venerdì 31 luglio 2009

l'arte e il mistero del male

Un intero palazzo nobiliare e la sfilata delle auguste stanze vuote per dire 'Di che cos'altro possiamo parlare?' Sembra l'eco di una poesia imparata a scuola (E come potevamo noi parlare / con il piede straniero sopra il cuore?) e invece è l'allestimento 'artistico' di Teresa Margolles, partecipazione nazionale messicana alla Biennale di Venezia.

Una sfilata di stanze vuote lavate ritualmente con acqua e sangue ogni giorno alle quattro del pomeriggio (la perfomance) e aria condizionata sparata fredda per congelare eventuali insorgenze batteriche e solo due stanze occupate con grandi teli imbevuti di sangue e uno di questi tessuto quotidianamente col filo d'oro della memoria che non vuol morire fino al giorno di chiusura della mostra.

Un allestimento e un idea che lo sorregge di una pesantezza intollerabile e se è vero che il rimando è alla crudelissima realtà dei morti ammazzati e della guerra criminale che si svolge quotidianamente alla frontiera tra il Messico e gli Stati Uniti - un evento 'pesante ' e sconvolgente, certo - altri eventi di uguale o maggiore drammaticità avvengono quotidianamente nel mondo e dovremmo coprire le città e le case di teli imbevuti di sangue (che il sole sbiadirebbe e rischiarerebbe perchè niente è nuovo sotto al sole) oppure stracciarci le vesti e cospargere i capelli di cenere - o fare come la Abramovich, anni fa, che, nuda, accoglieva tra i pesanti, materni suoi seni le ossa dei morti della guerra di Bosnia e li lustrava e piangeva ed emetteva gemiti come le piagnone siciliane ai funerali.

Se l'arte invade lo spazio della vita rischia di dire niente o di dirlo male. E se è vero che l'arte è chirurgica e non ha rispetti della realtà da cui trae i suoi stimoli e vi si sovrappone e ne denuncia la pochezza è altrettanto vero che lo deve fare in maniera geniale e rispettosa, invece, dello sguardo di chi osserva e cede all'incanto e alla fascinazione di un evento simbolico e di un rituale di teatro della memoria che commuove e rompe le corazze razionali e frantuma i biechi cinismi e con-vince.
Solo allora diventa 'catartica': capace di polarizzare l'attenzione e piegare l'animo alla commozione e all'idea di consolazione.

'Se una poesia (o una forma d'arte n.d.r.) non è consolatoria', scriveva David Laing, geniale psichiatra autore di un suo libro di poesie, allora è un totale fallimento.

Ma qui, in questo palazzo buio, in questa sfilata di stanze vuote lavate con acqua e sangue gli eventi di quella mattanza transoceanica non ci prendono, forse perchè abbiamo esposto troppe bandiere inneggianti alla pace e le abbiamo osservate stingere al sole inutilmente o forse perchè il Male lo abbiamo ormai accettato come terreno di coltura delle nostre sinapsi neuronali e gli facciamo quotidianamente un monumento e il Bene è un lenzuolo che sbiadisce di un' artista velleitaria o illusoriamente convinta di saper suscitare echi di pietà (e, invece, ' pietà l'è morta' e da tanto di quel tempo ormai).

La notizia del millesimo cadavere di un morto ammazzato non scalfisce più la mente al modo dei primi - così come l'ennesima schifezza di un politico che ci ha abituato a convivere e a ridere quotidianemente della miseria morale.
Si canta in coro 'non siamo dei santi' e chi non salta è comunista, olè.

mercoledì 29 luglio 2009

il massimo grado di entropia


Dovremmo fare come i bambini: tornare con la mente al periodo in cui avevamo coscienza di esserci per uno strano caso del destino e ci adeguavamo a quanto ci avveniva intorno.
Scrivere un 'romanzo di formazione', insomma, in cui raccontiamo il come abbiamo accettato l'ordine provvisorio e contradditorio che ci veniva dalla famiglia e dalla società e dalla Chiesa ed ha formato lo strano impasto che siamo.
Perchè questo ritorno alle origini? Ma, diamine! per capire da dove origina il fastidio che proviamo quando notiamo il disordine che ci circonda, il degradare delle buone abitudini civiche e il verificarsi dei fenomeni che ci inquietano perchè hanno un futuro 'entropico' che ci pare di non poter controllare mai più.

Mi alzo presto al mattino per godere del fresco effimero che residua dalla notte e a quell'ora la città si mostra nel suo massimo grado di entropia e, prima degli spazzini (oops! operatori ecologici), entrano in azione gli spazzini naturali e rompono i sacchetti dell'immondizia col becco rapace (pochi cittadini rispettano il regolamento comunale che prevede di alzarsi tra le sette e le otto e di mettere fuori dalla porta la spazzatura raccolta solo in quell'ora) e distribuiscono il contenuto tutto intorno per ingurgitare il poco di alimento che vi è contenuto - disputandoselo con beccate e gutturali strida minacciose.
Dietro a loro: i colombi in attesa delle briciole e i passeri, ultimi nella catena alimentare.

Questo sindaco-filosofo che molti ci invidiano ha dato il via a molte sistemazioni immobiliari, aperto cantieri, gallerie d'arte, ma ha perso la scommessa della 'bassa' gestione, esiziale in una città dai grandissimi numeri di visitatori.
La mancata e approssimativa pulizia della città schifa davvero: per le troppe deiezioni in bella vista dei cani (moltissimi qui in città e in aumento esponenziale a causa degli studenti e liberi di correre e abbaiare a tutte le ore del giorno e della notte che in Austria e nei boschi del Tirolo - pur se in tanta immensa natura - ve lo sognate, cari voi).
Deiezioni, dicevo, stampate e spalmate sui masegni e che attirano le mosche pel gran caldo.

Venezia è città lavata solo dalla rara pioggia d'estate e 'rami' più nascosti e le calli più strette attirano i visitatori che non vogliono pagare la pipì-card o accomodarsi in un bar e dai tetti piove il guano dei molti colombi nidificanti e che vi stazionano la notte: vere e proprie 'colonie' alimentate da signore/i che si reputano 'animaliste/i' e gettano più volte al giorno manciate di riso in barba ai divieti e ai regolamenti comunali che prevedono sanzioni severe.
Ma si sa che 'grida' e divieti fanno ridere e arrabbiare se inapplicati e manifestamente impossibili da gestire perchè la polizia municipale è sempre ' in tutt'altre faccende affaccendata', poverini.

Ed ecco tornare a bomba i 'romanzi di formazione'. Perchè l'ordine provvisorio che osserviamo alla nostra nascita e nel corso dei primi anni della nostra crescita sempre muta ed è vieppiù precario e, se vengono meno i 'valori' civici che abbiamo appreso e il pesce comincia a puzzare intollerabilmente dalla testa, disperiamo di tornare a un paesaggio mentale che ci rassicuri, - e si giustifica quanto avviene nel mondo di disordinato e orribile che ognora ci raccontano le cronache: che tutto ciò che è male trionfa e gli angeli neri infernali scacciano i bianchi domestici che ci proteggono (così ce la raccontavano da bambini).

E allora diventa normale avere a capo del governo un puttaniere 'che fa' e si arricchisce vieppiù in barba a un monumentale conflitto di interesse e un esercito di ammiratori che osservano compiaciuti la sua quotidiana predazione rapace che, al confronto, questa nostra delle decine di gabbiani-spazzini, è davvero picciola cosa e disordine ed entropia, tutto sommato tollerabile.

sabato 25 luglio 2009

su istanza di Big Pharma

Dieci domande...

al premier nostro che sta(va) alla Certosa (e oggi medita di andare da padre Pio).

