordano che 'c'è un tempo per vivere e un tempo per morire', d'accordo, ma questo che viviamo è il tempo di sognare.
Sogno di parole e pensieri diversi, di abbracci liberatori di vita oltre i desolati paesaggi di morte che abbiamo attraversato, sogno lungo un giorno che si lega a un altro giorno e un altro ancora. Futuro, che chiara parola.
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Isn't it? :) This version has some flaws which I am aware of but it's the best I could get, this track should be uploaded ages ago, its brilliant! LINK TO TH...
 

Stigmi sociali e diritti costituzionali

Pare, si dice (rassegna stampa rainews24 di stamane), che stiano preparando un sondaggio discreto, non troppo pubblicizzato, su cosa pensiamo della detenzione domiciliare - per regolarsi di conseguenza sulle ri-aperture nazionali e/o regionali. I presenti politici di s-governo sono pavidi e guardano ai sondaggi, si sa, ma forse anche il Churchill, che alla radio prometteva lacrime e sangue alla nazione in guerra, si beccherebbe un sonoro pernacchio di ritorno, di questi tempi. Non abbiamo più il fisico per quel genere di eroismi.
Ed è facile predizione affermare che, nei quartieri orribili delle periferie urbane degradate dagli immensi condomini postbellici privi di terrazze o con terrazzuoli asfittici, la risposta al sondaggio sarà un boato di auspicata liberazione e un 'liberi tutti', in barba al virus non domo e malgrado il rischio di nuovi focolai e 'zone rosse' perché, come nota una filosofa qui sotto, non si può privare un intero popolo della libertà per mesi due e pensare di averne un consenso spaventato, un plauso trimestrale e forse oltre.
Perciò a maggio si cambia, ma fino al 15 o fino al 31 avremo treni e autobus che sfilano deserti di gente perché abbiamo rodato una naturale ritrosia al troppo pieno e il 'distanziamento' interpersonale ci verrà facile, mascheromuniti, salvo i poveretti che dovranno tornare in fabbrica tutti insieme a preparare la 'ripartenza'.
E pare che i vecchietti, macchiati indelebilmente con lo stigma sociale di 'anziani' - io con loro - dovranno munirsi di un 'braccialetto' che li tracci e li dica 'immuni' o li dissuada dal muoversi in libertà. Tamponiamoci tutti.
Il vecchietto dove lo metto della nota canzone.
Con il che veniamo alla riflessione bene espressa qui sotto dal signor Francesco Del Bianco che ci richiama i tempi tristissimi di altri stigmi sociali e divise a righe e filo spinato, ma, per fortuna, il 25 aprile di Liberazione è alle porte e sarà interessante vedere 'l'effetto che fa' al canto di 'partigiano portaci via'. Via, via, via di qua, diceva una nota e più cogente canzone.
Francesco Del Bianco
AUSCHWITZ PER I RUNNER
Qualche giorno fa il mio vicino ha portato il figlio (molto) piccolo nel giardino condominiale per farlo stare un po’ all’aria aperta dopo un mese di reclusione permanente. Padre e figlio, da soli, fermi nel giardino condominiale.
Ecco, gli altri vicini hanno chiamato la polizia.
All’arrivo della volante, sono iniziati gli applausi dai balconi, quelli che fanno ai Nocs quando sventano un attentato terroristico. Ma nel prato di fronte a casa c’erano un ragazzo ed un bambino di neanche cinque anni. Di terroristi neanche l’ombra.
Parlo da ipocondriaco, da uomo attaccato alla legalità e da sostenitore convinto del lockdown. Parlo da persona che è chiusa in casa dall’inizio della quarantena uscendo solo per andare a lavoro e per andare a fare la spesa, rigorosamente con mascherina, guanti e guanti dell’ortofrutta sopra i guanti. Parlo da moralizzatore e rompicoglioni di professione. Ma mi chiedo se non stiamo tutti esagerando. Mi chiedo se non siamo tutti impazziti.
Mi chiedo realmente perché debbano passare in televisione il video ripreso con un drone di un tizio che corre da solo in un campo in mezzo al nulla cosmico del centritalia per additarlo come un pericoloso criminale. Perché? Chi sta infettando in quel campo? Gli usignoli? La gramigna?
Ha violato la quarantena, va perseguito, punto. Merita di diventare un numero nella statistica degli italiani che hanno violato la quarantena, il numero #4538 dei 178.780 della settimana.
Ma in che modo quell'uomo è un criminale da dare in pasto ai media nazionali? Additato e mostrificato su quella stessa televisione che per legge non può mostrare le persone ammanettate perché lesivo per la loro immagine.
Non lo merita lui come non ce lo meritiamo noi, di essere travolti ogni giorno da tutto questo.
È giusto colpevolizzare chi rompe la quarantena? Certo, moderatamente però, perché io reazioni come quelle che scatenano i runner non le ho viste neanche nei confronti degli stragisti mafiosi.
Perché a essere bombardati ogni giorno da tutto questo, inizi a pensare che queste persone – che magari combattono la loro battaglia contro la depressione, contro dinamiche familiari difficili, contro lo stress, contro semplicemente il terrore che sta attanagliando tutti noi in modi incredibilmente diversi – ecco, che queste persone non siano persone, ma solo criminali, perché no, dei mostri.
Perché ad essere bombardati da tutto questo iniziamo a sviluppare un senso di giustizia orrendo, che è più una velleità da giustiziere, che si nutre di sospetto e rancore, di “se sto a casa io devono starci tutti, a ogni costo”, condito da un turpe voyerismo da “La finestra sul cortile”.
Quando vi chiederete che faccia avevano le persone che nel ventennio chiamavano la polizia e sussurravano “credo che ci siano degli ebrei, dal mio vicino”, ecco, pensate tranquillamente alla faccia che potrebbero avere i miei vicini che hanno chiamato la polizia per sistemare a dovere un giovane padre ed un bambino di meno di cinque anni che giocavano da soli nel giardino condominiale.

