sabato 28 febbraio 2009

l'umanità che resiste

Filobus sferraglianti e porte cigolanti (due)

(...)E' su questo interrogativo angosciante che ruota la trama del film 'The reader' - commovente storia d'amore che si dipana da quelle violenze subite, da quelle obbedienze credute ovvie perchè 'quelli erano i tempi e gli eventi che ci contenevano e determinavano', come scrive un autore di quegli anni infami. (riassunto)

Perchè la kapò, la sorvegliante del campo di concentramento che si assume tutta la responsabilità e sconta intera la sua colpa (scaricata nel corso del processo dalle sue compagne - ben felici di quell'inaspettato, volontario capro espiatorio che non sapeva/voleva rivelare il suo terribile segreto di analfabeta) era persona di grande umanità e lo erano anche quegli altri: i capi delle S.S., i generali e colonnelli comandanti dei campi: tutti col loro bravo curriculum di padri amorosi e mariti esemplari (lo testimoniano le lapidi); tutti bravi giardinieri amanti delle rose e della musica classica (Wagner in primis) - come si è visto e udito nel corso delle udienze del processo di Norimberga.

E come potrebbe, diversamente, amare così teneramente il suo 'ragazzo', la kapò, come potrebbe essere così innamorata e materna e dolce e appassionata nei suoi confronti?
Si arriva perfino a provare simpatia per quella donna, nel corso del film, umana solidarietà per una 'vittima' dell'ordine sociale terribile, nazista, che l'ha partorita e irregimentata a tal punto che il momento clou del film è quello in cui il giudice le chiede:
'Perchè non ha aperto le porte della chiesa in fiamme e lasciato uscire le prigioniere?'.
Un silenzio carico di tensione, una spasmodica ricerca dentro di sè, delle sue buone ragioni (magica Kate Winslet, giustamente premiata coll'Oscar) e poi la risposta, straordinaria, per lei assolutoria:
'Ma perchè sarebbero scappate tutte, e l'ordine che ero tenuta a far rispettare si sarebbe infranto!' - detto con tanta disperata buonafede da mostrarsi perfino stupita che il giudice severo non ci arrivasse da solo a quella conclusione così ovvia.

Poi c'è quell'altra scena-madre che dice tutt'intero il dramma della Germania postbellica e delle diverse società che ne sono scaturite e, insieme, la sostanza della politica odierna , delle democrazie e delle obbedienze al potere costituito che a tutt'oggi dibattiamo: lo sfogo di uno dei ragazzi che assistevano al processo assieme al loro professore di diritto e giurisdizione.
'Avrebbero dovuto ammazzarsi tutti i nostri genitori! Perchè non si sono ammazzati tutti, tutti quelli che sapevano dell'esistenza dei campi di sterminio? E tutti sapevano e noi neanche dovevamo nascere, perdio! e non dovremmo essere qui ad ascoltare nelle aule quell'orrore/onta di un popolo! (libera citazione).'

Già. Non dovremmo più esserci. L'umanità non dovrebbe più esserci dopo l'orrore del 'secolo breve', dei suoi massacri e olocausti variamente assortiti e distribuiti sulla crosta del pianeta.
Non ci dovrebbe più essere un solo uomo sulla faccia della terra dopo l'orrore del massacro di Pol pot in Cambogia, dopo il massacro degli Hutu e dei Tutsi e invece siamo ancora qui a infilare le nostre perle di orrori e schifezze: le perle del 'male necessario' che ci abita le menti nella collana tragica della nostra 'umanità.

venerdì 27 febbraio 2009

anche i ricchi piangono

Anche i ricchi piangono. Meglio: sbraitano e piangono il morto a modo loro: protestando sul Wall street Journal per le tasse imposte dal 'piano Obama' di rinascita nazionale.
E quelle proteste trovano echi rabbiosi anche da noi: sui giornali di famiglia, della famiglia Berlusconi, per intenderci e scusate se ci torno: (con quel nome orrendo che si ritrova e dalla fonetica volgare), ma si dà il caso ch'egli sia l'onnipotente presidente del consiglio dei ministri di questo paese e padrone del vapore pressochè assoluto per grazia ricevuta dai suoi adoranti elettori.

Piangono per i prelievi fiscali oggi imposti da un presidente tutt'altro che 'rivoluzionario', i cari ricchi americani, e che fa ciò che può per invertire la tendenza della crisi economica e produttiva e mette le mani nelle tasche dove i soldi ci sono perchè in altre tasche c'è rimasto solo il fazzoletto di carta stropicciato per il troppo uso e in centinaia di migliaia vivono di pubblica assistenza e hanno perso la casa e il lavoro.

Le loro maestà i nostri cari ricchi fino a ieri non hanno pronunciato un verbo di condanna che sia uno sui loro giornali a proposito dei maledetti 'subprime' e le altre schifezze finanziarie che i loro correligionari (la religione della ricchezza) e protettori: i banchieri di grido e di successo hanno elaborato e messo in commercio, mandando a gambe all'aria la loro stessa creatura capitalistica.

Dovrebbero battersi il petto e spargersi la testa di cenere, i nostri cari ricchi (e per di più evasori parziali e totali e amanti delle isole Cayman e delle banche segrete del Lussemburgo), e pronunciare i mea culpa del caso.
Invece, maledicono un povero cristo di presidente che fa quel che è umanamente possibile fare per uscire dal tunnel dove sono andati a sbattere i mega-cialtroni che erano a capo delle finanziarie assassine e delle grandi banche che spacciavano i fondi finanziari taroccati comprati dalle banche europee e italiane - oggi nascosti in cantina in attesa di rifilarli al contribuente, allo Stato: che le sovvenziona perchè altrimenti salta il sistema, crolla il tempio e son ca@@i di tutti davvero perchè tutto si tiene in un sistema siffatto e se viene meno il credito chiudono le fabbriche e le fabbrichette dei Brambilla, dei Formigoni e dei Galan.

Sono davvero ineffabili questi nostri ricchi che piangono il morto da loro stessi avvelenato e invece di impiccarsi nelle lussuose cantine e nei garage che ospitano le aston martin o bere la cicuta d'obbligo sbraitano e fanno il diavolo a quattro sugli 'autorevoli' loro giornali perchè si tassa la ricchezza invece della povertà.

Nel teatro dell'assurdo che quotidianamente si rappresenta, se non ci fossero, di questi protagonisti, bisognerebbe inventarli.

giovedì 26 febbraio 2009

filobus sferraglianti e porte cigolanti

Ho difficoltà a ricostruire in memoria il mio passato. Della prima infanzia ricordo sprazzi di eventi e di luoghi, brevi flash e immagini poco definite e se la campata mnemonica da attraversare è distesa sui decenni ho bisogno di piantare dei piloni provvisori sopra i quali poggio fragili passarelle che mi consentono l'attraversamento del vuoto e poi la ricostruzione dei paesaggi dimenticati e la messa a fuoco dei visi e delle voci.
E' per questo che mi affascinano gli affreschi storici, i disegni di storie lontane e le ricostruzioni cinematografiche che ci fanno riassaporare odori, sapori, atmosfere del tempo che è stato.

Chi li ricorda più i vecchi filobus sferraglianti in metallo con le porte cigolanti che si aprivano a spinta, salendovi in corsa? Poche le macchine e moltissime le biciclette e, nei luoghi di cui si narra, la commovente fiducia nel prossimo che consentiva di appoggiarle dovunque arrivassimo senza il timore di non ritrovarla più. Da noi, invece, l'affresco del tempo lo dava il film 'Ladri di biciclette' - tanto per consolidare i luoghi comuni e capire da dove veniamo e perchè siamo ancora lì, mutatis mutandi.

Bei tempi e bei luoghi quelli descritti dal film 'The reader': una Germania risorta dalle sue ceneri, ma con ferite ancora aperte immedicabili. Hanno pagato prezzi atroci i civili, dopo che i sogni di gloria si mutarono inopinatamente in allarmi notturni e corse disperate verso i rifugi e le bombe a illluminare le notti e il paesaggio desolato delle case distrutte e le memoria personale e quella dei Lari cancellata e la vana ricerca dei suoi brandelli tra le macerie.
Duecentomila morti in tre ondate di bombardamenti a Dresda, la Firenze sull'Elba, e migliaia di donne tedesche stuprate dai soldati dell'Armata Rossa entrati per primi a Berlino, - tanto per ricordare solo due eventi di quell'epopea di dolore e strazio che faceva seguito ad altro strazio e orrore perpetrati ad altri popoli e nazioni dalle invincibili armate teutoniche lanciate alla conquista del mondo.

Poi il silenzio degli innocenti - dopo il bombardamento del bunker di Berlino e il suicidio (ancora in forse) del capo supremo, il piccolo, magnetico caporale che con parole secche e dal suono metallico incantava i suoi sudditi e li faceva marciare al suono di 'Deutschland ueberall'.
Silenzio delle città bombardate e dei senza casa laceri e ossuti e primi movimenti lenti del ricostruire una casa, un ricovero pubblico e una chiesa che nei decenni successivi sarebbero divenuti frenesia e travolgente modernità immemore dei lutti e delle colpe.