1) Perchè tutte col vestitino nero?
2) A che serviva che fossero laureate - ammesso e non concesso che tutte lo fossero?
3) Perchè questa discriminazione lavorativa tra giovani laureate e non - data la grave crisi occupazionale in atto? Non bastavano i 'books' come curriculum?
4) Quali altri capi di stato e di governo oltre a quello effigiato nella nota foto che ha costretto la compagna a parlare di fotomontaggio hanno usufruito dei 'servizi particolari' messi a disposizione in Villa?
5) Che ruolo hanno avuto in questa particolare vicenda le guardie del corpo e il fido Apicella (per la serie: il ricco Epulone e le briciole del banchetto)?
6) Ritiene che sia il caso di fornire in futuro a quotidiani 'gossipari' e 'politicamente nemici' altre vicende (audio/video) così succulente e di indubbio interesse pubblico e politico?
7) Quanti nuovi books le sono stati sottoposti nel frattempo - supervisionati da Emilio Fede o dalla signora Brambilla - per gli usi para politici del caso?
8) Quante dolenti poesie sono state scritte sul merito di questa scabrosa vicenda dal fido Bondi e quali accertamenti sono stati avviati dalle sovrintendenze aventi titolo di indagine sulla scoperta di un importante sito funerario fenicio all'interno del parco di villa Certosa?
9) Intende ricavare lo spazio di un suo Mausoleo personale accanto al sito fenicio - corredato coi regalini per le escorts che le fossero eventualmente avanzati e altri simboli itifallici che conferiscano acconcia memoria e speciale racconto ai posteri dei suoi fasti e gloriosi trascorsi politico-istituzionali?
10) Fa uso di speciali sostanze 'corroboranti' nel corso delle sue feste e, se si, ne trae particolare giovamento? (quest'ultima solo a fini medico-documentali e su istanza di Big Pharma).

Tutto quanto sopra esposto Le viene richiesto al fine di integrare gli Annales che si stanno scrivendo sulla sua Augusta Persona e a sua maggior Gloria futura e necessaria Celebrazione - come già hanno scritto alcuni giornalisti russi (Putin in questo non c'entra) subito accorsi a sollevarla dal peso delle troppe calunnie 'politiche' che La tormentano in patria e all'estero.

http://www.youtube.com/watch?v=_gLgDURKlto

ramo Malipiero


Big White Child ha l'aria triste da cinque giorni a questa parte.
Dominava Punta della Dogana e il Bacino di san Marco come una polena di bianchissima luce e adolescenziale eleganza e mostrava stretto nella mano destra il suo strano batrace prigioniero (catturato in chissà che fosso ed esibito per un suo artistico gioco atroce) ed oggi è imprigionato nella grigia trasparenza di un parallelepipedo in plexigas che lo ha ridotto a icona di se stesso, oggetto artistico qualunque, prezioso, da salvaguardare e preservare dall'attenzione malata di graffitari e notturni teppisti.
Era libero fra noi, seppure stranamente immobile e così alto, giovane Golia gioioso dell'arte moderna e ora è stretto fra le pareti del plexigas che portano la temperatura all'interno a livelli da forno e l'aria non la respira più e se è 'salvo' da schizzi e disegni osceni o da urti e martellate è stato ridotto d'imperio a una statua qualunque, un pezzo da museo o da galleria d'arte e non celebra più il senso di libertà piena simboleggiato dalla sua nudità e la felicità del gioco, sia pure atroce, della cattura di una preda.

Le opere d'arte vivono di luce e se la luce si spegne o poggia malamente sulla superficie dell'oggetto una parte non piccola di quell'arte viene meno ed ha ragione quell'artista di luce che ieri è venuto a visitare le ombre di Martinelli e le sue de-tessiture a dire che il suo lavoro di curatore di famose mostre, della luce che 'illumina' specialmente le opere esposte (www.lightstudio.it) è anch'essa arte e della più pura e lo ascoltavo dissertare con maestria e perfetta competenza di come il suo lavoro di luce avrebbe rischiarato le ombre di Mario - o le avrebbe incupite, secondo il desiderio dell'artista - e le avrebbe rese spettrali o calde e le avrebbe fatte parlare come per un concordato incontro nell'Ade, perchè proprio quel genere di dialogo impetravano gli occhi di Mario mirando l'ombra di suo padre seduto a un tavolo col gotto dell' 'ombra' di vino che rallegra o consola i nostri giorni.

Ramo Malipiero è un effervescenza artistica davvero speciale, in questo effimero spumeggiare di 'eventi collaterali' della Biennale a volte poco consistenti e faticosi e di 'partecipazioni nazionali' meritevoli solo di un occhiata veloce e via verso altro palazzo, altra sede espositiva.

Ci pascolano perfino strani rinoceronti - di una bellezza commovente, forti, austeri, massicci, quieti e imperiosi come la loro 'fattrice' che in essi si identifica e nei suoi occhi (di lei) si legge la forza e la tranquilla determinazione di chi ha quel maestoso corno e poderoso nella mente e se parte all'attacco tutto travolge e la terra trema per il suo correre avanti furiosa incurante di ogni ostacolo.

Ieri ho ricevuto in prestito da Viola, curatrice fiorentina degli artisti di 'The Pool Nyc', un libro che cattura fin dalla prima pagina. Con lei e Gigi, cintura nera veneziana e curatore d'arte a sua volta, osservavamo in Internet i prodigiosi torsi di un artista e i suoi colossali 'pugni' decorati con speciali tatuaggi-codici - i tatuaggi dei criminali siberiani di cui parla il libro edito da Einaudi 'Educazione siberiana' di Nicolai Lilin.

Un Ramo veneziano, seppure chiuso, cieco, può essere un luogo di ampi orizzonti che si dischiudono ed eco di altri luoghi molto diversi del mondo e di persone le più varie e di 'messaggi' artistici che si aprono sorprendentemente davanti ai nostri occhi e rendono specialmente sapida una giornata.

giovedì 23 luglio 2009

se questo è un titolo

Il capo di governo di una nazione - che all'estero si schermano la bocca con la mano e lo dicono 'il puttaniere' (e i 'lettoni' per le escorts se li fa regalare dal Putin, suo compagno di merende e di vacanze romane e sarde) - ieri ammiccava alla platea dei suoi sodali imprenditori grandi e piccoli e agli altri ridanciani seguaci e diceva che: '...il paese è pieno di belle ragazze e io non sono un santo'.



Ci credereste? La platea ha riso di gusto e ha fatto venire giù i muri con l'applauso.

Ma che uomo simpatico e valente, che splendido capo di stato abbiamo: gioioso e altamente rappresentativo del 'mediotipo italico'! L'uomo giusto per una repubblichetta da marciapiede che 'più alla frutta' non si può; meglio: che 'più allo sgroppino' - con allegro rutto corale e barzellette sconcie a raffica quale 'grande finale' del banchetto della 'crisi che non c'è'.



'Siamo tutti puttanieri' sarà il motto-matto dei molti fan-clubs de 'per fortuna che Silvio c'è!' sparsi per il paese, - Emilia-Romagna e San Marino in testa? E che dire del mitico 'voto cattolico' dei pretesi benpensanti d'antan e bravi mariti e padri amorosi che oggi strizzano l'occhio al loro campione-di-denari-e-puttane e segretamente lo incitano a farsi beffe dei cosiddetti 'valori' e dei comportamenti degli uomini probi di una volta?



Alcuni arrivano al punto di consegnarli chiavi in mano le Noemi-figlie e nipoti stese su di un piatto d'argento e il limone già in bocca e il mazzetto di rosmarino in mezzo alle cosce perchè Egli le onori e garantisca alla puella-in-carriera un futuro da Ministra di Impari Opportunità o sottosegretaria, ma anche semplice deputata e, giù scalando, consigliera provincial/comunale o - se proprio va male - semplice 'starlette' o velina televisiva, veda Lui, faccia Lui, l'amatissimo Papi, - dal momento che gli uffici della disoccupazione hanno sede fissa ormai a Villa Certosa ed elegante succursale romana a Palazzo Grazioli.



