Mi piace 'avere il controllo sulle cose'. E' qualcosa di profondo, un desiderio del bambino che sono stato che non si è realizzato - e il suo lancio lontano nella mia vita adulta lo ha incattivito.
E quando guardo le lame di luce di questi monti, il loro argento minerale che sfuma nel bronzo della luce che affievolisce, mi si stringe il cuore per l'alpinista delle alte vette e corde e chiodi in parete che non sono stato. E non ho il controllo sui miei muscoli sufficiente a darmi sicurezza e ogni appiglio mi pare precario e traditore e guardo in basso e vedo il vuoto orribile di un mio sogno di bambino che quel vuoto prolungava all'infinito nel buio onirico e non c'era un impatto finale, liberatorio, a uccidere l'angoscia che mi paralizzava.
La morte, in fondo, è una soluzione - e sarà per i lasciti di quel mio sogno lontano che immagino un finis vitae, se sarà segnato dal dolore atroce che ti oscura la luce del giorno e della mente, con il 'volo dell'angelo' da un alto picco dolomitico – e so che ci sarà un fondo roccioso sui cui il mio corpo malato impatterà e sarà un chiaro, ultimo lampo di luce e la fine del mio tempo terrestre.
E guardo le foto, nel rifugio che mi ospita, che mostrano la prima famiglia di 'gestori' di questa casa di alta quota spartana ma bella - e che silenzi serali! rotti solo dalle voci della donna e dei pargoli di quell'uomo che conosceva ogni segreta via dei monti che le fanno corona. E andavano sui ghiaioni e su per i diedri luminosissimi nelle albe d'agosto con un attrezzatura che oggi ci chiediamo 'come facevano' a salire e piantare le bandiere o a erigere le croci sulle vette.
Le bandiere, già. C'è n'è una giusto di fronte alla finestra che sventola invitta, bianca rossa e verde, malgrado tutti gli insulti e gli inviti a 'ficcarla nel cesso' che ha subito in questi anni di infamia collettiva - di idioti che volevano 'secedere' per le loro miserie morali di evasori notori e recidivi.
E tutte le lapidi dei 'caduti per la patria' avrebbero perso di senso - e abbiamo scritto pagine di vera e propria follia e insensatezza che si è sposata coll'irresistibile ascesa di arturo ui-berlusconi oggi all'ultimo atto e, chissà, forse era meglio se i padri della patria ci avessero 'lasciato agli austriaci' e avremmo fatto l'Europa transitando direttamente dall'impero austro-italo-ungarico risparmiandoci le trincee della prima guerra mondiale.
Le bandiere dei nostri padri si rispettano anche per quelle lontane insensatezze che oggi chiamiamo 'la storia patria'. Cosa fatta capo ha, se è costata il sangue degli avi ed ha costruito questa faticosa identità nazionale consolidata colle gite ai sacrari e ai cimiteri di guerra.
E, forse, è per questi retro pensieri che il padre del ragazzo - che ha improvvisato per gioco un suo personale 'ammaina-bandiera' e la carrucola gli si è inceppata -, lo invita perentoriamente a risalire il declivio e aggiustarla e : 'Portati il cuscino e una coperta, ché, se non ci riesci, ci passerai la notte'.
E il bambino frigna e piange il dolore della sua incapacità a 'controllare le cose' e implora il padre di aiutarlo, invano.
Da un sacco di tempo non assistevo a questo esercizio dell'autorità paterna così inflessibile, ottocentesco. Ce lo siamo lasciati alle spalle, il pater familiae, e lo abbiamo disprezzato e ucciso, in questi ultimi decenni di infamia collettiva - e quell'abbandono e quell'uccisione metaforica ha partorito i mostri del secessionismo padano stupido e gaglioffo e gli 'eserciti' di silvio-l'infame, che minacciano sfracelli eversivi sulle piazze se giustizia sarà fatta e sarà cacciato dalla vita pubblica un corrotto-corruttore da prima repubblica tangentara che mai avrebbe dovuto 'scendere in politica' e corrompere la vita pubblica come neanche la democrazia cristiana era stata capace.