Ma è possibile, è plausibile dire innocente chi ha taciuto e ha subito e ha obbedito ai suoi capi e all'ordine sociale imposto in famiglia e nelle scuole e nel servizio militare?
La colpa dei tempi grami e delle odiose dittature è solo di una ristretta cerchia di oligarchi giunti al potere chissà come e con l'aiuto di chi o è del popolo tutto che quella cerchia di oligarchi ha partorito e nutrito e nutriti i loro pensieri di follia e l'ambizione folle di volere e potere 'ueberall' che oggi tutti condanniamo, a fronte delle fosse comuni e dei 'musei dell'Olocausto' che visitiamo?

Attenti a come rispondete, miei cari lettori, perchè la vostra risposta potrebbe condannarvi, se in futuro sarà riferita ai presenti tempi grami che anche noi viviamo.
E se è vero che il magnate che ci governa ci appare inoffensivo e bonario e clownesco se comparato cogli Hitler e i Mussolini di allora, pensate a come la lente con cui osserviamo il presente sia distorsiva e offuscata al confronto colla lente nitida, chiara e impietosa con cui osserviamo la storia che è stata e gli eventi della Storia.

E' su questo interrogativo angosciante che ruota la trama del film 'The reader' - commovente storia d'amore che si dipana da quelle violenze subite, da quelle obbedienze credute ovvie perchè 'quelli erano i tempi e gli eventi che ci contenevano e determinavano', come scrive un autore di quegli anni infami. (segue)

mercoledì 25 febbraio 2009

travature,capriate e torri

Piccole perle colte al volo.
Il sole che lava di luce la facciata della chiesa.
Incredibile quanto spazio abbia preso -spazio fisico di mattoni e travature e capriate e torri campanarie- il sogno dell'altro mondo: sogno di un dio benevolo e provvidente per il quale si è ucciso e che è stato ucciso: stridente contraddizione e tuttavia storia che fa riflettere.

Voci e risa tutt'intorno, fischietti e campanacci dell'insania carnascialesca e quella bambina che cammina piano dietro alla madre che la chiama ripetutamente e la sollecita.
Una breve corsa, col foglietto di un suo testo scolastico in mano; la madre raggiunta e interpellata con la dolcezza unica, commovente di cui è capace una bimba curiosa.
'Mamma, mamma, che cosa vuol dire questa parola: so-li-tu-dine?'

lunedì 23 febbraio 2009

ladri di fiducia

Chiusi il mio rapporto con le banche or sono più di otto anni fa. A muso duro, contestai alla neo nominata direttrice i costi eccessivi del conto corrente e del dossier titoli e del mutuo che avevo in corso. Con uno sforzo congiunto non indifferente decisi di saldare il mutuo (residuava per nostra fortuna una piccola cifra) e decisi che vivere come si viveva un tempo - di pagarsi, cioè le utenze da soli agli sportelli designati e prelevare il contante da un libretto postale free cost - fosse un prezzo ragionevole a fronte dei benefici.
L'ultimo giorno del mese, mi presentai allo sportello della filiale, saldai il dovuto e alla direttrice che osò affermare che la mia non le sembrava una brillante idea risposi che molto meno brillante della mia idea era il loro (delle banche, del sistema bancario) essersi costituiti a moderni usurai e peggio. Lo dissi a voce abbastanza alta che si udisse nella fila dietro di me.
La parola mancante era ladri, ma non la pronunciai. Ladri di fiducia, spacciatori di titoli spazzatura, titoli 'tossici', li dicono oggi - quelli che i farabutti, i famigerati banchieri, (ma anche i bravi impiegati che facevano carriera con lo zelo con cui li rifilavano ai clienti dubbiosi) vorrebbero affidare agli Stati che si apprestano a nazionalizzarle, così premiando i malnati che le hanno guidate fino all'altro ieri. Un po' come per l'Alitalia la 'bad company' rifilata ai contribuenti (onesti, quelli che le tasse le pagano) e il curatore fallimentare che intasca stipendi da favola e liquidazioni milionarie (in euro).
La direttrice minacciò querela e mi tolse il saluto.
Oggi, quando mi capita di incontrarla, le punto gli occhi addosso con espressione beffarda e lei li distoglie subito o finge di non vedermi.

Confesso che aspetto con malcelato piacere ogni mattina la notizia di qualche fallimento colossale di qualche grosso e grasso istituto di credito che ha ingannato i clienti e spacciato eroina bancaria e finanziaria tagliata con stricnina. Non per uno sciocco 'muoia Sansone con tutti i filistei' - per quanto ritenga la responsabilità individuale un valido riferimento morale anche in questo genere di scelte o non scelte della nostra vita quotidiana.
Ho nostalgia dei tempi chiari e solari di quando le rivoluzioni 'socialiste' non si annunciavano colle nazionalizzazioni delle banche e l'accollamento allo stato dei loro titoli tossici, ma colla rabbia e il furore delle piazze e ai farabutti toccavano le picche e, oggi, almeno la galera e buttare le chiavi.

I crimini finanziari non sono meno odiosi degli altri. I crimini dei white collars, - i colletti bianchi così pulitini e rampanti e 'bravi ragazzi'-, sono uguali a tutti gli altri crimini e delinquenze, ma da noi, i fedeli reggicoda di Lodoalfano Primo hanno derubricato il falso in bilancio a pura sanzione amministrativa e ai ladri più bravi, quelli che intascano i milioni con destrezza, ancora si strizza l'occhio e, sotto sotto, li riteniamo furbi e valenti.
Alcuni cittadini di questa repubblica - una moltitudine dicono i sondaggi - li ritengono perfino degni di gestire al meglio il governo dello stato e li osannano - convinti, forse, che non c'è miglior poliziotto di un ex criminale che ben conosce i meccanismi della malavita o miglior ministro delle finanze di un commercialista di grido.
Forza crisi! mi vien da pensare ogni mattina di queste in cui ascolto le notizie di economia e finanza.
Che la lava scenda copiosa e i lapilli e la cenere tutto ricoprano di questo nostro quotidiano teatro dell'assurdo.

sabato 21 febbraio 2009

semel in anno licet insanire

'Semel in anno licet insanire' è il motto dei 'carnevali' che ci affannano e torturano -noi cittadini dalle orecchie sensibili cha abbiamo le finestre della camera da letto affacciate in un 'campo' di passaggio verso piazzale Roma o la stazione.

Non si dorme, non si riesce a dormire se alle due di notte ancora transitano imbecilli patentati che lanciano urlacci e agitano campanacci e fischietti per il puro sfregio di lacerare impuniti il silenzio della notte e dire ai cittadini dal sonno leggero o che hanno messo la sveglia alle cinque che 'vuolsi così colà dove si puote' il male che certune amministrazioni cittadine infliggono ai loro disgraziati sudditi. L'organizzazione del carnevale-da-centomila-in-città fa del bene solo ai portafogli degli osti e ai mercanti di maschere e ai motoscafisti (notoriamente evasori) che menano i vip alle feste nei palazzi sul Canal grande.

Semel in anno? Ma qui nel Belpaese, paese di Bengodi, si impazza tutto l'anno, si grida impuniti ad ogni giorno nuovo e si votano al governo della repubblica i barabba di sempre, i peggiori 'imprenditori' che questuavano alla politica malata la concessione di favori (i piani regolatori di Milano-uno e poi due e tre e poi le licenze per le sue televisioni private) ai tempi del socialismo ambrosiano dei Craxi e dei Pillitteri e coi proventi di quell'affarismo plebeo, di quella pubblica corruzione che privatizzava per intero i profitti e li redistribuiva ai potenti avidissimi in forma di mazzette si sono comprati la politica invece di corromperla e 'oliarla', - così si fa prima e si evitano costose intermediazioni.

C'è un parallelo tra ciò che è avvenuto, or sono molti anni fa, nelle 'segrete stanze' dove si organizzò e si lanciò in pompa magna il Carnevale di Venezia (ora è un logo e un marchio commerciale, sapete? con tanto di sito internet e prenotazioni miliardarie da tutto il mondo) e le 'segrete stanze' dove si progettò la 'discesa in campo' di sua maestà Lodoalfano primo cui da sempre 'licet' il corrompere la vita pubblica - buon ultimo l'avvocato inglese David Mills perchè affermasse il falso in pubblico dibattimento di fronte ai suoi giudici?

Forse no. Il Carnevale fu parto di cattivi amministratori che spacciarono il favore speciale alle categorie economiche dei soliti noti in città con una 'festa per tutta la città' - bugia colossale e stupida perchè a smentirla ci fu un referendum indetto dal locale quotidiano i cui risultati non furono mai pubblicati per non 'disturbare i manovratori'.