E' così che si fa politica e diplomazia oggi in Italia: offrendo ai Putin e ai Topolanek di turno - in aggiunta a pranzi lauti e le cene di protocollo e le visite guidate - la ricca messe delle veline italiche, delle aspiranti miss Italia che vanno a farsi i 'books' dai fotografi più noti e chiedono loro di essere effigiate in qualche particolare posa 'osèe' (Noemi Letizia) perchè hanno sentito dire che i porcelloni a cui quei 'books' sono destinati sono specialmente sensibili a quel genere di richiami volgari 'antichissimi' - come si dice del 'mestiere' cui molte giovani donne si condannano senza più sentirsi 'sporche' perchè, se è il presidente del consiglio in persona a dare il cattivo esempio, (il pesce che comincia a puzzare dalla testa), allora tutto è lecito e non mette conto più di discutere di morale e di buoni costumi e chi 'non la dà facile', già a partire dai 13/14 anni, è una complessata, una irrimediabilmente 'out' e che non ha futuro, care voi.



'Berlusconi: non sono un santo'. Poichè questo è il titolo dei principali giornali/telegiornali di oggi, allora è fatta: siamo fuori dalla crisi, la disoccupazione non è un grosso problema, i terremotati possono attendere e tutto va ben, madama la marchesa e a tener banco nelle cronache è sempre e solo lui: l'allegro clown affetto da satiriasi che invita all'ottimismo sempre e a prescindere (guardate me!fate come me!). Quello che più conta nel paese è il suo indice di popolarità: che si parli di lui a più non posso, anche male, purchè se ne parli e l'audience va alle stelle e l'osanna televisivo beota è assordante e infinito - come si dice dell'umana stupidità e dell'espansione degli universi.



E giunti a questo punto del molto notare e scrivere e dibattere sulla questione 'aplomb' di uno statista e della sua morale pubblica/privata condivisa o deprecata, risulta chiaro anche a un infante un po' tardo che di questi aspetti della 'cittadinanza' e del vivere associati ai nostri destri dei fan-clubs 'meno male che Silvio c'è (e 'onora' le nostre figlie)' non gliene importa un fico secco, nè se un bel giorno il loro campione si girasse in video e abbassasse i pantaloni e mostrasse i sodi lombi da satiro impenitente col fine di muovere alla risata il suo pubblico di aficionados gioiosi e osannanti.



Se i limiti e i vincoli del comportamento privato e pubblico di un capo di governo sono macerie e schifezze e spazzatura esibite e rivendicate pubblicamente, se non ci si stupisce più del concupire le vergini-puttane a botte di duemila/cinquemila euro ('anche sul prezzo c'è poi da ridire' cantava Re Carlo-tornato-dalla-guerra), cos'altro ancora può stupirci/indignarci/offenderci?



Forse solo l'arrogante, ottusa irrisione che ci rivolgono i suoi supporters sui forum, la loro supponente pretesa di impunità e di 'facciamo-il-caxxo-che-ci-pare' e il loro stupido dirci 'moralisti', gossipari', 'giustizialisti', 'manettari' quando in causa, qui e ora, è solo una semplice questione di pubblica e privata 'decenza' e un livello minimo di 'dignità personale' e politica, vivaddio!

martedì 21 luglio 2009

l'irrisione e il senso delle cose


Caro Fire,


trovo le tue osservazioni interessanti. Sopratutto per il loro rendere evidente (ancora di più! come se dell'evidenza non sapessimo più che farcene ormai e conta solo il 'prendere parte') la differenza tra chi si interroga e cerca lume al senso delle cose e chi -come voi destri-futuristi (di che futuro!!)- sempre e solo sottolinea l'irrisione implicita nelle cose come loro accidente.


L'incidente occorso a grandi luminari dell'arte in occasione del ritrovamento delle finte teste di Modigliani non è il solo episodio di 'incappare in un errore' accaduto a gente più o meno famosa.


Viviamo nella apparenza delle cose e di noi che sono difficili da interpretare con un semplice tratto di penna e di pensiero e sempre dobbiamo riproporre l'interrogativo di senso (chi, come, perchè) per evitare di piombare come sassi nel profondo lago della stupidità e restarci cadaveri.


Vedi, ciò che tu irridi (l'errore dei due 'grandi' critici ed esperti di cose d'arte) somiglia all'irrisione che voi e i giornali della famiglia Berlusconi rivolgete ogni giorno a coloro che s'interrogano sul senso dell'avere a capo del governo e di una nazione un volgare puttaniere, l'incarnazione di quell'imbroglione italico, di quell'imbonitore da fiera che ritroviamo in tanti films e in tanti libri di questo paese.

Stessa pervicacia cieca e incurante del 'senso', stessa voglia di 'bullismo' mediatico: lapidare l'avversario per difendere il Barabba che si è voluto a capo del governo di 'questo mondo di ladri' (dichiarati e fieri di esserlo: ladri di socialità, ladri di tasse mai o malpagate) - come cantava Venditti a suo tempo.

Non se ne va fuori, mio caro.

La partigianeria, il solo prendere parte, senza altri interrogativi e interiori rovelli porta agli hutu e ai tutsi e ai loro machete e alle fosse comuni.

Forse avevano ragione i vostri amati futuristi a indicare la guerra e la mattanza come la 'sola igiene del mondo. Chissà.

lunedì 20 luglio 2009

staccando l'ombra da terra


Forse sono condizionato dalle ombre del mio amico Martinelli o forse è quest'estate densa di presagi che mi aleggiano nel cranio a far risuonare troppo spesso nei miei pensieri le parole 'staccando l'ombra da terra'. I pensieri fissi preoccupano, in genere - per quanto in alcuni producano opere di genio. O è il titolo di un romanzo di qualche decennio trascorso che ho letto?



Fatto sta che questa frase la sento particolarmente mia: mi stacco da terra, da un po' di tempo a questa parte, ogni giorno un po' di più: come per una segreta levitazione non avvertita e segnalatami da alcuno, malgrado la mia statura appaia più alta ad ogni nuovo incontro.

Il mio regno non è più di questo mondo - mi perdoni quel Tale che questa frase pronunciò duemila anni fa per la presunzione di essergli emulo.



A differenza di Colui, (che a sua volta staccò l'ombra da terra e la dissero 'resurrezione') lo è stato, però. In questo regno terrestre ci sono stato bene e ho interagito parecchio di gusto con cibi, donne e champagne (poco; di più prosecco e cartizze); solo che adesso non trovo più agganci di speciali piacevolezze e vale di più lo stupore di esserci ancora (qui, in questa valle di lacrime e gioie e frenesie le più varie) e mi chiedo ad ogni giorno nuovo 'che ci faccio qui' e il regno delle ombre comincia ad essermi più familiare di quegli strani esseri di luce che si dicono persone vere, agenti e interagenti freneticamenti tra di loro - sesso compreso, che sembra essere uno degli speciali piaceri per i quali ci diciamo vivi e felici di esserci.



Sono come quel vecchietto di quella storiella che, interrogato dall'amico sui suoi rapporti con le donne, lo rassicurava: 'Si, si, ci corro ancora appresso, sai, ma, vedi, mi capita di chiedermi - una volta che le ho acchiappate - perchè diavolo ho fatto tutta quella corsa.'



Dunque addio alle armi e lo champagne giusto per festeggiare i prossimi sessanta e quella strana sensazione di levità e distacco da terra (ogni giorno più accentuata) che mi apparenta alle ombre che osservo tutte le mattine nell'atelier di Mario. Ombre gioiose, ombre di vita, ma ombre.



