domenica 31 luglio 2011

i demoni e i giorni

i demoni e i giorni




E' un bene che i giorni passino. E bisogna farli passare bene, abitarli come si deve, organizzarli, riempirli delle cose giuste e nella giusta quantità. E bisogna che, nei giorni, noi si abbia cura di noi, delle nostre persone e di chi ci è caro, e si tengano sotto controllo i nostri demoni, si moderino le pulsioni negative o le si sfoghino, se prendono il sopravvento, a volte -ed è vero che lo prendono; perché non siamo sempre abbastanza forti, abbastanza organizzati dentro da sostenerne l'assalto.



E dobbiamo avere chiarezza, di tutto il male che quei demoni possono farci e dei drammi che contengono le nostre cattive pulsioni, se esplodono e non sappiamo disinnescarne le micce per tempo.



Perché, sennò, va a finire come nel bel film 'Another year' di Mike Leigh, -che una sola coppia di personaggi positivi, una bella famiglia serena ed equilibrata e capace di emozioni positive deve prestarne una parte al resto dei conoscenti e amici e parenti – e, in particolare. a un'amica devastata dai fallimenti amorosi e dalla solitudine e incapace di elaborare il suo lutto per l'età che si dice critica -dopo i cinquanta, per intenderci.

Un'attrice da me mai vista prima sugli schermi, capace di una mobilità espressiva che incanta - e tutto il film è uno straordinario pezzo di teatro in movimento (come solo un film può fare) tutto giocato sui primissimi piani dei dialoghi sapidi e che sempre rimandano al dramma nascosto, alle incapacità della protagonista a fronteggiare i suoi demoni e averne obbedienza – e se non è attori di gran vaglia e bravura sperimentata tutto cade e il film si accartoccerebbe nella tristezza di fondo dei paesaggi inglesi, poco mutevoli, in verità, nello svolgersi delle quattro stagioni in cui si articola il film -quasi capitoli di un libro o 'atti' di una commedia teatrale, appunto.



Perché andare a vedere un film 'triste', si chiede qualcuno, -tristezza sottolineata dalla colonna sonora imperniata su un violoncello che stringe le viscere, per gli annunci di ineluttabilità di quei drammi (e dei nostri) mai pienamente confessati, ma benissimo letti nelle espressioni perfette degli attori e nel loro dire e gesticolare con sapienza teatralissima.



Perché andarlo a vedere, dite? Ma perché le nostre tristezze inconfessate lo esigono, i nostri privati drammi lo impongono; per imparare, da quei personaggi e dalla loro narrazione esemplare, a migliorare le nostre vite, se possibile, o elaborarle, nei giorni e negli anni imperfetti che viviamo, in modo che quei drammi non ci uccidano dentro, non ci facciano troppo male, e ci consentano, invece, di aprire gli occhi al mattino e pensare che ancora qualcosa di quel giorno nuovo potrà darci gioia, speranza e, chissà, forse, se saremo fortunati, anche un guizzo di felicità.







'Another year' di Mike Leigh - sugli schermi estivi delle diverse piazze di molte città italiane

sabato 30 luglio 2011

Un uomo al servizio della verità

LA STORIA

"Berlusconi è il corruttore"
Illegalità per creare un impero

Le motivazioni della sentenza del processo Mondadori: decisioni cambiate a suo favore. Il premier ha voluto, organizzato, finanziato la corruzione di Vittorio Metta che gli consegna la più grande casa editrice del Paese
di GIUSEPPE D'AVANZO

Silvio Berlusconi e Carlo De Benedetti in una foto degli anni 80
Se non si ricorda come sono andate le cose venti anni fa, ci si può lasciare confondere dal frastuono sollevato dai commessi ubbidienti dell'Egoarca. Dunque. Due privati cittadini, capi d'impresa, si trovano in conflitto per la proprietà della Mondadori. Accade che gli eredi del fondatore (Arnoldo Mondadori) pattuiscano con Carlo De Benedetti (editore di questo giornale) la cessione della loro quota entro un termine, 30 gennaio 1991. Tra i soci c'è anche Silvio Berlusconi. Mai schietto, lavora nell'ombra. Traffica. Intriga. Ottiene che gli eredi passino nel suo campo. Nasce una lite. La decidono tre arbitri a favore di De Benedetti.

Berlusconi impugna il lodo dinanzi alla Corte d'appello di Roma. E' qui si consuma il coup de théatre, il crimine, il robo. All'indomani della camera di consiglio, il giudice relatore Vittorio Metta deposita centosessantasette pagine d'una sentenza che dà partita vinta a Berlusconi. Era stata già scritta e non l'ha scritta il giudice e non è stata scritta nemmeno nello studio privato o nell'ufficio del giudice in tribunale. Preesisteva, scritta altrove. Il giudice ha venduto la sentenza per quattrocento milioni di lire - il giudizio è definitivo, è res iudicata (Corte d'appello di Milano, 23 febbraio 2007, respinto il ricorso dalla Cassazione il 13 luglio 2007) .

Il corruttore è Silvio Berlusconi. Ascoltate, perché questo è un brano della storia che solitamente viene trascurato. L'Egoarca porta a casa la ghirba per un lapsus del

legislatore. Il parlamento vuole inasprire la pena della corruzione quando il corrotto vende favori processuali. Ma i redattori della legge dimenticano, compilandola, il "privato corruttore". Così per Berlusconi - è il "privato" che corrompe il giudice - non vale la nuova legge più severa (corruzione in atti giudiziari), ma la norma preesistente più blanda (corruzione semplice). Questa, con le attenuanti generiche, decide della prescrizione del delitto. Un colpo fortunato sovrapposto a un "aiutino" togato. Nel 2001, l'Egoarca è a capo del governo. Per il suo alto incarico gli vanno riconosciute - sostengono i giudici (e poi, irriconoscente, il Cavaliere si lamenta delle toghe) - le attenuanti generiche e quindi la prescrizione e non come sarebbe stato più coerente, proprio in ragione delle pubbliche responsabilità, le aggravanti e quindi la condanna insieme agli uomini (gli avvocati Previti, Acampora e Pacifico) che, nel suo interesse, truccarono il gioco.