Ars gratia artis


21 aprile 2015 · Satiri e odalische
E ai piani superiori l'arte del Bambino Sapiente, - che ha ridotto a gioco della pop art la Storia degli avi minoici: le statuette e gli altri antichi reperti chiusi nelle teche dei musei e le ha trasformate in spazio-giochi degli asili e fantasiose divinazioni e misteriosi esorcismi -, diventa stupefatta ammirazione e raffigurazione del più grande mistero dell'universo dopo il big bang: la Madre e la Donna riflessa nei mille colori storia dell'arte.
E il Bambino prodigio la rimira e la effigia nelle cento raffigurazioni della storia dell'arte da lui così ben assimilata: di fronte e di profilo - rammemorandoci il prodigioso Piero dei ritratti del Duca e della di lui consorte e le odalische di Ingrès e di Matisse, ma con l'interna gioia dell'adolescente che li filtra nei ricordi delle spiagge che ha frequentato - dove le donne e le madri erano le visioni e i richiami e i gridolini di gioia che si inseguivano nell'aria per il calore della sabbia ritrovato e commisto agli spruzzi freddi dell'onda di quando si andava al mare 'per mostrar le chiappe chiare'.
E in uno dei suoi grandi quadri a tutta parete si mostra l'umanità ridevole e balneabile dei suoi anni felici che si ammassa a bordo spiaggia ed è una carta d'identità e un 'come eravamo' stupidi e felici quando risuonavano le note di 'Abbronzatissima' a due passi dal mare e non c'erano i barconi dei migranti ad intristirci e lo spettro della Crisi che non finisce mai.
E l'adolescente che prende coscienza dei suoi grandiosi mezzi espressivi si diverte a mostrarci perfino i 'disegni preparatori' di quei suoi quadri - come fossero, che so, gli schizzi e gli abbozzi delle figure guerresche della 'Battaglia di Anghiari', ma è sempre l'ironia e il gioco della pop art a farci sorridere e a riconoscergli 'l'onore al merito' del genio divertito e divertente che dura fino all'ultimo spazio espositivo in alto sulla terrazza interna della corte del palazzo - dove tornano le sculture delle teche al primo piano, ma ingrandite e non meno misteriosamente divinatorie ed evocative di chissà che, con la dea oscenamente ignuda che impugna una freccia d'argento e il satiro cornuto che la affianca che avanza ridente con in su le spalle una baccante ubriaca di gioia.
Martial Raysse – Palazzo Grassi - Venezia