Finirò per chiedergli di farmene una, di ombra, per staccarla esorcisticamente da terra e osteggiare questa fuga lieve dell'anima mia dalla luce di ogni giorno nuovo che non so contrastare perchè, forse, è giunto il tempo di intraprendere un lungo viaggio: quel viaggio in direzione di un lontano deserto intrapreso dal filosofo i cui discepoli si rassicuravano l'un l'altro.
'E' in viaggio', si dicevano ad ogni nuovo incontro - e, dopo un po', nessuno interrogava più l'altro per salutare 'virtù d'oblio'.

venerdì 17 luglio 2009

ceramiche e blob velenosi




Una galleria d'arte itinerante sembra idea nuova e semplice - come tutto, in fondo, al suo primo apparire -, l'uovo di Colombo: bastava pensarci. E tuttavia comporta ideazione e la fatica implicita in ogni nomadismo: togliere le tende ad ogni giro di stagione e/o necessità di transumanza che cerca i pascoli più ricchi d'erbe e l'erba nuova e più sapida per le bestie.
Giovani artisti crescono e cercano luoghi dove mostrarsi e occhi e menti aperte alle loro creazioni: dunque si parte, si viaggia, si va dove ci porta il richiamo maggiore delle arti, si cercano le opportunità migliori per quelle strane bestie transumanti (per vocazione e destino) che sono le creazioni artistiche.
The Pool Nyc è il nome della 'galleria itinerante' che - nei mesi di giugno e luglio e agosto - presenta i suoi artisti nella Corte Malipiero, Ramo Malipiero - un luogo di incanti veneziani con vista sullo splendido giardino di palazzo Malipiero, 'facing' sua maestà il Canal Grando. Una calle cieca, un 'ramo', forse la più fitta di 'sedi espositive' (della Biennale e non) che si dà a Venezia, un vero e proprio 'giacimento artistico'.
Oltre al padiglione dell'Estonia -che propone una riflessione sociale su un evento-cardine della recente indipendenza di quella nazione- troverete le sorprendenti e affascinanti 'ombre' di Mario Martinelli di cui vi ho già parlato e, sull'angolo, il silenzioso padiglione della Slovenia.
E se tanto non vi basta, cinquanta metri più avanti vi aspetta l'esposizione-monstre di Palazzo Grassi del ricco Pinault piglia-tutto.

A mia figlia piacerebbero (piacciono molto anche a me) queste sculture ironiche e graffianti di Andrea Salvatori presentate da 'The Pool Nyc' nella Corte Malipiero.
Ci troverebbe i suoi amatissimi 'transformers' e i giocattolini buffi con cui molto ha giocato - qui riproposti in forme e materia elegantissime e classicissime: la ceramica - statue e icone nuovissime e giocose e dissacranti quasi per 'trasgredire' in senso opposto: un 'ritorno al futuro' della giocosità satirica, incluso il gesto dell'ombrello dell'omino buffo rivolto alla morte.
Le icone 'borghesi' che un tempo facevano il servizio buono delle feste e le statuine di biscuit quali preziosi soprammobili diventano, plasmate dalla fantasia irriverente di Salvatori, vignette satiriche efficacissime e brillanti - con forte propensione all'uso del sadomaso come complemento (antichissimo) del 'metterlo in quel posto' quando ce vo' .
Ecco allora il sacro piantare una spada nel corpo del drago di san Giorgio qui trasformarsi in una candela infilata nello sfintere del medesimo con effetti esilaranti e programmaticamente trasgressivi.
Oppure il blob melmoso e nerastro (fantastico qui l'uso paradossale della materia ceramica: elegante per irridentissima contrapposizione) che ormai è diventato cupola stercoraria con solo un foro in alto da cui uscire e un omino in affanno quasi sul punto di uscirne che è metafora - ahi, quanto cogente e attuale! - della nostra vita associata: di quel blob orrendo e puzzolente che esce dagli schermi televisivi fitto di vergini-puttane e vecchi puttanieri che danno l'assalto al cielo (e ci riescono, parbleu! Aiuto!).

martedì 14 luglio 2009

l'ombra delle cose e di noi


Non capita tutti i giorni di incappare in un 'evento' artistico come quello a cui mi è capitato di assistere oggi: di parlare diffusamente e interrogare per oltre un'ora e avere risposte plausibili e affascinanti da un artista innamorato delle sue creazioni (meglio: innamorato della meraviglia che le fa balzare fuori dal suo vulcanico cranio come tante Minerva) e della 'filosofia dell'arte' che le sottende.
Altro che 'eventi collaterali' della Biennale per il cui logo un artista deve sborsare fior di quattrini! Quello di Martinelli è un 'evento centrale', - pur se confinato in una calletta che da campo san Samuele va verso campo santo Stefano (nei pressi è l'interessante padiglione dell'Estonia).

Mario Martinelli è persona gioviale e faconda e geniale.
Trevigiano di grande spessore temporale (nasce nel '44), è insegnante di storia dell'arte e 'performer' di un livello stupefacente. Elabora 'ombre', il Martinelli, ama l'ombra che tutti noi siamo e l'ombra lunga e persistente e ognora affiorante in noi delle cose: per la filosofia insinuante e inquietante che ogni 'ombra' sottende.

Andate a trovarlo: vi accoglierà nell'atelier espositivo che ospita le sue creature (uno scalino più sù di semplici 'creazioni' artistiche) come una sorta di Socrate bonario e ironico e disserterà con voi amabilmente di tele ridotte a scarnificazione di fili coloratissimi e di 'ombre' ritagliate in essenziali maglie di rete che a tutto rimandano del mondo che crediamo di vedere per come è ed è sicuramente fitto d'ombre: all'arte che è stata dei pittori maggiori (ombre di loro famosi quadri come il 'Dèjeuner sur l'herbe'), alle nostre ombre in movimento e all'ombra di noi tutti che resta (o non resta) in questo universo di sogno che abitiamo.

Dialogava con una giovane donna di Parigi e con me, oggi, il Martinelli, - lei una sorta di scricciolo minuto, un'aspirante artista - e io li osservavo e ascoltavo commosso e ammirato.
Al Martinelli gli occhi brillavano per il piacere sincero di quel dialogo : genius loci di chi ha dimestichezza con le ombre, si, ma anche con la solarità e la luminosità che le genera e le sostiene e la giovane donna ne era consapevole e affascinata e non smetteva di interrogarlo e di approfondire e trascorrevano i minuti e un mondo di luci ed ombre e uomini e luoghi prendeva forma nella stanza e una segreta felicità di vivere, di esserci e di creare tesseva le sue architetture in quell'atelier fresco e accogliente che merita visite ripetute e un passa-parola tra i visitatori e, certo, a mio modesto avviso, una menzione speciale nei cataloghi dei mercanti d'arte e nelle future mostre ed esposizioni che andremo a vedere in questa e in altre città umbratili e luminose del vasto mondo che ci ospita.

luce, fate luce



C'è un aspetto misterioso di questo grande evento pubblico organizzato dalla Biennale che ci sfugge: a noi comuni visitatori curiosi di tutto quanto vediamo esposto e del senso delle cose strane e magnifiche e belle o brutte (volontariamente) che gli artisti ci mostrano e delle quali vorrebbero che capissimo il 'messaggio' : perchè nessuna forma si dà in artefatto umano che non 'dica', non 'comunichi' di diritto o di rovescio - anche quando si ostina a negare se stessa e l'atto del suo essere stata creata.

E' l'aspetto economico, il giro di denaro che ruota intorno all'insieme dell'evento e ad ogni evento particolare e ad ogni artista e al suo 'mercante'. L'artista moderno nasce e rivendica nome e fama universale col suo committente (principi, nobiltà e conventi), il mecenate e, più tardi, il mercante.

La maggior parte delle esposizioni veneziane è legata ad una nazione e il contributo dello stato che ha scelto il/i suo/i artista/i di riferimento ha il suo peso, certo, ma alcuni artisti si muovono in evidente e bella autonomia finanziaria ed è quella sotterranea tela di ragno del mercato dell'arte e dei ricchi mercanti che lo sorreggono e manipolano a sostenere il maggior peso.
Venezia è tutta avvolta in una gigantesca tela di ragno artistica che si sostiene ai piloni dei vecchi palazzi finalmente aperti al pubblico e delle vecchie chiese ringiovanite grazie al lifting - talvolta dissacrante - delle opere che ospitano e la nuova, bella sede espositiva della Punta della Dogana.
Ben poco si dà, geniali dilettantismi a parte, fuori da quella rete che sostiene gli artisti (in molti casi li 'crea') e attraverso la quale si arriva alle grandi esposizioni, ai musei d'arte moderna, alle maggiori gallerie delle metropoli, alla gloria e alla fama, insomma.

