domenica 30 marzo 2008

un ordine nuovo sociale,architettonico,urbanistico


Complice l'ora legale la città è semideserta. Cammino lungo la riva delle Zattere illuminata da un caldo sole primaverile e guardo l'isola della Giudecca di fronte.
Com'è cambiata dal tempo della mia infanzia! I molti edifici fatiscenti sulla riva, e tutti gli altri all'interno, da Campo Marte al Mulino Stucky, sono stati restaurati e riutilizzati e nuovi insediamenti abitativi -alcuni indovinati e armonici, altri meno- hanno ridato fiato abitativo all'isola, riducendone la caratteristica sociale di sacca di proletariato e sottoproletariato urbano.
Ci ha messo del suo anche l'esodo storico degli abitanti e la vecchiaia che sforbicia le vite e le rinnova, è vero, ma l'impatto visivo della 'nuova' Giudecca è senza dubbio di forte presa architettonica.
Un ordine nuovo accettabile di questa città è di là da venire. Troppo di tutto sotto agli occhi: dai turisti agli studenti. Il solo ente che costruisce e ammoderna in città (la zona del porto) è l'Università e i palazzi storici sono ormai tutti alberghi a quattro e cinque stelle.
La raccolta dei rifiuti continua ad essere il nostro punto dolente e la sporcizia salta agli occhi del visitatore, ma più di chi la abita e nota e deplora l'inciviltà del gesto di coloro che lasciano i sacchetti all'aperto anche la domenica, preda di cani affamati, gabbiani e pantegane notturne.
Viene voglia di intervenire, a volte, di richiamare all'ordine, al corretto gesto 'civile' i lazzaroni sorpresi in flagranza di cacca del cane non raccolta o dell'immondizia lasciata a cielo aperto, ma non usa più, non si fa più, - coscienti come siamo dell'inutilità del gesto e dell'incazzatura inevitabile che ne consegue di fronte alle risposte arroganti e villane che ricevi.
Ci dovrebbero essere degli ispettori incaricati del controllo e della prevenzione nominati dalla Veritas (raccolta rifiuti), ma nessuno li ha mai visti in azione.
Così scivoliamo nell'inedia civile, nell'insignificanza dei gesti e dei pensieri reciproci e quando i tiggi e i radio-giornali ci dicono che la Campania scoppia, i cassonetti bruciano, le discariche stroppiano e gli abitanti scendono in piazza e si fanno bastonare dai poliziotti non siamo sorpresi più di tanto perché è solo l'enfasi massima (?) di ciò che avviene sotto gli occhi di tutti ogni santo giorno che illumina il Belpaese.
Abbiamo l'ordine sociale e urbanistico che ci meritiamo. Il solo ordine possibile in questo paese di rivoltosi e incivili cronici e recidivi è quello dettato dalle leggi dell'entropia, del massimo disordine e ci apprestiamo a votare i nostri governanti di domani collo stesso criterio azzardato e cialtrone, ben sapendo di un Barabba sceso in politica come e perchè e del disordine prossimo venturo di cui Egli, l'Unto degli evasori recidivi e dello Stato che costoro non vogliono 'sociale', sarà massima espressione politica e 'civile'.
Buona primavera e buona vita a tutti, miei cari.

sabato 29 marzo 2008

un italiano vero


Piace così quest'uomo alla folla che si appresta a votarlo in gran numero: guascone, ridicolo, reboante, arrogante, inconcludente, italiota.
Quest'ultimo aggettivo inteso nel senso che l' 'italianità' di qualsiasi cosa serva a un titolo di identità positiva pretesa va affermato a grandi lettere e con toni alti - anche a costo di sfidare il ridicolo, appunto, altro aggettivo dell'elenco.
Che Alitalia finirà coi libri in tribunale nel caso fallisse la trattativa coi francesi è previsione facile da farsi e condivisa dai commentatori e dagli esperti delle cose relative ai voli commerciali, agli 'hubs', alle rotte da vendere e comprare e assicurare.
Però è un boccone prelibato per campagne elettorali spudorate al modo che piace al Nostro - dove gli specchietti per le allodole servono, appunto, a catturare allodole ed allocchi insieme, presenti in gran numero sotto elezioni nelle nostre moderne città e paesi (molti meno nelle campagne, dove madre Natura li aveva collocati in origine).
Altrettanto facile è prevedere che, finita la festa e assicurato il governo della repubblica, chi si farà avanti per la mitica cordata annuserà i conti (in rosso stabile da tempo immemorabile) e scuoterà la testa e dirà ai condottieri del Nuovo Governo Italico 'magari ripasso' - subito tacciato di non essere abbastanza 'italiano' nel senso che piace al Guascone, tardo erede del motto 'oro alla patria'.
Finirà che l'inno del Pdl che ha cambiato nome ma non facce diventerà quella canzone che furoreggiava nei suk del Medio Oriente ai tempi dei miei viaggi laggiù: 'lasciatemi cantare', chiedeva accorato l'autore (dal bel viso apertamente mediterraneo), 'sono un italiano vero'.
Più in là negli anni c'era chi diceva di noi 'una faccia, una razza', chissà che cosa voleva dire.

