martedì 26 gennaio 2010

se una notte d'inverno...

Se una notte d'inverno, nel chiuso di un imbarcadero, al freddo, ascolti il dialogo di una madre con la sua bambina e, intabarratti e incappucciati, tutti i passeggeri in attesa sorridono a quell'incanto e, lento, nel mezzo buio del largo canale, il vaporetto fende l'onda e si avvicina e sullo sfondo occhieggiano le luci dei lampioni e le sagome dei palazzi si specchiano oscure sull'onda appena smossa, hai l'intuizione commovente che una residua poesia di vivere si può cogliere in una siffatta città- malgrado il Carnevale sia vicino e questo incanto scomparirà nella ressa e nell'ammassarsi volgare dei grandi numeri di anonimi turisti colle loro maschere improbabili e tutto l'armamentario commerciale che gli va dietro.

Meriterebbe davvero di più questa città di speciali incanti di un nano megalomane che si compara a una ballerina e dice di sé che è 'la Cuccarini' di tutti gli italiani e ti rendi conto con amarezza di quanto sia caduto in basso il livello medio della sensibilità 'democratica' se un tale personaggio da tre palle un soldo può impunemente presentarsi sugli schermi a rivendicare la primazia e la coazione a ripetere le stupidaggini delle televisioni commerciali sul verbo ragionato della politica dei cittadini e i sondaggi lo accreditano di vincere col 58 per cento dei suffragi.

E' davvero un epoca che si chiude: l'epoca della decenza, delle parole misurate, della pacatezza del verbo politico e ti viene perfino nostalgia delle 'convergenze parallele' dei tempi di Moro e della DC e al suo posto abbiamo il Re dei Saltimbanchi con le sue veline e putta-ne e il codazzo dei maggiordomi e i 'portavoce' e anche il nano che allieta i banchetti di corte e ti muove una segreta pietà solo perché intendi quanto deve aver sofferto per quella sua condizione di minorità fisica, - ma per uscirne, per riscattarsi, non trova di meglio che spararle grosse, lanciare i suoi sputi al cielo e di sé e della sua corsa a sindaco/ministro dice che porterà 25 miliardi alla città come sua dote personale e ha facile gioco il suo avversario a chiedergli se è questo il modo di amare la città e volere la sua grandezza : di considerare la soddisfazione dei suoi bisogni primari di residenzialità e lavoro e le necessarie opere idrauliche come un dono privato. Hanno privatizzato lo Stato questi malnati: è 'cosa loro' e 'quei soldi ve li procuro solo se mi eleggete'.

E pazienza se sono le solite fanfaronate dei periodi elettorali buone per il popolo bue sempre ottusamente speranzoso e immensamente paziente.

D'altronde quella del ministro è una coazione a ripetere: gli hanno insegnato così negli avvilenti convegni di partito, li 'hanno disegnati così' come i fumetti : fanfaroni e maramaldi e la finanza pubblica è 'cosa nostra' e la promettiamo solo a fini propagandistici - e fino ad oggi e per anni Cacciari ha lamentato i tagli nei trasferimenti agli enti locali e mandato a dire in tutte le sedi istituzionali la sua (e degli altri Comuni d'Italia) impossibilità di garantire una raccolta-rifiuti degna di questo nome e i dolorosi tagli alla spesa sociale per garantire la quale fin qui si sono venduti i palazzi, i gioielli di famiglia.

Ma già: il popolo bue berlusconian-leghista ha un vivo senso pratico. Il collegamento sindaco/ministro lo convince di più e della questione morale che si pone di garantire ad ogni città il suo fabbisogno finanziario e una corretta ed equa gestione dei fondi e dei trasferimenti statali dice che è una questione di lobby e di santi in paradiso e di secessioni minacciate e di fucili.
E se il nano garantisce qualche miliardo aggiuntivo elemosinato con una piroetta magistrale nel corso di un banchetto di corte, evviva!

Panem et circenses. Così vanno le cose nella Beozia rediviva del ventunesimo secolo.

lunedì 25 gennaio 2010

bambini degli uomini

Il film non è un granchè: una storia di enfasi catastrofiche come tante altre se ne son viste al cinema, ma propone riflessioni non banali su quanto temiamo di perdere nel prossimo futuro e sulla 'pietas' rivolta a ogni essere vivente che tutti dovremmo condividere perché ne va del futuro condiviso e proiettato sulle aspirazioni universali del genere umano.
Parlo di 'Children of men' che trovate in cassetta dopo un passaggio sugli schermi oltremodo veloce e di più non meritava.
Tuttavia il film pone al centro la questione della maternità e della riproduzione e una catastrofe biblica si è abbattuta sugli uomini e le donne del pianeta e da oltre diciott'anni non nasce un bambino che sia uno e quando accade è uno stupore che ferma le guerre e gli orrori che si sono scatenati tra ricchi e poveri del pianeta e la prescelta, la nuova Madonna Nera, viene sfiorata con le dita dai combattenti di entrambe le fazioni al suo passaggio come un'icona sacra: una dea madre che ritorna, la Speranza che riaffiora di avere futuro come umanità complessiva.

Non moriremo, forse non ci estingueremo e sarà la Pietà a salvarci e in un altro passaggio del film si mostra come sia stato salvato da distruzione certa il David di Donatello (sia pure con un arto mancante) a causa dei conflitti esplosi per ogni dove nel pianeta, ma, emblematicamente, non la Pietà di Michelangelo, appunto, perché 'pietà l'è morta'.

Accadrà? Può accadere?

Il contesto del film è quello di un mondo che si 'incarta' sulle proprie tragedie, sulla mancanza di pietà e capacità di mediare e risolvere i conflitti globali: niente di più probabile a giudicare da quanto sta avvenendo da qualche decennio a questa parte. Esattamente dall'89: anno in cui crolla il muro di Berlino e comincia la stagione dell'immigrazione dai grandissimi numeri incontrollabile, dell'invasione dei 'nuovi barbari' - e i 'ricchi' occidentali si chiudono a riccio e cercano di salvare l'impero (economico) e la cultura dell'occidente dal meticciato, dal 'nuovo inizio' di quello che ci pare di vivere come un Medioevo di ritorno, una fine-secolo ( e inizio millennio) bui e privi di prospettive luminose e dove i colori sono 'le grida di dolore della luce' come scriveva il Poeta.

Meditate, gente, meditate.

(….e posso avere tutto, ma se non avrò amore io sarò nulla. - Paolo di Tarso )

