lunedì 29 giugno 2015

Pacche sulle spalle e grandi sorrisi

Che non avessero poi molto da dirsi era chiaro fin dai primi colloqui con quei tali che si mostravano come i 'parenti poveri', trattati a incoraggianti pacche sulle spalle e gli abbracci solo da quelli dell'area 'sinistra' del parlamento europeo.
Un abbraccio non si nega a nessuno, il tango argentino insegna.
Ma in Commissione si respirava tutt'altra aria e la faccia da schiaffi del Varoufakis, baldanzoso e tronfio del suo nulla politico e niente di concreto, - in termini di economia e finanza - da offrire ai suoi creditori, i seriosi membri della Commissione la digerivano davvero poco, perché l'aria fritta è assolutamente indigeribile, ben si sa, e causa reflusso esofageo e fastidiosi meteorismi.
E in Europa potevano risparmiarsi tutti questi mesi di ridicoli minuetti e sirtaki diplomatici e costosi viaggi aerei e pranzi a carico del contribuente europeo perché dalla disperazione politica erano usciti quei tali -miracolati di una 'politica' sempre meno capace di far fronte al suo compito primario di ben amministrare e assumere le giuste decisioni- e alla disperazione ritornano.
Ci ritornano coll'avvilente coniglio del 'referendum' perché 'decida il popolo': estrema ratio e foglia di fico di politici che sono ascesi al potere con promesse vuote e gonfie di sinistra retorica e oggi riconsegnano la patata bollente a quelle stesse mani che li avevano votati perché la patata non scottasse più o scottasse un po' di meno.
Una resa, una Caporetto spacciata per 'rispetto della volontà del popolo', di una sinistra greca e internazionale che di meglio non ha mai saputo fare se non 'far sognare' i suo psicolabili adepti e sostenitori – come l'Obama di 'yes we can', oggi intristito e sulla soglia dell'abbandono del suo mandato senza gloria e speciali menzioni che lo consegnino alla Storia.
E se i greci, come pare, sceglieranno la Geenna di restare in Europa col capestro di pagare i loro debiti ai creditori avranno l'onta, di sovrappiù, di doversi tenere Syriza e il suo leader dimezzato - che tornerà davanti ai suoi giudici europei con la coda tra le gambe e il cappello in mano - a pietire quella 'uscita di sicurezza' che ha stoltamente rifiutato fino a qui.
Non gli lesineranno le pacche sulle spalle e i sorrisi di circostanza, questo è certo.

domenica 28 giugno 2015

La morte distesa accanto sul lettino da spiaggia


Dobbiamo aspettarci di poter morire su un lettino da spiaggia belli e perfettamente spalmati di crema e felici della nuotata che abbiamo appena fatto in acque limpide e chiare nel mare nostrum? O che un passante che trascorre per sbaglio in macchina in zona industriale noti con la coda dell’occhio l’orrore della nostra testa infissa in un palo della recinzione della fabbrica che abbiamo onorevolmente gestito per decenni e, sconvolto, ne dia avviso alla polizia?
Sembra di si, ad ascoltare le cronache odierne. Perché, per salvarsi dai terroristi assassini di prima o seconda generazione di immigrati, non basta più abiurare alla propria fede di libertari e libertini o semplicemente ‘laici’ – come ha fatto uno dei redattori sopravvissuto alla strage di ‘Charlie Hebdo’- e dire in pubblico che: ‘mai più vignette su Maometto’ e/o su un qualche aspetto e principio-cardine contenuto nel loro libro sacro.
La nuova frontiera, oggi, è l’uscire di casa e notare un tale, vestito di nero, che impugna un kalashnikov e, se sei tu il solo essere semovente in strada a quell’ora, recita una veloce prece e affronta il buio viaggio verso il nulla, o l’ignoto, come meglio sai o puoi. Non diversamente accadeva a quei tre o quattro lombardi che, alle quattro del mattino, videro venir loro incontro un nero con in mano un piccone e ne ebbero il cranio fracassato per motivi che il processo a quel tale Kabobo, sano di mente, dicono, non ha chiarito.
E abbiamo importato in Europa – per la serie: ‘Facciamoci del male’ – una marea di gente strana e diversa da noi per costumi sociali, tradizioni, fede e dottrina creando immensi ghetti quali ‘les banlieues’ di Parigi e le altre grandi città europee.
E le ‘serpi in seno’ sono, forse, proprio quei nostri vicini di casa che incontriamo al supermercato con i tre figli al seguito, lui tranquillo ed educato e rispettoso, lei col velo canonico della loro fede e dottrina, ma, un mese dopo, te lo ritrovi in cronaca capace di decollare il suo ex datore di lavoro e indicarlo al mondo quale vittima sacrificale di chissà che crociata a rovescio e segreta militanza e ‘in sonno’ fino al giorno fatale.
E tutti i commenti di quasi tutti i commentatori sui giornali e le tivù non sottolineano abbastanza questo aspetto di una quotidianità nostra a rischio della vita e dell’impossibilità che abbiano di arginare, manu militari e vano coordinamento di ‘intelligences’, le esplosioni solitarie di questi folli immigrati di prima o seconda generazione tutti casa e moschea e ramadan e sorrisi al supermercato che all’Occidente e ai suoi figli (tutti noi) gliel’hanno giurata per chissà quale alambicco mentale e pietra filosofale di quella loro dottrina antica di popoli pastori passata senza nessun filtro e contestazione laica dentro il terzo millennio delle maledette migrazioni epocali e che produce/rrà morti ammazzati a chili, a quintali.
E lo stolido Renzi continua a battere sulle ‘quote’ da far accettare quale principio-cardine di una malintesa ‘solidarietà’ agli altri paesi d’Europa, mentre continuiamo ad importare, schizofrenicamente e senza freno alcuno, migliaia di ‘migranti’ tra i quali, – è certezza statistica legata ai grandi numeri -, ci sono i protagonisti (o i padri di futuri protagonisti) di prossime mattanze di noi, generosi e sventati ospiti occidentali presto dimentichi di ‘charlie hebdo’ e del ‘museo del bardo’ e di quanto avvenuto a Copenhagen in un caffè dove si dibatteva civilmente al modo che da noi usa.
http://www.ilfattoquotidiano.it/…/attentato-tunisi…/1817838/