Allora, per chi vuole ricordare, le cose stanno così: Berlusconi ha voluto, organizzato, finanziato la corruzione di Vittorio Metta che gli consegna - come il bottino di una rapina - la più grande casa editrice del Paese, ma non può essere punito.
Con buona pace di Marina Berlusconi e dei suoi argomenti ("un esproprio") e arroganza ("neppure un euro è dovuto da parte nostra"), dov'è la politica in questa storia? C'è soltanto la contesa di mercato tra due imprenditori. Uno dei due, Berlusconi, si muove come un pirata della Tortuga. Non gli va bene. Lascia troppe tracce in giro. Lo beccano. La sentenza della Corte d'appello civile è molto chiara in due punti decisivi.

1. Berlusconi è il corruttore. Scrivono i giudici: "Ai soli fini civilistici del giudizio, Silvio Berlusconi è corresponsabile della vicenda corruttiva".
2. Con la corruzione del giudice, Berlusconi non ha soltanto sottratto a De Benedetti la chance di prevalere nella causa sul controllo del gruppo Mondadori-Espresso (come ha sostenuto la sentenza di primo grado), ma gli ha impedito di vincere perché De Benedetti senza la corruzione giudiziaria avrebbe di certo conquistato un verdetto favorevole alle sue ragioni.

Oggi a distanza di venti anni, che non sono pochi soprattutto per chi ha patito l'inganno, Berlusconi - evitato il castigo penale - paga il prezzo della rapina, risarcendone il danno. Tutto qui?
Andiamoci piano. E' un "tutto qui" che ci racconta molte cose di Berlusconi e qualcuna sul berlusconismo.
Si sa, il Cavaliere si lamenta: "Mi trattano come se fossi Al Capone". Lo disse accompagnando la sentenza di primo grado, in questo processo civile. La sentenza di appello ci consente di comprendere meglio che cosa l'Egoarca condivida con Al Capone: il rifiuto delle regole, il disprezzo della legge, l'avidità. Lo abbiamo già scritto in qualche altra occasione. Come Al Capone testimonia simbolicamente la crisi di legalità negli Stati Uniti degli Anni Venti, Berlusconi rappresenta - ne è il simbolo - l'Italia corrotta degli Anni Ottanta e Novanta, la crisi strutturale della sfera pubblica che ancora oggi, nonostante Tangentopoli, comprime il futuro del Paese. E' infatti irrealistico immaginare Berlusconi fuori dal corso di quegli eventi: capitali oscuri, costanti prassi corruttive, liaisons piduistiche, un'ininterrotta presenza nel sottosuolo pubblico dove non esiste un angolo pulito. Berlusconi è quella storia e senza amnistie, senza un incessante e rinnovato abuso di potere, senza riforme del codice e della procedura preparate dai suoi governi, egli sarebbe considerato oggi un "delinquente abituale".

Accostiamo, per capire meglio, la sentenza di ieri della Corte d'appello civile di Milano con gli esiti processuali di un altro processo per corruzione. Questa volta non di un giudice, ma di un testimone, David Mills.
Lo si ricorderà. David Mills, per conto e nell'interesse di Berlusconi e con il suo coinvolgimento "diretto e personale", crea e gestisce "64 società estere offshore del group B very discreet della Fininvest", dove transitano quasi mille miliardi di lire di fondi neri; i 21 miliardi che hanno ricompensato Bettino Craxi per l'approvazione della legge Mammì; i 91 miliardi (trasformati in Cct) destinati non si sa a chi (se non si vuole dar credito a un testimone che ha riferito come "i politici costano molto ed è in discussione la legge Mammì"). E ancora, il controllo illegale dell'86 per cento di Telecinco (in disprezzo delle leggi spagnole); l'acquisto fittizio di azioni per conto del tycoon Leo Kirch contrario alle leggi antitrust tedesche; la risorse destinate poi da Cesare Previti alla corruzione dei giudici di Roma tra i quali (appunto) Vittorio Metta; gli acquisti di pacchetti azionari che, in violazione delle regole di mercato, favorirono le scalate a Standa, Mondadori, Rinascente. In due occasioni (processi a Craxi e alle "fiamme gialle" corrotte), David Mills mente in aula per tener lontano il Cavaliere dai guai, da quella galassia societaria di cui l'avvocato inglese si attribuì la paternità ricevendone in cambio "enormi somme di denaro, estranee alle sue parcelle professionali", come si legge nella sentenza che lo ha condannato.

Sono sufficienti questi due approdi processuali (Mondadori e Mills) per guardare dentro la "scatola degli attrezzi" di Silvio Berlusconi e lasciare senza mistero la sua avventura imprenditoriale. Da quelle ricostruzioni, che non hanno mai incontrato un'alternativa accettabile, ragionevole, credibile nelle parole o nei documenti del Cavaliere, si può comprendere come è nato il Biscione e di quali deformità pubbliche e fragilità private ha goduto per diventare un impero. Se solo la memoria non avesse delle sincopi, spesso determinate dal controllo pieno dell'informazione, che cosa ne sarebbe allora del "corpo mistico" dell'ideologia berlusconiana, della sua agiografia epica? Chi potrebbe credere alla favola del genio, dell'uomo che si fatto da sé con un "fare" instancabile, ottimistico e sempre vincente, ispirato all'amore e lontano dal risentimento?