La 'discesa in campo', invece, fu un progetto di salvezza aziendale - le aziende di Lodoalfano primo - che bene usò i buchi neri strutturali e le fragilità notorie della cosidetta 'democrazia' politica per comprare il potere necessario alla promanazione delle leggi ad personam e gli avvocati del premier (novelli cavallli di Caligola) seduti sugli scranni di Montecitorio.
Tutto è avvenuto con la complicità e l'entusiastica adesione della massa dei furbi beoti a cui si garantiva libertà di evasione impunita e la restituzione dell'onore politico (sic!) dopo gli anni della gogna mediatica al seguito delle indagini giudiziarie dette 'Mani pulite'.

Panem et circenses e impunità. Folleggiate, cittadini di questa repubblica, folleggiate.
Per tutto l'anno e forse il prossimo lustro è garantito il 'licet insanire' - salvo misteriosi (e improbabili) rivolgimenti tragici che potrebbero accadervi e che agitano i nostri sogni di oppositori privi di rappresentanza politica ormai da tempo.
Chissà. Nemo propheta in patria, si usa dire.

mercoledì 18 febbraio 2009

il migliore dei mondi possibili

Bene. Va tutto bene. Stiamo tutti bene. Viviamo nel migliore dei mondi possibili, considerato che le leggi quantistiche ci impediscono di visitarne di nuovi o anche solo varianti dello stesso con qualche piccolo aggiustamento in positivo.
Aggiustamenti come le religioni che si spengono, ad esempio, e lasciano il posto a quel salutare senso di solitudine (che è la realtà di tutti una volta depurata delle illusioni metafisiche): cosa grande e improbabilissima che ci farebbe assumere la responsabilità diretta e piena delle nostre azioni e dei fini e delle mete che ci prefiggiamo e del futuro che costruiamo con dolore e fatica.

Marinetti si prefiggeva di cancellare il chiaro di luna sopra Venezia e tutto il romanticume fradicio che ce ne è derivato per secoli, ma buttare a mare gli 'dei falsi e bugiardi' sarebbe operazione senza dubbio più salutare e, se ci fossero, se avessero vera esistenza chissà dove e come, non dubito che nel momento di 'sora nostra morte corporale' ci accoglierebbero nell'Empireo dei nostri sogni facendosi una grassa risata per quanto di fantasioso e sciocco abbiamo collettivamente elaborato di riti, miti e noiose liturgie.

Altro aggiustamento di rilievo potrebbe essere quello di tornare ad avere un'opposizione a sua maestà Lodoalfano Primo degna di questo nome, un'opposizione capace di polarizzare tutto lo scontento e dare vera e forte e rabbiosa rappresentanza a tutti coloro che sentono l'agire delle destre di governo e del loro padrone di denari come autentiche ferite, ferite da cancrena al senso di 'cittadinanza', di spirito civico positivo dove tutti rispettiamo le regole fondative -a partire dalla Carta costituzionale che sua maesta definisce 'di stampo sovietico'- e paghiamo le tasse pattuite.
Una tale definizione (la nostra Costituzione 'sovietica') farebbe ridere tutti in un altro mondo di là da questo: un mondo di gente mite e sensata e 'normale'; ma il mondo presente è fatto di urla belluine e spintoni e tentativi di linciaggio e grida e grandi fratelli e David Mills e Cesare Previti condannati per corruzione, ma il loro mandante e tutore, invece, in trionfo, osannato dalla maggioranza degli italiani.

Chissà come evolverà, chissà che coniglio uscirà da quel cappello afflosciato del partito democratico che oggi è ridotto a straccio polveroso e ieri sembrava una buona idea: il giusto contenitore che avrebbe raccolto i cocci di un' idea di sinistra anch'essa tutta da riformulare: dargli forma e contenuti condivisi.
Il calvario è ancora lungo, credo, e il Cristo designato a prendersi botte in testa e sputi e contumelie odiose dal popolo che gli preferisce Barabba ieri si è dimesso da cristo-in-croce e se la ride e, per una volta, il 'muoia Sansone con tutti i filistei' trova applicazione storica cogente e sensata.
Auguri a voi tutti, cari, bella e brava gente del migliore dei mondi possibili.

lunedì 16 febbraio 2009

benvenuti in Italia

Se il sogno dell'italiano medio è quello del successo facile (sarà un caso che i creativi della pubblicità italica abbiano avuto l'intuizione di quegli spot sul 'vincere facile'?), - comunque ottenuto in barba all'etica pubblica e ai più stringati ed essenziali comandamenti 'divini', id est: 'non rubare' e 'non dire falsa testimonianza' - allora Berlusconi è il loro profeta.
Come spiegare diversamente la sua vittoria in Sardegna, - una terra che il premier considera la sua privata tenuta di caccia, la dependance della sua villa principesca, moderna Versailles o Venaria reale affacciata sul mare Mediterraneo? Con l'insipienza degli avversari del partito democratico e la loro litigiosità suicida? Sicuramente una parte di colpa ce l'hanno e l'analisi del voto congiunto o disgiunto ci dirà meglio quel che è avvenuto nel segreto dell'urna.
Ma è quel 51 e passa per cento di sardi-italici, -ormai omologati nel sogno fradicio televisivo del grande fratello, di x factor, dell'isola dei famosi e altri programmi orribili a vedersi e udirsi per l'umanità che illustrano e osannano- che avvilisce per l'assoluta noncuranza e disprezzo che dimostrano per le questioni dell'etica pubblica, dei barabba votati in barba alla loro fama e ai trascorsi ben documentati dei loro successi imprenditoriali e politici e non è una giustificazione che dall'altra parte non ci sia un Gesù a competere, forse una consolazione - così ci risparmiamo un calvario e una nuova crocefissione di un disadattato con la fissa della moralità e dell'amore universale che non è di questo mondo.

Davvero non c'entra nulla un Veltroni in affanno e un pidi che non decolla e non convince e lascia scoperta un'area a sinistra vastissima di disaffezione e non voto.
C'entrano quei sogni fradici degli italiani in fuga dalla realtà del darsi da fare e rimboccarsi le maniche nel rispetto delle leggi e dell'etica e dei buoni comportamenti civici, gli italiani-sardi che sognano nuovi condoni edilizi e milioni di metri cubi di cemento che trasformeranno l'isola in un orribile condominio-a-mare - presto penalizzata dai turisti perchè altri lidi e paesaggi migliori e meno cementificati si offrono nell'affaccio mediterraneo.
C'entra quel tristissimo dato del dna italico come lo sottolineava un osservatore attento dei nostri usi e costumi:
'...veda come nella vostra cinematografia ricorra quasi ossessivamente la figura della 'simpatica canaglia', dell'imbroglione premiato e osannato e coccolato e sempre perdonato (...).

Icasticamente, uno scrittore satirico consigliava anni fa a un Pacciani -sovraesposto in cronaca giudiziaria e post e coccolato dalla suora amica che ne riceveva le lamentazioni in carcere e lo diceva un 'uomo buono'- di presentarsi alle elezioni. Successo garantito, prevedeva.
Benvenuti in Italia.

nel caso ve lo foste perso

LA NUOVA LEGGE TRUFFA
Repubblica — 15 febbraio 2009 pagina 1 sezione: PRIMA PAGINA