giovedì 27 marzo 2008

un antico condottiero salì al monte



Un antico condottiero salì al monte, lasciando il suo popolo accampato di sotto. Dopo giorni e giorni di meditazione e un'improvvisa illuminazione ridiscese a valle col regalo prezioso di dieci comandamenti, ma trovò il suo popolo impazzito e in preda al marasma e al piacere del peccare.
Peccare è un piacere che può mutarsi repentinamente in dolore perchè le licenze personali talvolta incrociano il diritto di terzi e lo violano e mal ce(glie)ne incoglie.
Non sempre, è pur vero.
Mi hanno riferito di qualcuno che ce l'ha fatta a fregare tutti, ma proprio tutti. Costui, uomo leggendario, dopo aver violato leggi e regolamenti e stracciato la morale allora corrente è 'entrato in politica' e ha fatto riscrivere (pare, si mormora) le leggi pro domo sua. D'altronde così fanno i rivoluzionari e di rivoluzioni, di quando in quando, ce n'è un gran bisogno.
In generale, però, possiamo ben dire che i comandamenti ci 'danno i binari' per limitare i danni di un far west in cui tutti possiamo estrarre le pistole e sparare all'impazzata.
Tutto ciò per dire che 'Onora il padre e la madre' è un film terribile (ma cinematograficamente perfetto) perché racconta la storia di una colpa atroce ed espiazione conseguente.
Una tragedia postmoderna al modo di quelle greche d'antan in cui il Fato e la Nemesi sono i protagonisti occulti ma inesorabili nel tracciare la linea degli eventi dolorosi che conseguono al peccare, alla colpa.
Toglie il fiato guardare quegli uomini e donne immorali che per la lascivia di un attimo precipitano nel gorgo assassino degli altri eventi conseguenti, eppure tutto torna, nessuna sbavatura, ad azione segue reazione con precisione millimetrica, prevedibile e, ahinoi realistica e verosimile.
Può accadere, pensi, forse è accaduto, magari è tratto da una storia vera di comandamenti trasgrediti e prezzi pagati conseguentemente.
Non diversamente vanno le cose in politica, cari concittadini. Le urne sono vicine: cave canem.

l'odore delle alghe nel vento


L'odore delle alghe entrò con il fiotto del vento nella stanza. Respirai a pieni polmoni. Dall'altra parte del canale, in alto, vidi il movimento rapido di una tenda rilasciata. Qualcuno, lì dietro, forse si chiedeva chi ero e che ci facevo lì. Domanda legittima dopo tanto tempo e tanta lontananza.
Zia Ada era morta da 'oltre' tre mesi, secondo la certificazione. Per la rimozione del corpo e le esequie si era atteso il mio arrivo.
Mi avevano telefonato in ufficio, dicendomi che non si poteva fare nulla in assenza di una autorizzazione del parente più prossimo. Non la vedevo e sentivo da anni.
Quando entrammo nella stanza, col medico legale e due agenti di pubblica sicurezza, un odore dolciastro e atroce era diffuso per tutto l'appartamento. Anche allora l'odore delle alghe era entrato di forza dalle finestre aperte in fretta sbattendo gli oscuri.
Rapidi movimenti dell'aria fredda e odorosa avevano mosso i capelli sottili del corpo parzialmente mummificato. Zia Ada era coperta da un semplice lenzuolo bianco, segno che l'evento doveva essere accaduto nella tarda estate.
L'ingresso a porta sola dell'appartamento e le finestre chiuse avevano impedito il diffondersi degli odori inequivocabili di fuori e l'allarme che, di solito, ne consegue.
Zia Ada viveva sola da decenni, in apparente buona salute, come mi avevano confermato gli altri parenti a cui avevo subito telefonato.
Era gentile e affabile con i pochi che ancora la salutavano. Non viaggiava, non si assentava se non per uno o due giorni, come era potuto accadere che nessuno dei vicini si fosse posto la domanda dell'anomalia della sua improvvisa scomparsa?
Era pur vero che molti appartamenti intorno erano affittati a studenti e a turisti, ma al piano di sopra, di là del canale, abitava ancora un vecchio pensionato che, le rare volte che mi ero recato in visita anni prima, si mostrava a fumare fuori dalle finestre.
Era lui che aveva smosso la tenda e, verosimilmente, continuava a guardare da dietro quel che avveniva di sotto.
Se non ci fosse stato la rottura di un tubo interrato nel pavimento e il gocciare in un magazzino di sotto quella immobilità di un evento luttuoso e la mummificazione parziale del corpo della zia non avrebbero scatenato l' 'orrore' denunciato nelle locandine dei quotidiani locali.
Che cosa ci sia di 'orrendo' in una morte, sia pure dilazionata negli avvisi e nella scoperta del cadavere, non so. Forse la solitudine che denuncia e la mancata assistenza alle persone sole che ne consegue, ma viviamo come possiamo e sappiamo fare di questi tempi in cui di figli se ne fanno pochi e le parole 'fratelli' e 'sorelle' hanno un uso quasi solo religioso.... (segue)

mercoledì 26 marzo 2008

armonie nascoste


Capita di bisbigliare qualcosa nelle orecchie della propria partner quando si balla il tango. Succede quando la confidenza ha raggiunto un certo segno o quando un'urgenza improvvisa e un'emozione forte si trasmettono dal gioco dei corpi e delle movenze all'intelletto.
'Intelligere' i messaggi dei corpi è, forse, il compito storico del tango. Perché i corpi parlano, (a volte fin troppo) ma non sempre c'è sintonia tra corpo e intelletto.
'Hai un abbraccio comodo', mi è capitato di registrare nelle orecchie ed è vero. Se te lo ripetono in molte una qualche forma di verità bisogna pur darla per acquisita.
Che cosa sia la 'comodità' di un abbraccio, poi, è tutto da interpretare. Un corpo sta nell'altro e si muove sulla musica e si 'sentono' i muscoli in azione di chi danza con noi e i tendini in tensione e le incertezze e fragilità o le sicurezze che improvvisamente si spezzano, ma risorgono un passo più in là e si risolvono nell'armonico ruotare di un 'ocho' o nel ritorno da un voleo.
A volte, con una perfetta sconosciuta provi felicità improvvise figlie di armonie dei corpi in azione insospettate. Per lunghi minuti il 'pensare' cessa, almeno nella sua forma cosciente e memorizzabile e una sorta di estasi dei movimenti sulla musica riscatta tutto il tuo passato di fissità e legnosità e durezze.
La leggerezza del volo di un uccello o il serpeggiare di un rettile diventano codici interpretabili dal tuo corpo e una felicità animale ti trasporta in una dimensione dimenticata, lontana nel tempo e nello spazio. Preistoria delle dinamiche nostre umano-animali, stato pre-cognitivo, istintuale, regressione a un'infanzia dei corpi che non è balbettio di parole, ma felicità dell'andare e correre e saltare con chiunque ti si appaia nel gioco.
Quando finisce è come dopo un'ebbrezza alcolica a cui non sei abituato. Provi un senso di larvata tristezza per tutto ciò che cessa e non è più e solo ti conforta il sogno di poterla rivivere ancora e ancora.