La verità è che finalmente, dopo un ventennio, comincia a far capolino e - quel che più conta - a diventare consapevolezza anche tra chi gli ha creduto come, al fondo della fortuna del premier, ci sia il delitto e quindi la violenza. Scorriamo i reati che gli sono stati contestati nei dodici processi che ha subito finora. Salta fuori il resoconto degli "attrezzi" del Mago: evasione fiscale; falso in bilancio; manipolazione delle leggi che regolano il mercato e il risparmio; corruzione della politica (che gli confeziona leggi ad hoc); della polizia tributaria (che non vede i suoi conti taroccati); dei giudici (che decidono dei suoi processi); dei testimoni (che lo salvano dalle condanne). Senza il controllo dei "dispositivi della risonanza" - ripeto - sarebbe chiaro da molto tempo come la chiave del successo di Berlusconi la si debba cercare nel malaffare, nell'illegalità, nel pozzo nero della corruzione della Prima Repubblica, di cui egli è il figlio più longevo.
Oggi come ieri per far dimenticare la sua storia, per nascondere il passato, salvare il suo futuro, tenere in vita la mitologia dell'homo faber, Berlusconi non inventerà fantasmagoremi. L'Egoarca muove sempre gli stessi passi, ripete sempre le stesse mosse. Come per un riflesso automatico, si esibirà nell'esercizio che gli riesce meglio: posare da vittima "politica", bersaglio di un complotto politico-giudiziario. Confondendo come sempre privato e pubblico, con qualche metamorfismo mediatico - ha degli ordigni e sa usarli - trasformerà la sua personale e privatissima catastrofe di imprenditore, abituato all'imbroglio e al crimine, in affaire politico che decide del destino della Nazione. Ha cominciato la figlia Marina, accompagnata dalla volgarità ingaglioffita e aggressiva dei corifei. Domani - comoda la prognosi - sarà il Cavaliere a menare la danza in prima fila. Con un mantra prevedibile e in attesa di escogitare un qualche sopruso vincente, dirà: "Contro di me tentano un attacco patrimoniale".

Vedremo così allo scoperto il più autentico statuto del berlusconismo: l'affermazione di un potere statale esercitato direttamente da un tycoon che sfrutta apertamente, e senza scrupoli, la funzione pubblica come un modo per proteggere i suoi interessi economici. Ieri, ne abbiamo già avuto un saggio nella tempesta declamatoria dell'intero gruppo dirigente del "partito della libertà" dove si è distinto Maurizio Lupi, che nella settimana che si apre sarà addirittura ministro di Giustizia. Le sue parole sono quasi il paradigma della devastazione della legalità che il berlusconismo ha codificato. L'uomo spesso posa a riformista dialogante, ma nell'ora decisiva mostra il suo volto più reale. Dice: "In qualsiasi Paese una sentenza che intima al leader di maggioranza di risarcire il vero leader dell'opposizione (De Benedetti ha la tessera n. 1 del Pd) avrebbe suscitato unanime condanna". Davvero in qualsiasi Paese, con l'eccezione di un'Italia gobba afflitta da malattie organiche, un imbroglione avrebbe potuto nascondere agli elettori le sue tecniche fino a diventare capo del governo? In quale altro Paese, scoperto l'imbroglio, il neoministro di Giustizia quasi come atto programmatico ne invoca l'impunità pretendendo la severa punizione dell'eretico che, truffato, ha chiesto il rispetto dei suoi diritti? In quale altro Paese un delitto commesso da un privato può essere cancellato in nome della sua funzione pubblica? Nelle poche parole del neoministro si può rintracciare il compendio delle "qualità" del ceto politico berlusconiano, i suoi strumenti, il suo metro: ignoranza, immoralismo cinico, illegalismo istituzionale, chiassosi stereotipi, menzogna sistematica e la totale eclissi dei due archetipi del sentimento morale: la vergogna e la colpa. Con tutta evidenza, siamo soltanto all'inizio del triste spettacolo che andrà in scena nelle prossime settimane perché - è chiaro - Berlusconi può abbozzare sulla manovra fiscale che riguarda gli altri, ma qui parliamo di lui, della sua "roba". E' per la "roba" che si è fatto politico e con la politica che vorrà salvare la sua "roba". Costi quel che costi.
(10 luglio 2011)

venerdì 29 luglio 2011

le priorità del governo al soldo di Berlusconi

A cosa serve il processo lungo

di Fabio Chiusi

Il Senato ha approvato la norma che consente alla difesa di portare in aula un numero illimitato di testimoni. Obiettivo: far scattare la prescrizione per B. Ma gli effetti andranno molto oltre. Dieci domande e dieci risposte per capire l'ultimo fronte del Cavaliere

(29 luglio 2011)

Con 160 voti a favore, 139 voti contrari e nessun astenuto, il Senato ha approvato venerdì mattina la fiducia posta dal governo sul cosiddetto "processo lungo". Dopo l'estate il provvedimento passerà all'esame della Camera. Di che cosa si tratta? Ecco dieci domande e dieci risposte per capire che cosa c'è in gioco.

Come e quando è nato il 'processo lungo'?
Il testo del 'processo lungo' è stato concepito come emendamento al disegno di legge 2567 della senatrice della Lega Nord Carolina Lussana sulla 'Inapplicabilità del giudizio abbreviato ai delitti puniti con la pena dell'ergastolo'. L'emendamento è stato presentato dal capogruppo del Pdl in commissione Giustizia del Senato, Franco Mugnai, ad aprile 2011. Paradossalmente, proprio mentre la Camera discuteva l'approvazione del 'processo breve'.