sabato 23 gennaio 2010

la crisi e il ritorno agli anni ottanta

di Vladimiro Giacché*


La notizia è di fine dicembre, e la maggior parte dei giornali l’ha confinata in poche righe. Ma avrebbe meritato maggiore attenzione: il servizio studi della Banca d’Italia, in una ricerca sulla crisi internazionale e il sistema produttivo italiano, ha fatto piazza pulita di tutte le fandonie di questi mesi sulla presunta buona tenuta della nostra economia. Con queste parole: “Rispetto ai massimi toccati all’inizio del 2008, nel secondo trimestre dell’anno in corso l’indice della produzione ha segnato una diminuzione cumulata prossima al 25 per cento, con il risultato che, nella scorsa primavera, il volume delle merci prodotte si era riportato al livello della metà degli anni Ottanta. Nella media dell’area e nei suoi principali paesi, il calo è stato inferiore. Misurato in termini di trimestri persi, cioè di quanto indietro nel tempo sono tornati i livelli della produzione, la maggiore gravità della situazione italiana risulta evidente: i 12 e i 13 trimestri di Francia e Germania si confrontano con i quasi 100 dell’Italia”. I trimestri perduti sono per l’esattezza 92: la produzione a metà 2009 si è quindi attestata agli stessi livelli del secondo trimestre del 1986. Fanno 23 anni: non abbiamo perso il lavoro di una generazione, ma poco ci manca.
Un primato poco invidiabile, reso possibile dal fatto che in Italia la crisi è arrivata dopo un lungo periodo di stagnazione, databile dalla seconda metà degli anni Novanta. Cioè da quando sono finite le svalutazioni competitive che periodicamente rianimavano le esportazioni italiane (l’ultima è del 1995). A questo punto le imprese avrebbero dovuto cambiare gioco, puntando sull’innovazione di prodotto e soprattutto di processo. Hanno preferito premere l’acceleratore, più ancora che in passato, sugli altri due pedali tradizionalmente adoperati: il basso costo del lavoro e l’evasione fiscale. Solo così si spiegano i dati apparentemente contraddittori esibiti dall’economia italiana in questo periodo. Da un lato la produttività del lavoro ha un andamento pessimo (scende all’1,7 per cento negli anni 1992-2000, ed è addirittura nulla dal 2000 al 2008), e il Prodotto interno lordo ristagna: negli anni 1999-2009 la crescita complessiva è stata appena del 5,5 per cento, mentre i paesi dell’area dell’euro crescevano in media del 13,5 per cento. Dall’altro, i profitti non solo tengono, ma crescono: dopo il 1993 sono aumentati per tutti gli anni Novanta, sia in percentuale del Pil sia come quota sul valore aggiunto, e lo stesso è avvenuto anche nei primi anni Duemila.
Come è possibile? In un solo modo: attraverso un gigantesco trasferimento di ricchezza a danno dei salari. E infatti negli ultimi venti anni in Italia il valore degli stipendi rispetto al Prodotto interno lordo è crollato del 13 per cento (contro un calo dell’8 per cento nei 19 paesi più avanzati). Oggi le buste paga italiane sono scivolate al posto numero 23 (su 30) nella classifica dei paesi più industrializzati dell’Ocse, e risultano inferiori del 32 per cento rispetto alla media dell’Europa a quindici.
A questo va poi aggiunta un’evasione fiscale da guinness dei primati, ben testimoniata dai 95 miliardi di euro appena condonati al prezzo di un obolo del 5 per cento. In 10 anni, siamo già alla terza amnistia fiscale (solo all’estero però la si chiama così: in Italia, regno degli eufemismi, si preferisce parlare di “scudo fiscale”). Ed è grave. Perché, anche se di rado ci viene rammentato, l’evasione fiscale non è soltanto una vergogna (e un reato), ma è anche disastrosa dal punto di vista economico. Amplifica le disuguaglianze sociali, rende impossibile affrontare il problema del debito pubblico e distorce la concorrenza. Ma soprattutto perpetua un handicap storico del nostro sistema produttivo: il nanismo delle imprese. Sino a non molto tempo fa impazzava la retorica del “piccolo è bello”, delle piccole imprese capaci di sfidare le leggi dell’economia facendo a meno delle economie di scala.
La verità era ed è un’altra: in Italia in molti casi il consolidamento industriale che sarebbe stato necessario è stato evitato grazie a quel particolare abbattimento dei costi di produzione rappresentato proprio dall’evasione. Imprese che sarebbero state fuori mercato se avessero pagato le tasse, si sono autoridotte questo costo e così sono riuscite a fare profitti (perlopiù poi non investiti nella produzione, ma dirottati sul patrimonio personale dell’imprenditore). Tutto questo ha concorso a far scivolare il nostro sistema economico verso una frontiera competitiva arretrata, imperniata sulla competizione di prezzo, anziché sulla qualità e sul contenuto tecnologico dei prodotti, in concorrenza con i paesi emergenti e di nuova industrializzazione: una battaglia persa in partenza. È qui che va ricercata la radice della stagnazione economica del nostro paese e della batosta economica che si è profilata nei primi anni del nuovo secolo, quando la riduzione dei dazi all’importazione di molti prodotti ha messo fuori mercato numerose nostre produzioni. È su questo spiazzamento competitivo che la crisi mondiale iniziata nel 2007 si è innestata, infierendo ulteriormente.
Sarebbe urgente invertire la rotta. Si sta facendo il contrario.
*economista e partner di Sator spa

venerdì 22 gennaio 2010

migrazioni,biodiversità,culture.popoli


Le tue riflessioni e radicate convinzioni sulla biodiversità che va a morire sono stimolanti, caro Zarco. Uno sguardo a volo d'uccello sulla storia passata ci dice, però, che la bio diversità e le diverse culture dei popoli non hanno cifra uguale e fissa nel corso dei decenni e dei secoli.

E' una perenne mutazione che in alcuni casi mantiene una linea di riconoscimento etnico-culturale e biologica lungo i decenni e in altri casi, invece, il panorama muta del tutto ed è un 'nuovo inizio' che non sappiamo dove ci porterà e quali nuove mutazioni annuncia. Ed é davvero difficile contrastare le mutazioni indotte da eventi della storia a volte radicali e crudelissimi, come nel caso di invasioni di popoli barbari che distruggono gli imperi consolidati e fieri e superbi.

Ricordi il 'nuovo inizio' delle tribù maya massacrate e i sopravissuti che vagavano nelle foresta primaria del film 'Apocalipto'di Mel Gibson? E il finale di quel film introduce a quell'altra radicale mutazione della bio diversità dell'intero continente delle due Americhe perchè il protagonista invitto e in fuga disperata viene 'salvato' miracolosamente dall'apparizione delle famigerate tre caravelle - che sappiamo essere l'incipit di uno sterminio anche maggiore, di un olocausto ante litteram.

Dunque la storia umana è storia di continue mutazioni e, seppure le nostre generazioni ultime, hanno conosciuto lunghi decenni di stasi e non belligeranza e sviluppo economico e culturale invidiabili, la caduta del muro di Berlino ha inaugurato un'era di nuove invasioni e migrazioni oceaniche di difficile contrasto e governo e assimilazione o multiculturalità - secondo le preferenze e gli indirizzi politici di questo o quel gruppo sociale o di partito.

Sigillare le frontiere? Ricacciarli a forza? Lo stiamo facendo ma quelli, ostinati, ci riprovano, ritornano: gli stessi o le nuove ondate di profughi sopravissuti a guerra, dittatura e persecuzione relativa, povertà e fame e che auspicano per sè e i loro familiari un 'nuovo inizio' in un luogo diverso e migliore.

Tu affermi che è necessario negarglielo - lo impone la salvaguardia della residua cultura dell'italianità e, a parte la difficoltà che ho a mettere a fuoco i caratteri precipui e distintivi dell'italianità bella e positiva che si vorrebbe salvaguardare, compì anche tu il tuo personale 'atto di forza' e li respingi e ti dici favorevole al verbo leghista (relativamente a questa sola questione).

Beh, mi piacerebbe che tu andassi a vedere 'Welcome' il bel film di Lioret in qualche cinema della tua città dove lo programmano e mi raccontassi poi che genere di emozioni ti ha suscitato.

Anche le emozioni dicono (dovrebbero dire) il futuro e non dovremmo negare loro l'accesso nel nostro animo. Stammi benissimo, galantuomo.

mercoledì 20 gennaio 2010

il far west e la storia col passo del gambero


Dove eravamo rimasti? Ah si! 'E' un complotto!', 'I giudici sono tutti comunisti!', 'Non posso andare in aula a Milano perché li mi aspetta il plotone di esecuzione. Lo dicono i miei avvocati'.

Sarebbe perfino divertente questa follia se non fosse collettiva, se non rispecchiasse il 'comune sentire' della folla dei malnati e delle partite iva e gli annessi beoti televisivi di ogni risma che lo votano e lo osannano e 'menomalechec'è' e sventolio di azzurre bandiere.

In realtà c'è del metodo in quella follia, in quel suo mantenere il tono dei proclami del condottiero di una guerra dei vent'anni e l'imposizione fatta ai suoi dipendenti parlamentari e i portavoce di ripeterlo stupidamente fino all'estenuazione e all'esasperazione e fanno le prove davanti alla telecamera per curare i ghigni giusti, le smorfie di finta indignazione e/o di partecipata emozione (come fa Bondi - che gli dedica perfino le poesie e forse sogna di trasformarsi in una puella e pagherebbe per godere delle intime carezze a loro riservate 'nel lettone di Putin').

E' il metodo dell'assediante che intende espugnare le cittadelle meglio difese e dalle mura alte e forti e ri-costruisce le sue macchine da guerra dopo ogni assalto vano e lancia il fuoco greco di là degli spalti e intanto sogna di prenderli per fame, gli assediati, e per sonno, perché anche di notte incarica i suoi cantori di battere le grancasse e recitare le somma delle litanie idiote contro la Costituzione, i giudici, Fini e i suoi, il presidente Napolitano, ecc. ecc.

Finiremo per capitolare e dargliela vinta e pazienza per la giustizia - tanto non funzionava per niente e di vivere senza più giudici e avvocati tra i piedi sarà una liberazione e, se del caso, se saremo vittime di un sopruso, studieremo di farci giustizia colle nostre mani o con le pistole. Il Far West mai del tutto dimenticato ai tempi della 'storia che va col passo del gambero'.

Ho una scatola piena di basiliche di san Marco in miniatura (che non è meno merlettata e piena di cupole e cuspidi e cavalli in bronzo del Duomo di Milano) in alabastro verde e oro. Qualcuno è interessato all'articolo? Prenotatevi perché, di questi tempi, la domanda supera di molto l'offerta e i prezzi sono schizzati parecchio in alto.

la giungla primaria e i sogni delle astronavi


Giulio Verne: chi non ha letto uno dei suoi straordinari (per l'epoca sua) romanzi? Un autore del genere che oggi chiameremmo 'fantasy' o 'fantascienza', ma la quasi totalità delle sue fantasie si sono avverate e siamo andati sulla Luna, abbiamo esplorato in lungo e in largo le profondità marine con 'nautilus' a propulsione atomica ben più avanzati di quelli da lui immaginati e descritti.

Ebbene, se questo è il rapporto tra fantasia e storia: che la seconda surclassa sempre la prima nelle realizzazioni tecnologico/scientifiche, prepariamoci all'idea che avremo degli 'avatar' e viaggeremo nel cosmo e mille pianeti Pandora i più diversi fra loro saranno i paesaggi dove agiranno i bis-bisnipoti muniti di robots e astronavi gigantesche e meravigliosamente efficienti nei cui laboratori avranno grembo e liquido amniotico i nostri straordinari 'avatar'.