domenica 23 marzo 2008

il bianco e il nero



'Persepolis' è un bel film d'animazione in bianco e nero che lascia l'amaro in bocca.
Per quanto la protagonista -una ragazzina iraniana nel suo percorso 'di formazione'- ce la metta tutta, non c'è verso che ci si convinca a partecipare alle sue vicissitudini esistenziali con la simpatia dovuta a tanta vis comica.
L'amaro in bocca diventa gusto di fiele quando il racconto di vita include la strana guerra che vide contrapposti Iraq e Iran e fece uno sterminio di morti ammazzati -col di più di orrore dei 'martiri' bambini mandati a morire al fronte a ciuffi e mucchi con al collo la chiave di latta che apriva loro le porte del paradiso islamico – garantito dai mullah e gli imam a tutti i martiri per 'la causa'.
Insensatezze uguali si davano ai tempi delle Crociate, coi preti che giravano per le strade dei villaggi cristiani ed entravano nelle case promettendo speciale assoluzione per i peccati commessi fino alla terza generazione in cambio del figlio maggiore da arruolare.
E l' 'oro alla patria', ce lo ricordiamo? E le folle plaudenti a piazza Venezia colla retorica da irrimediabile-imbecillità-collettiva del 'burro o cannoni'?
Oggi risponderemmo 'burro', naturalmente, ma fa accapponare la pelle il pensiero di quelle generazioni che hanno bruciato le loro vite al fuoco dei nazionalismi e delle guerre che ne sono seguite e levavano le mani a migliaia nel gesto stupido dell' 'eia-eia-alla-là' e 'Duce-Duce'.
Fate luce, invocava Goethe nel letto di morte, ma le generazioni che gli sono seguite di luce ne hanno vista ben poca, ahinoi.
Ecco, è questo che non si riesce a digerire guardando il film, pur lodevole, 'Persepolis'.
Che quella storia di follia collettiva abbia potuto dispiegarsi al modo che sappiamo - una volta caduto lo Scia - malgrado le molte intelligenze avverse che conteneva. Che il truce ayatollah Komeini abbia potuto insediarsi al potere col codazzo tragico di oscurantismo e preti islamici e Corano ueberall malgrado il suo viso e i gesti e la veste che indossava contenessero per intero la storia negativa che ne è seguita.
I pochi oppositori balbettavano di marxismo e popolo oppresso, ma furono imprigionati e scomparvero come piccoli mucchi di neve al sole di Allah e quest'altro suo profeta immaginario e truce.
Di tutto questo parla 'Persepolis' e la storia comica della ragazzina che diventa donna e si prova a far prevalere il vitalismo della sua generazione passa in secondo piano.
Annichilito dal nero dei veli che avvolgono i volti delle donne e il nero delle barbe dei maschi islamici che glielo impongono perchè così vuole la maledetta 'Tradizione'.
In una mostra fotografica recente che raccontava un viaggio in Iran spiccava l'immagine di una bambina vestita di giallo in braccio alla madre durante una manifestazione – sola macchia di colore diverso che galleggiava in un mare di veli neri.
Persepolis è un film in bianco e nero per dire che nessun altro colore può (poteva?) prevalere laggiù.

sabato 22 marzo 2008

che fai tu luna in ciel (il silenzio degli dei)



Caro Fire,

della 'Fisica dell'Immortalità' di Frank J. Tipler posseggo un'edizione del Club degli editori, filiazione di Mondadori libri, potresti provare con loro per vedere se hanno copie in giacenza. L'ediz. originaria è anch'essa per i tipi della Mondadori. Il sottotitolo di copertina è 'Dio, la cosmologia e la resurrrezione dei morti'.

L'autore, studioso di Relatività generale globale è (era?)docente di Fisica matematica alla Tulane University della Louisiana ed ha pubblicato con J. Barrow il libro 'the Anthropic Cosmological Principle'.

Anche per me il 'silenzio di dio' è stato la causa prima di una disaffezione dai miti e poi presa di distanza dal complesso del messaggio religioso cattolico.

Del 'silenzio degli dei' l'umanità ha parlato molto sotto tutte le latitudini e in ogni tempo, ma la colpa è solo nostra che alimentiamo una speranza di divinità altra o di molte altre divinità soggettivamente caratterizzate e preposte alle diverse funzioni e speranze del vivere nostro.

Dobbiamo parlare noi, invece, tra di noi, superando la condanna di Babele e andare più sicuri e spediti, confortati della nostra valentia tecnologica, verso un futuro di semidei viaggiatori del cosmo oscuro che -abbiamo scoperto- non nasconde nessuna divinità speciale, nessun padreterno se non quello che ha il disegno dei nostri visi e di quelli dei bis bisnipoti.

Solo materia oscura di là della ionosfera e sibilare di astri in movimento tra i quali e sui quali dobbiamo dar vita sempre nuova e diversa al miracolo della Vita Intelligente -sola, vera 'divinità' intelligibile e, in qualche modo, preconizzabile.

Siamo noi stessi gli dei che vagheggiamo, abbiamo vagheggiato da bambini e atteso lungo tutto una faticosa e sofferta preistoria del genere umano.

Prima lo accettiamo, prima usciremo dalle sterili e ridicole querelle tra religioni custodi del Verbo e dell'Unica-Verità (da moltiplicarsi per quante sono le religioni e le loro Sette e sotto-Sette).

Il futuro è nostro, ma la fatica (immane) è quella di render(ce)ne coscienti tutti quanti siamo imbucati in questo culo di sacco del pianeta Terra e incamminarci verso le stelle da cui abbiamo lontanissima origine e alle quali siamo vocati per un misterioso azzardo dell'evoluzione.