Che cos'è il 'processo lungo'?
E' una norma che modifica alcuni articoli del codice di procedura penale (190, 238-bis, 438, 442 e 495) per consentire alla difesa di portare in aula un numero illimitato di testimoni oltre all'«acquisizione di ogni altro mezzo di prova a suo favore».

Il giudice non può opporsi?
No, pena la nullità del processo. Il giudice può non ammettere solamente le prove ritenute «manifestamente non pertinenti» e quelle vietate dalla legge.

C'è dell'altro?
Sì, l'emendamento prevede anche che non si possa considerare più come prova definitiva in un processo la sentenza passata in giudicato di un altro procedimento.

Perché 'lungo'?
Lo spiega il procuratore Gian Carlo Caselli con una immagine molto efficace: «E' come se un imputato per un reato avvenuto allo stadio chiamasse a testimoniare tutti gli spettatori presenti».Secondo l'Associazione nazionale magistrati, ciò sarebbe possibile perché con la norma sul processo 'lungo' «verrebbe eliminata la possibilità per il giudice di escludere l'ammissione di prove manifestamente superflue o irrilevanti». Così «il difensore dell'imputato potrebbe chiedere e ottenere l'ammissione di un numero indefinito di testimoni sulla medesima circostanza, purché non manifestamente 'non pertinente'».

A quali processi si applica?
A tutti i processi in corso, tranne quelli di cui «sia stata già dichiarata la chiusura del dibattimento di primo grado».

Perché allungare i processi? Il problema non era, al contrario, accorciarli?
Ci sono due risposte a questa domanda. Quella dell'opposizione è che la norma non si curi affatto della salute del sistema giudiziario nel suo complesso, per cui sarebbe dannosa, ma di quella di una persona sola: il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi. In particolare, il 'processo lungo' sarebbe l'ennesimo trucco ad personam per salvare Berlusconi dai processi in cui è imputato. In particolare, quello per la corruzione dell'avvocato David Mills e il processo Ruby, in cui è accusato di prostituzione minorile e concussione. Allungando i tempi del processo, si arriverebbe più facilmente alla prescrizione. A favore di questa posizione, l'opposizione porta altri due argomenti: la straordinaria coincidenza per cui la norma si applichi ai processi che non si siano già conclusi in primo grado, come quelli del Cavaliere; l'accelerazione imposta al provvedimento tramite la decisione di imporre il voto di fiducia al Senato il 29 luglio, in un momento in cui il Paese avrebbe altre priorità.

E la seconda risposta, quella della maggioranza?
La maggioranza replica che, al contrario, la norma sia «una diretta conseguenza del principi che regolano il nostro processo penale». Come argomenta il capogruppo del Pdl in commissione Giustizia alla Camera, Enrico Costa, «se il giudice, terzo e imparziale, all'inizio del dibattimento non conosce gli atti processuali, come può effettuare un corretto giudizio in ordine alla sua superfluità e rilevanza, o sovrabbondanza delle prove richieste dalle parti?». Nel dubbio meglio ammetterle tutte, è la logica del provvedimento. Quanto alla presunta innaturale accelerazione, secondo Maurizio Gasparri l'iter della legge al contrario sarebbe stato «corretto e trasparente, senza alcun sotterfugio». Semmai, dice il Pdl, la decisione di porvi la fiducia è stata dettata dalla necessità di porre fine all'ostruzionismo dell'opposizione.

giovedì 28 luglio 2011

sospesi nel tempo

/2011

sospesi nel tempo




E' vero che con il sole sarebbero altre sensazioni. E quell'apparizione: di una giovane cerbiatta davanti a una casa in costruzione e del suo bambi impaurito dall'uomo che lo fissa, sospende le atmosfere in uno spazio senza tempo di natura incorrotta.



E i filobus d'antan -scoloriti però in perfetto accordo con gli intonaci delle vecchie case immerse nella nebbiolina della pioggia in sospensione- che se li avessimo mantenuti anche da noi ci saremmo risparmiati la pena di dieci anni di sconvolgimenti e denari al vento e cantieri aperti e ira della popolazione residente.



E il centro del paese, diffuso e acquattato nel verde degli ampi giardini alberati, è costituito da una piazza che nessun urbanista e architetto si è preso la pena di rivisitare, ma gli abitanti sembrano non sentirne il bisogno e gli interni delle case sono 'miseriosi', come mi fa notare mia figlia – e le dico che sembrano ancora tutti dentro al tempo del socialismo reale, che ha disegnato i brutti condomini della periferia e lasciato i piedi gli scheletri di fabbriche dismesse che sembrano cattedrali -e tutto quanto vediamo e notiamo avrebbe bisogno di una colonna sonora: una lenta fuga di Bach suonata all'organo, e nel grande parco che attraversiamo c'è un cartello che da noi ti sogni: Divieto di transito ai cavalieri a cavallo – e capisci che ci devono essere molti maneggi e che alla gente del luogo piace cavalcare.



E Ostrava, la città di riferimento, non ha cambiato il suo aspetto di una virgola, fatta eccezione per i centri commerciali 'Tesco' che hanno tutte le merci che si possono sognare, ma i visi delle persone, perfino le più giovani, sembrano non appartenere a quell'Europa a cui pure hanno aderito e, prima o poi, ne diverranno membri.



'Good bye Lenin' è il film che dovrebbero proiettare nelle scuole, ma è probabile che non ne coglierebbero l'irresistibile comicità e la satira tagliente perché il socialismo reale ancora alligna nelle anime e una profonda tristezza è nei visi -che però si illuminano nel dialogo, come se non desiderassero altro che dire e sorridere e rompere quel silenzio in partitura che li ha sospesi nel tempo di decenni lontani e ancora ne possiede le anime.