TORNA un' espressione che sembrava confinata nel passato - "legge truffa". Ed è giusto che si dica così, perché non altrimenti può essere definito il testo preparato dalla maggioranza per introdurre nel nostro sistema le "direttive anticipate di trattamento" (o testamento biologico) e che, in concreto, ha l' opposto obiettivo di cancellare ogni rilevanza della volontà delle persone. Non solo per quanto riguarda il morire, ma incidendo più in generale sulla possibilità stessa di governare liberamente la propria vita. Poiché, tuttavia, si discute di fondamenti, appunto dello statuto della persona e del rapporto tra la vita e le regole giuridiche, bisogna almeno fare un tentativo di andar oltre la rozzezza delle argomentazioni che ci hanno afflitto in queste difficili settimane e che rischiano di trascinarsi anche nell' immediato futuro. Due ammonimenti dovrebbero guidare chi si accinge a legiferare sulla dignità del morire. Il primo viene da un grande giudice americano, Oliver Wendell Holmes: "Hard cases make bad laws", i casi difficili producono leggi cattive. Questa affermazione lapidaria è stata variamente interpretata e discussa, ma se ne può cogliere il nocciolo nell' invito a separare la legge dall' occasione, la creazione di una norma destinata a durare dall' emozione di un momento. Rischia di accadere il contrario. L' ossessione della turbolegge (ieri in tre giorni, oggi in tre settimane) possiede la maggioranza e frastorna il Pd. Non riflessione pacata, ma frettolosa imposizione di norme incuranti della loro coerenza interna e, soprattutto, della loro conformità alla Costituzione. Il secondo ammonimento è nell' alta riflessione di Michel de Montaigne: "La vita è un movimento ineguale, irregolare, multiforme". Quest' intima sua natura fa sì che la vita appaia come irriducibile ad un carattere proprio del diritto: il dover essere eguale, regolare, uniforme. Da qui, da quest' antico conflitto, nascono le difficoltà che oggi registriamo, più intense di quelle del passato perché l' innovazione scientifica e tecnologica fa progressivamente venir meno le barriere che le leggi naturali ponevano alla libertà di scelta sul modo di nascere, vivere, di morire. L' occhio del giurista, e del politico, deve registrare questa difficoltà, e cogliere le novità del quadro. Da una parte, l' impossibilità di continuare ad usare il diritto secondo gli schemi semplici del passato, pena la sua inefficacia, la sua riduzione a puro strumento autoritario, la perdita di legittimazione sociale. E, dall' altra, l' ampliarsi delle possibilità di scelta che appartengono alla libertà individuale, che riguardano solo la propria vita, e che per ciò non possono essere sacrificate da mosse autoritarie, da imposizioni ideologiche, senza violare l' eguale libertà di coscienza. La legge, dunque, deve abbandonare la pretesa di impadronirsi d' un oggetto così mobile, sfaccettato, legato all' irriducibile unicità di ciascuno - la vita, appunto. Quando ciò è avvenuto, libertà e umanità sono state sacrificate e gli ordinamenti giuridici hanno conosciuto una inquietante perversione. Non a caso "la rivoluzione del consenso informato" nasce come reazione alla pretesa della politica e della medicina di impadronirsi del corpo delle persone, che ha avuto nell' esperienza nazista la sua manifestazione più brutale. L' autoritarismo non si addice alla vita, né nelle sue forme aggressive, né in quelle "protettive". Riconoscere l' autonomia d' ogni persona, allora, non significa indulgere a derive individualistiche, ma disegnare un sistema di regole che mettano ciascuno nella condizione di poter decidere liberamente. Non a caso, riflettendo proprio sul consenso informato, si è detto che questo strumento, sottraendo il corpo della persona alle pretese dello Stato e al potere del medico, aveva fatto nascere "un nuovo soggetto morale". Se il testo sul testamento biologico proposto dalla maggioranza dovesse diventare legge, sarebbe proprio questo soggetto a scomparire. Ma qui s' incontra un altro, e ineludibile, ammonimento, l' articolo 32 della Costituzione. Ricordiamone le ultime parole: "la legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana". È, questa, una delle dichiarazioni più forti della nostra Costituzione, poiché pone al legislatore un limite invalicabile, più incisivo ancora di quello previsto dall' articolo 13 per la libertà personale, che ammette limitazioni sulla base della legge e con provvedimento motivato del giudice. Nell' articolo 32 si va oltre. Quando si giunge al nucleo duro dell' esistenza, alla necessità di rispettare la persona umana in quanto tale, siamo di fronte all' indecidibile. Nessuna volontà esterna, fosse pure quella coralmente espressa da tutti i cittadini o da un Parlamento unanime, può prendere il posto di quella dell' interessato. Siamo di fronte ad una sorta di nuova dichiarazione di habeas corpus, ad una autolimitazione del potere. Viene ribadita, con forza moltiplicata, l' antica promessa che il re, nella Magna Charta, fa ad ogni "uomo libero": "Non metteremo né faremo mettere la mano su di lui, se non in virtù di un giudizio legale dei suoi pari e secondo la legge del paese"". Il corpo intoccabile diviene presidio di una persona umana alla quale "in nessun caso" si può mancare di rispetto. Il sovrano democratico, una assemblea costituente, ha rinnovato la sua promessa di intoccabilità a tutti i cittadini. La proposta della maggioranza si allontana proprio da questo cammino costituzionale. Nega la libertà di decisione della persona, riporta il suo corpo sotto il potere del medico, fa divenire lo Stato l' arbitro delle modalità del vivere e del morire. Le "direttive anticipate di trattamento", di cui si parla nel titolo, non sono affatto direttive, ma indicazioni che il medico può tranquillamente ignorare, con un grottesco contrasto tra la minuziosità burocratica della procedura per la manifestazione della volontà dell' interessato e la mancanza di forza vincolante di questa dichiarazione, degradata a "orientamento". La libertà della persona viene ulteriormente limitata dalle norme che indicano trattamenti ai quali non si può rinunciare e, più in generale, da norme che vietano al medico di eseguire la volontà del paziente, anche quando questi sia del tutto cosciente. Tutto questo ha la sua origine in una premessa che altera gravemente il quadro costituzionale, poiché si afferma che "la Repubblica riconosce il diritto alla vita inviolabile e indisponibile ". Ora, se è ovvio che nessuno può disporre della vita altrui, altrettanto ovvio dovrebbe essere il principio che vuole ogni persona libera di rifiutare la cura, qualsiasi cura, disponendo così della sua vita. Proprio questo diritto viene illegittimamente negato quando si vieta al medico "la non attivazione o disattivazione di trattamenti sanitari ordinari e proporzionati alla salvaguardia della sua vita o della sua salute, da cui in scienza e coscienza si possa fondatamente attendere un beneficio per il paziente". Conosciamo, infatti, infiniti casi in cui persone hanno rifiutato interventi sicuramente benefici - dalla dialisi, alla trasfusione di sangue, all' amputazione di un arto - decidendo così di morire. Si introduce così un "obbligo di vivere", che contrasta proprio con i diritti fondamentali della persona. È abusivo anche il divieto di rifiutare l' alimentazione e l' idratazione, definite "forme di sostegno vitale e fisiologicamente finalizzate ad alleviare le sofferenze", con una inquietante deriva verso una "scienza di Stato". Quella affermazione, infatti, è quasi unanimemente contestata dalla scienza medica, sì che un legislatore rispettoso davvero dei diritti delle persone dovrebbe, se mai, limitarsi a prevedere modalità informative tali da mettere ciascuno in condizione di valutare e decidere liberamente, davvero in "scienza e coscienza": ma, appunto, scienza e coscienza della persona, non del medico o di un legislatore invasivo. E si tratta pure di una affermazione puramente ideologica, che ha come unico fine quello di continuare a gettare un' ombra sulla conclusione della vicenda di Eluana Englaro. Inoltre, dietro il nominalismo della distinzione tra "trattamento" e "sostegno", si coglie la volontà di aggirare l' articolo 32, dove l' imposizione di trattamenti obbligatori è legata a situazioni particolari o eccezionali (vaccinazioni obbligatorie in caso di epidemia). Questa prepotenza legislativa si concreta anche in un trasferimento di enormi poteri ai medici, caricati di responsabilità che li indurranno ad assumere atteggiamenti fortemente restrittivi, così trasformando la proclamata "alleanza terapeutica" con il paziente in una situazione che prepara nuovi conflitti che, alla fine, saranno ancora i giudici a dover decidere. Delle molte sgrammaticature giuridiche di quel testo si potrà parlare in un' altra occasione. Ma qui conviene concludere con una domanda francamente politica. Nonostante il terrorismo mediatico, con le sue accuse al "partito della morte", una salda maggioranza di cittadini continua a dichiarare che debba essere solo la persona a dover decidere della sua vita. Chi li rappresenterà in Parlamento, vista la debolezza dimostrata finora dal Partito democratico? PER SAPERNE DI PIÙ www.quirinale.it www.partitodemocratico.it www.repubblica.it - STEFANO RODOTÀ

domenica 15 febbraio 2009

Se ne parla come di un periodo felice. Fine della guerra, quella major, quella dei milioni di morti, di Pearl Harbour, dello sbarco in Normandia, dell'Olocausto e dei bombardamenti delle città tedesche che fecero centinaia di migliaia di morti e della Bomba su Hiroshima e Nagasaki che aprì occhi e orecchie dei più accorti sul futuro che abbiamo vissuto e non ci è piaciuto.
Ma all'epoca dei fatti di cui si narra la guerra era finita da un decennio, le città americane tornavano a consumare e a folleggiare e a far crescere il numero delle loro case e nelle case si vedevano le prime televisioni contenute nei mobili di legno e gli apparecchi radiofonici in radica e i primi di plastica dai disegni tondeggianti che li avrebbero sostituiti - come li osserviamo oggi compiaciuti nelle teche dei musei del modernariato.

Ci si sposava e si facevano molti figli, in quegli anni, forse per dimenticare i troppi morti e nelle aziende che ambivano a durare gli impiegati di livello superiore usavano il 'dittafono' perchè le segretarie gli battessero a macchina le lettere di servizio. Il dittafono: chi se lo ricorda più.
Insomma il mondo rinasceva dalle sue ceneri e la felicità era uno dei sostantivi più usati, di certo il traguardo più ambito dai moltissimi che la credevano possibile e raggiungibile - inclusa la famiglia raffigurata in 'Revolutionnary road': bel pezzo di teatro cinematografico, begli attori e una strana problematica che affiora tra i coniugi e incrudelisce e ingigantisce fino al dramma finale - insospettato in quei termini e con quella crudezza fino all'ultima mezz'ora.
Una tematica, un 'dolore sordo di vivere' che anticiperà i segreti tormenti del post sessantotto: l'ennui esistenziale: abbiamo tutto ciò che possiamo desiderare eppure....