Buona Pasqua a te, per il senso che vorrai attribuirle.

venerdì 21 marzo 2008

resurrezioni miracolose


Come sei cambiato! dice la Contessa Chabert al marito che torna dalla morte.
Morte in battaglia, ma miracolosa resurrezione sotto al cumulo dei cadaveri, come succede quasi solo nei romanzi.
Ciò che stupisce del ritorno inatteso del marito non è il fatto straordinario in sé di guardare in viso un fantasma e la sua poco credibile resurrezione, ma che egli non appaia più lo stesso uomo che rideva con lei, mangiava, scherzava, l'accarezzava negli abbracci coniugali e gemeva nel talamo e scambiava con lei le emozioni forti.
Insomma, è il 'riconoscimento' che facciamo dell'altro, di chi ci vive accanto, che fa la sua identità e nutre l'amore. La distanza, gli anni che passano, i distacchi, i cambiamenti nostri e i loro ci costringono poi in quella zona grigia di apatia, indifferenza, identità altra e diversa che connota i giorni nuovi e le storie che li abitano.
I fantasmi non dovrebbero mai tornare fra i vivi, neanche se un crudele fato li ha strappati miracolosamente alla morte e riammessi in comunità - questo ci dice e insegna il bel film 'il colonnello Chabert', tratto da un romanzo di Balzac.
Prendete quel tale, morto sulla croce perché cattivo profeta di un popolo riottoso che i romani faticavano a dominare. Morì e fu sepolto e il terzo giorno ascese al cielo col corpo integro e trionfante.
Difficile da credere, ma vi fu chi giurò e spergiurò che le cose andarono proprio in quel modo e vide il fantasma del profeta crocefisso in buona salute molti giorni dopo e si sentì investito della missione salvifica di predicare la 'buona novella' all over the world.
Fu così che quella lontana leggenda di fanatici palestinesi divenne base militante di una religione fitta di eventi tragici e sanguinosi e un Fantasma informò di sé e della sua storia di Passione una larga fetta di umanità passata, presente e, verosimilmente, futura.
Fu (sarà) un bene? Come sarebbe stata un'altra storia priva di quell'ingombrante fantasma?
Buona Pasqua di Resurrezione a tutti.

giovedì 20 marzo 2008

no representation whitout taxation




'Pagare meno pagare tutti', mio caro, e il suo rovescio sono, per me, uno stesso slogan, partendo dalla buonafede che l'uno sia in relazione all'altro nella positività degli eventi che ne scaturirebbero per l'intero corpo sociale.

Non ci sarebbero troppe discussioni sui 'tesoretti' se lo stato italiano introitasse il dovuto come in Svezia o Germania e i conti pubblici e il welfare funzionerebbero a dovere -fatta salva la specificità italiana (la nostra maledizione storica)della cattiva amministrazione e della corruzione.

A destra di quello slogan ne fanno un uso malandrino e in ogni caso menzognero, ma gli è funzionale allo scopo di gettar polvere in faccia agli elettori.

Non credo che i seguaci di Berlusconi e dintorni pagheranno mai tutto neanche se gli facessero pagare meno. Meno di così, poi! Ti sei mai guardato le dichiarazioni dei redditi delle varie categorie? Motoscafisti, gondolieri, per restare in ambito cittadino... (ho un fratello che ha un motoscafo).

Noi pensionati a basso reddito risultiamo dei ricconi, comparandoci e questo ci da dei veri brividi alla schiena e tiene alta l'autostima di contribuenti-principi.

Mi viene in mente quel muro alla Biennale in cui un artista canadese aveva scritto, rovesciandone gli assunti storici, 'no representation whitout taxation'. Quanti elettori dovremmo cancellare dalle liste elettorali se avessimo modo di beccarli in flagranza di evasione storica garantita e impunita da sempre?

E' questione di feeling e di moralità, piuttosto bassa in merito tra le partite iva. Loro preferiscono i condoni tombali e i conti segreti in Lichtenstein e se gli parli di Guardia di Finanza gli scoppiano allergie per tutto il corpo.

Meno di quanto pagano adesso, d'altronde, è davvero impossibile e vergognoso e mi riferisco agli evasori cronici e recidivi e perfino sfrontati e infino stronzi a tutto tondo nel rivendicare l'impunità e l'aver gabbato il loro prossimo e lo Stato dei cittadini.

Se deciderai di non votare sarai in buona e numerosa compagnia, ma è l'avvilimento, comunque, la nota stonata che si accompagna a questa scelta.

Tanto loro, la casta, continueranno a lucrare e godere di ottimi stipendi e pensioni anticipate.

Coraggio! Il sole sorge sempre a oriente e tramonta a occidente e in certe giornate limpide alba e tramonto sono davvero un bello spettacolo tutto da godere.

Se poi c'è la salute, evviva!

Buonissima giornata a te.

martedì 18 marzo 2008

qualcosa di grande


Qualcosa di grande. Le belle vite che si vogliono costruire, i sogni dei bravi ragazzi educati dai bravi genitori di costruire una vita memorabile per le generazioni successive a guardarle col senno di poi si riducono a poco e quel poco perfino soggetto alle opinioni ulteriormente riduzioniste di qualche malnato.
Accadde a M.L.King.
Col suo 'I have a dream' sembrava aver raggiunto l'apogeo di una gloria riconosciutagli per aver dato dignità di popolo eletto ai neri americani, -eletto alla missione impossibile di traghettarli pacificamente verso il godimento di diritti civili uguali per tutti. Una cosa semplice, ma non per l'America e gli americani di allora.
Poi gli spararono e il sogno smise di girare per le menti e per i cuori sopraffatti dal dolore e le strade del riscatto dei neri furono altre e non tutte pacifiche: le pantere nere, i black muslims, la criminalità e le carceri dove i neri erano moltissimi. Fino a Obama – che, peraltro, sembra più un accorto manager di se stesso senza colore di pelle e forse il suo successo alle primarie lo deve proprio a questo.