Ostrava (Repubblica Ceca) 26 luglio 2011


domenica 24 luglio 2011

quest'atomo opaco del male

quest'atomo opaco del male




Ci sono eventi nelle nostre vite che ci sgomentano più di altri per la sorpresa che contengono nel loro malvagio accadere. Sorpresa per l'enormità del male, per la sua ineluttabilità, per la follia che lo scatena e che non riusciamo a ricondurre a ragione e sentimento condiviso.



E' il caso, ultimo in ordine di accadimento, della follia omicida del giovane norvegese che ha fatto strage di giovani militanti laburisti riuniti a congresso nell'isola di Utoya, ma il suo occupare le cronache odierne ci riporta alla mente la strage di Oklahoma city, il massacro di Manson-il diavolo -i cui seguaci sventrarono la giovanissima moglie di Polanski- e, naturalmente il crollo delle Twin Towers: simbolo-principe, per le presenti generazioni, di tutto il male possibile e spaventoso e della sua enormità e della follia dell'epoca storica che lo ha partorito colle sue irriducibili e non pacificabili opposizioni politiche e sociali e religiose.



E il nostro rimanere basiti e impotenti di fronte a queste immani sciagure riporta i pensieri alle illusioni religiose che ci hanno nutrito fin dall'infanzia e a quell'illusorio Dio-d'amore al quale tutti noi rimproveriamo il silenzio millenario e il suo inspiegabile non volere/sapere intervenire nelle vite delle sue creature al fine di governare gli eventi che più ci affannano e impedire i delitti maggiori e comminare le giuste pene ai malvagi. Un rimprovero che origina dal Libro sacro ai cristiani, la Bibbia, dove si raffigura un Dio che punisce i malvagi di Sodoma e Gomorra e castiga col diluvio universale le sue creature dimentiche del Bene.



'Signore, perché?!' è grido antico e inutile e desolato– perché Lassù, da qualche millennio a questa parte, sembra non esserci più nessuno e 'quest'atomo opaco del male' che ci ospita continua a girare indifferente nel cosmo disordinato e misterioso da cui è insorta la vita.



Vita che contiene la morte come sua condizione di rinnovamento e proiezione nel futuro delle generazioni nuove e contiene anche quella strisciante malattia mortale del pensiero politico che, di quando in quando, percorre e infiamma le strade della Storia e costringe le azioni degli uomini nel buio accadere dei crimini, -e il pensiero corre agli inspiegabili eventi a noi prossimi del nazifascismo e gli olocausti e le guerre e i massacri che hanno provocato.

'Fino a quando,Signore, ci negherai la tua Luce?'

giovedì 21 luglio 2011

chi non salta berlusconi è!

Grande clamore si è levato ieri intorno al voto che ha mandato in carcere un omino vorace e 'disponibile' ad ogni servigio di bassa manovalanza politica; un omino vorace dei privilegi e delle prebende e dei godimenti speciali riservati alla casta di s-governo berlusconiana.



Un uomo di piccolissime virtù, il Papa, come i moltissimi maggiordomi e stallieri e cavalli di caligola di bassa lega morale di cui ama circondarsi il Barabba -suo mentore e datore di lavoro; un lobbista della risma di Bisignani e compagnia avvilente, avvezzo a mettere naso e orecchio dove non doveva e che ha tradito i principi ispiratori che dovrebbero informare i comportamenti di specchiata virtù di ogni magistrato e per questo è stato sospeso dallo stipendio e dalle funzioni dall'apposita commissione del C.s.m.



E lo stupore e l'indignazione, invece, dovrebbero levarsi ogni volta che succede il contrario: che la casta mille volte maledetta dei deputati e senatori di questa repubblichetta di infami (che non lasciano fama) si auto-assolve e si consolida il principio aberrante che l'elezione al parlamento è un salvacondottto, un rifugio e un riparo contro il principio solare de 'la legge è uguale per tutti' e tutti ricordiamo come fosse ieri il famigerato 'scendo in campo' del Barabba-berlusconi per le note ragioni dello scampare ai processi e farsi le leggi che gli servivano per la prescrizione e l'impunità.


E l'unico giapponese rimasto a difendere la casta e il suo privilegio più odioso di 'farla franca' sempre e ognora e sotto ogni diversa maggioranza è quel panzone arrogante e odioso del Ferrara, che scrive cose spaventose nel suo editoriale di oggi -e non ci sorprendiamo, sapendolo nato politicamente all'ombra del Principe dei Mariuoli Craxi Bettino e fido Reggitor Servente nel governo del suo allievo più dotato e spudorato: il Silvio Berlusconi, oggi abbacchiato e furente per lo smacco atroce e per i riflessi che quel voto irradia sopra il suo futuro di imputato di corruzione varia e diversa e concussione.



E l'augurio è che 'mille di questi voti seguano' e che in galera ci vada al più presto il Milanese a reddito zero (lui che sapeva bene come si faceva a evadere il fisco senza correre rischio alcuno) e, a seguire il Capo dei Capi dei presenti mariuoli di lotta e di s-governo. Amen e così sia.

(E chi non salta berlusconi è! Alè! Alè!)

mercoledì 20 luglio 2011

il votificio, i barbieri d'oro e la buvette

Per fortuna che c'è la tecnologia a darci il segno del cambiamento rivolto al futuro. Cambiano i nostri computers, mille volte più volte più potenti ad ogni giro di lustro; cambiano le macchine fotografiche digitali con sempre più 'megapixels' a definire la qualità delle immagini; cambiano i telefonini e i loro derivati e il mondo degli uomini e delle donne appare sempre più interconnesso -per la gioia e l'estasi dei tamagochi-dipendenti che hanno gli occhi costantemente ficcati all'altezza della mano levata e si è persa l'abitudine di 'guardare lontano' per ritrovarsi, come suggeriva un grande scrittore qualche tempo fa ('solo chi guarda lontano si ritrova').