venerdì 26 giugno 2015

Metafore animaliste

Dunque, l'Europa non si fida di noi – e ne ha ben donde. Non ha mai smesso, il nord dell'Europa, di considerarci quali 'furbi levantini' e 'una faccia una razza' alla pari dei greci - che hanno provato a rifilare alla Merkel, con estenuanti trattative, le vuote promesse di ravvedimento operoso e la patacca di un'economia greca che: 'Se ci ristrutturate il debito cresceremo'.
Parola di Tsipras e di quel vanitoso ministro dell'economia che gli va dietro con il bavero della t-shirt in erezione e le camicie fuori dai pantaloni. Ma 'parole di fede', le loro, e 'dovete crederci sulla parola' – ma l'incrollabile Schauble gli manda a dire: 'vedere cammello' di nuove tasse da imporre e tagliare le pensioni.
E qui casca l'asino, per restare sulle metafore animaliste, perchè Tsipras e Varoufakis di cammelli proprio non ne hanno da far vedere e il parlamento greco gli boccerebbe ogni determinazione diversa dalle reboanti e inconsulte promesse elettorali con le quali hanno preso il potere. Quadratura del cerchio.
E l'Europa ha chiesto a noi italiani di far loro vedere il cammello di una capacità che non abbiamo di istituire centri di accoglienza che funzionino e che sappiano decidere in tempi brevi chi, tra i migranti, abbia diritto d'asilo e chi, invece, e sono la maggioranza, va respinto con ferma determinazione ed efficienza di stampo nord europeo. E lo scandalo di Roma capitale - con la corruzione stellare dell'assistenza ai migranti che ingrassava il culo delle cooperative che 'ungevano' i vergognosi politici del 'mondo di mezzo' (pd compreso) - certo non ha giovato al baldanzoso e arrogante Renzi che spingeva sulle 'quote' da dividersi tra tutti i paesi membri.
'Prima vogliamo vedere il cammello.', gli hanno risposto in coro i paesi che ci fanno corona. 'Il cammello della vostra capacità ed efficienza nell'identificare i richiedenti asilo e respingere la maggioranza dei furbi 'migranti economici' che 'ci provano' a violare le frontiere e le leggi dell'Europa'. E qui casca, una volta di più, l'asino di anni e anni di frontiere colabrodo e i migranti che allargavano le maglie delle recinzioni dei nostri asfittici centri assistenza e fuggivano e tuttora vagano per tutta l'Europa quali 'clandestini'.
'Faremo da soli', diceva baldanzoso in tivù Renzi prima dell'appuntamento fatale, ma se n'è tornato a Roma scornato e con la coda tra le gambe, lui, arrogante presidente del consiglio di un preteso 'grande paese' che non sa fare i compiti a casa che gli affida l'Europa ed è prigioniero della sindrome levantina di 'una faccia una razza'.
Perciò teniamoci l'immigrazione disordinata che abbiamo coltivato per anni con indebita e malintesa pietas di filiazione vaticana e continuiamo a far litigare sindaci e prefetti per i cento o mille migranti quotidiani in più che gli vogliono affibbiare.
Mille campi-profughi italici bellissimi a vedersi e a gestirsi cresceranno, da qui alle 'calende greche' in cui impareremo a fare bene i compiti a casa e finalmente l'Europa si farà carico delle mitiche 'quote'.