Qualcosa di grande, in verità, voleva farlo, mutatis mutandi, anche il bravo caporale austriaco che condusse la Germania nel cammino verso il suo Walhalla. Mein Fuhrer, lo osannavano adoranti quasi tutti i suoi correligionari e connazionali, con pochissime e poco conosciute eccezioni.
Grande Germania, grande razza ariana eletta al compito di un Nuovo ordine mondiale fino allo scoppio del conflitto bellico – e mancò poco che lo vincesse colla scoperta, ma tarda realizzazione, dei micidiali missili di Von Braun.
Forse i bravi genitori dei bravi ragazzi delle generazioni future farebbero meglio a instillare nelle menti dei loro figli la realizzazione di qualcosa di medio-piccolo.
Pensare in grande, a volte, presenta qualche piccola controindicazione.

lunedì 17 marzo 2008

lettera aperta a un 'rivoluzionario' (2)


Il tuo sbrigativo cinismo corrisponde allo spirito dei tempi, caro Fire.

La praticità degli scambi commerciali globalizzati fa(rebbe) volentieri a meno degli impacci legati alle leggende religiose e agli ostinati e illogici comportamenti dei 'fedeli' che ne conseguono.

Il Regno che non è di questo mondo ha regole quali la carità, la compassione e la misericordia che lo rendono inviso ai mercanti -cordialmente contraccambiati dal Cristo che li frustava nel tempio e diceva di loro che erano cammelli che non passano per la cruna dell'ago.

Vero è che le leggende religiose ci impastoiano sul versante della scienza, rallentando gli esperimenti di noi semidei proiettati verso i nuovi approdi della Galassia e oltre, ma non durerà troppo a lungo.

Il Fato degli uomini è quello intravisto da Prometeo che diede loro il Fuoco e la passione di governo delle cose del mondo che ne consegue che ci fa dimenticare gli dei.

Il Regno che non è di questo mondo sarà quello delle astronavi che solcheranno la materia oscura e renderanno agli avi nostri la memoria e il godimento di una eternità virtuale più credibile e realizzabile di quella leggendaria e di fantasia medievale descritta nella valle di Giofasatte e dintorni.

Leggiti, al proposito, il bel libro di J. Tipler 'la fisica dell'immortalità'.

Resta il fatto che ti manca il senso estetico e del mistero. Quello che reggeva la civiltà tibetana e i suoi rituali mistici millenari e oggi non è più grazie ai bastoni e ai fucili dei gendarmi cinesi.

Non sono sicuro che il mondo del futuro saprà fare a meno del fascino del mistero e del senso estetico che me consegue(iva).

Abbiamo(avremo) bisogno di una zona oscura dove recedere coi pensieri e ritrovare l'amnio caldo della madre preistorica.

Non tutto della nostra psiche è 'ratio' e luce degli scambi mercantili che danno forma rigida e ostica e crudele alla postmodernità.

Ci consentiremo delle confortanti immersioni nel passato, noi semidei del cosmo prossimo venturo, forti delle conquiste raggiunte nelle magnifiche sorti e progressive e le diremo necessarie perchè senza l'ausilio della memoria scompaiono i sogni.

Ricordi quel che chiedeva Hal, il megacomputer ribelle di '2001 odissea nello spazio' prima di spegnersi? 'Sognerò?'

Sogneremo, Fire, anche nel futuro delle astronavi e i monaci tibetani e la loro civiltà scomparsa avranno parte attiva nei sogni nostri e nel mistero che li anima.

sabato 15 marzo 2008

civiltà scomparse (Tibet)

Ti manca una visione estetica, Fire, e religiosa.

Di quella religiosità indefinita che ti fa guardare al mistero degli altri con serena coscienza delle piccolissime (e talora misere) cose che fanno il nostro mondo interiore, ma delle straordinariamente affascinanti che ci stanno intorno e definiscono la meraviglia del mondo.

Se tu avessi viaggiato nel Tibet prima dell'occupazione cinese ne avresti tratto suggestioni incomparabili con qualsiasi altro aspetto del mondo. Ci sono libri e immagini che potrebbero dartene un misero riassunto (per il poco che ci resta) -se solo lo volessi.

Le rivoluzioni hanno di 'buono' la tabula rasa rivolta al futuro, ma dubito che sia(arà) un buon futuro, dati i metodi e gli oblii che ne conseguono per le civiltà millenarie che riabilitiamo anni più tardi per il tramite dell'archeologia e dei 'patrimoni culturali da conservare' (quando ormai non ve n'è più traccia).

Non di solo pane e denaro vive l'uomo.

Fossi in te, non trascurerei di considerare anche quell'altro mucchio di rovine che sono oggi i castelli in aria del socialismo delle origini -buona ultima l'Urss, naufragata nel mare aperto e burrascoso dei nazionalismi di ritorno e del trionfante capitalismo selvaggio.

Queste ultime (rovine) sono senza dubbio meno affascinanti e spritualmente intriganti di quelle della civiltà tibetana ormai defunta.

Abbraccione.

giovedì 13 marzo 2008

maddechè, aho!