Una sola cosa (ahimè) mi accomuna agli artisti e alla loro arte ed è la ricerca di senso. La differenza tra loro e me e che la loro domanda è palese ed è un'opera 'd'arte' rivolta a un pubblico; la mia è, invece, una muta, disperata interrogazione: 'Che ci faccio qui?' (sul pianeta Terra, in questa città, in questo mio corpo di-sgraziato).
Se lo chiede l'opera (quadro, statua o installazione o video o live performance) e ce lo chiediamo in molti perchè non è mai chiaro il senso dell'andare e venire di noi uomini, il prendere forma e darne: alle cose, alle leggi, alle architetture, alle città e ai suoi ornamenti artistici.

Se 'luce, fate luce', è stato il gemito di Goethe morente (che luce ha sparso a piene mani colla sua opera: il Faust in testa), uguale domandare è il nostro, muto, quando giriamo attorno a quel perimetro nelle sale che ci permette di osservare l'opera d'arte nei suoi diversi aspetti e particolari.
Che vuol dire? è il muto interrogativo di molti. Interrogata, l'opera non risponde e, a volta, non basta lo scritto del critico d'arte a illuminarci e cancellare le ombre del dubbio.

Trascuro i velleitari: 'Lo posso fare anch'io' dei cretini perchè non mette conto parlarne e c'è un bel libro nelle librerie e nel book shop del Guggenheim dal titolo omonimo che costoro dovrebbero leggersi prima di acquistare il biglietto ed entrare in un museo o nelle sale di una mostra d'arte.

'No che non lo sai fare perchè l'avresti fatto' mi piacerebbe rispondergli 'e quell'artista e quell'opera su cui getti stupido discredito non sarebbe in quel posto e in quella sala se tutto fosse così banale e idiota e davvero naif e privo di senso.'
Dunque interrogatevi, come faccio io e altri dentro le sale - con muti sguardi a volte disperati -, e datevi una qualche risposta. Possibilmente sensata, se il poco cervello vi aiuta.

Abbiamo un disperato bisogno di risposte sensate, anche e sopratutto nella nostra vita politica e associata, dove il 'luce, fate luce' di Goethe trova la sua più cogente applicazione.

domenica 12 luglio 2009

il G8 è finito, andate in pace

Questi 'vertici' sono di una noia mortale. Con l'aggravante che costano valanghe di soldi al contribuente che li foraggia a botte di ricevimenti, pranzi e cene per i 'grandi' (sic) e tutta l'intendenza che si trascinano al seguito e i protocolli e i trasferimenti e la sicurezza e le città blindate.

Sono un po' come le messe che - giunti al finale del rito e delle benedizioni - ti congedano con quell'invito che pare una burla: andate in pace.

Andare come? In pace ci stanno solo quelle grasse vacche sdraiate sui prati alla mattina - che il sole le illumina di taglio fuori dalle cime dei monti segando l'aria sfilacciata di nubi e la rugiada, o lo scroscio notturno della pioggia, gli imperla il pelo corto e ispido e guardano lontano ruminando lente tutto quanto è intorno e si illumina man mano.



'O greggia mia che posi, oh, te beata / che la miseria tua, credo, non sai! / Quanta invidia ti porto! / Non sol perchè d'affanno quasi libera vai; / ch'ogni stento, ogni danno / ogni estremo timor subito scordi.(...) E io pur seggo sovra l'erbe all'ombra / e un fastidio mi ingombra / la mente e uno spron quasi mi punge / sì che sedendo più che mai sono lunge / da trovar pace o loco (...)'.



Quante vane parole si dicono a quei vertici (il 'discorzo' della poesia di Trilussa) e promesse non mantenute ieri e che non saranno mantenute domani. Bono, degli U2, ha dato del bugiardo al Re nudo nostro puttaniere e gli rimprovera di aver disatteso gli impegni di stanziamenti a favore dell'Africa già messi in agenda nel vertice precedente.

Ha avuto anni per deciderli e non l'ha fatto. Perchè mai oggi dovremo credere che li manterrà?



Dunque è teatro, spudorato e vilissimo teatro ad uso dei gonzi che osannano e dei sudditi e dei cerimonieri che incensano questi spaesati governanti allo sbaraglio transumanti tra le rovine dell'Aquila terremotata e il mondo va come sempre è andato e povertà e guerra si succederanno domani e dopodomani e la sorte del continente africano è quella di una deriva storica in cui guerre e dittatori corrotti la fa(ra)nno da padroni e il riunirsi e l'ammaestrare la stampa 'embedded' coi 'discorzi' è cosa buona e giusta (come nelle messe) solo per sciacquare la bocca e la coscienza di noi grassi occidentali che peniamo (sic!) per la crisi che ci affanna e ci diciamo tuttavia misericordiosi e generosissimi ( a parole).



Andate in pace, brava gente, nulla è cambiato dopo questo inutile, stupido rito di bugiarde promesse e benedizioni urbi et orbi dei cosiddetti 'grandi' - in testa il novello messia nero Obama.



Domani è um altro giorno e il sole si leverà caldo sopra i villaggi africani pieni di mosche e donne che scivolano silenziose fuori dalle capanne col bambino al collo ammalato e di questi pellegrini generosi (a parole) e benedicenti nessuno si ricorderà più se non per maledire lo sperpero di questi vertici - che una videoconferenza potrebbe efficacemente sostituire a costo zero con uguali, magri risultati per gli umili e gli ultimi.



Ma a loro, i re nudi, i governanti allo sbaraglio, mancherebbe il palcoscenico, poverini, senza il quale resta solo la vergogna del ritorno in cronaca delle puttane e delle vergini convocate alla Certosa e quel suo grugno ridicolo da dittatorello dello stato libero di Bananas col quale oltraggia i magistrati 'comunisti' e il cadavere dell'opposizione - e in sottofondo la fastidiosa eco di un abbaio furioso, insistito, dei suoi molti cani da guardia e da punta che ha fatto eleggere al parlamento e mantiene in gran numero nelle redazioni dei giornali di famiglia.

sabato 11 luglio 2009

imago mortis

Imago mortis



Le immagini che scegliamo per ricordare le nostre vite non dovrebbero limitarsi a quella, scabra, unica, improbabile che apponiamo sulle lapidi mortuarie. Abbiamo molte più sfumature e ricchezza di espressioni e risate e felicità e tristezze abissali e melanconie che abbiamo espresso vivendo e vorremmo che i posteri tutti ricordassero e i viandanti di ogni tempo presente e vivo, ma, ahinoi, i cimiteri sono luoghi spazio-temporali limitati: poco più che rubriche alfanumeriche di generazioni che sono state, hanno abitato e dato forma ai luoghi e hanno segnato la nostra storia passata (e l'hanno determinata e plasmata) condizionando così anche il nostro presente.



'Qui giace il nostro amato padre Josef Moser' recita la frase canonica di questo piccolo cimitero affacciato sull'Alpe di Lienz e la foto mostra un tipaccio nato nel 1823, bell'uomo: tutto barba e capelli lunghi con cappellaccio in testa alla Passator Cortese (re della strada, re della foresta) che possiamo supporre persona buona e dabbene, padre amoroso e rispettoso, ma anche - come ci informano certi racconti tirolesi un po' 'dark' - un padre-padrone; magari di quelli che nel chiuso delle stanze dei masi (chiusi), nelle solitudini asfittiche e incontrollabili di questi verdissimi pascoli e fioriti che ci incantano, consumavano stupri a danno delle figlie e la moglie nella stanza accanto a struggersi a rigirarsi nel letto e pugnalarsi dentro e dirsi morta-viva per il dolore atroce di nulla poter opporre a quella violenza domestica tramandata dai padri ai figli e ai nipoti.



Che compito ingrato è quello che si affida a coloro che devono chiudere una vita con solo una foto e una frase: ambedue improbabili, ambedue essenziali in modo lancinante e solo le lacrime a dire 'quello che non ti abbiamo detto e volevamo dirti' e l'amore che sarebbe bello e giusto offrirci l'un l'altro e non sappiamo dire o non possiamo o ci dimentichiamo, stupidamente, di dire e far valere nei ricordi.