Avevano tutto ciò che potevano desiderare i due protagonisti del film: due figli, lavoro, bella casa in via della rivoluzione prossima a un bosco (rivoluzione: una parola che contiene tutto il dilemma e il dramma inusitato che andrà a scoppiare), ma già desideravano 'evadere' dal troppo di prevedibile che avrebbe fatto le loro vite.
Ecco delinearsi poco a poco la 'stranezza' di quella coppia brillante e stimata dai vicini di casa e colleghi di lavoro: partiremo, dicevano agli amici e colleghi, andremo a Parigi. E che ha Parigi che noi non abbiamo, gli chiedevano di rimando, perplessi.

E' tutto qui il dramma del film che rimanda al dramma ancora 'in fieri' dell'epoca felice di quell'America lontana.
Parigi-oh-cara, la vie en rose, l'aria che frizza come lo champagne: un mito, uno dei tanti miti che si elaboreranno in quegli anni: il sogno americano, ho fatto un sogno (M.Luther King), l'America dei Kennedy - salvo poi risvegliarsi con un presidente morto ammazzato e il fratello candidato alla presidenza esso pure; morti di apparato-militar-industriale che annunciano gli orrori degli attentati alle torri di Oklahoma city e quello alle torri gemelle di N.York.
Il male oscuro che attanaglia la coscienza della protagonista (K. Winslet) sarà per intero il nostro dramma giovanile (ricordate il posto sicuro in banca delle canzoni di Venditti e il mito di 'cambiare il mondo'?) e l'impossibilità a risolverlo, a guardare in faccia una felicità-sirena apre al cupio dissolvi del film. Si muore, si può morire (dentro) anche solo per un sogno inappagato.

(Noi postmoderni, invece, siamo duri a morire. Abbiamo conosciuto il disincanto e la globalizzazione e lo spaesamento e - ancora non sappiamo bene come e perchè - gli siamo sopravissuti.
Zombies?)

giovedì 12 febbraio 2009

di chi semina vento

Per nostra fortuna viviamo nel ventunesimo secolo, Osso. E il collettivo dibattere intorno ai temi del fine morte e di che cos'è accanimento terapeutico passa al vaglio di milioni di persone di diverso orientamento politico e di diversa fede religiosa e solo in Italia si assiste al prevalere di un parte ideologica, il Vaticano, che ha ispirato le odiose cose che si sono udite e viste scritte sui muri della clinica da mani che si dicono 'cristiane', ma sono molto vicine, invece, a quei fondamentalisti assassini che andavano a sparare contro i medici abortisti e i loro assistenti davanti alle cliniche americane.

Chi semina vento raccoglie tempesta. E l'aver scritto di Beppino Englaro 'boia' sul giornale delle loro eminenze (Avvenire) era vento della peggior specie, quello che alza onde alte venti metri e obnubila le menti più fragili dei 'fedeli', dei già propensi a un'obbedienza cieca, fanatica e priva di vera pietas e vera carità. Un articolo di Zagrebelsky ieri sottolineava l'ideologia della Chiesa e la nessuna carità in questa vicenda.



La Chiesa ha chiesto scusa per le migliaia di morti dei roghi dell'Inquisizione e quelli delle varie 'notti di san Bartolomeo' e delle crociate contro gli Albigesi e contro gli 'infedeli' di ogni risma e gli scismatici e gli eretici, dici.

Quanti morti, Osso? E conta il numero (altissimo, te lo assicuro, ma ti bastano i libri di storia per verificarlo) o conta, invece, sottolineare l'ideologia -ancora una volta- che spinge i vertici religiosi di ogni tempo e secolo nuovo a propugnare la sola e unica 'verità rivelata' in nome e per conto della quale si combattono le vergognose crociate su un caso di umana pietas qual'è quello di Eluana Englaro e del martire laico suo padre Beppino?

Il vaglio di molte corti di giustizia ha creduto al suo essere padre pietoso e pietosamente inteso a sottrarre la figlia a un destino tragico di sopravvivenza forzata e stato vegetativo. Dovremmo accettare che i giudici delle nostre corti dicano (abbiano detto) una parola giusta, finalmente, perchè sono i giudici di un'istituzione di questa repubblica vilipesa quant'altre mai e non si può applaudere quando mandano assolto e prescritto un berlusconi e inchiodarli alla croce quando le loro sentenze avversano un nostro credo di pretesa verità 'divina'.

Beppino Englaro ha percorso il suo calvario ed è stato inchiodato alla sua croce, novello cristo lapidato e insultato da fanatici fondamentalisti 'cristiani', e oggi o domani andrà finalmente al cimitero a parlare con sua figlia senza le odiose telecamere che fanno il ludibrio del nostro tempo infame -sia che guardino dentro le stanze del 'grande fratello' , sia che frughino senza un velo di pudore nel dolore sordo, immenso, di un padre che ha vissuto quella spaventosa tragedia.

Gli sia reso l'onore e il rispetto del dolore, gli sia resa testimonianza di una pietas che la vostra Chiesa davvero non sa dove sta di casa.

martedì 10 febbraio 2009

l'habeas corpus dei fumatori e dei monsignori

L'atto di indirizzo legislativo che ispirerà il dibattito prossimo venturo intorno alle legge sul testamento biologico è ormai definito: è una dichiarazione di habeas corpus da parte della schiera folta, foltissima dei 'cattolici in politica' e di coloro che, non cattolici e che il credo cattolico irridono nei loro comportamenti quotidiani, credono, però, di poter trarre giovamento elettorale dall'accodarsi a questo atto di indirizzo - id est, Berlusconi, Casini e altri leaders sempre ligi alle direttive vaticane, ma che non potrebbero avvicinarsi alla comunione perchè, a causa della loro vita matrimoniale, vivono 'in stato di peccato'.

Questo la dice lunga sulla qualità del 'dibattito politico-legislativo' in questo paese, sulla sua qualità morale e di pertinenza alle questione del vivere e del morire in limine mortis, - del decidere della propria vita e/o lasciar decidere ai familiari, in caso di impossibilità a dire per sopravvenuto trauma che strozza la voce e i pensieri dell'individuo gravemente ammalato.
Dice che l'opportunismo elettorale più bieco decide delle nostre vite, che i poteri costituiti extra territoriali (Vaticano) possono più del dibattere fra cittadini nell'indirizzo delle leggi, in pieno dispregio di quanto sottoscritto nei patti lateranensi dai monsignori e i cardinali col loro capointesta di bianco vestito.

'Quindi' sbottava Gad Lerner in una sua trasmissione riportata ieri sul blob di raitre 'io mi ritroverò il sondino gastrico in gola in pieno disprezzo della mia volontà di uomo e di cittadino?'
Allo stato delle cose e in attesa di improbabili mutamenti di indirizzo è così: siamo prigionieri; lo stato italiano con gli attuali governanti di destra estrema e filo vaticana ha dichiarato l'habeas corpus nei confronti di chiunque abbia cittadinanza italiana o sia in transito provvisorio sul suo territorio e venga colpito da ictus o entri in stato di coma e/o vegetativo per le varie e diverse ragioni mediche e non si faccia vivo nessuno a rivendicarne la diversa cittadinanza e a portarselo fuori dagli odiosi confini.

Uno stato che si dice liberale imprigiona medicalmente con finta e stupida pietosità i suoi cittadini più sfortunati, - coloro che hanno la sventura di incappare in una malattia o in un evento traumatico invalidante - e li costringe a una parvenza di vita, a una tortura quotidiana coll'assunto di base (condiviso che sia oppure no, non fa differenza) che la tua vita non è realmente tua, ma appartiene a un preteso iddio che si nasconde nei fantasiosi empirei di là della stratosfera e ha dato mandato permanente ai vescovi e ai cardinali di turno di interpretarne i voleri pro domo sua.
Vi è chiaro tutto questo, cittadini?

Verrebbe da dire - in una logica di 'muoia Sansone con tutti i filistei' che una tale prigionia finto caritativa, una tale tortura e 'condanna a sopravvivere' nelle condizioni più atroci castiga anche quegli opportunisti in politica che avessero la sventura di trovarsi nelle condizioni psicofisiche della povera Eluana, ma non è di gran conforto, perchè è noto che quei tali si venderebbero la madre e darebbero la vita pur di mantenere stretti tra le loro mani i potentati politici affidatigli dagli ingenui elettori.
Sono come i fumatori più accaniti (accanimento terapeutico?): gli scriviamo sui pacchetti di sigarette che fumare fa venire il cancro e può essere causa di morte?
Quelli si toccano di sotto e continuano pervicacemente a fumare.

lunedì 9 febbraio 2009

la vita, la morte,gli sciacalli

trascrivo il fondo di Mauro su 'la Repubblica. Non si poteva dir meglio e di più su quanto di canagliesco e infame attanaglia la nostra vita pubblica

di EZIO MAURO

Il nuovo Calvario su cui è salita Eluana Englaro e dove è morta ieri sera, è questa fine tutta politica, usata, strumentalizzata, quasi annullata nella riduzione a puro simbolo e pretesto feroce di una battaglia di potere che è appena incominciata e nell'usurpazione del suo nome segnerà la nostra epoca.