No, davvero non è un paese per vecchi, questo che abitiamo. I vecchi hanno memoria storica, ricordano un tempo in cui vivere era bello, di solito quello della loro gioventù, beata gioventù, dove il male di vivere si disperdeva nelle opportunità e nei desideri e nel fitto intreccio degli incontri e degli inviti.
Le storie nuove del nuovo mondo paiono desiderabili solo agli sguardi freschi e carichi di futuro e della pazienza necessaria a metabolizzarlo e farlo proprio.
Chissà, forse qualcuno troverà divertente e buffo tutto questo pubblico trillare di telefonini nelle saccoccie e sciorinare di storie private (alcune davvero sconcie, stupide, noiose), e tutti a parlare impudicamente ad alta voce negli autobus, incuranti di quel che pensano i poveretti che tengono un giornale o un libro in mano e li hanno a tiro d'orecchie e sbuffano e levano gli occhi al cielo per quell'insignificanza universale ammannita per le vie eteree pel solo sollazzo dei gestori delle schede.
E' certo che se avremo crescita zero questa non riguarderà la tim o la wind e le consorelle che gli van dietro o avanti. La chiacchera in questo paese ha grandissimo mercato, tira maledettamente, qualunque cosa si dica, meglio se stronzate o bugie.
Imbonitori di tutto il mondo unitevi, promettete tutto a tutti; se la stagflazione è alle porte fregatevene, imputate la colpa al governo che vi ha preceduto, un sacco di suonati vi crederà.
Hanno creduto alla dicci, al psi, al pri, al pli, crederanno a Giovepluvio, al Gattoelavolpe e al figlio di Satanasso, basta che li si lasci parlare, parlare, parlare.
Talk shows, realities, telenovele, sogni di bassa lega purchè sogni ad occhi aperti e i centri cerebrali rigorosamente chiusi.
E il giorno dopo eccoli/e a fare il riassunto all'amica via cellulare mentre si guida la macchina o si sta attaccati alla stanga del tram. L'insensatezza e la stolidezza universali come biglietto da visita del presente e del futuro.
Prendete quel tale che ha scelto per la sua campagna elettorale lo slogan 'rialzati Italia'.
Ma da dove? Era caduta, la povera Italia? S'era fatta male? Non mi consta.
Gli indici economici, certificati dall'Europa, sono soddisfacenti, i conti pubblici in ordine.
Bugie come slogans elettorali in spregio assoluto dell'intelligenza delle persone.
Avessero detto 'consumate meno, differenziate tutto e tenete pulito il vostro paese di residenza e la regione come fanno in Austria e in Svizzera', li avremmo capiti.
Non giustificati, ma capiti, questo si.
E da quale abisso mai dovrebbe rialzarsi il Belpaese? Quello della vergogna che dovrebbe affliggere i visi ridicoli mandati in video dal Padrone-di-denari a raccontare le stupide solfe di sempre, senza mai una virgola fuori posto, un aggiornamento minimamente intelligente, il dubbio salutare di dire cose avvilenti e sfrontate?
Rialzati, Italia. Maddechèaho?

martedì 11 marzo 2008

lettera aperta a proposito di laici e teodem

'il Papa fa bene il suo mestiere che è quello di predicare i valori cristiani....'

Il papa fa anche altro, Mary, molto altro.

Afferma i suoi pretesi valori, ma lo fa dall'alto (un preteso 'alto') di una 'infallibilità' mostruosa non solo per l'apoditticità dei principi e delle 'rivelazioni' basiche e delle leggende religiose -spacciate per 'verità' assolute e da difendere 'manu politica' et 'manu mediatica' su cui fondano un cammino e un comportamento.

Passi, se quel cammino e quei comportamenti sono condivisi solo da chi ci crede in assoluta libertà di scelta. Viva la democrazia in questo caso e il loro diritto a dire per il quale noi laici sinceri ci spendiamo a favore di un diritto ovvio e di un riconoscimento.

Ma l'aver dato il dito e veder prendersi il braccio e poi l'intero corpo sociale con una martellante campagna mediatica di rabbiosa rivalsa di quei 'valori erga omnes' è la storia italiana degli ultimi decenni. Per questo plaudo all'Europa: per aver ridimensionato le pretese di universalità e infallibilità e aggressività mediatica e politica dei fautori di un 'papato' di ritorno -sia pure sotto veste di 'valori' e di 'moralità' a senso unico, il senso 'cristiano'.

Nella battaglia che i cattolici hanno combattuto anni fa contro il divorzio e l'aborto, in questione non c'erano solo i valori da predicare alle soavi e indifese pecorelle, bensì una battaglia di 'civiltà' (cattolica) da imporre a tutta la società e all over the world, se dobbiamo prendere ad esempio da esecrare gli estremisti sedicenti cattolici che sparavano contro i medici abortisti e minacciavano di morte le donne che andavano a partorire.

Quando sento parlare di Verità, metto mano alla pistola, diceva un noto comico e tu ben sai come in passato per le Verità contrapposte si sia messo mano alle spade e alle lance e ai coltelli e si sono accesi fuochi immensi sotto ai piedi degli eretici, degli scismatici e delle pretese 'streghe' e 'maghi'.

Ascoltavo giusto ieri sera, alle dieci, su radio tre, l'intervista di Odifreddi a Galileo e la ricostruzione della sua abiura -devastante per il fragile cammino della scienza di allora e per le pretese di infallibilità della Chiesa nei secoli dei secoli.

E' in quel punto della storia e di fronte alla figura fragile di un uomo di scienza -che la Chiesa trionfante schiacciava sotto il suo sandalo feroce e stupido, minacciandolo di morte- che comincia la storia della Chiesa umiliata nei suoi assunti di universalità e nelle sue pretese di Verità.

Umiliata 'oggettivamente' dagli impianti teorici delle sue fragili leggende religiose che mostravano come il 're' ecclesiastico fosse miserabilmente nudo e la foglia di fico con cui nascondeva le sue vergogne era (è) la virulenza delle sue minacce di inferni e punizioni divine e umane ( allora il fuoco; oggi il fuocoefiamme dei teodem e degli atei-devoti in politica) - scioltesi come un mucchio di neve sporca al sole della modernità e postmodernità.

Con tali trascorsi il ricorso alla parole 'di verità' oggi dovrebbe essere quantomeno cauto, dosato, sommesso, dubitoso. E invece è esplosivo, aggressivo, roboante, - come le affermazioni pubbliche a microfoni e telecamere riunite di un arcivescovo-non-so-chi in Spagna avverso all'affermazione elettorale e politica di Zapatero.

La Chiesa torni alla sua testimonianza di fede e lo faccia nel modo sommesso e cauto e sereno (ove possibile) di chi ha alle spalle molte cose da farsi perdonare -in primis la fragilità delle sue leggende che continua a spacciare per 'verità' divine'.

Niente campagne politiche, per favore, niente dichiarazioni sui salari e su tutto il verbo della politica dei cittadini e di un stato per nostra fortuna laico e da laicizzare vieppiù.

A Cesare quel che è di Cesare e se ambite all'azione politica smettete il saio e il clergyman e candidatevi alle elezioni comme-il-faut: da cittadini di questa repubblica e non in veste di rappresentanti di uno stato estero e di un Regno che non è di questo mondo, ma pretende di assoggettarlo a forza 'manu politici' e 'manu mediatica'.