Forse perchè 'la vita è adesso' ed è tumultuosa come i torrenti che scorrono giù dalle fenditure del disgelo: porta a valle sassi e terra e le nostre vite effimere non a caso vengono dette dette 'terra' dai celebranti dei funerali: 'Sei terra e torni a terra.'



Si, vabbe', ma sono stato carne e sangue e nervi e sfinimento e pulsioni di rabbia e amore che si sciolgono come le nevi al sole e ci sciolgono dentro o ci induriscono e sono stato gioco e passione e noia e, - qualche volta o molte volte - anche violenza cieca di guerre crudeli e sguardi lunghi dalle trincee poggiati sui paesaggi dell'aria e delle nevi perenni e solo questo oggi mi resta: una foto e una frase a dire il poco o il nulla che resta del sogno che abbiamo vissuto e abbiamo detto 'vita'.


http://www.youtube.com/watch?v=NFP_GrzWylg

lunedì 6 luglio 2009

le verità nascoste dall'indecenza

La verità che non può dire
di GIUSEPPE D'AVANZO
Berlusconi esige da noi, per principio e diritto divino, come se davvero fosse "unto dal Signore", la passiva accettazione dei suoi discorsi. Pretende che non ci siano repliche o rilievi alle sue parole. Reclama per sé il monopolio di un'apparenza che si cucina in casa con i cuochi di famiglia. Senza contraddittorio, senza una domanda, senza un'increspatura, senza la solidità dei fatti da lui addirittura non contraddetti, senza un estraneo nei dintorni. Vuole solo famigli e salariati. Con loro, il Cavaliere frantuma la realtà degradata che vive. La rimonta come gli piace a mano libera e ce la consegna pulita e illuminata bene. A noi tocca soltanto diventare spettatori - plaudenti - della sua performance. Berlusconi ci deve immaginare così rincitrulliti da illuderci di poter capire qualcosa di quel che accade (è accaduto) non servendoci di ciò che sappiamo, ma credendo a ciò che egli ci rivela dopo aver confuso e oscurato quel che già conosciamo. Quindi, via ogni fatto accertato o da lui confessato; via le testimonianze scomode; via documenti visivi; via i giornalisti impiccioni e ostinati che possono ricordarglieli; via anche l'anchorman gregario e quindi preferito; via addirittura la televisione canaglia che da una smorfia può rivelare uno stato d'animo e una debolezza.

Berlusconi, che pare aver smarrito il suo grandioso senso di sé, si rimpannuccia sul divano di casa affidandosi alle calde cure del direttore di Chi. Insensibile alle contraddizioni, non si accorge dell'impudico paradosso: censurare i presunti pettegolezzi dalle colonne di un settimanale della sua Mondadori, specializzato in gossip. Dimentico di quanto poca fortuna gli abbia portato il titolo di Porta a Porta (5 maggio) "Adesso parlo io" (di Veronica e di Noemi), ci riprova. "Adesso parlo io" strilla la copertina di Chi. Il palinsesto è unico.
In un'atmosfera da caminetto, il premier ricompone la solita scena patinata da fotoromanzo a cui non crede più nessuno, neppure nel suo campo. La tavolozza del colore è sempre quella: una famiglia unita nel ricordo sempre vivo di mamma Rosa e nell'affetto dei figli; l'amore per Veronica ferito - certo - ma impossibile da cancellare; la foto con il nipotino; una vita irreprensibile che non impone discolpa; l'ingenuità di un uomo generoso e accogliente che non si è accorto della presenza accanto a lui, una notte, di una "squillo" di cui naturalmente non ha bisogno e non ha pagato perché da macho latino conserva ancora il "piacere della conquista".

Acconciata così la sua esistenza che il più benevolo oggi definisce al contrario "licenziosa", chi la racconta in altro modo non può essere che un "nemico". Da un'inimicizia brutale sono animati i giornali che, insultati ma non smentiti, raccontano quel che accade nelle residenze del presidente. Antagonisti malevoli, prevenuti o interessati sono quegli editori che non azzittiscono d'imperio le loro redazioni. C'è qualcosa di luciferino (o di vagamente folle) nella pretesa che l'opinione pubblica - pur manipolata da un'informazione servile - s'ingozzi con questo intruglio. Dimentico di governare un Paese occidentale, una società aperta, una democrazia (ancora) liberale, il capo del governo pare convinto che, ripetendo con l'insistenza di un disco rotto, la litania della sua esemplare "storia italiana" possa rianimare l'ormai esausta passione nazionale per l'infallibilità della sua persona. È persuaso che, mentendo, gli riesca di sollecitare ancora un odio radicale (nell'odio ritrova le energie smarrite e il consenso dei "fanatizzati") contro chi intravede e racconta e si interroga - nell'interesse pubblico - sui lati bui della sua vita che ne pregiudicano la reputazione di uomo di governo e, ampiamente, la sua affidabilità internazionale. Berlusconi sembra non voler comprendere quanto grave - per sé e per il Paese - sia la situazione in cui si è cacciato e ha cacciato la rispettabilità dell'Italia. Ha voluto convertire, con un tocco magico e prepotente, le "preferite" del suo harem in titolari della sovranità popolare trasformando il suo privato in pubblico. Non ha saputo ancora spiegare, dopo averlo fatto con parole bugiarde, la frequentazione di minorenni che ora passeggiano, minacciose, dinanzi al portone di Palazzo Chigi. Ha intrattenuto rapporti allegri con un uomo che, per business, ha trasformato le tangenti alla politica in meretricio per i politici. Il capo del governo deve ora fronteggiare i materiali fonici raccolti nella sua stanza da letto da una prostituta e le foto scattate da "ragazze-immagine", qualsiasi cosa significhi, nel suo bagno privato mentre ogni giorno propone il nome nuovo di una "squillo" che ha partecipato alle feste a Villa Certosa o a Palazzo Grazioli (che pressione danno a Berlusconi, oggi?).

La quieta scena familiare proposta da Chi difficilmente riuscirà a ridurre la consistenza di quel che, all'inizio di questa storia tragica, si è intravisto e nel prosieguo si è irrobustito: la febbre di Berlusconi, un'inclinazione psicopatologica, una sexual addiction sfogata in "spettacolini" affollati di prostitute, minorenni, "farfalline", "tartarughine", "bamboline" coccolate da "Papi" tra materassi extralarge nei palazzi del governo ornati dal tricolore. Una condizione (uno scandalo) che impone di chiedere, con la moglie, quale sia oggi lo stato di salute del presidente del Consiglio; quale sia la sua vulnerabilità politica; quanta sia l'insicurezza degli affari di Stato; quale sia la sua ricattabilità personale. Come possono responsabilmente, questi "buchi", essere liquidati come affari privati?

La riduzione a privacy di questo deficit di autorità e autorevolezza non consentirà a Berlusconi di tirarsi su dal burrone in cui è caduto da solo. Ipotizzare un "mandato retribuito" per la "escort" che ricorda gli incontri con il presidente a Palazzo Grazioli è una favola grottesca prima di essere malinconica (la D'Addario è stata prima intercettata e poi convocata come persona informata dei fatti). Evocare un "complotto" di questo giornale è soltanto un atto di intimidazione inaccettabile.

Ripetendo sempre gli stessi passi come un automa, lo stesso ritornello come un cantante che conosce una sola canzone, Berlusconi appare incapace di dire quelle parole di verità che lo toglierebbero d'impaccio. Non può dirle, come è sempre più chiaro. La sua vita, e chi ne è stato testimone, non gli consente di dirle. È questo il macigno che oggi il capo del governo si porta sulle spalle. Non riuscirà a liberarsene mentendo. Non sempre la menzogna è più plausibile della realtà. Soprattutto quando un Paese desidera e si aspetta di sentire la verità su chi (e da chi) lo governa.