martedì 23 giugno 2015

Il Caos vittorioso

'Adoriamo il Caos perché amiamo produrre l'ordine.', scriveva Enscher, ma si dà il caso che il Grande Vecchio delle origini da cui tutto è scaturito la faccia da padrone, di questi tempi, e ben poche speranze ci mostri di potere essere addomesticato e irregimentato.
E, per una Grecia che -pare, si dice- non si chiamerà più 'Grexit' (orrendo neologismo postmoderno), bensì si sottometterà alle regole europee e pagherà i suoi debiti -sia pure ristrutturati al 2050- la questione 'migranti' non sembra volersi sottomettere all'ordine che auspichiamo e, prima che si affondino i barconi e si faccia argine alla spaventosa ondata migratoria, passerà tutto quest'anno e forse buona parte del prossimo.
E i numeri degli ingressi illegali e degli sbarchi che includono una maggioranza di 'clandestini' o 'migranti economici' è bene si sappia che si alzeranno rispetto alle già altissime cifre odierne – per tema che l'Europa riesca a fermare o a rallentare l'orrendo traffico di carne umana che riempie di soldi i trafficanti, gli scafisti e i signori della guerra libici loro alleati.
Ma esistono delle isole felici dove il Caos si manifesta 'temperato' (come il clima) e, in qualche modo organizzato e imbrigliato e una di queste isole (una somma di isole) è la città in cui vivo – a giudicare dalle informazioni che mi vengono dalla Biennale d'Arte Moderna.
A Ca' Garzoni, infatti, meraviglioso palazzo di recente restaurato e che ospita un 'evento collaterale' interessantissimo, tra le varie cose caotiche e di sconquasso degli equilibri ecologici del pianeta che vi si illustrano, si mostrano due grandi fotografie di un quartiere del Cairo visto dall'alto - Garbage City, viene detto, la città della spazzatura - e sui tetti dei palazzi è un trionfo di sacchetti di plastica: cumuli, piccole colline di spazzatura da nessuno raccolta e distrutta o trasformata – come, invece, si usa nel nostro Occidente evoluto. E la visione di quell'orrore e caos urbano in cui milioni di persone vivono immerse e vivono e brulicano come formiche mi ha provocato un sospiro di sollievo per il vivere, io, invece, in una città che ci ostiniamo, vox populi, a dire 'sporca' e maleodorante. Il male degli altri è 'mezzo gaudio'?
Tutto ciò considerato, miei cari, eccovi la morale della favola: attrezziamoci a convivere col Caos imperante e speriamo che l'orda migratoria non spenga la 'ripresina' economica sul nascere e che i futuri quartieri periferici delle megalopoli europee non abbiano l'aspetto di 'Garbage City', la magnifica e vitalissima e iper caotica 'Città-spazzatura' egiziana. D'altronde, già 'Blade Runner' il bel film di culto, prediceva e rappresentava città orribili e degradate e oscene a vedersi e vittime del Caos criminale di una umanità incapace di 'magnifiche sorti e progressive'.
Chi vivrà vedrà e i cocci saranno loro.