E quando guardo le lame di luce di questi monti, il loro argento minerale che sfuma nel bronzo della luce che affievolisce, mi si stringe il cuore per l'alpinista delle alte vette e corde e chiodi in parete che non sono stato. E non ho il controllo sui miei muscoli sufficiente a darmi sicurezza e ogni appiglio mi pare precario e traditore e guardo in basso e vedo il vuoto orribile di un mio sogno di bambino che quel vuoto prolungava all'infinito nel buio onirico e non c'era un impatto finale, liberatorio, a uccidere l'angoscia che mi paralizzava.
La morte, in fondo, è una soluzione - e sarà per i lasciti di quel mio sogno lontano che immagino un finis vitae, se sarà segnato dal dolore atroce che ti oscura la luce del giorno e della mente, con il 'volo dell'angelo' da un alto picco dolomitico – e so che ci sarà un fondo roccioso sui cui il mio corpo malato impatterà e sarà un chiaro, ultimo lampo di luce e la fine del mio tempo terrestre.
E guardo le foto, nel rifugio che mi ospita, che mostrano la prima famiglia di 'gestori' di questa casa di alta quota spartana ma bella - e che silenzi serali! rotti solo dalle voci della donna e dei pargoli di quell'uomo che conosceva ogni segreta via dei monti che le fanno corona. E andavano sui ghiaioni e su per i diedri luminosissimi nelle albe d'agosto con un attrezzatura che oggi ci chiediamo 'come facevano' a salire e piantare le bandiere o a erigere le croci sulle vette.
Le bandiere, già. C'è n'è una giusto di fronte alla finestra che sventola invitta, bianca rossa e verde, malgrado tutti gli insulti e gli inviti a 'ficcarla nel cesso' che ha subito in questi anni di infamia collettiva - di idioti che volevano 'secedere' per le loro miserie morali di evasori notori e recidivi.
E tutte le lapidi dei 'caduti per la patria' avrebbero perso di senso - e abbiamo scritto pagine di vera e propria follia e insensatezza che si è sposata coll'irresistibile ascesa di arturo ui-berlusconi oggi all'ultimo atto e, chissà, forse era meglio se i padri della patria ci avessero 'lasciato agli austriaci' e avremmo fatto l'Europa transitando direttamente dall'impero austro-italo-ungarico risparmiandoci le trincee della prima guerra mondiale.
Le bandiere dei nostri padri si rispettano anche per quelle lontane insensatezze che oggi chiamiamo 'la storia patria'. Cosa fatta capo ha, se è costata il sangue degli avi ed ha costruito questa faticosa identità nazionale consolidata colle gite ai sacrari e ai cimiteri di guerra.
E, forse, è per questi retro pensieri che il padre del ragazzo - che ha improvvisato per gioco un suo personale 'ammaina-bandiera' e la carrucola gli si è inceppata -, lo invita perentoriamente a risalire il declivio e aggiustarla e : 'Portati il cuscino e una coperta, ché, se non ci riesci, ci passerai la notte'.
E il bambino frigna e piange il dolore della sua incapacità a 'controllare le cose' e implora il padre di aiutarlo, invano.
Da un sacco di tempo non assistevo a questo esercizio dell'autorità paterna così inflessibile, ottocentesco. Ce lo siamo lasciati alle spalle, il pater familiae, e lo abbiamo disprezzato e ucciso, in questi ultimi decenni di infamia collettiva - e quell'abbandono e quell'uccisione metaforica ha partorito i mostri del secessionismo padano stupido e gaglioffo e gli 'eserciti' di silvio-l'infame, che minacciano sfracelli eversivi sulle piazze se giustizia sarà fatta e sarà cacciato dalla vita pubblica un corrotto-corruttore da prima repubblica tangentara che mai avrebbe dovuto 'scendere in politica' e corrompere la vita pubblica come neanche la democrazia cristiana era stata capace.