Per fortuna che c'è la tecnologia, dicevo, perché se prendessimo in considerazione la politica e i politicanti italici il medioevo della corruzione e del privilegio di casta è il tempo di riferimento e le misure di contenimento degli sprechi e dei lussi e delle prebende che ci annunciano i giornali e i telegiornali di regime fanno ridere i polli -e ci appare un insulto e una beffa la riduzione dello stipendio dei barbieri di Montecitorio pagati a peso d'oro o la chiusura di un bar-buvette dove oziano i nullafacenti deputati in attesa della chiama del loro padrone di denari per l'avvilente votificio quotidiano contro il paese e il popolo bue già stremato dalla crisi.

martedì 19 luglio 2011

sbruffoni e progetti faraonici

I grandi progetti meritano attenzione e l'ospedale san Raffaele del mitico 'don Verzè' rientra certo tra questi progetti -realizzati ad onta e in barba alla crisi globale che si mette di traverso ad ogni nuova realizzazione che richieda l'esborso di capitali pubblici e privati in questi tempi grami che viviamo.

Però infastidisce la sbruffoneria del personaggio, il suo ribaldo attingere a tutti i luoghi comuni dei bauscia lumbard e appaiarsi al divo-Barabba, suo mentore e foraggiatore, senza pudore e vergogna e distinzione: quel Berlusconi rotto a tutti i maneggi della mala e bassa politica che proclama accanto a lui, baldanzoso in video e in voce, di essere l'unto del Signore -e il Verzè a confermargli che l'ha mandato la Divina Provvidenza e, se non ci fosse, bisognerebbe inventarlo.

Ed è certo che, senza l'appoggio del Barabba-berlusconi, il faraonico progetto di 'don Verzè' non avrebbe goduto dei contributi degli altri soci, amici e sodali in politica e in carriera del Bauscia-principe -che si è comprato la politica ed è in grado di far assegnare appalti miliardari a chiunque gli abbia dimostrato fedeltà per le vie traverse della corruzione e senza indire pubblica gara vincolante e soggetta a controlli di legalità.

E sarebbe interessante sapere per quali mene e debiti nascosti e vergognosi si è suicidato (o è stato suicidato) il vice del 'don Verzè', ma siano certi che intorno a quella morte si stanno facendo carte false e si stanno inquinando le prove, così da salvare l'onore del grande progetto faraonico e del suo presidente sbruffone -che afferma, senza sentirsi ridicolo ed essere scomunicato per bestemmia iterata, di avere come suo socio di maggioranza nientemeno che l'Altissimo.

Ed è, invece, sui debiti e sui finanziamenti poco limpidi di soci opachi (che, da oggi, si defilano e prendono le distanze e cercano coperture di avvocati valenti) che si sono poste le fondamenta di quel progetto e se tutto quel monumento faraonico crollerà col crollare del governo di infamia nazionale che lo ha sostenuto e foraggiato non si stupirà nessuno e l'economia dei debiti ripianati e furbescamente ri-finanziati ci confermerà la sua natura corruttiva che, da Tangentopoli in poi, ha sostenuto la peggiore classe di s-governo del paese -oggi giunta davanti al baratro che la inghiottirà o si inghiottirà il Belpaese in palese affanno sui mercati globali e appaiato, miserevolmente, alla Grecia e al Portogallo, tra i paesi di piccolissima virtù civica e democratica.

domenica 10 luglio 2011

gli Immortali della guardia regia e i Trecento della Termopili democratica

Marina Berlusconi ha un suo personalissimo concetto della giustizia e del diritto che corrisponde, tu vedi il caso! con quello del padre e di Nicolò Ghedini e Pietro Longo, gli avvocati di famiglia e cavalli di Caligola esperti in cavilli e garbugli salva-premier.

Ma stavolta il giochetto non gli è riuscito per la più importante delle battaglie che vedeva contrapposto il Barabba al suo storico nemico e competitor economico e politico e si fatica a dar credito all'allampanato cavallo di Caligola-Ghedini che manda assolto con grande anticipo il suo cliente nell'inevitabile appello in Cassazione.

Però il caso Metta (che sta all'inizio della corruzione de 'il lodo Mondadori') insegna e le corruzioni di un altro giudice non spaventano Berlusconi e compagnia vigliacca -come ci informano anche le intercettazioni che hanno incastrato Bisignani e la corte dei miracoli che lo informava in anticipo di ciò che avveniva nelle Procure e riguardava i misfatti dei servi sciocchi del premier e dei deputati a sua disposizione personale -rotti a tutte le nefandezze e disposti a vendersi financo le madri pur di accontentare il loro munifico datore di lavoro.

Però, ancora una volta, il problema vero non è il premier-barabba e le sue storiche mille corruzioni e compra-vendite delle coscienze che gli consentono l'abuso di tuttora governare malgrado i numeri dei suoi elettori siano cambiati ed egli non disponga più della maggioranza dei consensi nel paese.

Il problema dei problemi è la Guardia Regia, il corpo del Grandi Elettori, il Nocciolo, come direbbe un tale di mia conoscenza, che ancora si stringe a coorte attorno al Barabba ferito nell'onore del portafoglio -il solo onore che lui conosca e per il quale darebbe la sua vita e quella dei suoi figli e butterebbe giù le colonne del tempio-Italia a colpi di coda di caimano ferito a morte.

E' quest'Italia peggiore, l'Italia che, - consapevolmente e con subdola, perfetta coscienza di compiere una truffa ai danni della fragile democrazia italica e degli altri cittadini, - lo ha eletto allo s-governo del paese quella che avvelena i pozzi e rende opaco il futuro del paese. E' un'Italia che ha piena consonanza di sentimento economico e interessi di portafoglio e di evasioni garantite e finanziate coi tagli alla spesa pubblica, quella che costituisce l'ultima difesa, il fronte di combattimento granitico e capace di reggere l'assalto finale e decidere le sorti della battaglia e della guerra di liberazione.