(24 giugno 2009)

Caro Fire ti scrivo (così mi distraggo un po')

Egregio Fire,

ti ringrazio della cortesia che mi usi di pubblicizzare il mio blog per il tramite dei tuoi commenti riportati nel forum di antica appartenenza. Ogni volta i numeratori schizzano in alto e ho l'impressione fatua di non essere così isolato - com'è amaro destino delle 'voci contro' in questo paese.
Sei e resti un amico e proprio perchè sei tale mi arrovello a cercar di capire dove stia annidato, in quale maledetto, profondissimo buco ligneo della vostra mente di 'destri' il tarlo malefico che vi ha portato a rinnovare la fiducia (a milioni! con infantile entusiasmo di fans calcistici!) a quel Tale, il Barabba, il Cialtrone Emerito - che solletica chissà quale impulso vergognoso e indicibile della coscienza nazionale come in un 'ritorno al futuro' di regressione infantile: limbo beato in cui si ignora(va) cos'è peccato e cosa si può fare in pubblico e non si può fare neanche in privato: perchè la buona educazione e i valori comuni convenuti lo impediscono e dovrebbero alzare argine al rimbambimento che oggi è collettivo e urlato: come lo era nelle piazze fasciste ai tempi di un uguale ritorno di infantilismo imperialistico e dittatoriale.

E un'idea regressiva di trasgressione democratica quella che vi nutre, una sorta di bullismo atroce e stupido, un darsi di gomito e gioire per le tasse che non si pagano più e le cubature delle case che si possono aumentare del venti/trenta per cento anche in altezza - in barba a quel cretino del vicino che non vedrà più il tramonto o si vedrà rubato il soffiare della brezza che, d'estate, lenisce i fulgori della nostra stella.

Tu mi inviti a lasciar stare le buone inchieste giornalistiche di D'Avanzo e delle pochissime voci libere che ormai si possono leggere e ascoltare. Perchè dovrei? Se qualcuno dice le giuste cose e buone e in linea col tuo sentire e lo dice meglio di te e meglio argomentando, è giusto usare del 'copia/incolla' e offrire un retrospettivo spazio di buone letture ai 'navigatori' che sta diventando sempre più asfittico per le voci che si oppongono alle miserie esibizionistiche di Sua maestà, il vostro Campione di Denari.

Vedi, è l'enormità di quel che avete fatto voi destri (poco importa se lo fanno anche operai o impiegati o pensionati al minimo: il rincoglionimento - quando colpisce - è interclassista, ahinoi) che, curiosamente, vi sfugge. Oppure vi è fin troppo presente e fate muro, 'curva' calcistica, ola di popolo gaglioffo e ridicolo perchè vengano tacitate le voci dei grilli parlanti, le voci della coscienza critica.
Avete eletto un avanzo di Tangentopoli, il peggiore, al soglio massimo della Repubblica.
Col plauso di Gelli Licio: che ha visto realizzato il suo folle piano piduistico e si frega le mani ad ogni risveglio e ripete compulsivamente ad ogni ora del giorno: 'Non ci posso credere che sia accaduto'. Grazie a voi, bravi elettori del Barabba.

E vi ostinate a negare l'evidenza di questo enorme guasto democratico, negare sempre - come fanno gli ex patibolari nel forum che vi si contrappone e come avviene a quegli imputati, manifesti avanzi di galera, ai quali non resta che negare perfino l'evidenza del delitto che hanno commesso.
Avete eletto al governo della repubblica uno che ha una letteratura di malaffare e corruzioni poste in essere e impunite così vasta da riempire un intero scaffale di biblioteca pubblica e quest'evidenza miserabile vi costringe nel gioco infame di schermarvi dietro al dito dell'ironia di bassa lega e di una sfida gaglioffa all'opposizione di centro/sinistra a 'riguadagnare i voti perduti': impresa colossale, epica e forse impossibile perchè quando avvengono certi rivolgimenti delle menti e delle coscienze passano gli anni e i decenni e forse è vero quel che azzarda un cosmologo notissimo che afferma che siamo finiti in un culo di sacco evolutivo dell'universo in espansione dove avvengono le peggiori nefandezze che una fisica quantistica malata e impazzita consente che si manifestino e trionfino.

Però resta la testimonianza (ancora per poco credo) del bello e del buono che dovrebbe fare la nostra vita di 'cittadini' che hanno ricordo delle lezioni delle buone maestre d'antan: lezioni di educazione civica che raccomandavano (ah, beata ingenuità!) di premiare col voto i migliori tra noi: i De Gasperi, i Pertini, i Ciampi, tanto per buttar lì tre nomi.

E a noi oppositori resta l'argine (da provarsi a erigere) alla barbarie e alla follia collettiva di osannare un puttaniere corrotto (caso Mills) qualunque schifezza ci proponga e proponga agli europei che ci guardano e giudicano. Possiamo (ancora per poco) levare alta la nostra flebile voce di oppositori a prescindere e se vedremo la luce in fondo al tunnel stercorario che ci affligge ringrazieremo la Provvidenza che ci ha fatto uscire, finalmente! dal culo di sacco quantistico e ci promette, chissà! un 'regno che è di questa terra' un filino migliore del presente e vivo e brutale e stupido.

Dentro al quale avvengono i misteriosi accadimenti del perchè una persona di intelligenza paradossale e vivace quale sei tu si ostina a restare infitta in questa melma politica e la assaggia col dito e la dice mangiabile, in qualche modo, (forse perchè 'milioni di mosche non possono avere torto'?).
Chissà: forse l'evoluzione in negativo dell'universo quantistico in cui siamo finiti prevede che cambino in parallelo anche i palati e gli stomaci (così come altrove nel mondo si mangiano i lombrichi e le cavallette) - se altro cibo non è dato da mangiare da questo, putreolente, che ci schifa: a noi pervicaci, disperati oppositori.

Con sincera gratitudine ed affetto.

sabato 4 luglio 2009

venerdì 3 luglio 2009

il futuro che ci aspetta


pubblicato su www. opendemocracy.net il 29 giugno 2009

Silvio Berlusconi, lo statista-populista di maggior successo dell'era moderna, ha messo a punto ormai da molto tempo l'arte di passare oltre la testa dei politici di professione per mirare direttamente alla "pancia" - anziché al "cervello" - dell'italiano medio. Durante i suoi tre mandati da primo ministro (dal maggio 1994 al gennaio 1995, dal giugno 2001 al maggio 2006 e dal maggio 2008 a oggi) Berlusconi ha assistito all'alternarsi di sette leader del centrosinistra, finendo cosí per affermarsi come figura dominante del panorama politico italiano. In questo, la sua abilità nel controllare i mezzi di comunicazione e trarre vantaggio persino dalle critiche che gli vengono rivolte si è rivelata una risorsa di valore inestimabile.

Questo modello di dominazione potrebbe forse cambiare di qui a breve? Che la lunga egemonia di Berlusconi abbia ormai i giorni contati? L'ultima raffica di vicende e scandali - riguardanti i suoi rapporti con giovani donne, a cominciare da Noemi Letizia, l'amica diciottenne di Napoli che lo chiama "Papi" - sono certamente le più compromettenti tra quelle che Berlusconi ha dovuto affrontare, e il fatto stesso che egli non sia più in grado di controllare gli eventi è di certo molto significativo.
Si è intanto diffusa la sensazione che nell'ambito della vicenda il destino di Berlusconi abbia assunto un rilievo secondario, dal momento che gli eventi che hanno travolto il premier settantaduenne e a cui la stampa nazionale e internazionale dedicano ormai ampio spazio non possono più essere ridotti ad una semplice questione di condotta personale. La crisi di Berlusconi rispecchia semmai la singolare tragedia dell'Italia moderna.

Una bufera che investe i media e la politica. In passato, Silvio Berlusconi aveva già richiamato su di sé le critiche dei mezzi di comunicazione. Questa volta però dalle continue affermazioni di giovani donne che dichiarano di aver ricevuto da lui denaro in cambio di prestazioni sessuali rivela al cuore della politica italiana la presenza di una trama di raggiri e inganni.