Abbraccione.

domenica 9 marzo 2008

le mille forme del mondo



Il mondo ha mille forme e mille indirizzi e tendenze. Alcune fondamentali, come quella relativa alla freccia del tempo che va in una sola direzione. Così dicono gli scienziati, ma il dubbio alligna e disturba il pensiero di nascoste 'magnifiche sorti e progressive' cui siamo (saremmo) destinati.
Nella realtà dei giorni siamo alle prese piuttosto colle asfittiche cose e i comportamenti dell' homo sapiens ai suoi inizi -quando ancora si disputava i territori più favorevoli alla vita coi 'neandertalensis' infine estinti.
Le tribù diverse ancora guerreggiano e si uccidono colla crudeltà ferina dei progenitori.
Le religioni, buffamente, estendono il loro imperio culturale all over the world e condizionano pesantemente le menti dei fedeli colle ingenue fantasie di dei alati o unici dei sconosciuti -nell'aspetto e nelle attitudini ed eventuale provvidenzialità- piazzati in zone strategiche di là della ionosfera.
Che fanno/fa gli dei o l'unico Dio pancreatore in quella zona di materia oscura rarefatta e fredda 'che fai tu luna in ciel, dimmi che fai...'?
Forse intercettano le anime dei defunti con una reticella e le radunano a gioco per un collettivo giudizio (Giosafatte) di idoneità al Regno che 'non è di questo mondo' -buoni di qua, cattivi di là, Ferrara spostati che lì ci devo mettere i cinesi.
Credo che ci sia molta più intelligenza nella Creazione e chiarore di Luce di quella espressa dalle varie leggende religiose fin qua; credo che chiudere gli occhi in serenità senza troppo sforzarsi di capire -quando si farà quell'ora- sia la risposta più sensata e 'intelligente' che si possa dare.
Un Dio d'amore universale -quello che scompagina i nostri sogni e i desideri e il bene e il male che li abitano- sa perché 'dare al sole' e 'reggere in vita /chi poi di quella consolar convenga'.
Quel Dio delle fantasie nostre fragili sa ben dire di suo e in perfetta autonomia e ironia e bonomia provvidente i perché de 'l'aria infinita e quel profondo / infinito seren... (...) e della stanza / smisurata e superba / e dell'innumerabile famiglia / poi di tanto adoprar, di tanti moti / d'ogni celeste ogni terrena cosa / girando senza posa / per tornar sempre là donde son mosse...'
Abbiamo ragione di credere (plurale maiestatis) che ci sarà perfino una risposta al perché Satanasso possa piazzare i suoi uomini più fidi in campagna elettorale e spaventarci che tornino a governare le misere cose di noi uomini relegati nell'oscura preistoria del secondo millennio.

venerdì 7 marzo 2008

quei prodi delle caverne nostre preistoriche

L'orrore del mondo violento sono le immagini di esultanza dei palestinesi che festeggiano con danze e grida la morte dei ragazzi ebrei falciati da un loro prode votato alla vendetta della Jihad e sicura morte. Non diversamente festeggiavano le tribù della giungla amazzonica al ritorno dei prodi mandati in spedizione punitiva contro la tribù avversa.
Le caverne del nostro sgomento preistorico e tribale sono così vicine a noi -malgrado la televisione, malgrado internet e i cellulari- da farci dimenticare le stelle a cui siamo destinati come umanità senza altri aggettivi e connotazione di nazionalismi assassini.
Qualcuno dirà -ed è orrore anche maggiore- che nessuno in Israele si è curato di denunciare al mondo la morte dei civili palestinesi colpiti dalle rappresaglie dell'esercito israeliano in azione a Gaza.
Contrapporre i due volti terribili dell'orrore e della violenza senza aspirare a una soluzione: a un pensare ed agire diverso delle diplomazie in vece degli eserciti è la trappola mentale che ci imprigiona (loro e tutti noi) come le due ganasce di una tagliola per orsi.
Così l'eccidio reciproco si perpetua senza che un'alba nuova annunci la fine dell'orrore e del martirio di questi e di quelli.
Vedere i volti di quei ragazzi palestinesi in festa, la soddisfazione ferina dipinta in facce umane, sventolata per strada con le bandiere del maledetto nazionalismo che occlude le menti e asfissia i pensieri larghi di un futuro diverso e migliore fa cadere le braccia e la speranza, dice che ogni crudeltà passata si specchia nella inevitabile futura: dall'olocausto hitleriano a questa sua nemesi spaventosa ripetuta nei giorni, mesi, anni, di una convivenza avvelenata, mille volte maledetta da una parte e dall'altra.

giovedì 6 marzo 2008

tollerare le forme del mondo diverse

Che cosa fissa la fantasia di un artista sul pensiero che produrrà una determinata opera -quella e non un altra delle molte che affollano la sua meravigliosa scatola cranica?
Ho visto molte mostre nel corso del 2007 e una, la Biennale, che è una somma di molte e davanti a ciascuna opera mi ricorreva questo interrogativo.
Tinguely, già avanti in età, che continuava a scalare con brava attitudine alpinistica i suoi grovigli di tondini di ferro che crescevano magicamente sotto ai suoi piedi e costituivano l'accenno di una mano, ma poi un viso, composto di molti congegni meccanici: macchine non funzionanti e perfettamente inutili se non per l'esaltazione dell'idea di forma che avrebbero espresso al loro apogeo -quando l'inquieto artista avesse deciso di non farla crescere più, di fermarla, fissarla.
E quell'altro, un francese anonimo, che in un video proiettava sulla parete sgranata di un muro dell'Arsenale l'ossessione di una giornata tempestosa: correre di nuvole con lo sfondo di una mareggiata atlantica e, in primo piano, su una terrazza deserta, le sapienti evoluzioni di uno skate-boarder, avanti e indietro sotto il tambureggiare della pioggia e il soffiare del vento, incurante degli elementi avversi.
L'idea artistica è prossima ai sogni nostri, alla loro insensatezza apparente, ma densa di significazioni simboliche che ci inquietano.
Quando, in certe giornate, l'ennui, la noia esistenziale si impadronisce del mio animo, mi reco nel vicino museo Correr e ri-osservo la sfilata di quadri esposti soffermandomi su quelli che meglio esprimono l'inquietudine della forma del mondo sempre cangiante.
Molti di quegli artisti soffrirono di turbe psichiche e alcune opere ne sono la rappresentazione sofferta e geniale. Tollerare il mondo così com'è avendo dentro la fiammella del divino che pretende di ri-dare forma alle cose e ai visi di chi ci passa accanto può essere un'intollerabile peso a volte e il rifugio in una pretesa pazzia il riposo necessario dopo tanto bruciare.