venerdì 19 giugno 2015

Classici pret à porter

Che se, poi, ti coglie lo sconforto per il troppo di criptico e il poco originale e il già visto e il mal rappresentato di alcuni artisti le cui opere, interrogate, ostinatamente non rispondono – e di alcuni faresti perfino a meno, vedi quel Cy Twombly, a Ca' Pesaro, molto osannato dalla critica e dai mercanti, forse a ragione, non discuto, ma il pubblico dei profani ristà muto e interrogativo davanti ai suo giganteschi 'spegassi' e svolazzi colorati che neanche gli vale il retro-pensiero de: 'lo sapevo fare anch'io' perché di cotali stranezze artistiche il mondo potrebbe tranquillamente privarsi e le albe e i tramonti continuerebbero serenamente ad alternarsi sul pianeta Terra.
Se sconfortati, dicevo, cercate un po' di visioni classiche e i rassicuranti riferimenti scolastici e museali e le meravigliose sculture e le architetture dell'Ellade importate a quintali dall'Impero romano e magnificate nelle corti dei principi del Rinascimento, beh la visita alla Fondazione Prada (la calle parallela alla fondamenta del Pesaro) è un must e un oasi di piacere e il restauro della mente (calme, luxe et voluptè) stanca di guerre e buonismi un tanto al chilo di artisti che ci propongono il sangue a fiotti e il filo spinato di un mondo cattivo col sottofondo delle perorazioni buoniste di Francesco che ci guadagneranno il paradiso (forse, chissà), ma lasciano immutato l'inferno in terra che viviamo e non sanno offrire alcuna soluzione praticabile e di sano buonsenso.
Ed è davvero un piacere divino entrare nel palazzo e coglierne con sguardi avidi l'aristocratico fulgore e la bellezza degli affreschi e degli stucchi e dei soffitti e, insieme, la bellezza dell'impianto espositivo che ci offre l'infilata di molti Ercoli a scalare fatti con materiali diversi da singoli autori e/o dalle scuole d'Arte e le Accademie. Ma è una sola sfolgorante Bellezza che tuttora ci incanta quella dei corpi statuari copiati dagli immensi artisti dell'Ellade e privi di tatuaggi e 'piercings', vivaddio! che il confronto con le sculture muscolari dei postmoderni 'culturisti' da palestra e steroidi li relegano, fin dalla prima occhiata, nel campo degli orrori e delle caricature e delle schifezze che ci rifila il presente senza più pudori e dubbio alcuno e la Grazia e l'Armonia sono neglette e vilipese ed erranti solo nei secoli andati, ahinoi.
Ed è visitazione, quella della Fondazione Prada, di tutto riposo e aristocratica perfino nelle visite dei turisti danarosi che arrivano via Canal Grando, in motoscafo, già muniti di un esperto critico d'arte che li guida e recita lor il rosario artistico - e sei sorvegliato a vista in ogni sala da una quantità industriale di guardia-sala giovani e in divisa elegante, che ti pare di vivere nel sogno indicibile di chi a Venezia, decenni fa, voleva che affluisse solo questo genere di turisti e non le formiche e le locuste giornaliere e gli sciami fastidiosi che vengono caricati a mucchi e quintali dai grandi motoscafoni rumorosissimi al Tronchetto e ivi riportati a sera. Sipario.

sabato 13 giugno 2015

Recitazione della controversia immigratoria (3)

..che poi, quella gran schiera di generosi e buoni, buonissimi -scrittori e giornalisti e varia gente dabbene- che si provano a convincerci che 2/300.000 migranti sbarcati in otto/dieci mesi sulle nostre coste sono una benedizione del cielo e un’opportunità per il futuro (Renzi-l’Imbonitore dixit) e che la Storia è maestra di Grandi Migrazioni Epocali Irresistibili -vedi l’Australia e gli Stati Uniti d’America- tralasciano sempre di sottolineare il rapporto spazio-tempo sotteso a quei Grandi eventi Migratori ai quali dovremmo fare il callo e accettarli supinamente e/o a 90 gradi di latitudine sud.
Perché i numeri che citano quei tali dabbene e tanto tanto ‘buoni’ delle grandi migrazioni storiche dovrebbero essere considerati nella loro distensione temporale di conflittuali secoli e guerre e massacri di popoli pellerossa perpetrati con sommo cinismo e ‘Gangs of New York’ che ci raccontano che il melting pot è violenza di bande opposte e legge della giungla urbana.
E anche gli scontri etnici di Baltimora e altrove ci dimostrano che il melting pot è violenza e conflittualità sempre latente, e così pure la ‘rivolta delle banlieues’ a Parigi – vera e proprio polveriera di un futuro che più gramo non può apparirci nelle predizioni che ne facciamo.
E l’odierna evidenza degli accampamenti e delle stazioni occupate e dei prefetti che suscitano le ire dei sindaci di ogni ordine e grado e partito rifilandogli ad ogni giorno nuovo qualche centinaio di poveri cristi che ‘ci provano’ a violare i nostri confini e le nostre leggi dimostra che, se continui a raccoglierne a migliaia ogni settimana, nessuna città o paese della penisola avrà più l’abituale aspetto di vivibilità e ordinato vivere civile e che il voto ‘leghista’ ha una sua plastica evidenza di necessità e vigorosa e giusta protesta contro tutti coloro che non sanno gestire e governare lo spaventoso fenomeno migratorio che hanno incentivato e favorito per anni con malintesa e malaccorta pietà. E l’Europa tutta a coglionarci e a dirci che sbagliavamo con ‘Mare nostrum’ – e che a tutt’oggi ribadisce che tutta quella gente da noi pietosamente raccolta ce la dobbiamo tenere.
A buon intenditor pochi concetti e i migranti sono tutti suoi.
E a noi pare, nel leggere i giornali e i telegiornali, che tutta quella gente che intasa la stazione di Milano o forma accampamenti di affamati ed assetati e prostrati al Brennero non somigli proprio per nulla ad una ‘opportunità’ bensì una iattura senza fine di costi sociali e disordine e aumento percentuale delle cifre della criminalità urbana e, sicuramente, un grossissimo problema di convivenze difficilissime – non inferiore a quello dei ‘campi-rom’ che tanto ci sono costati e tuttora collettivamente malediamo e non sappiamo come disfarcene e quali nuove e diverse politiche attuare di civile convivenza.
Aveva seguito i “consigli” di Alessandra Moretti, la candidata alla regione Veneto travolta alle elezioni regionali. Aveva aperto le porte di casa sua a un immigrato, come…
LIBEROQUOTIDIANO.IT