Il vero sgomento è nel dover parlare di queste cose, davanti alla morte di Eluana. Bisognerebbe soltanto tacere, riflettere su quell'avventura umana, sulla tragedia di una ragazza diventata donna adulta nella perenne incoscienza del suo letto d'ospedale, su quelle vecchie fotografie piene di vita e di bellezza rovesciate nella costrizione immobile di un'esistenza minima, inconsapevole. Voleva vivere, quel corpo che respirava? O se avesse potuto esprimersi, avrebbe ripetuto la vecchia idea di volersene andare, come aveva detto da ragazza Eluana a suo padre, molti anni fa, quando poteva parlare e pensare?

È la domanda che si fa ognuno di noi, quando è accanto ad un malato che non può più guarire, in un ospedale o in una clinica. È un'angoscia fatta di carezze e interrogativi, dopo che le speranze si sono tutte dissolte. Di giuramenti eroici - fino alla fine, pur di poterti ancora vedere, toccare, pur di immaginare che senti almeno il tepore del sole, che stringi una mano, e non importa se nei riflessi automatici dell'incoscienza. Ma è un'angoscia fatta anche di domande sul futuro, che si scacciano ma tornano: fino a quando? E come, attraverso quale percorso di sofferenza, di degenerazione, di smarrimento di sé? E alla fine, perché? C'è una vita da conservare, o in queste condizioni è un simulacro di vita, un'ostinazione, una costrizione? È per lei o è per noi che la teniamo viva?

Quegli atti inconsapevoli che in certe giornate rasserenano, e sono tutto - il respiro, naturalmente, un tremito di ciglia - altre volte sembrano una condanna meccanica, soprattutto inutile. Perché la vita è un bene in sé, ma deve pur servire a qualcosa, avere un senso.

Questo è stato per 17 anni il dramma di un padre. Accanto al letto della sua Eluana, lui è vivo, vede, ama, soffre, s'interroga, si dispera e ragiona. Diciassette anni sono lunghissimi, la speranza fa in tempo ad andarsene senza illusioni, c'è il realismo dei medici, l'evidenza quotidiana. Una figlia che ogni giorno si allontana dall'immagine della vita mentre resiste, ogni giorno è presente nel suo bisogno di assistenza ma non sente più l'amore, lo sconforto, la presenza. Nulla. È lontana e tuttavia respira, mentre il padre la guarda. Lui ricorda quel che la figlia voleva, quel che avrebbe voluto. Non so che cosa pensi, come arrivi alla decisione, se gli faccia paura l'idea di un futuro in cui lui potrebbe non esserci più, con la madre gravemente malata. Se ha ceduto, facendo la sua scelta, o se invece ha dovuto farsi forza. So che in quel padre, in questi 17 anni, si somma il massimo del dolore e dell'amore per Eluana. Questo non significa automaticamente che tutto ciò che lui decide sia giusto. Ma significa che lui ha un diritto, il diritto di raccogliere la volontà di un tempo di Eluana e di confrontarla con la sua volontà, com'è venuta maturando accanto a quel letto d'ospedale, in un percorso che lui solo conosce, e che nasce dal rapporto più intimo e più autentico di un uomo con sua figlia, nei momenti supremi.

Il padre potrebbe risolvere il problema nell'ombra, come fanno molti e come vogliono i Pilati italiani, pur di non vedere e di non sentire. Potrebbe cioè chiudere l'esistenza di Eluana nel moderno, silenzioso, neutro "rapporto" tra medico e familiare del paziente terminale. Bastano poche parole, poi un giorno uno sguardo d'intesa, un cenno del capo, e tutto finisce senza clamore. Ma quello del padre, in questo caso, non è "un problema". È la sua stessa esistenza, congiunta con quella di sua figlia, che non sanno come procedere e come sciogliersi. È una cosa infinitamente più grande di lui, che tutto lo pervade e lo domina, altro che "problema", altro che "rapporto" tra un medico e una famiglia, altro che scelte silenziose e sbrigative, purché nulla sia detto davvero, niente chiamato col suo nome. Ciò che molti dicono tragedia, in questi casi, quel padre la vive davvero, al punto da urlarla. Vuole che gli altri sappiano. Vuole che gli dicano se quel che fa è giusto o sbagliato. Lui ha deciso di chiedere allo Stato di lasciar andare Eluana. Chiede che lo Stato risponda, dunque si faccia carico, non se ne lavi le mani. Solo così, portata in pubblico, la tragedia di quella figlia servirà a qualcosa, a qualcuno, e quei 17 anni acquisteranno un senso per tutti, quasi un insegnamento. Non so se sia giusto o sbagliato. A me sembra un gesto d'amore, supremo, che nasce dal profondo di una desolazione e di un abbandono, perché l'una e l'altro non siano del tutto inutili, visto che già sono purtroppo inevitabili.

C'è qualcosa di più. Quel gesto verso lo Stato - violento: dimmi cosa devo fare, dimmi come posso fare, dimmi qualcosa, io sono solo ma resto cittadino e ho il diritto d'interpellarti - è un gesto che nasce dall'interno di una famiglia. Strano che nessuno lo abbia detto. Quel padre fa la spola tra una moglie malata gravissima e una figlia incosciente da un numero d'anni che non si possono nemmeno contare. Nessuno ha nemmeno il diritto, da fuori, di immaginare il suo tormento, il filo dei pensieri, la disperazione che deve tenere a bada mentre guida, mentre telefona, quando prova a dormire. Tra moglie e figlia, giorno dopo giorno, lui tiene insieme la sua famiglia. Ciò che resta, certo. Ma anche: ciò che è. Esiste forse una famiglia italiana, in questo 2009, più "famiglia" di questa? Lui parla con le sue due donne, ogni tanto con parole inutili, più spesso nella mente. Provano a ragionare insieme, è finzione, certo, ma è la cosa più vicina alla realtà, è l'unica possibile perché la famiglia esista non solo a livello fisico, delle due presenze malate in clinica con l'uomo lì accanto, ma anche a livello spirituale, come comunione possibile: anni insieme, gioie, speranze, amore, abbracci, progetti, un modo di pensare, di sentire, un modo di essere comune. La decisione che il padre prende, la prende in nome della sua famiglia. Non per sé, per tutti. Fa spavento pensare a questo, e poi pensare al futuro, ma è l'unica verità possibile. L'unica cosa autentica.

Quella famiglia, a un certo punto, dice che l'esistenza di Eluana, così com'è ridotta, deve finire. Nessuno può sapere se nella sensibilità acutissima della sua solitudine tra le due donne il padre ha deciso così perché lo ritiene un ultimo gesto d'attenzione, una cura estrema e finale per quella figlia; oppure perché non ce la fa più. Se lui non ce la fa più, è la famiglia che si ferma, che non può andare oltre. Loro sono insieme: ancor più negli ultimi diciassette anni. L'unico modo per non prendere su di sé tutto il peso di questa decisione, per il padre è quello di decidere in pubblico. Come se questo Paese fosse in grado - ben al riparo dalla tragedia, naturalmente - non solo di compatire, come sa fare benissimo, soprattutto in televisione. Ma per una volta, di condividere.

Il padre si aspettava la discussione, la polemica, gli attacchi e anche gli insulti. Aveva scritto una lettera a "Repubblica", l'altro giorno, che poi ha voluto rinviare ancora. Chiedeva di attaccarlo liberamente, purché si accettasse di discutere davvero la grande questione del cosiddetto caso Englaro. Domandava soltanto di risparmiare la morbosità degli sguardi e delle curiosità sugli ultimi istanti di Eluana. Negli ospedali, diceva, nelle corsie, a un certo punto si tira una tenda per riparare il momento finale di chi sta morendo.

Quel che il padre non poteva prevedere, era l'altra morbosità, più feroce: quella della politica, della destra italiana. Prima l'inverosimile conferenza stampa di Berlusconi, che usava più di metà del tempo per attaccare il Capo dello Stato in nome della potestà suprema e incondizionata del governo, e quando parlava di Eluana - dopo aver detto di non volersi assumere la responsabilità della sua morte - arrivava a pronunciare frasi offensive: il "figlio" che la ragazza potrebbe avere, il "gravame" a cui il padre vorrebbe rinunciare. Poi l'attacco alla Costituzione, come se una tragedia fosse fondatrice del diritto. Infine, ieri, alla notizia della morte di Eluana, il peggio, qualcosa a cui non volevamo credere. Berlusconi che punta dritto sul presidente Napolitano come responsabile diretto della tragedia ("l'azione del governo per salvare una vita è stata resa impossibile"), un gesto di violenza politica senza precedenti in democrazia, nel linguaggio tipico dei regimi contro i dissenzienti, quando si mescola politica e criminalità. Subito seguito dall'amplificazione di personaggi minori e terribili, come Quagliarello che parla di "assassinio", Gasparri che minaccia dicendo quanto pesino "le firme messe e non messe". Borghezio che chiama in causa i "dottor morte" colpevoli di "omicidio di Stato", anche da "altissime cariche istituzionali".