Sono loro i maledetti diecimila Immortali che solo i Trecento valorosissimi combattenti di una postmoderna Termopili in difesa della democrazia ellenico-europea riusciranno a sconfiggere e decimare, -ma ancora sull'orizzonte morale e politico di questo paese non si vede avanzare un Leonida che sappia guidarli e arringarli a levare gli scudi e le lance e condurli alla vittoria.

venerdì 8 luglio 2011

istruzioni per un accorto uso della radio

Bisogna evitare di focalizzare l'attenzione su una notizia e aggirarsi per la casa svolgendo le normali mansioni e porgere l'orecchio allo sfilare delle notizie una dopo l'altra per capire a fondo qual'è il clima sociale di questa stagione di autunno politico che viviamo.




E stamattina lo sfilare delle notizie una dopo l'altra aveva un tema di 'cupio dissolvi' e un corollario di amenità e macchiette degne della più sperimentata commedia all'italiana e di varietà becero-popolare. Gran bella cosa le intercettazioni-audio che ci rivelano la miseria morale e intellettuale delle anime morte di s-governo berlusconiano.




'Quello è un cretino e dice cretinate.' A dirlo non era un compagno di banco a scuola, bensì un ministro della repubblica versus il suo sodale e corresponsabile di governo. E i giornali della destra e i giornalisti-sciacalli al soldo del Barabba ora affondano i denti sulla carne viva del Tremonti e lo accusano di case in disponibilità e possibili corruzioni come fosse un Fini-rinnegato della prima ora.




Affondano i denti sulla carne viva di una preda capace di reazione, però, perchè il Tremonti non è carcassa o animale ferito che si può fare a brani e spartirsi la carogna come è avvenuto per Fini -che gli hanno comprato per trenta denari i deputati a corona, i giuda senza dignità, uno dopo l'altro.




Tremonti è cacciatore e ha in mano il fucile dei conti pubblici che, se appena lasciasse il ministero sbottando le dimissioni, le agenzie di rating si scatenerebbero al ribasso e la Grecia trarrebbe conforto dal 'mal comune mezzo gaudio' che ci appaierebbe in fondo alla classifica col Portogallo – e si scoprirebbe, forse, che le due nazioni sorelle nel disastro hanno punti di merito e provvedimenti di risanamento già adottati che noi ci sognamo e dovremmo passare una stagione di disordini sociali come quelli di Atene prima di ri-uscire a riveder le stelle dell'Europa.




Cupio dissolvi, dicevamo. E non c'è all'orizzonte dell'audio pubblico una notizia, una sola, che mostri un possibile appiglio per risalire la china e dispiace solo che il patriarca-barabba che ci sta per lasciare non pagherà il fio delle sue immense colpe, né lo pagheranno i suoi porci elettori.




Perché la politica italiana è una palude stagnante dove si impantanano anche le truppe d'assalto più motivate e incalzanti e sono certo che il Principe degli Impuniti ha già pronti i piani di evacuazione e di ritirata alle Cayman o altro paradiso caraibico lungamente studiati assieme ai figli e ai nipoti e ai maggiorenti della Fininvest.

giovedì 7 luglio 2011

la matriarca

Non avevo mai avuto un gran rapporto con mia madre, se si eccettua la liquida coabitazione nell'amnio.
Né con mio padre e, quando si dettero i casi di necessità e del commiato, li osservavo come per una prima conoscenza e ascoltavo i loro racconti di vita dalla sponda arida del fiume che ci aveva diviso.
Perciò non deve sorprendere se quanto mi raccontava mia sorella degli sproloqui di nostra madre che le uscivano dalle nebbie dell'anestesia mi incuriosivano come fossero i racconti di una matriarca mitica di una tribù che mi ero recato a visitare con l'interesse dell'antropologo.

'Vaneggia', mi raccontava, 'dice cose senza senso, parla delle persone che non ci sono più, non la smette di parlare e disturba i vicini di letto, non c'è farmaco che riesca a sedarla'.
Ma io sapevo che quel genere di dialoghi nostra madre li aveva sempre intrattenuti colle persone della sua vita. Dialoghi traslati, onirici -come di uno scrittore che trasferisce sulla pagina le cose che nella vita non si dicono e ci paiono più vere del vero perché è quello che sempre avremmo voluto dire e che ci dicessero: le sapide cose che sanno offrire un senso, un bandolo di comprensione di quanto facciamo nel corso dei nostri giorni e sembriamo gattini ciechi che si muovono nei cesti alla ricerca della salvifica mammella.

Sapevo -per averla ascoltata spesso e stimolata a raccontare- che radunava abitualmente i membri della sua tribù familiare, quasi tutti trapassati, e li blandiva mentalmente, si scusava per le inevitabili assenze del nostro andare per il mondo e a ognuno offriva il fiore della sua speciale considerazione e l'affetto e le benedizioni che riserviamo agli avi morti – gli amati Lari.
E i maschi della famiglia, prima che uscisse di casa, la dicevano 'principessa' e le andava bene anche l'ironia e l'essere canzonata e con sua madre risaliva i rami delle generazioni e le perdonava anche le cose più brutte: quelle che si prova vergogna a dire, e del padre raccontava la grande saggezza e la cultura, ma era solo un invalido del lavoro paralizzato e in sedia a rotelle che si leggeva il giornale del partito per intero e ne diffondeva le dottrine in famiglia.