mercoledì 10 giugno 2015

Diverso parere (Recitazione della Controversia Immigratoria 2)


Facebook, si sa, è cassa di risonanza di ogni cosa, anche dei link più 'strani' o vagamente cretini, ahinoi.
Così ci è capitato di notare, nella rassegna delle dolenti note che ogni mattina facebook ci propina provenienti da ogni dove dell'universo web, la frase di una tale - da troppi e insospettati 'feisbuchiani' condivisa - che si lamentava pei troppi leghisti che 'non frequentano le biblioteche'. Luoghi, da sempre, assai diserti di pubblico, in verità – a parte gli studenti universitari che vi vanno a fare delle ricerche e qualche pensionato di discreto livello intellettuale che sfrutta l'aria condizionata che non ha a casa. Lo so per averne raccolto le confessioni.
E ho il sospetto che non le frequentino neanche molti di quei tali che quella frase hanno condiviso con un facile clic poco riflessivo e 'partigiano' - e le statistiche italiche di chi legge un libro o un giornale ce lo confermano, ahinoi, che siamo tra le 'mosche bianche' dei 'forti lettori', e non solo i 'leghisti' (epiteto usato con sommo disprezzo dai 'buonisti') sono illetterati e rozzi e deficienti di buone e varie letture.
Ciò premesso – e stigmatizzato l'uso aggressivo e denigratorio che i sinistri 'buonisti' fanno della categoria del 'leghismo' per affermare che solo il loro verbo universalistico e accogliente a sproposito e decisamente 'fuori misura' (oltre 200.000 gli arrivi dei 'popoli del mare' stimati per l'anno in corso) è vangelo e bibbia del terzo millennio – ciò premesso, dicevo, mi stupisco dello stupore del giornalista che legge questa settimana i giornali a 'Primapagina', bella trasmissione del primo mattino di radiotre.
E quel tale giornalista si stupiva, stamane, della reazione dei vicini di casa e compaesani di un tale, vicentino, un uomo buono, buonissimo, che riferiva ai telegiornali che gli si sono rivoltati contro tutti come vipere per avere lui, di suo buon animo, ospitato nove baldi 'profughi' (si suppone) senza avere prima consultato e avvisato il Comune e il Consiglio di Quartiere perché la bontà francescana, è noto, esclude consultazioni e raccomandazioni di prudenza e valutazioni di opportunità.
E, per quanto sia noto a tutti, da secoli, che 'il peggior nemico è il vicino di casa' - e basta che la siepe di bosso o ligustro di lui debordi oltre le nostra alta rete di recinzione, subito la innaffiamo di acqua bollente – quel tale vicentino, uomo buonissimo, ha pensato bene di incrementare la popolazione residente di casa senza avvisare i vicini del prossimo convivere allargato e dei problemi che potrebbero derivarne – metti che quei tali, la sera, orfani dei ritmi di origine, si mettano a suonare i bongo i giardino, come ho visto fare a Nizza nel mio ultimo viaggio colà, e la signora del primo piano subito li apostrofava nel suo francese fiorito.
E davvero non è chiaro il perché i nostrani buonisti continuino a trascurare le incompatibilità territoriali che si denunciano a gran voce e quelle dei conti economici dello stato in disordine per 'il troppo che stroppia' degli arrivi epocali dei 'barconi' – e chissà che cosa pensano del fatto che il bravo Renzi non trova i soldi per restituire il maltolto alle pensioni più basse, depredate dal duo banditesco Monti-Fornero, ma abbia soldi subito pronti e freschi e fuori bilancio per foraggiare quei Comuni che si diranno disponibili agli accampamenti e alle caserme occupate e ostelli e alberghi dei futuri 'campi-rom' che si preparano a centinaia nel Belpaese.
Che sia questione di scarse letture di quei tali dei link sulle biblioteche che vanno diserte e di neuroni scarsamente addestrati al duro confronto politico?