Saranno l'estensione del nostro cervello, il superamento dei nostri storici limiti corporei e li incaricheremo di essere la longa mano dell'umanità sul futuro del cosmo e auguriamoci di non trovare sulla nostra strada evolutiva alieni troppo agguerriti e di non esportare il filosofico (e politico) 'male necessario' che ci perseguita oltre le colonne d'Ercole della stratosfera perché sennò saranno dolori – come mostra il bellissimo film di Cameron.

Era dai tempi di 'Via col vento' che non sprofondavo nella poltrona dimentico dei miei muscoli e nervi e pensieri e solo gli occhi e tutto il cervello vivevano in incantata simbiosi collo schermo in 3D e si abbeveravano a quelle straordinarie figure, a quelle foreste incantate e dense di magici organismi - flora e fauna - che mescolano i paesaggi e le creature dei mari tropicali e li traspongono nella giungla fantastica, verticale, aerea e sospesa.

Nel film si riabilita la botanica delle giungle primarie e gli sceneggiatori ci rimproverano di aver distrutto un immenso patrimonio del pianeta: in Brasile e in Indonesia e altrove, senza neanche sapere quali tesori di farmacopea e di elisir di salute e lunga vita racchiudevano le cortecce degli alberi ormai estinti, e quali potenti fluidi potevano essere estratti dalle radici di arbusti che abbiamo bruciato e divelto e neanche li avevamo classificati nei manuali di botanica.

L'anima della foresta, la foresta che ha un'anima è l'idea di fondo del film bello e straordinario che stabilisce il confine tra un vecchio modo di fare cinema e la rivoluzione del futuro in 3D o, prossimamente, 4D: odori compresi e le varie e diverse compenetrazioni del nostro cervello con la storia narrata sullo schermo.

E ci sono le 'prove di forza' di un umanità vecchia e malata di 'logiche di potenza' e guerrafondaie e il suggerimento di approcci 'olistici' e 'filosofie' pacifiste e 'obamiane' - di certo più feconde e meglio produttive per il nostro viaggiare nel cosmo e colonizzare i pianeti dove la vita umana potrà espandersi e continuare la sua straordinaria odissea.

Non vederlo è perdere l'idea e le immagini di un futuro possibile, concreto, come quello che è seguito ai romanzi di Verne e ha reso ingenue le sue fantasie di narratore straordinario e immaginifico presso le generazioni ultime. Buona visione.

martedì 19 gennaio 2010

gli ubriachi e il mare della storia


La cosa potrebbe essere risolta senza tanti preamboli e patemi d'animo e tutto il vano e stupido dibattere che si fa in alto e in basso della nostra vita politica: c'è la Legge che è uguale (dovrebbe) per tutti e chi si sottrae alla Legge e alle sue applicazioni giudiziarie è un latitante e non merita nessun onore e nessun riconoscimento di 'statista'. E sbaglia il capo dello Stato a tirare la volata ai fans di un latitante che si è sottratto alla giusta pena comminata dopo ben tre gradi di giudizio.

Semplice come bere un bicchier d'acqua e tutto il resto è fuffa della peggiore - e marcia, dopo tanti anni, e maleodorante.



Ma c'è un 'ma' ed è quello che mostra come le leggi fiscali ci sono e sono severissime e se capiti sotto i riflettori dell'Amministrazione sono dolori, però abbiamo una quantità enorme di cittadini che scommettono sulla possibilità statistica di 'farla franca' e quasi tutti ci azzeccano e su questa iniquità e questo furto di socialità è fondata gran parte della ricchezza indebita di alcuni concittadini e gran parte del 'gioco di potere' che oggi vede al governo della repubblica il Barabba più amato dagli evasori e i suoi avvocati e commercialisti di sua fiducia.



E il 'benamato Leader' è imputato in molti processi per evasione/corruzione dei partiti e di alcuni agenti delle Fiamme gialle e lotta come un Titano per sottrarsi ai processi e dice sbagliate le leggi che lo condannano e ne fa di nuove su sua misura e si fotta il paese reale delle fabbriche che chiudono e degli operai a spasso senza nessun reddito e il mutuo che continua a correre.

Questo è il quadro di riferimento non confutabile nella sostanza.



Poi ci sono i merlettai ridicoli che cuciono i loro orrendi ricami 'politici' sotto alla pietà dei figli che sbagliano: Bobo e Stefania - che dovrebbero coltivare la pietà filiale per un siffatto padre in silenzio e rispettosi del mistero del Male che tutti ci affanna e il loro padre più di altri (come fa la madre, Anna, la sola che in questa vicenda, in questo tormentone nazionale meriti rispetto per tutto quanto ha dovuto subire da un siffatto marito e gli ha reso in dedizione e amore).



E invece sbraitano e male-dicono (Stefania, più di Bobo) e costruiscono la loro carriera politica sul rovesciamento dei valori e la Babele di lingue che fa la nostra vita pubblica e avvelena la politica: criminali e giudici a ranghi invertiti e così la fola del 'partito dell'amore' che, invece, ha seminato odio e zizzania a piene mani per decenni e oggi prova la spallata finale alle istituzioni di garanzia.



Banana Republic e una sterminata folla di bananieri osannante e neanche la soddisfazione di una predizione a breve che dica quest'andazzo un 'male della Storia', una ubriacatura collettiva che presto finirà.

Che avvilimento e pena, ragazzi!

lunedì 18 gennaio 2010

mental disorders (part two)

...E l'amore è uno di quegli spiriti, il più burlone e sempre fuggitivo e il più inseguito benché abbia prerogative e poteri tali da far saltare i fragili equilibri su cui fondiamo le nostre esistenze. E nella metafora è cieco: quando scocca le frecce che infiammano le ferite. Ed è bambino : a cui tutto si deve perdonare. E in amore si vince e si perde come in una guerra : la guerra dei sessi e dei sensi e del senso di esserci e avere un ruolo presso il nostro prossimo e affermarlo.
Forse tutto ciò avviene perché da lui, l'amore, dipende anche il nostro poterci riprodurre, avere figli, conquistare l'effimera eternità della progenie ed è necessario dimostrare di 'saperci fare', saper competere nella crudele selezione naturale che offre minori opportunità di accoppiamento ai meno abili e incapaci e premia, invece, l'esemplare migliore. Sette donne per un uomo, si diceva, ma da qualche parte c'è qualcuno che se ne spupazza quattordici. E bellezza e fascino non si imparano e qualcuno invece 'nasce imparato'. E viene voglia di guardare altrove e strapparsi la freccia dal cuore e accontentarsi dell'aria e dell'acqua e dei paesaggi che incantano e rimandare tutto a un altro-giro-altra-corsa del ciclo secolare delle stagioni che passano e delle nuove vite che appaiono. Se rinasco vorrò essere lupo dominante e condurre un mio branco.

Ho raccontato questa cosa al mio analista, perché avevo appena visto 'Apocalipto', un film sui Maya, e mi identificavo con quel membro della tribù che non riusciva ad avere dei figli e tutti si burlavano di lui, ma ha continuato a tacere e questa cosa mi esaspera e mi chiedo che senso abbia una 'terapia' in cui ci si ascolta e basta e tutti i dubbi restano dubbi e ci si sente più stupidi ogni volta che si esce dallo studio.

'Mi parli dei suoi sogni.' continua a dirmi, deviando le mie narrazioni in quel trovarobato confuso che di notte ti sciorina il suo stupidario incomprensibile. 'Faccio sogni caotici, storie incomprensibili di cui ricordo solo brevi spezzoni e a volte non riesco a raccontarli perché certe immagini dei sogni sono strane e non trovo le parole.', gli dico, e mi risponde che sono simboli e bisogna saperli interpretare - e così si accredita come sciamano, apprendista stregone che, prima o poi, tirerà fuori il coniglio dal cilindro e mi dirà: 'Ecco il tuo mostro' e lo sgozzerà e lo offrirà in sacrificio a Psiche: la dea che viene effigiata come una donna bellissima, ma in realtà è mostruosa: tutta rughe secolari e screpolature e voce da strega e solo raramente si trasfigura e se ne esce cogli inni e le canzoni e i poemi e le figurazioni geniali che la riscattano e ci fanno credere che tutti abbiamo un anima umana immortale.

Due notti fa ho sognato che ero un cavallo e la mia corsa era felice e la prateria in cui correvo aveva spazi così grandi che avrei potuto correre per sempre e un maledetto stridio lacerava quel cielo chiaro e quell'aria fresca che mi pettinava la criniera e quando lo squillo della sveglia è riuscito a rompere quell'incanto mi sono svegliato in affanno e tutto sudato. L'idea di una possibile felicità ci affanna?

Non l'ho raccontato al mio analista. Non se lo merita un sogno così.

(the end)

mental disorders

La parola inglese ha un peso evocativo maggiore : 'disorders'. Dà l'idea dell'intrico di rovi da dove esci con la pelle strappata, e lunghe righe rosse sulle braccia nude dove il sangue affiora - forse per la r finale che manca in italiano. 'Disordini' va giù liscia, quasi una passeggiata in discesa, un rivolo d'acqua che si frange sulle rocce del suo letto montano; 'disorders', invece, è parola aspra, fa un rumore allarmante come 'rozzo' 'rostro' 'roccioso' 'rapide'.
O, forse, era l'aggettivo che la precedeva che mi inquietava 'mental' perché se ci sono disordini là in alto, nel chiuso della teca cranica, sono dolori: niente ci torna più e risponde all'appello.