Era tutto questo che agitava il 'delirio' di nostra madre, quale mi raccontava mia sorella: un affollarsi di fantasmi che si riunivano provenienti da tutti gli altrove delle loro vite e delle morti e finalmente mi decisi ad alzarmi da quella sponda arida in cui ero stato seduto ad osservare e ascoltare e mi recai al capezzale e ne raccolsi la voce stanca di madre che non si capacitava di tutto quanto le era occorso nella sua vita e attesi di essere convocato anch'io e finalmente compreso nel novero della tribù della matriarca che ci stava per lasciare.

lunedì 4 luglio 2011

di che cosa parliamo quando parliamo di democrazia

Forse bisognerebbe andarci, in val di Susa, per capire che senso ha vivere in un budello attraversato dalle ferrovie trans frontaliere che l'alta velocità si mangerebbe per intero.
Forse bisognerebbe domandarsi come nascevano le antiche rivolte che avevano a motivo di sollevazioni e picche levate contro le autorità di governo il territorio dove si vive.

Forse dovreste chiedervi che fareste se foste voi a vivere in quel modo e con quelle prospettive di territorio-budello atttraversato di continuo dai treni e dalle macchine a gran velocità e capireste che la difesa a oltranza di un territorio è questione ancestrale per la quale si sono combattute delle guerre e le rivoluzioni e sono morte delle persone che ritenevano giusto 'dare la vita' per una vita migliore affidata ai figli e ai nipoti.

E, se è una guerra questa di cui parliamo, per quanti distinguo vogliate sollevare relativamente ai tempi che viviamo e alla democrazia che dovrebbe essere in grado di risolvere pacificamente i conflitti, dovreste dirmi quali sono le parti combattenti – se da un lato ci sono soldati in divisa con scudi e manganelli e gas lacrimogeni e pistole da usare quale extrema ratio e dall'altro pacifiche popolazioni che tentano di raggiungere i cantieri e fermarne o rallentarne i lavori.

Già, perchè la parte armata, per definizione e convenute regole democratiche, è la polizia, ma lo stupore e lo scandalo va tutto e sempre in direzione di coloro che li fronteggiano – che possono stufarsi di dimostrare in modo pacifico se i cantieri sono sempre lì, incombenti e pronti a riprendere i lavori, e i governanti sono ciechi e sordi alle ragioni dei dimostranti.

Perché la sostanza del dibattere dovrebbe essere tutta qui: su quali mezzi sono a disposizione delle popolazioni afflitte che lottano per impedire la realizzazione di un torto spaventoso a loro danno e sullo strapotere degli stati e delle industrie che avviano i cantieri con licenza di costruire dighe che allagheranno larghe porzioni di territorio e costringeranno i residenti a evacuare (India, Cina, ecc.) o che costruiscono reti di alta velocità ferroviaria in un budello che diverrà invivibile una volta compiuto il misfatto.

Dopo aver preso in considerazione tanta questione, allora (e solo allora) potremo avviare una pacata discussione su chi sono i manifestanti violenti, i cosiddetti black block, e sui feriti, i contusi, le indignazioni dei sedicenti 'politici' di ogni schieramento per le violenze accadute e via elencando delle sciocche e misere cose di cui si parla ogni volta che parliamo di democrazia e di fazioni e di schieramenti in campo.

sabato 2 luglio 2011

delle statue che cadono nella polvere

Il mio ingresso a Madrid, il 14 maggio di quest'anno, fu segnato dai titoli di tutti i quotidiani dell'arresto di Dominique Strauss Kahn, il potentissimo presidente del f.m.i.
Il suo viso di potente nella polvere non trasmetteva emozioni speciali adeguate al momento e alla gravità dell'evento. Sembrava annoiato, in manette al seguito degli agenti, e perfino stizzito per quell'ennesimo fastidio capitatogli tra capo e collo - e a me apparve fatto enorme, invece, ed evento epocale che una servetta di colore ottenesse riconoscimento di giustizia per l'abuso subito in quel grande paese della democrazia compiuta ed effettiva che non guarda in faccia nessuno, se commette un reato, e viene inflessibilmente perseguito dalla Legge.

Ed oggi sappiamo che i ruoli erano altri e diversi e il potente caduto si risolleva (virtù di costosissimi avvocati?) e riprende il suo cammino di successo – perfino benedetto dal lavacro mediatico di vittima di una menzogna vilissima - e Ofelia accusatrice riceve, a sua volta, il fango di cui si era sporcata le mani e aveva incrinato il piedestallo di un potente e la sua statua spezzata e svilito il potere dei soldi e dell'impunità garantita ai potenti.

Però è vero quel che scrive una giornalista: che il partito socialista francese non dovrebbe puntare su quel cavallo azzoppato perché la sua malattia compulsiva di sessuomane a pagamento lo squalifica e lo appaia a quei vecchi e squallidi satiri imbottiti di viagra di cui il nostro pres. del consiglio è l'antonomasia ridicola e volgare e ridanciana -e il suo partito, di conseguenza, che gli vota ogni legge salva-schifezze, una processione di miserabili laudatores e servi.

E che perfino nella sinistra europea e tra le donne della sinistra europea e francese vi sia chi non cura quest'aspetto esiziale della vicenda Strauss Kahn, la dice lunga sulla corruzione del potere e su come si farebbero carte false pur di tornare a vincere le elezioni.

Paragonare Strauss Kahn a Berlusconi è fare torto al primo perché le stature politiche e le storie personali dei due sono incomparabili e tuttavia la satiriasi compulsiva è la stessa -e, se fa differenza che il primo non premi con posti di governo o di partito o di consigliere regionali le sue puttane, di certo la questione morale e il decoro dei comportamenti pubblici e privati degli uomini che intendono concorrere alle cariche pubbliche si pone come spartiacque e come qualificazione dell'azione politica e dei partiti che la promuovono.