È miserabile sfruttare una morte per trarne un vantaggio politico. È vergognoso trascinare il Capo dello Stato sul terreno della vita e della morte per aver esercitato i suoi doveri di custode della Costituzione. È umiliante assistere a questo degrado della politica. È preoccupante scoprire qual è la vera anima della destra italiana, feroce e crudele nella cupidigia di potere assoluto, incurante di ogni senso dello Stato, aliena rispetto alle istituzioni e allo spirito repubblicano, con l'eccezione ogni giorno più forte e più netta del presidente della Camera Fini.

Con la strumentalizzazione di una tragedia nazionale e familiare, e con gli echi cupi di chi tenta di trasformare la morte in politica, è iniziata ieri sera la fase più pericolosa della nostra storia recente per le sorti della Repubblica.

(10 febbraio 2009)

domenica 8 febbraio 2009

l'habeas corpus ai tempi d Caligola

... nel caso vi fosse sfuggito.


Repubblica — 08 febbraio 2009 pagina 24 sezione: COMMENTI

Forse sono diventato ipersensibile, come chiunque, da anni, senta lo stesso vecchio chiodo piantarsi nella stessa vecchia ferita. Ma ogni volta che Berlusconi pronuncia anche una sola parola sulla famiglia Englaro mi sento umiliato dalla sua grossolanità morale. Al consueto effetto dell' elefante nel negozio di porcellane si aggiunge la totale incongruenza tra un argomento così alto e un livello così basso. Specie quando costui osa addentrarsi in dettagli - come dire - fisiologici, che riguardano un corpo inerte e lo strazio quasi ventennale di chi la veglia e la cura, mi si rivolta lo stomaco. Un argomento che anche i filosofi accostano con sorvegliatissima prudenza diventa, in bocca a lui, la ciancia superficiale di un importuno, per giunta dotato di poteri enormi, che in genere agli importuni non vengono affidati. In questi giorni siamo di fronte a un doloroso strappo istituzionale e costituzionale, ma forse perfino più dolorosi sono gli sgarri verbali che il premier si è concesso, blaterando di gravidanze e di "bell' aspetto". Chissà se, di fronte a questo osceno spettacolo, almeno qualcuno dei suoi elettori ha potuto aprire gli occhi. L' illusione è che esista una soglia oltre la quale finalmente la passione politica si fa da parte, e lascia il posto alla valutazione umana. Non posso credere che essere di destra, oggi in Italia, significhi rassegnarsi a essere rappresentati da uno di quella fatta. - MICHELE SERRA

Viviamo in un mondo malvagio o, quantomeno, dove la malvagità spiega le sue grandi ali davanti agli occhi di tutti con maestosa compiacenza e lascivo occhieggiare.
Trascuriamo le notizie di nera di chi stupra chi, chi mette sotto una coppia di poveri cristi e va bersi la birra al bar, chi prova a linciare, chi si vuol fare vendetta con le proprie mani perchè l'umana giustizia 'gn'i 'a fa', non ce la fa proprio, poveretta. Già era messa malissimo ante Berlusconi - oggi potremmo disfarcene con serenità e liquidare il gigantesco apparato investigativo e giudiziario e il quanto di violento e di malaffare impunito della società in cui viviamo non crescerebbe di molto.

Basterebbe un veloce zapping sulla tivù di casa (un tempo definita la 'scatola magica' -che tenerezza! e ancora tale è agli occhi vergini dei bimbi più piccoli) o il blob su raitre che ce ne fa un sarcastico riassunto serale per osservare schifati le grida scomposte e le urla rabbiose e i pianti dei mentecatti che sono andati a chiudersi volontariamente in quella stia di polli che va sotto il nome di 'grande fratello' o le molte dichiarazioni ispirate a pura demenza politica del nostro beneamato premier - filiazioni della demenza maggiore che impazza sulle sue televisioni e tracima in quelle del servizio pubblico televisivo.

Dunque il male, la malvagità è la cifra interpretativa del nostro presente e poco ci consola che qualcuno sottolinei che il nazifascismo e le guerre che ne sono conseguite e l'olocausto di ebrei e zingari fossero peggiori della presente malvagità/demenza collettiva in cui affoghiamo.
La differenza fondamentale è che su quella del passato ci abbiamo riflettuto a lungo e l'abbiamo studiata a scuola e siamo andati in pellegrinaggio scolastico a Dachau o a Mauthausen e agisce ancora un vaccino collettivo in virtù del quale respingiamo con sdegno e diciamo folli o persone malvage e diaboliche i 'negazionisti' di ogni risma e coloro che li tengono a bagnomaria per chissà che calcoli di bieco opportunismo (vedi i lefevriani).

Il fatto è che il problema del male, della malvagità ci tormenta e ci tormenterà in futuro con uguale forza perchè non sappiamo darne una definizione filosofica adeguata e soddisfacente.
Ascoltavo Agostino (meglio noto come sant'Agostino - potenza della propaganda fidei!) in lettura radiofonica qualche giorno fa. Bello scrittore, bella scrittura moderna e affascinante anche alle orecchie di un moderno. Più che un filosofo, è un mistico e parla del suo Amore (Dio, Il Bene supremo) astratto, tutto di testa, come fosse reale e sprezza le sue lussurie passate perchè gli obnubilavano la visione mistica del supremo Bene, ma sulla questione del male dell'umanità se la cava con un escamotage di poco costrutto e nessun appagamento alle nostre orecchie.

Il male, il mille volte maledetto male degli uomini sarebbe, è, per Agostino l'allontanamento dal supremo Bene, il distacco dal suo amoroso seno. Si, vabbe', veniva da dirgli, vaglielo a dire a chi stupra chi e va a farsi una birra, ai personaggi spaventosi che in un video visto in tivù in prima serata torturano e stuprano una ragazza e con delirio di onnipotenza la minacciano dicendole 'di te io faccio ciò che voglio', vaglielo a dire a quel povero padre pietoso che prova a dare sereno trapasso a una figlia in stato vegetativo da decenni e si ritrova fuori dalla clinica i forsennati fondamentalisti 'cristiani' che scrivono sui muri 'Beppino Englaro boia' -cugini di quelli che in America hanno sparato a un medico abortista.

Miseria della filosofia e sua assoluta insufficienza a dirci il Bene a cui aspiriamo: un Bene concreto, visibile, praticabile, non astrattamente mistico - che ci allarghi il respiro al risveglio e ci faccia aprire assonnati la radio al mattino senza l'incubo di ascoltare un Sacconi o un Bondi o il loro tragico padrone di denari che spiegano le loro miserabili ali malvage sulle onde hertziane e ci dicono che questo è il maledetto presente malvagio e fetido in cui dobbiamo vivere.

venerdì 6 febbraio 2009

hutu e tutsi

Piove. Se fossimo nel paese delle mille colline avrei l'orecchio teso a distinguere i rumori che vengono da fuori, dalla strada, i rumori dei passi - diversi da quelli della pioggia - passi come tonfi sordi sulla terra bagnata che li attutisce e guarderei il mio machete posato a terra nell'angolo del muro perchè la mattanza è annunciata e la vita nostra e dei nostri cari si deve difendere se un accozzaglia di assassini se ne va girando per le strade per sgozzare e uccidere su mandato dei capi politici che hanno lanciato le parole d'ordine del repulisti.
Non siamo il paese delle mille colline, è vero, ma quello dei guelfi e ghibellini e il ghibellin fuggiasco fuggì da Firenze dove gli davano la caccia e per questa sua decisione oggi studiamo la Divina Commedia e sappiamo di papi indegni e cardinali assassini a cui si mordono i crani nell'inferno degli umani tormenti e ne andiamo fieri di quell'altissima letteratura:
'...e questi è l'arcivescovo Ruggeri. / Or ti dirò perch'i son tal vicino...'

Non ho dubbi che se la Riforma protestante avesse attecchito anche da noi avremmo avuto le nostre 'notti di san Bartolomeo' con centinaia, migliaia di morti ammazzati nelle case e per le strade su istigazione dei malvagi uomini del potere temporale della Chiesa (che di evangelico amore e rispetto per le vite non avevano nulla davvero) - perchè la ferinità dei comportamenti di un paese e il marasma delle opposizioni gridate e urlate prepara questo genere di pogroms.

Mi stupisco solo che già non si sia a quel punto delle parole d'ordine degli assassini - per quanto gli irresponsabili beoti della Lega abbiano spesso dispensato a man bassa e salva le grida 'fucili' e 'secessione' e i blob serali ci rimandino le immagini delle rozze smargiassate e parole sprezzanti e violente dei loro parlamentari 'europei' intrusi nel parlamento di Strasburgo che insultano il presidente Ciampi in visita durante il suo discorso.