Il disordine della mente, in realtà, è quello delle figure dei caleidoscopi che ci attraggono per i loro disegni frattali sempre nuovi e diversi - e sembrano possedere un ordine tutto loro, interno allo schema, ma sfugge il loro appartenere all'insieme, il loro geometrico interagire con le altre forme e figure dell'universo che li genera. Forse l'errore è nel metro di misura che adottiamo : la geo-metria. Forse non tutto è misurabile con il 'geo' metro terrestre; forse esistono altri metri di misura e dovremmo sforzarci di trovarli da qualche parte.

E' quello che dico al mio psicanalista – che se ne sta zitto per tutto il tempo dell'ora che - bontà sua - mi dedica e se salto un appuntamento sono dolori perché passo al mese seguente e a me pare che tutto quello che gli ho raccontato di me e abbiamo valutato essere interessante ai fini della terapia si perda in quell'attesa e in tutto quel tempo io continuo a fare i sogni che mi inquietano e mi impaurano e non so darmi le risposte agli interrogativi che suscitano.

Però è vero che neanche lui me ne dà e si limita a scrivere sul suo taccuino e solo dice 'Continui.' - come se fosse facile trovare sempre nuove parole se non si ha conferma che ciò che dici ha un senso compiuto e risponde al rassicurante criterio di 'normalità'. Non è per questo che si va dallo psicanalista: perché ci includa in quel criterio ampio detto 'la normalità' e finalmente anch'io vi rientrerò perché so (me l'ha detto lui) che i mental disorders che tanto mi inquietano sono solo un modo della manifestazione dei pensieri - il magno mare dei pensieri di tutta l'umanità che rumoreggiano notte e giorno come un rumore di fondo e gli ho detto che, forse, il rumore di fondo dell'universo indagato dai cosmologi è quello di tutti i nostri pensieri che varcano la stratosfera e ha sorriso, finalmente e la sua silenziosa approvazione mi ha fatto star bene.

Era disordinata anche la vita che conduceva la persona che sempre mi appare nei sogni. E' da lei che tutto si diparte e avete un bel citare 'per amore solo per amore' per dire tutto il bene della fiamma che ci illumina le vite. C'è anche tutto il male. L'amore è un'infiammazione delle meningi, una patologia vera e propria con proprie sintomatologie tutte elencabili e descrivibili nel particolare e nei fenomeni correlati che si leggono nelle cronache di nera; ma non è vero che ciò che io sogno - di vederla morire uccisa e sofferente in cento modi diversi - corrisponde a un mio segreto desiderio.
Non è così che funzionano i sogni e chi lo dice traccia un segno semplificatorio che niente descrive e a niente da soluzione e diagnosi. Il mio psicanalista lo sa che io non sono un assassino.

Sono i sogni che vanno per conto loro e la notte si prendono tutte le libertà e anche le licenze - fino all'ultima: licenza di uccidere - e la colpa è dei disordini, i più vari, che abbiamo lasciato correre in tutti questi anni di generazione in generazione e ai quali non sappiamo più mettere argine e quegli spiriti che abbiamo evocato cogli alambicchi nostri di apprendisti stregoni non li sappiamo più comandare, non rientrano più nelle apposite ampolle a comando e siamo costretti a inseguirli uno a uno e si fanno beffe di noi.....(segue)

domenica 17 gennaio 2010

le cose tonte e il mondo virtuale

Tra le 'cose tonte' che affollano la Rete ci sono quei luoghi virtuali dove si scrive in incognito, assumendo un nick name e un 'avatar' che consentono la massima libertà di dire le cose tonte, appunto o ferine, rabbiose. L'indignazione impotente del popolo bue.
L'onda oceanica liquida e indistinta che ha una potenza apparentemente mostruosa, da tsunami, ma la riversa quotidianamente nello stretto canale degli 'sfoghi' (che nulla costruiscono) scavato dai 'potenti': gli eletti della 'democrazia rappresentativa' che incanalano quella immane potenza e la riducono ad avvilente maretta, onda di battigia che si frange sulla spiaggia e ne resta solo l'effimera schiuma. Sanno farlo bene il loro sporco mestiere gli ingegneri del 'male sociale' e del 'male di vivere' di classi sociali avverse e l'una contro l'altra armate ma incapaci di vere rivoluzioni e/o di interpretare il bene comune ricevendone i consensi.

'Maledetti!, la prossima volta non vi voto!!' Tutto qui? Leggi spaventose tragicamente operanti -come la legge 40 che è 'linkata' dal Vaticano nel parlamento nazionale- , evasione fiscale alle stelle, leggi ad personam che cancellano la stessa idea di funzionamento di una giustizia di minima e la sola cosa che possiamo/potete gridare con rabbia pari alla vostra indignazione è 'la prossima volta non vi votiamo'? Che miseria, ragazzi! Che 'cosa tonta' è la sedicente 'democrazia rappresentativa'! E quanto è fragile se può essere comprata coi soldi sporchi di un imprenditore amico dei 'potenti' della prima repubblica i cui partiti Egli ha oliato a puntino per averne le leggi favorevoli alle sue televisioni commerciali.

La tempesta dell'antipolitica che alcuni annunciano come imminente e capace di sfracelli e devastazioni è solo il rumore di fondo di un mare spumeggiante di sotto a un'alta scogliera e la scogliera è la stramaledetta rappresentanza politica nazionale che lucra appannaggi da favola e ci costa un polmone e tutto il fegato e la bile annessa e fa leggi che gridano vendetta al cospetto di dio e degli uomini di buonsenso e fino a qualche anno fa era protetta da immunità per salvarsi il sedere dai giudici e oggi briga con i mezzi leciti e quelli illeciti per ripristinare l'imm(p)unità globale e tombale a partire dal premier, il benamato leader, che ha un pregresso di fatti criminosi da riempirci un'enciclopedia.

Invece, alla radio, ascolti le voci commoventi dei 'radioascoltatori' che 'ci mettono la voce' e la faccia, perché devono declinare il loro nome e la città di residenza (e magari nei centralini che filtrano le telefonate controllano pure se paghi il canone) e fanno appelli accorati contro tutto ciò che non va, contro i guasti spaventosi della politica 'pro domo loro', e dicono tutto il male che è giusto dire contro i 'baroni' della politica che promettono e disattendono regolarmente tutto il promesso, - ma ad ogni tornata elettorale le code alle cabine sono incredibili, malgrado si sappia da generazioni che 'passata la festa gabbato è lu santu'.

Dire le cose sacrosante dell'indignazione dei cittadini col proprio nome e cognome esige più cautela, per non sputtanarsi, e la differenza con le 'cose tonte' di Internet è che sei costretto a misurare i toni e a ripulire preventivamente gli argomenti e dirli magari in buono e corretto italiano. Il rispetto di un galateo, insomma, che spesso qui da noi è assente e non ci stupiamo se i forum, alla lunga, diventano delle chat dove si scrivono le barzellette e ci si scambia le ricette di cucina e si saluta il titolare e lo si omaggia con lodi sperticate e quasi sempre fuori luogo.
Ma per questo non ci sono le cosiddette 'chat' o le mail?

Ogni cosa al suo posto, si diceva una volta. Stai a vedere che Internet ha sovvertito anche quest'altra regola. All'entropia caotica non c'è argine e confine e il mondo del 'virtuale' ce lo conferma.

sabato 16 gennaio 2010

le cose tonte e il mare del futuro

Il mio professore di greco passa con deliziosa nonchalance da Euripide ed Aristofane ad Internet – come se fossero le sfaccettature di un solo cristallo che riflette tutta la luce del mondo.
E di Aristofane dice che era capace di giocare con le parole e i concetti e l'ironia e la satira più e meglio di un solido e spiritoso intellettuale di oggi e per questo vale la pena fare un salto all'indietro e recuperarlo - e con lui recuperare la cultura dei Greci nel suo insieme perché da lì parte tutto ed è come il Big bang di una cultura occidentale che ha disseminato le sue stelle e le sue nebulose e vie lattee nel vuoto cosmo dei secoli futuri.

Di Internet dice un gran bene perché ci puoi trovare di tutto e i collegamenti tra gli uomini e i saperi sono velocissimi e se un medico degli States ha una scoperta straordinaria da comunicare a un suo amico ricercatore di Hong Kong lo può fare e le sinergie che sprigiona questo acceleratore di sinapsi culturali è tale da meritare il titolo di 'uomo dell'anno' del terzo millennio e sullo sviluppo delle tecnologie informatiche ci giochiamo il futuro e le radicali trasformazioni che diranno 'preistoria' il presente che viviamo.

Gli ho obbiettato che è anche un acceleratore di comunicazioni semplici, di pagine virtuali non di prima grandezza e di tutto un universo di cicalecci e 'chat' che dilagano tipo: 'ciao, come stai' e 'maria, butta la pasta' - 'las cosas tontas' le definiva una mia amica di Lima, Perù, che con la Rete ci lavorava e, non avendo l'adsl, la massa delle 'cose tonte' : della ricerca di amici e incontri virtuali le rallentava il lavoro e lo paralizzava e ci rimetteva dei bei soldi.