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18 aprile 2015
E' gioioso l'approccio iniziale che si ha con quel Grande Vecchio che è Martial Raysse. Grande Vecchio perché ancora bambino dentro e capace di magie e laboriose fantasie che sintetizzano artisticamente il mondo intero e ne correggono i molti aspetti grotteschi e mortiferi e lo trasfigurano e rivitalizzano.
Un artista, Raysse, che non conoscevo affatto, nel vasto panorama dell'Arte contemporanea, e già il fatto che abbia scelto di vivere in Dordogna, come si legge nella sua biografia, aggiunge gioia a gioia. Perché ti fa venire in mente il gran naso dello spadaccino innamorato di Bergerac - quello de: '...e giusto al fin della licenza io tocco.' - e il fluire di quel fiume dolce che dà il nome alla regione, sulle cui sponde affacciano e si specchiano i meravigliosi villaggi della 'douce France' dei nostri sogni di una vita altra e diversa, delle molte che abbiamo immaginato e ci sono sfuggite tra le dita.
E già all'ingresso, nella corte interna del palazzo che ospita la sua mostra (M.a.r.t.i.a.l R.a.y.s.s.e - Palazzo Grassi – Venezia), ti aggiri tra le teche di un immaginario museo della Conoscenza e della Fantasia dove le statuette di antichi satiri e deità si confondono con i funghetti colorati e le capre e i contadini-ushabti che menano una strana carriola, e con gli altri sogni infantili buffi e grotteschi e le fiabe trasposte in sculture arcane di un Bimbo Meraviglioso capace di proporsi quale Fautore del Mondo Nuovo che tutti abbiamo inseguito da bambini, ma è durato poco, ahinoi e solo ne serbiamo brandelli e sfilacci nella memoria.
E ti colpisce quella statuetta di un tale che cerca di uscire dalla sua scatola angusta aperta a fatica - e dentro si mostra la luce di un inferno da cui cerca di scappare, ma fuori è tutto un fiorire di luce e galli-eroi ritti nelle loro piume che tirano con l'arco e bambini divini che eruttano fontane luminose.
E se un corpo nudo giace sulla pira della sua vita sofferta - che sembra un eroe troiano a cui è stata negata la meta di una Nuova Città da fondare - nella stessa teca gli fanno consolatoria compagnia i funghetti colorati della rigenerazione e trasformazione della materia e un satiro cornuto che porta sulle spalle una divinità gioiosa e un'altra bianca divinità della pace, più in là, con in testa la piccola colomba simbolica del Volo a cui tutti aspiriamo - o Resurrezione, che verrà qualche millennio più avanti.
E sembrano davvero le teche di un museo dell'archeologia minoica, ma rivitalizzato dal Buffo della fantasia infantile che non trascura la meticolosità nella riproduzione delle sculture e statuette e oggettini correlati - e Raysse è autorevole, autorevolissimo nel coinvolgerci in quel suo mondo di fiaba e cento fiabe della Storia e delle odissee e delle eneidi e le dice vere, più vere del vero, e se il mondo fuori dal palazzo è altra cosa e più avvilente e piatto, beh è un nostro problema, di noi che artisti non siamo e la Fantasia che abbiamo avuto in dono è raggrinzita in un angolo delle nostre menti e spaventata e raggrumata – come quel grumo arboreo che si mangia il corpo di una figuretta di donna e viene in mente Dafne e Apollo e il Laurus Nobilis dalle foglie intensamente profumate....