martedì 2 giugno 2015

L'Arte ancella

E l'Arte sembra voler essere ancella della Scienza e della Letteratura, a giudicare da certe mostre e installazioni 'site-specific' della Biennale - 'pensate e fatte sul luogo', non vi spaventate per i troppi inglesismi che troverete e il vizietto di scrivere le didascalie e le spiegazioni e le biografie degli artisti solo in inglese, ignorando la buona regola della cortesia dovuta al paese ospitante.
E l'Azerbaigian - paese di cui conosciamo poco o nulla, figurarsi i suoi artisti -, la fa da padrone, in questa Biennale 2015, con ben tre sedi espositive e di prestigio (Palazzo Barbaro, Ca' Garzoni e campo S. Stefano, la sua storica base di partenza), tutte degne di nota e di visita e diversissime tra loro per l'offerta artistica e magnifiche le invenzioni, le informazioni su quanto ci accade mediate dall'arte e le vere e proprie storie di vita che vi si narrano.
E mi ha colpito 'l'Unione del Fuoco e dell'Acqua' a palazzo Barbaro – dove si narra la strana storia di un magnate del petrolio che visitò Venezia con la sua amata e rimase così colpito dalla bellezza dei suoi palazzi e le ogive gotiche da voler costruirne uno di simile a Baku, la capitale (che già l'aristocratico veneziano Barbaro, ambasciatore, visitò nel Quattrocento nel corso di quei loro magnifici viaggi che duravano quattro e più anni e, quando tornavi, tutto era mutato e vivevi un'altra vita). E la storia di quel magnate e della sua amata è struggente e finisce in tragedia, la tragedia dei Soviet, e il resto andate a vedervelo, ne vale davvero la pena.
E a Ca' Garzoni, invece, l'Arte sposa la Scienza riferita all'ambiente nostro degradato e inquinatissimo e le meravigliose sale restaurate di recente ospitano invenzioni artistiche davvero belle e bravi gli artisti e le loro figurazioni d'incanto, ma non trascurate di soffermarvi a lungo nel laboratorio-antro de' moderni maghi della scienza dove si dà conto del problema (già sollevato da molti, ma da troppi governi e persone trascurato) delle immense estensioni di nuove isole e veri e propri territori (alcuni grandi più del Texas) fatti di plastiche raggrumate dai vortici oceanici i cui vari e diversi frammenti, sulle spiagge, si mostrano nella postmoderna forma di polimeri rocciosi: minerali di nuovo e postmoderno conio con cui i nostri nipoti dovranno convivere e i bis-nipoti forse riusciranno a trasformare e plasmare ed elaborare in nuovi materiali buoni per l'architettura futura e oggetti di uso comune.
E gli artisti ospitati ci mostrano da par loro le paure e gli incubi che ci tormentano, ma anche le invenzioni geniali che trasformano le statistiche scientifiche in quadri 'alla Mondrian' che occupano scenograficamente intere pareti e questo uso dell'Arte e i suoi luminosi apparentamenti finalmente ci con-vincono che non tutto di quanto abbiamo visto e vedremo nei mesi a venire è asfittica ed enigmatica 'conceptual-art', bensì chiara esposizione e illuminazione per le quali ci diciamo ammirati - e ci auguriamo che 'mille di queste esposizioni' scalzino, in futuro, quelle opere astruse di troppi sedicenti 'artisti' che, interrogate dal muto e perplesso visitatore, sprezzantemente non rispondono.
Forse perché non hanno nulla da dire?