Ha allargato le braccia, il mio professore di greco, e ha sorriso. Ogni rivoluzione porta con sé scorie e macerie, ha risposto e 'le cose tonte' sono il prezzo che si paga, come i detriti di un grande fiume che si allarga a delta e sfocia nel mare del futuro.

venerdì 15 gennaio 2010

la continuazione della guerra con altri mezzi

Forse è più appropriato dire che : 'la politica è la continuazione della guerra con altri mezzi' invece della più nota citazione che, rovesciando l'assunto, recita : 'la guerra è la continuazione della politica con altri mezzi'.

In tempi berlusconiani di rovesciamenti di senso (l'amore non più nel senso evangelico bensì istupidito al fine propagandistico ed elettorale e i giudici additati come criminali e complottardi e i criminali veri e i corruttori della vita pubblica, invece, eletti alla presidenza del consiglio e in parlamento i suoi cavalli di Caligola a elaborare e far approvare le leggi cancella-processi aggirando le sentenze della Consulta), in tempi berlusconiani, dicevamo, è davvero più appropriato pensare alla politica come una guerra permanente fatta di peana (inni di guerra) e battere di scudi e slogans ridicoli e incitatorii rivolti al Condottiero-di-tutte-le-battaglie ed eserciti schierati l'uno contro l'altro - e il 'dialogo' e il reciproco riconoscimento e leale competizione parlamentare rimandati alla conclusione dell'immane conflitto.

Ma vi sarà conclusione? O sarà una conclusione 'guerresca' e non politica – con il Condottiero colpito a morte da sentenza avversa di un tribunale della Repubblica (la Cassazione sul caso Mills) e/o in fuga verso Panama o nel 'buen retiro' di Anna Craxi, la cara, la soavissima amica dei bei tempi della Milano-da-bere?



Uno degli slogan berlusconiani semplificatorii della complessa realtà dei conti dello Stato e dei capitoli della 'spesa pubblica' recita : 'meno tasse per tutti', ma il ministro Erremoscia tiene la briglia corta, a causa dell'Europa che vigila e indaga e a causa dei suoi collaboratori - che gli mostrano le tabelle e i conti aggiornati e il governo-degli-evasori e delle partite iva ha tagliato ferocemente dappertutto e gli enti locali piangono e protestano che non possono più pagare le fatture delle municipalizzate e di entrate aggiuntive neanche l'ombra malgrado lo 'scudo fiscale', ma in costanza e flagranza di evasione fiscale e contributiva a otto numeri dei soliti noti.



Perciò marcia indietro, ritirata, abbiamo scherzato, ci abbiamo provato - e i giornali amici e i 'collaboratori' all'unisono a giustificarlo, a carezzarlo a stendergli il solito tappetino: 'Lui ci ha provato, poverino, ma è lo Stato rapinatore, assassino, succhia-soldi dei lavoratori dipendenti fannulloni che si erge come un Moloch che non si può abbattere'.

Cadono le braccia e anche le due cosine più sotto ad ascoltare e leggere queste ridicole geremiadi.



Eserciti contrapposti, battere di scudi, grancasse, inni e peana guerreschi. Quanto alla verità dei dati macroeconomici e alla puntuale e vera informazione pochi sono coloro che leggono le fonti più attendibili e alle letture gratificatorie di 'Libero' e 'il Giornale' aggiungono, che so, 'il Sole 24 ore' - giusto per restare nei dintorni del 'fuoco amico' non del tutto schierato o di retroguardia.



Si potrebbe tagliare ulteriormente sulla scuola, cari i nostri evasori sedicenti 'liberali', e sulla sanità non sulla protezione civile, quella no, perché ai fini propagandistici e di fumo elettorale ha un grande ritorno di voti ed è illuminante l'articolo che vi 'linkerò' che racconta quanto è costata la trasferta elettoralistica del beneamato leader all'Aquila per la consegna dei primi tre prefabbricati. 'Con quei soldi', scrive l'attento giornalista 'si sarebbe potuto consegnare altri tre alloggi'.



Ma, naturalmente, in tempi di guerre permanenti e Condottieri osannati e accuratamente slinguazzati di sotto la spesa elettorale è molto più importante della spesa sociale. Però, cari Belpietro e Feltri e Fede, non fatelo sapere al popolo dei beoti in armi che lo osanna. Non subito almeno: c'è la guerra delle regionali alle porte e la soldataglia si deprimerebbe.

giovedì 14 gennaio 2010

la storia che si ripete in farsa


Caro Zarco,

hai speso un fiume di passione e parole per dirmi che vuoi fermare la Storia e costringerla a una serie fissa di immagini che chiami 'l'italianità', la 'differenza' di ogni popolo ciascuno per sé.

Cos'è esattamente l'italianità che pretendi di incorniciare come la Gioconda nel Louvre con uno spesso diaframma in plastica dura davanti a difenderla e proteggerla dagli assalti dei nuovi barbari: un capolavoro?

Ma forse sono stato io a indurti in errore parlandoti della 'bella venezianità' che permane nella Storia ed è in qualche modo rintracciabile e leggibile nelle architetture, le statue, le chiese, i palazzi - che non sono più gli stessi di un tempo, in verità, perché ogni pietra è stata sostituita e cento volte restaurata e se vai a comprare il biglietto di un concerto alla Fenice una lapide all'ingresso ti ricorda che il teatro è stato distrutto e ricostruito 'com'era e dov'era' nell'Ottocento e poi nel 2002, di belnuovo, a causa dei ripetuti incendi. 'Com'era e dov'era' ma nulla più di un feticcio di ciò che quel teatro lirico è stato per secoli.

E dove è più la Venezia affranta e dolente che andava in processione alla Salute per dire grazie alla Madonna che la Grande Peste stava per finire e aveva visto dimezzati i suoi abitanti? E la Serenissima repubblica dei Dogi maestosi e superbi e del Consiglio dei Dieci dov'è? Nel Palazzo Ducale - oggi pieno solo di turisti e quadri incomprensibili per coloro che non sanno di Storia e non conoscono gli eventi che l'hanno resa grande?

Ho osservato attentamente una mostra di fotografie 'anni venti', ieri, nella sala d'ingresso dalla Cassa di Risparmio, che mostra Venezia e i suoi mercati e la sua gente - di cui non ritrovi neanche più le tombe nel cimitero ma solo le ossa negli ossari e quelle giovani donne effigiate nelle fotografie avevano lunghi scialli con le frange che oggi nessuna signora ha più in guardaroba ma forse i più eleganti possiamo osservarli in un museo dei tessuti e delle mode di un tempo.

La domanda, quindi, insorge spontanea: cos'è la venezianità e, per estensione, 'l'italianità' se niente di ciò che è esistito negli anni Venti esiste più e quella gondola dove sedeva il gerarca fascista e i rematori erano in fez e camicia nera non sono più, sono morti, sparite le loro tristi divise, travolte/i dall'onda della Storia che tutto muta e il governo del Fascio Littorio e l'Italia agricola e arrogante di Mussolini e le sue ridicole aspirazioni all'Impero e le colonie? Italianità anche quella? Da conservare?

Che cosa vuoi difendere e salvaguardare di tanto caos della Storia e delle sue mutazioni formidabili, oh Zarco-mio-leghista-immaginario? Il gioco caotico degli eventi che sempre e tutto mutano? Sei un Don Quijote che stringe la sua lancia contro gli imperturbabili mulini a vento - che ruotano le loro immense pale e te la rompono ad ogni rinnovato assalto e ti fracassano lo scudo e te ne esci con le ossa rotte da quello scontro insensato.

Mi fai venire a mente la bella immagine del film-culto '300' : là dove la falange dei combattenti spartani - ormai stretta d'assedio dalle centinaia di migliaia di Medi e degli altri popoli sottomessi dal re Serse è pronta a morire e si stringe a testuggine sotto gli scudi a causa del tradimento di Efialte-il- Deforme e si alzano centinaia di migliaia di frecce che oscurano il cielo, ma, ahinoi, non è un Leonida, il prode re spartano, quello che ti ispira e ti convince della necessità di 'fare fronte' e combattere per la difesa dell'italianità, ma un ridicolo Bossi padano e i suoi derelitti seguaci.

Chi lo diceva che la Storia, quando si ripete, si ripete in farsa?

martedì 12 gennaio 2010

pellegrinaggi mediatici (part two)

….Sono affascinanti i barboni perché sono lo specchio di una nostra umanità fatta di abiti eleganti e costosi e di saldi e di frenesie consumistiche e perfino chi è 'sotto la soglia di povertà' può averne il conforto di pensare: 'c'è chi sta peggio di me' e si rallegra di avere una casa e un riscaldamento col freddo e poter pagare le bollette a fine mese, - magari con l'aiuto di un sussidio del Comune di residenza.