È vero, malgrado le smentite del premier al riguardo, raramente nel corso della sua carriera sfera pubblica e privata sono rimaste separate. Gli ultimi eventi hanno però rivelato con grande eloquenza sino a che punto i valori di Silvio Berlusconi siano profondamente radicati nella vita pubblica italiana.

La sua sprezzante reazione di fronte alle affermazioni di diverse donne - che dichiarano di aver avuto con lui incontri sessuali in cambio di denaro, dell'opportunità di lavorare nel suo network televisivo o della candidatura nel suo partito - indica una tale mancanza di trasparenza all'interno del sistema politico italiano e rappresenta una minaccia alla libertà dei mezzi di comunicazione che in qualsiasi altra democrazia occidentale sarebbero considerate inaccettabili. Per diverse settimane Berlusconi ha ignorato queste dichiarazioni, rifiutandosi inoltre di rispondere alle domande che gli venivano rivolte (tra gli altri, da Open Democracy: vedi Silvio Berlusconi: ten more questions [5 giugno 2009] e Silvio Berlusconi: answers, please [9 giugno 2009]).

Era dunque prevedibile che il primo ministro decidesse di ignorare i tradizionali canali di trasparenza democratica per affidare alla rivista di gossip Chi, di cui è proprietario, le proprie smentite. Il suo comportamento lascia pensare che alla politica, in Italia, sia subentrata la personale esibizione di onnipotenza. In quali abissi potranno ancora sprofondare la decrepita cultura politica nazionale e il suo corpo politico degenere?

Dall'otto al dieci luglio l'Italia ospiterà il G8, e in quell'occasione la condotta del premier sarà al centro dell'attenzione. Nell'ambito della comunità internazionale, Berlusconi è più isolato che mai, e conta come unico stretto alleato il presidente russo Dmitry Medvedev. I segnali che indicano come l'indebolirsi della sua posizione nuoccia alla reputazione stessa dell'Italia sono numerosi, e vanno dalle imbarazzate reazioni degli altri leader di fronte alla sua condotta al tentativo compiuto da un gruppo di esponenti del mondo della cultura di convincere le "first ladies" del G8 a boicottare l'incontro de L'Aquila. Persino i suoi rapporti con la Chiesa cattolica sono tesi: dopo un fugace riavvicinamento avvenuto in occasione del suo tentativo di far approvare un decreto che salvasse la vita di Eluana Englaro, le ultime indiscrezioni emerse sul conto di Berlusconi hanno spinto alcuni autorevoli rappresentanti ecclesiastici ad ammonirlo (l'arcivescovo Angelo Bagnasco, di Genova, ha esplicitamente condannato "gli uomini ubriachi di un delirio di grandezza").

La crisi però non riguarda solo i suoi rapporti con giovani donne. Il 21 maggio scorso Berlusconi aveva definito il Parlamento italiano "inutile", aggiungendo che cento parlamentari sarebbero sufficienti a svolgere il lavoro necessario. Lo scorso febbraio, una sentenza del tribunale ha stabilito che Berlusconi ha corrotto l'avvocato britannico David Mills affinché questi affermasse il falso - Berlusconi intanto, è al riparo da eventuali accuse grazie alla legge sull'immunità parlamentare approvata dal suo governo. Il primo ministro non ha dato alcuna spiegazione al riguardo.
La reiterata mancanza di rispetto nei confronti della trasparenza dei procedimenti democratici da parte del leader eletto del Paese ha spinto La Repubblica - che ha svolto un esemplare lavoro di ricerca della verità nell'operato di Berlusconi - a sottoporgli altre dieci domande (vedi Le dieci domande mai poste al Cavaliere, [14 maggio 2009] e Le dieci nuove domande al Cavaliere [La Repubblica, 26 giugno 2009]).

Anche l'atteggiamento del governo nei confronti dei mezzi di comunicazione che non sono sotto il suo controllo appaiono però problematici. Berlusconi ha esortato le aziende a non comprare spazi pubblicitari sul settimanale L'Espresso, pubblicato dallo stesso gruppo editoriale di cui fa parte La Repubblica, mentre il ministro per la Cultura (nonché stretto alleato di Berlusconi) Sandro Bondi ha definito il quotidiano "una minaccia alla democrazia". Un modo decisamente insolito per definire il normale funzionamento di un giornale nell'ambito di una società libera.

Inoltre, il direttore della rete pubblica Rai - che rientra nell'impero mediatico di Berlusconi - ha deciso di non mandare in onda alcuni particolari riguardanti le accuse che vedono coinvolto il premier, con una decisione che in Gran Bretagna corrisponderebbe al rifiuto da parte delle Bbc di coprire lo scandalo sui rimborsi dei parlamentari.

Berlusconi e quel che verrà. L'Italia è un Paese molto diviso, e le condanne che la stampa internazionale ha lanciato al suo leader toccano solo una parte della popolazione - ma contribuiscono a diffondere un clima di vergogna e imbarazzo tra gli italiani che vivono dentro e fuori l'Italia, la cui identità è legata al personaggio di Silvio Berlusconi. La consapevolezza che le cose non possono continuare in questo modo è sempre più diffusa; e insieme all'intensificarsi delle critiche sollevate dalla stampa estera è aumentato il numero degli italiani che hanno deciso di dare sfogo alla propria rabbia e appellarsi agli alleati occidentali affinché proseguano con le loro indagini.

Tra l'altro, alcuni dei più stretti alleati di Silvio Berlusconi hanno indicato a Guy Dinmore, corrispondente da Roma del Financial Times, di volersi preparare ad un futuro senza di lui (vedi Berlusconi whispers grow louder, pubblicato dal Financial Times il 25 giugno scorso): sono chiaramente molto preoccupati al pensiero di dove possa condurli questa pista di comportamenti dubbi e forse illeciti. Secondo Giuliano Ferrara, direttore de Il Foglio nonché uno dei più scaltri alleati di Berlusconi, l'Italia potrebbe presto trovarsi di fronte ad un nuovo "24 luglio" - in riferimento al giorno (del 1943) in cui Mussolini fu allontanato da Vittorio Emanuele III e in seguito al quale fondò la Repubblica di Salò.

L'Italia si trova ancora una volta alle prese con un leader ossessionato dal potere, che dopo essersi posto al di sopra della legge e ritenendosi invincibile potrebbe decidere, in un estremo gesto di sfida, di far cadere altri insieme a sé.

Viviamo tempi inquietanti per tutti coloro che - a prescindere dal proprio orientamento politico - hanno a cuore l'Italia. Berlusconi non rassegnerà facilmente le dimissioni: se rinunciasse al potere - volontariamente, o sulla scia di pressioni - perderebbe l'immunità parlamentare e rischierebbe di dover rispondere di nuovi capi d'accusa. All'interno del suo partito intanto non è ancora emerso un possibile successore in grado di raccogliere ampi consensi.

L'opposizione continua ad essere molto debole, e non si scorge alcuna imminente possibilità di riforme - di cui il sistema costituzionale italiano ha grande bisogno - né il sorgere di alcun movimento popolare mirato al rinnovamento.

Gli unici a trarre vantaggio politico dai problemi di Berlusconi sono, ad oggi, gli xenofobi della Lega Nord, che alle elezioni per il Parlamento europeo del 6-7 giugno hanno ottenuto dei buoni risultati. La Lega si dimostra ancora una volta un alleato scomodo, come accadde nel dicembre del 1994, quando cadde il primo governo Berlusconi.

Ammesso che sopraggiunga, la fine del regno di Berlusconi potrebbe essere lunga e dolorosa, e annunciare per l'Italia un avvenire cupo. Una vera tragedia.

Geoff Andrews è docente di politica presso la Open University, è co-direttore della rivista Soundings e autore di Un Paese Anormale (effepilibri, 2007) e The slow food story: politics and pleasures (Pluto Press/McGill-Queen's, 2008).

(Traduzione di Marzia Porta)