martedì 4 marzo 2008

i felini e la giungla

'A scuola nella giungla per sopravvivere in città.' titolava ieri un settimanale. 'E' una giungla', si dice di quelle realtà sociali in cui la competizione è forte e di nessun aiuto è l'uomo (e la donna) al suo prossimo bisognoso.
Vi è chi della giungla ha fatto la sua casa, il suo riparo, il suo habitat vitale e vi trascina le sue prede e le imprigiona e le ferisce e le annichila colla tortura dello 'snaturamento'.
Succede alla Betancourt, candidata alla presidenza dello stato colombiano e ridotta a larva umana, snaturata dalla sua condizione di cittadina, ricca, affermata -vita esemplare al punto da proporsi quale guida e capo di una nazione.
Ha pagato carissimo il suo azzardo di girare senza scorta adeguata, felice di immergersi nel fatidico 'bagno di folla' che la politica esige come battesimo e cresima del combattente 'per la libertà'.
Mai dimenticare i felidi nascosti nel folto della vegetazione, se si vive in una giungla -sia pure urbana- e i felini delle Farc hanno teso l'agguato e catturato la preda più ambita.
Avrebbero avuto maggior seguito e 'simpatia' se l'avessero liberata dopo breve clausura -come si era suggerito di fare alle nostrane BR con il prigioniero Moro.
Un segnale di potenza e di magnanimità che le avrebbe titolate di antagonisti capaci sul campo e di cervello politico extrafino.
Hanno deciso, invece, di protrarre la tortura fino al nonsenso, fino a mostrarsi senza cuore e cervello e di ieri è la notizia che l'America è tornata a immischiarsi di brutto dei fatti centro-americani – convincendo il presidente colombiano a un'azione di controguerriglia per fermare l'incombente evento mediatico della liberazione della Betancourt.
Per quest'ultima -prigioniera giunta ormai allo stato terminale- è un'agonia intollerabile, per l'area geopolitica interessata un subbuglio capace di detonare in guerre guerreggiate tra stati e regimi diversi.
Liberare la Betancourt adesso -dopo la disastrosa azione militare dei colombiani- è per le Farc un segno di debolezza, un accusare il colpo ricevuto.
Dopo tutti quegli anni, la questione Betancourt era solo una questione umanitaria che commuoveva il mondo. Dopo l'intervento degli intelligentissimi 'strateghi' americani in Colombia è tornata ad essere oggetto di scambio politico dei più biechi e politicamente contorti.
Quando si dice 'muoversi come un elefante in un negozio di cristalli'.

domenica 2 marzo 2008

i miracoli di internet-filicudi e le storie nuove

I miracoli della navigazione in rete. Leggi un articolo di Panorama.it e ti accorgi che viaggi nel tempo. Una tale scrive della sua isola, Filicudi; ne scrive a proposito di una vecchia polemica, sulle nuove case dei nuovi ricchi e la nuova vita che ne è scaturita in quella che anche per me era l'isola nuova, strana, ma di quando avevo vent'anni e ci andavo al seguito di quella che poi sarebbe divenuta mia moglie.
Davvero un'altra storia, il salto di due generazioni, e il sole non è più lo stesso, i tratturi sul monte sono un'altra cosa, il vento non accarezza più la pelle allo stesso modo, le vecchie botteghe dal disordine assassino e con gli olezzi intensi di capperi e di pesce sono ancora nello stesso luogo, ma sono diventate altro.
'Qualcuno è vivo, per fortuna, / qualcuno è morto...' dice il verso di una canzone di Francesco.
Forse solo il cimitero sulla sommità del monte ha ancora lo stesso respiro di mare e di vento che mi commuoveva e le tombe con le erbe disseccate che mormoravano le storie di un'altra generazione fuori delle lapidi. Un'epigrafe di prima della grande guerra -quasi un racconto- diceva di una ragazza bella come una pesca intocca e la sua straziante malattia e il suo piangere inutilmente l'addio alla vita e l'amore del fidanzato 'per sempre fedele'.
Non era l'isola in bianco e nero de 'La terra trema', ma poco ci mancava.
La vecchia nave male in arnese che partiva da Milazzo, stipata di residenti che si riconoscevano e si raccontavano in siciliano stretto, il rollo -la grande barca a remi che accostava sotto bordo al largo, perché non c'erano i moli che consentivano l'attracco- e il grasso pescatore cordialone che abbracciava e baciava i miei suoceri come fossero parenti suoi.
I colori delle diapositive sono ormai sbiaditi, ma nel ricordo vividi e fragranti degli odori del rosmarino e del pesco in fiore dietro la casa di famiglia.
Adesso ci camminano i 'viaipì' per quei tratturi che mi vedevano antropologo in erba recarmi col registratore nello zaino a trovare za' Santuccia, una novantenne che si era svincolata dalla stretta troppo amorosa dei parenti australiani ed era tornata a vivere sull'isola e per morirci.
Registravo i suoi racconti e mi beavo della sua aria svagata e dell'espressione ilare di chi si diceva stupita di quell'interesse strano di un giovanotto che doveva aver altro da fare che ascoltare le storie dei vecchi.
'Vai, adesso, tua moglie ti aspetta..' e rideva e mi faceva sciò con le mani e stringeva le mie che tenevano il sacchetto dei capperi raccolti '...con le mie dita'.
So che non si deve mai tornare nei luoghi della propria privata poesia del vivere.
Non sono più gli stessi e ti fanno sentire vecchio e stanco di tutto quest'andare e mutare dei tempi e delle voci delle persone nuove e delle case degli emigranti vuote che accarezzavi collo sguardo - oggi restaurate e dall'aspetto alieno.