Osservavo uno di loro all'interno di un autobus tornando da un cinema di Mestre e indossava un giaccone da cui fuoriusciva il lembo della maglia di sotto slabbrata e lacerata e aveva stampata nel viso barbuto la dignità di una storia che gli era sfuggita dalle dita e non si racconta.
Quando riscosse la sua compagna di fronte appisolata e la invitò a raccogliere i fagotti e la aiutò a scendere gli scalini, era descrivibile nel suo modo e nelle frasi con cui la carezzava e incoraggiava il modo di un gentiluomo d'altri tempi che commuoveva.

E commuove del pari anche quel loro saper coniugare l'irrimediabilità della loro condizione umana, e rendere in qualche modo abitabile il culo di sacco di una vita residuale che li tollera a stento e nel viso e nei loro silenzi rintracci la fermezza dei morituri di un tempo: condannati dagli eventi ingiusti e atroci della storia a salire su un patibolo da dove guardano la folla plaudente e rumoreggiante di sotto con gli occhi fermi e chiari di chi sa le sue buone ragioni (e più non le grida e le afferma perché la canea di sotto è sorda e ottusa e li oltraggia proprio perché condannati) - e quanto sia migliore l'altrove che li aspetta qualunque esso sia. (fine)

pellegrinaggi mediatici

Ci sono pellegrinaggi e pellegrinaggi. Quelli di Medjugorije e di Lourdes li conosciamo e sappiamo da quali fantasie e figurazioni improbabili sono usciti e non ci stupiamo che ci sia chi ci campa su queste icone antiche che sopravvivono ai tempi nuovi. Succedeva nella Magna Grecia e succede ancora nei templi di Shiva e di Visnù : con i grassi sacerdoti in dhoti che mescolano il latte alle polveri colorate e ne cospargono le statue sacre e raccolgono le offerte in fiori e denaro dei commoventi fedeli. Oppio dei popoli, li definiva quel tale ed è davvero difficile dargli torto.

Ma questi pellegrinaggi nuovi, di impianto e sostegno mediatico, sono buffi davvero e i pellegrini sono i più vari e di fedi diverse e 'vanno a vedere' quello che la televisione ha già mostrato con abbondanza di riprese e tuttavia qualcosa di nuovo si nota, che i giornalisti non hanno saputo/voluto dirci.
Abbiamo una nuova icona di santo Barbone qui in città: San Marino - sopravvissuto a un tentativo, alquanto blando in verità (ma non per questo meno assassino e stigmatizzabile e severamente punibile), di aver morte per via di fuoco, - come certi santi arrostiti sulla graticola che si vedono nei quadri antichi nelle chiese o sui 'santini' che i preti distribuivano agli adepti quand'ero ragazzo.

C'è tutta una letteratura del martirio, dettagliatamente raffigurata e narrata sui quadri e nei libri della religione nostra, ed era un piacere masochistico - o una compulsione e coazione a ripetere dovuta ai miti delle 'storie dei santi' - quello dei vescovi e degli abati committenti che raccomandavano al pittore designato di ben mostrare le ferite aperte e le frecce tutte ben infitte nei corpi e la testa mozzata con vene e muscoli strappati benissimo disegnati e il sangue che colasse a fiumi e la testa del Cristo oltraggiata dalla Corona.
Un po' come l'Unto-de-noantri che si alza sul predellino della macchina e mostra le ferite e il sangue ai fedeli osannanti per istigarne l'odio e gridare alla vendetta.

Marino è uno che si fa i fatti suoi e non ha rapporti con nessuno dei suoi concittadini e nessuno si prova a interloquire con lui perché non otterrebbe risposta. Si alza al mattino, piuttosto tardi, ripiega con cura i suoi cartoni e chiude i fagotti della biancheria che ripone ordinatamente in un canto e il portico dove trova riparo ha solo una porta di un magazzino verosimilmente sfitto – perché, se fosse in uso, il conflitto diretto col proprietario lo avrebbe indotto a sloggiare già molto tempo fa.
Suppongo che quella sua 'casa' sia al riparo dall'acqua alta perché il vagare coi fagotti in spalla durante le alte maree e la pioggia che le accompagna è un castigo che neanche il peggior barbone si infliggerebbe e sarebbe interessante sondare le oscure (o palesi) ragioni per le quali un barbone diventa tale e si castiga da sé e si isola e si deprime e si chiude in quella prigione a cielo aperto finché morte non sopravvenga.

Dicono che ci sia una pena d'amore all'origine di tutto e una mia amica aggiunge che subì uno sfratto, ma so di gente che ne ha subiti più d'uno ma ha reagito diversamente e vive in una casa del Comune e paga un affitto irrisorio, dunque: l'assistenza comunale esiste e provvede per quanto può e c'è un misterioso 'quid' individuale che spinge un barbone a vivere in quel modo e a infliggersi il castigo.

Ed è altrettanto misterioso il percorso di natura e sanitario – che garantisce gli anticorpi necessari a uno che apre i sacchetti nei bidoni della spazzatura e si nutre delle briciole e degli avanzi ed è magro come un chiodo e si lava a una fontana con l'acqua gelida e si sbarba, chissà come e perché, e veste abiti tutto sommato accettabili - forse ricevuti in dono da persone caritatevoli... (segue)

lunedì 11 gennaio 2010

ho un parlamento nella testa

Caro Zarco,



anche tu, come me e tutti quanti siamo, hai un parlamento in testa e vi è rappresentata una destra, un centro e una sinistra e, secondo gli eventi clamorosi che osserviamo e ci colpiscono, nel tuo personale emiciclo si alza a parlare ora quel deputato ora quell'altro. Perciò non mi stupisco della tua confessione: di essere uomo 'di sinistra' (qualunque cosa questa definizione significhi), ma di volere che il tuo paese resti 'italiano' (qualunque cosa quest'altra definizione significhi).



Un'occhiata appena un po' attenta alla storia lontana e recente ci racconta che ' l'essere italiani ' è un caleidoscopio che scompone l'immagine ad ogni minimo basculamento (è un mio neologismo: da 'basculare') e ne propone una di totalmente nuova e più luminosa o più affascinante se il movimento è più deciso.



Ho un amica 'di sinistra' che passò il suo momento 'leghista' quando insegnava nelle scuole delle Repubblica e osteggiava la massiccia presenza di meridionali in cattedra che, a suo dire, godevano di punteggi abusivamente più alti e falsavano le classifiche. Quella presenza meridionale nelle nostre città ( e nelle scuole) è oggi passata in giudicato o in prescrizione perché neanche i leghisti più idio.ti oggi si sognerebbero di additare i 'meridionali' immigrati e accasati come nemici da cacciare. Persino Bossi ha sposato una meridionale, ci manda a dire un tale in un forum, - questuando l'assoluzione per i suoi pensieri contraddittori e, talora, irrimediabilmente stu.pidi.



Così accadeva anticamente nella mia città per gli slavoni (abbiamo una 'riva degli schiavoni') e 'i greci', che ebbero una loro chiesa (bellissima e da visitare) e un quartiere di residenza a loro nominato e io ho sposato una 'siciliana' figlia di un greco immigrato e ne ho avuto una figlia e nel nostro cimitero c'è un giardino a parte dove riposano gli ortodossi morti in città e ci puoi trovare la tomba dell'ultima regina di Grecia e di un musicista sublime che molto amava questa città - e tutta la poesia del vento veneziano che passa tra le fronde dei cipressi non è minimamente intaccata dalla 'biodiversità' di quei cadaveri greci e slavi che stanno immobili sotto la terra e la fecondano.

'A egregie cose il forte animo accendono...', invece. Te la ricordi?



Niente è stato intaccato (bensì aggiunto) della bella e forte 'venezianità' e dei suoi fasti e della sua storia dal suo aver avuto commercio con i popoli del Mediterraneo e aver ospitato delegazioni numerose ed etnie differenti (anche i turchi - del ben noto 'mamma li turchi! -', avevano il loro 'fontego' e commerciavano proficuamente con la Serenissima); niente della sostanza positiva di ciò che è giusto ritenere della storia e di ciò che è giusto dimenticare.



'La storia siamo noi, siamo noi questo campo di grano' cantava De Gregori e i suoi lenti, lentissimi mutamenti garantiscono che abbiamo tutto il tempo per archiviare e proteggere i 'dati sensibili' della bella 'italianità' che tu ritieni debba essere salvaguardata e 'difesa' dal numero esorbitante di 'spiaggiamenti' delle barche dei clandestini sulle nostre rive e sponde.



E' un fenomeno nuovo nei suoi altissimi numeri perché altissimi sono i numeri dell'umanità che popola il pianeta e mai avremmo supposto - ai tempi di Mao tse tung – che la Cina sarebbe diventata la prima potenza economica planetaria e l'India di Ghandi le si sarebbe accodata, ma sta succedendo e il futuro è appena cominciato e ci riserverà tante di quelle sorprese che i romanzi di Jules Verne sono acqua fresca nelle loro predizioni naives rispetto a quanto già si è avverato.



Non abbiamo il potere di fermare il mondo, caro Zarco, ma possiamo lavorare per renderlo il più possibile ospitale e, relativamente a chi ci chiede accoglienza e una possibilità di vita migliore in un difficile altrove, possiamo provare a dare risposte pacate che 'maturino la nostra umanità' come si dice del dolore di vivere che tutti ci affanna.

Abbraccione.

domenica 10 gennaio 2010

lo schiavista, il sopraffattore,la feccia del mondo civile

Non sono molti coloro che, ieri sera, si sono sintonizzati su La7 e hanno ascoltato l'incipit sonoro del bel film 'Malcom X' : un 'j'accuse' forte, circostanziato, preciso, duro, dolente, rabbioso contro l'uomo bianco, lo schiavista, il razzista, il sopraffattore.

Peccato. Perché il pensiero sarebbe andato come d'incanto giù a Rosarno e avrebbe cercato spiegazioni/comparazioni con quello che stava avvenendo laggiù: con l'ira dei neri sfruttati e chiusi nel ghetto della loro minorità, del loro essere gli ultimi tra gli ultimi e i diseredati e tuttavia 'il sale della terra', la comparazione vivente e attuale e straziante di 'ciò che potrebbe essere la nostra umanità se...'



Se solo trovassimo le risposte collettive, le risposte possibili, le risposte politiche, di una buona politica dell'accoglienza, che impediscano a quelle 'persone' di 'morire dentro' e, in estrema alternativa, di insorgere e dare sfogo all'ira anche in forme criminali; si, perché 'anche l'odio contro l'ingiustizia' stravolge il viso e fa rauca la voce', scriveva Bertolt Brecht, e 'noi che volevamo essere gentili / noi non si poté essere gentili'.



Come dire che la Storia non coniuga quasi mai il Bene Comune e l'Interesse Generale, bensì l'ingiustizia, lo sfruttamento dell'uomo sull'uomo, la schiavitù, la tratta dei neri, la prostituzione delle nigeriane – solo per restare nel nero di quel Continente Atroce che è l'Africa di Conrad: il buco nero della nostra coscienza di schiavisti occidentali - e l'abbiamo ridotto a una terra di massacri tribali, di fame e siccità, di Aids dilagante e incurabile perché la miseria dei grandissimi numeri di persone e di nazioni in mano ad una oligarchia di corrotti è incurabile e mortale.



'Se il cosiddetto negro d'America fosse realmente un cittadino americano, la questione razziale non esisterebbe. Se la proclamazione dell'emancipazione fosse autentica non vi sarebbero problemi razziali. Se gli emendamenti 13, 14 e 15 alla Costituzione fossero veri non avremmo problemi razziali. Se la sentenza della Corte Suprema contro la segregazione nelle scuole fosse vera, non avremmo problemi razziali. È chiaro che sono tutti aspetti della stessa ipocrisia. Ci sono un sacco di leader neri che se ne vanno in giro a dire all'uomo bianco che va tutto bene, che hanno tutto sotto controllo, che quello che il molto onorevole Elijah Muhammad insegna è sbagliato... Ebbene io vi dico che Elijah Muhammad aveva detto che tutto questo sarebbe sicuramente accaduto. E ora queste cose accadono davvero. Ora quegli stessi leader neri se ne vanno in giro a dire che sta per verificarsi un'esplosione razziale. E un'esplosione razziale è più pericolosa di un'esplosione atomica! Ci sarà un conflitto razziale perché la gente nera è insoddisfatta. Non solo dell'uomo bianco ma anche di quei leader neri allo Zio Tom che cercano di spacciarsi per nostri portavoce. Facciamo un esempio: prendiamo un barilotto di polvere da sparo. Se non ci stiamo attenti e ci capita sopra una scintilla, il barilotto esploderà. E se il barilotto che la scintilla ha fatta esplodere si trova all'interno di una casa, state pur certi che l'intera casa andrà completamente distrutta. L'intera casa andrà completamente distrutta. Per questo il molto onorevole Muhammad insegna a tutti noi e cerca di dire all'uomo bianco di togliere quel barile di polvere dalla sua casa. Lasciamo la possibilità al nero di venire fuori da quella casa. Lasciamo che il nero abbia la sua casa, lasciamo che il nero abbia la sua terra e la sua proprietà. Il molto onorevole Elijah Muhammad sta cercando di dire all'uomo bianco che questa cosa, questa esplosione farà crollare la sua casa. Ecco che cosa sta cercando di dirgli e, cosa importante, sta cercando di dirgli che se non fa qualcosa al riguardo, se non fa qualcosa al riguardo, l'esplosione avverrà da un giorno all'altro. Sì, è così. E io sono qui per dirvi, e vi prometto di dirlo in due parole, sono qui per dirvi qual è la cosa più grande del molto onorevole Elijah Muhammad. La cosa più grande è che lui conosce l'unica soluzione per avere la pace in questo paese. La soluzione del molto onorevole Muhammad è l'unica soluzione per noi tutti. Ed è l'unica soluzione per l'uomo bianco: l'assoluta separazione della razza nera dalla razza bianca.'

Malcom X

tristi tropici e cuori di tenebra

Cuori di tenebra. Oppure: non c'è peggior sordo di chi non vuol sentire e peggior malato di chi non riconosce la sua malattia. Perché chi si ostina a negare il suo peccato originale di colonizzatore d'antan (lo furono gli avi a noi prossimi) e poi 'missionario' e negatore pervicace e cinico delle altrui culture (leggetevi 'Tristi tropici' di C. Levi Strauss) – alle quali ha violentemente sovrapposto la propria e sola, deviando il corso della storia di un intero continente e mandandolo alla deriva tra i flutti della post modernità assassina – rientra a pieno titolo nelle categorie suesposte.



Ma 'non siamo razzisti!' gridano all'unisono i destri di anima e di cuore (pare che ce l'abbiano anche loro, che buffo: che siano dei mutanti in incognito provenienti dal pianeta-Arcore col fine di scambiare le categorie amore-odio e ribaltarne il senso?).



Conveniamo che dell'aggettivo in questione si fa un uso spropositato.



Forse quegli urlatori che respingono sdegnati la patente di razzista sono solo degli isolazionisti naifs amanti delle logiche di campanile e dei cortili di casa (not in my backyard!) o appartengono alla categoria dei pdl-ex'casadellalibertà' - il cui motto è : 'facciamo ognora il caxxo che ci pare' e 'il resto è fuffa', amano aggiungere.



Già, perché anche per quanto riguarda le politiche dell'immigrazione salta agli occhi che nessun governo della cosa si dà nei paraggi berlusconiani (ma solo il respingimento e la pulizia zona per zona secondo l'emergenza che insorge) e nessun vero 'accoglimento' e la gestione del lavoro nero è in mano ai datori di lavoro calabresi che non si curano di dove dormono i loro lavoranti - e almeno gli schiavisti del sud dell'America una casa gliela davano ai raccoglitori di cotone e si premuravano anche di mettere incinte le schiave nere, così da perfezionare la relazione e approfondirla e creare legami profondi e duraturi.

Qui da noi, hic et nunc, tutt'al più si va con le nigeriane o con i trans, una botta e via: tu vedi i tempi nuovi e le moderne sensibilità e gli usi e i costumi.



Ma no che non siete razzisti, cari. Anche voi amate le rose e i bambini, purché rosei e paffutelli e tanto, tanto ariani, e nelle scuole max 30 per cento come per i grassi nel latte e gli ingredienti che supponiamo pericolosi per la salute negli alimenti.



Smettiamola di dire che sono razzisti. Poverini, non vedete come si struggono e si danno pena?

mercoledì 6 gennaio 2010

del raccontare le storie con sapienza e precisione

Bisogna saperle raccontare le storie perchè ti catturino. E in questa storia ci sono i viaggi splendidamente raccontati e il mondo in movimento e la pietà, la crudeltà estrema e la durezza, e bei visi dolenti e il dolore di vivere e il fallimento, le incomprensioni, la nostalgia, il riscatto, il rischio di perdere e perire sotteso ad ogni nostro gesto.



Ci sono le grandi navi, in questa storia, che portano macchine e persone da una sponda all'altra solcando le forti correnti marine e le onde e le braccia possenti e la forza magnifica e fatale di uno che è animato dalla speranza e guarda affannato dal basso quelle navi altissime passargli allato e ha il rumore delle enormi eliche costantemente nelle orecchie: un rumore da spaventare i cetacei, ma lui, impavido, avanti sempre, a bracciate sempre più stanche ma muscoli miracolosamente capaci di mulinare e vincere le onde assassine e saranno gli uomini e le leggi degli uomini a fermarlo, a compiere il crimine più atroce: di uccidere la speranza.



Ma ve lo immaginate il mare che ha visto la Armada Invencible di Filippo II ripiegare e fuggire castigata dai flutti assassini vinto dalla forza di un solo, dalla immensa forza e miracolosa che solo la speranza e l'amore sanno suscitare?



E' di questo che narra il bel film di Philippe Lioret 'Welcome' e, naturalmente, il titolo è pura ironia, ironia assassina - perchè descrive con dovizia di particolari e precisione di fotogrammi e primi piani e dialoghi accorati, ma essenziali e sapienti, le politiche dell'accoglienza della nostra bella Europa, cara Europa, Europa in crisi e tuttavia le mille miglia distante dalla povertà di orizzonti esistenziali che spinge migliaia di persone, di 'extracomunitari' a rischiare la vita pur di far parte ultima di questa nostra comunità di ricchi.



Ricchi per comparazione con la miseria estrema di coloro, ricchi anche se provvisoriamente disoccupati e di fascia ultima di reddito - perchè abbiamo la ricchezza di una identità europea, di cittadini europei, che ci permette di viaggiare, valicare le frontiere, essere riconosciuti dai funzionari e agenti preposti ai controlli e possiamo partecipare del 'sogno europeo' - parallelo a quello 'americano' con un pizzico di disincanto in più.



Non è così per il protagonista del film e i suoi molti, moltissimi compagni che fanno la fila disordinatamente per un pasto caldo nelle banchine abbandonate del porto e il loro sogno è un sogno di ricongiungimento, di un amore che vuole, disperatamente vuole, che ci ricongiungiamo a chi amiamo, dovunque egli/ella sia andata a finire nei flutti del nostro esistere e andare e fuggire e ritrovarsi: 'Amor ch'a nullo amato amar perdona'.



E godrete del bel viso dolente e affascinantissimo della moglie del deuteragonista e apprezzerete il tratteggio essenziale del racconto della loro crisi matrimoniale e niente è detto in più e niente in meno - come si conviene a una storia narrata con sapienza e precisione e da questa sapienza e precisione del film procede implacabile il 'j'accuse' che ci viene rivolto (a tutti noi che votiamo quei politici sordi e grigi e plaudiamo a quelle leggi) per le politiche dell'accoglienza che sono politiche del respingimento, dell'imprigionamento, dell'uccisione della speranza.



E se è vero che sono tanti, troppi per il nostro vivere ordinato e civile dovremmo cambiare il concetto stesso di 'pietà' che è scritto sui vocabolari della vecchia Europa e fare come per i cammelli in Australia proliferati a dismisura e scrivere in chiaro che vera pietà è il doverli abbattere e bruciare le carcasse a mucchi - perchè non è meno crudele quel che si descrive in quel film che facciamo noi europei agli 'extracomunitari': rinchiusi come bestie e rispediti al mittente: a un Gheddafi, tanto per dire, o al governo del Kurdistan da cui fuggono.



Un film bello e dolente che merita molti più premi e riconoscimenti di quelli che già si è guadagnato sul campo.

martedì 5 gennaio 2010

ritorno al futuro

Forse non era il 2001, bensì il 2010 l'anno fatale, l'anno dell'Odissea, l'anno del ritorno a Erehwon, ritorno al futuro. Al futuro non si scappa. Se me sta lì come il palo di un coppia di ladri: lo Spazio e il Tempo, due facce da patibolo, e uno ti si para davanti e ti scippa, l'altro controlla che nessuno intervenga e subito fuggono e il giorno dopo è uguale e tutti i santi giorni che Dio manda in terra.

Ti derubano della vita e scappano, ma tornano ostinati, impuniti, due maledetti Barabba.

Sono sempre lì, nello stesso angolo e, se provi ad andartene, a scappare, a cambiare paesaggio, ti seguono come le ombre: non si scappa da se stessi, 'la città ti verrà dietro' scriveva implacabile Kavafis, e le tue angosce di sempre, le tue attese disattese e sempre più diafane.




Erehwon è un paesaggio piatto, desolato, un po' come la Mongolia dove ha viaggiato per oltre un mese un'amica, di recente. Avrei voluto chiedergli perchè proprio in Mongolia, perchè tra i mongoli orfani delle grandezze nomadiche di Gengis Kahn e dell'impero che, suo malgrado, comandò mandando in pezzi gli altri.

I mongoli di oggi non sono più soldati e vanno poco a cavallo e sono ubriachi per molte ore al giorno - forse perchè quei paesaggi sono tutti da dimenticare e il vuoto degli orizzonti e delle loro vite che vi si specchiano li atterriscono e non bastano le tradizioni e gli yak da pascolare e le tende quadrate e una moglie giovane a dare un senso alle vite. Abbiamo bisogno di altro: di attese, di orizzonti nuovi, di paesaggi che ti aprono il cuore.




E invece è Erehwon il nostro destino, è là che siamo diretti e sappiamo che non ci piacerà e non avremo attese, ma solo sguardi vani, protesi a cogliere un segno, dei movimenti qualunque che dicano il nuovo - che si dice che avanzi, ma dubito che lo faccia più neanche col passo del gambero, da un po' di tempo in qua.




Erehwon, che nome strano. Mi è apparso in sogno e nel sogno c'erano cuspidi e minareti e muezzin e grattacieli e astronavi come in Blade Runner, ma tutto stava sospeso in un incanto malefico, niente si muoveva e solo quell'insegna gigantesca: EREHWON, a caratteri cubitali disegnata in un arco altissimo e, non so perchè, mi ricordava quell'altra : ARBEIT MACHT FREI di un'altra epoca e sogno e non era il lavoro che oggi manca perchè le fabbriche chiudono, ma quello di una schiavitù di ritorno, di una prigionia futura incombente.




Erehwon: un destino nel nome.

sabato 2 gennaio 2010

viva radio tre!!!





Ho scoperto di essere segretamente monarchico. Di sua maestà imperiale. Del Kaiser, per l'esattezza. Perchè, se il Kaiserwalzer di J.Strauss figlio mi provoca queste segrete emozioni e partecipazioni, per la nota proprietà transitiva io sono figlio di quella cultura antica di quelle vibrazioni ottocentesche, di quegli ambienti temporali, di quelle Sezessionen (non la secessione dei leghisti, che avete capito!!!) che sono capaci di produrre quelle Polke, quei Walzer ariosi, accattivanti, fantasiosi a tal punto da meritare di essere citati nelle inimitabili immagini spaziali di 2001 Odissea dello spazio - con la navicella spaziale che balla il Walzer tra i nembi della materia oscura e i fotoni e i bosoni di Higgs e le stringhe. Usciamo tutti a rivedere le stelle!!



Ma immaginate cosa sarebbe stata Venezia sotto il tallone degli Absburgo? Quali meraviglie di Carnevali ancien règime, di buona amministrazione cittadina, di musiche a palazzo avrebbe partorito? Non oso immaginarlo. E, di sotto, più in giù di Ravenna, il distendersi avvilente del Regno d'Italia colla dinastia Berlusconi e le corna e le veline e le escort e le musiche di Apicella.

Che immensa tristezza, ragazzi!!

Sezession, subito!! e Kaiserwalzer quale nostra ariosissima colonna sonora.

Viva radio tre!

venerdì 1 gennaio 2010

ancora uaguri (e il cosmo,l'amore e le altre cose)


Una mia amica, bella e vigorosa pur se argentea, torna a viaggiare in India, dov'era stata col suo compagno. L'avevo abbracciata l'ultima volta davanti a una tomba ed era dolore inesprimibile, ma torna il viaggio, tornano i paesaggi diversi del nostro vivere, evviva! la vita muta forme ma continua e forse sarà nostalgia per il compagno perduto e il dolore troverà conforto.



Siamo qua per caso, ci manda a dire Woody Allen per bocca della sua controfigura nel bel film 'Basta che funzioni'. Commedia agra, attacchi di panico del protagonista, crisi suicidarie, il mondo come vanità e rappresentazione e costante, disperante idiozia collettiva, come in quasi tutti i film di Allen, ma appare l'amore e tutto svanisce e la casualità del nostro vivere trova provvisorio conforto e senso della misura e, se anche quell'amore è naif e un po' scemo e vanesio, è l'attenzione e la relazione che ci offre e ci misura che ci salva.



'E' bello sapere che c'è', si dice, e quando se ne va (perchè l'amore è come tutto dei nostri giorni: è fuoco volatile, effimero, traditore e scotta e dà dolore) è di nuovo il salto nel buio, la voglia di morire: una finestra che si rompe e si va giù, ma, miracolo! si atterra sul corpo di un amore nuovo e il finale del film è rutilante e ironico e buffo e tutto si mescola in un gioco assurdo e tutto da ridere. Come nelle nostre vite.



Un po gli somiglio, al protagonista del film. Anch'io pronuncio e scrivo le intemerate contro il Cosmo e il male del mondo e l'insensatezza che impera - e gli 'auguri!' che ci facciamo smentiti il giorno dopo dalla ripresa del secondo atto del teatro dell'assurdo cui diamo vita quotidianamente, ma è così che funziona e 'basta che funzioni' e il tuo essere - privilegio di un solo spermatozoo su miliardi che vanno in folle corsa a far centro nell'uovo - trova 'ragione e spirito, materia e senso', come nel bel verso del Carducci e pazienza se la poesia che lo contiene è 'L'inno a satana' - altra efficace metafora del nostro esistere e continuo stupirci del male che ci affligge.



Così gli abbiamo dato forma figurata, al male, gli abbiamo messo le corna e la coda e lo abbiamo detto onnipotente e capace di sfidare il Bene Supremo perchè ci mancano altre più valide risposte al muoversi caotico e un po' imbecille delle cose che ci avvolgono e degli eventi che ci accadono e travolgono.

Diciamo diavolo e satanasso tutto e tutti coloro che non curano il bene comune, bensì il proprio e solo e così torniamo di bel nuovo e prepotentemente ai giorni nostri, a oggi.

Benvenuti nel 2010. E ancora auguri (ne avete/abbiamo davvero un gran bisogno).