E' un miracolo tutto italiano questo dell'urlare: degli ululati e latrati delle fiere della politica e di chi li ha votati che ancora non ha prodotto il risultato della guerra civile, dei fucili e dei coltelli impugnati per l'ultima difesa nelle case e per le strade, ma il gesto di disprezzo e sfida del malnato presidente del consiglio ieri versus Napolitano è un passo nella giusta direzione, nella direzione della 'critica delle armi' perchè le armi della critica ormai non trovano più un senso compiuto, un aggancio di ragionevolezza nell'opposto di fede politica che è ormai tout court un 'nemico'.

Mi chiedo solo, quanto può durare, quanto durerà questa quiete della pioggia che cade prima delle urla dei feriti e dei morenti casa per casa.

il marasma di un 'paese senza'

Il caso di Eluana Englaro è un detonatore e la bomba a cui è applicato ed esplode sotto i nostri occhi è il marasma sociale e politico di un paese incapace di dipanare un filo comune di opinioni condivise. Che di quel filo vi sia assoluta necessità - prima di giungere a un ferinità di toni e comportamenti che già agiscono e mostrano i loro nefasti nella cronaca di nera e nell'emiciclo del parlamento e nei forum dei cittadini - è di assoluta evidenza perchè la quotidianità del paese Italia somiglia alla tragedia greca di un cieco lacero e ferito per le molte cadute che brancica e incespica e lamenta la sua disgrazia e cade, infine, nell'abisso che la sua cecità gli impedisce di vedere.

Mi ha molto colpito la perorazione di un medico che dicono non credente, un cantante ironico e sarcastico della mia generazione, Enzo Jannacci, uomo di sinistra da sempre, - ma lo schieramento non importa molto. E' uomo di grande intelligenza, di certo, e di umana sensibilità - che sul caso Englaro esprime parole in totale difformità da quelle, pietose e ragionevoli, di monsignor Casaro(le?) che hanno informato le cronache di ieri per il loro essere 'contro' le posizioni malvage degli uomini di curia - ispirate (nientemeno!) da quel che vorrebbe un misteriosissimo e supposto Dio in merito alle nostre vite. Parliamo del Dio leggendario dei cespugli che arsero sul Sinai, a detta del condottiero Mosè che pretese di essere creduto dagli increduli, ed è il Dio di cui abbiamo bisogno perchè lo chiamiamo Amore e Bene Assoluto, ma ci comportiamo sovente in assoluta difformità da quel suo Essere secondo i nostri desideri.

Dice Jannacci che se fosse suo figlio il prigioniero di un coma e vedesse anche solo il battere di un ciglio quale movimento involontario proveniente da quella regione misteriosa in cui si aggiranno i prigionieri di un coma, mai avrebbe il coraggio di 'lasciarlo andare' e non è chiaro se il suo è il desiderio straziante di un padre amoroso disposto a 'tenere prigioniero' il figlio in quello che potrebbe essere un paesaggio di dolore terribile quale è un carcere o se la regione misteriosa di un coma è un paesaggio aperto, aereo e sereno fitto di sensazioni lievi ed emozioni positive dove l'anima del prigioniero vola già libera dagli impacci corporali.

Già il provarsi a rappresentare ciò che sta di là di un corpo prigioniero del suo stato immobile fornisce una prima risposta che induce a credere a un sentimento egoistico e cieco del padre perchè, come scrive Spinoza:
'...ciò che è azione nell'anima è anche necessariamente azione nel corpo; ciò che è passione nel corpo è anche necessariamente passione nell'anima. Nessuna eminenza di una serie sull'altra.'

Per tutto ciò esposto, ritengo Beppino Englaro propugnatore di un verbo di pietà e misericordia verso chi soffre la sua prigionia.
Liberate Eluana, ridate alla sua anima prigioniera di un corpo appassito da diciassette anni di atroce sofferenza la possibilità di involarsi e di piangere, finalmente la gioia di una libertà ritrovata.

giovedì 5 febbraio 2009

tutto più semplice

E' così.: tutto dovrebbe essere più semplice, come mi diceva un'amica tempo fa. Come togliere il tappo a un lavandino a guardare l'acqua che crea il suo gorgo e scompare e da non credersi che prima fosse così pieno da straboccare.
Non darsi importanza, non tenere cose preziose nel cuore - muscoletto elastico e ingannatore quant'altri mai.
Tutto fluisce: cieli, nuvole, emozioni, fragilità nostre, malattie e conta solo il gioco degli sguardi e dei sorrisi, lo stringersi per breve momento in un ballo: effimero calore che non inganna, emozione di una musica e dei corpi che la interpretano.
Dovremmo cancellare la memoria: reset. Fatelo per gioco, funziona.
E' come non essere mai stati, non esserci più e conta solo il paesaggio e gli occhi che lo registrano in questa città di incanti, di acque in movimento e di passeggeri a bordo di un vaporetto che dicono le cose più stupide a udirsi:
'Quando arrivo a Venezia, per me che lavoro è una pena: passo da cento km orari a sei chilometri l'ora'.
Verrebbe da chiedergli:
'Ma dove vai così di corsa? C'è la crisi, non l'hai sentito, non la vedi nei tuoi traffici e commerci, nelle statistiche del fatturato? Rilassati, guarda i riflessi delle luci smorte fuori dal finestrino; sei a Venezia, città di sempiterni languori e nostalgie; se non lo capisci hai sbagliato città, tornatene a piazzale Roma e rimonta in macchina e dai gas. Vrooom, vrooom, come i bambini d'antan con le automobiline dei loro giochi che annoiano dopo solo mezz'ora.'
Certa gente si è registrata i neuroni in un'altra galassia e non si è accorta che il viaggio è finito.
Ha sbagliato pianeta e tempo della storia e non si accorge degli sguardi straniti che lo compatiscono.

il re nudo e gli sciagurati della corte

Il re è nudo. Stavolta il bambino che lo indica col dito al padre che invano cerca di zittirlo si chiama Casaro, vescovo o monsignore di una qualche località di questo paese di infami (che non lasciano fama).
Con parole che stupiscono in bocca a un esponente dell'alto clero, il vescovo/monsignore dice con semplicità quello che ogni persona pietosa e di minimo buonsenso direbbe e ha detto: che diciasettte anni di spaventosa sofferenza e accanimento terapeutico sono un limite che attiene alle imbecillità e ai molti buchi neri della scienza (ve ne sono anche in quel campo, ahinoi!) a cui abbiamo delegato in toto la gestione delle nostre vite malate, ma più dei protocolli medico-burocratici che sostengono la deriva di un certo tipo di scienza.

'Uno degli incontri più sciagurati della medicina moderna è quello tra un vecchio fragile, indifeso e ormai prossimo alla morte e un giovane e scattante medico internista agli inizi della carriera.'
scrive, B. Kaizer nel suo libro ' My Father's death'.

E in 'Modi morire' di Iona Heath leggiamo:
'Murray e i suoi colleghi si sono serviti di tecniche di ricerca qualitative per mettere a confronto l'esperienza della morte in paesi con indici di ricchezza e povertà più o meno alti, scoprendo che, mentre in Kenia i pazienti associano il loro desiderio di morire alla cessazione della sofferenza, in Scozia i pazienti dicono di voler morire perchè non ne possono più degli effetti secondari del trattamento medico. Un terribile atto d'accusa nei confronti dell'assistenza medica moderna'.

Ma in questo paese di infami spunta anche la lettera di un tale che si dice amico di Beppino Englaro e di averlo incontrato più volte e di averne raccolto lo sfogo e lo diffama dicendo che si sarebbe inventato di sana pianta la volontà testamentaria di Eluana che gli è valsa il credito nei tribunali a cui si è rivolto e le sentenze esecutive e inappellabili.

A leggere tutto di questo vergognoso 'scoop' giornalistico dell'ultima ora - di un'ora che dovrebbe essere di doloroso silenzio di fronte al buio della morte che ancora una volta ci racconta il suo spaventoso mistero - si viene a sapere che il diffamatore di Beppino Englaro è amico di cardinali e vicino agli ambienti cattolici.

Non è solo questione di 're nudi' e di crudeltà mentale spacciata per 'rispetto della volontà divina relativa alla vita'.
Qui siamo alla miseria morale dei papi della famiglia Borgia, dei complotti di palazzo e di quanto di più oscuro e vergognoso ha sempre sostenuto la curia romana e le sue mene di potere -inclusi i casi Marcinkus e l'omicidio di Calvi sotto al ponte dei frati neri.

Gente immorale che veste le vergognose tonache e sono disposti perfino alla menzogna più spudorata e ai mezzi più vili pur di ottenere il fine di imporre la 'volontà divina' che pretendono di possedere e farcela digerire obtorto collo.

mercoledì 4 febbraio 2009

di chi torturava e uccideva


L'amore per vita umana, la spada tratta a difesa della vita non sono patrimonio storico della Chiesa cattolica - come vogliono far credere gli ultimi epigoni in tonaca che oggi levano alte le voci canagliesche e stupide contro i pietosi che restituiscono a Eluana Englaro il rispetto delle sue volontà (affidate verbalmente al padre quale sua lontana volontà testamentaria).



Ieri combattevano uguale battaglia contro l'aborto e le parole d'ordine a difesa del feto e dell'embrione erano così fanaticamente intese da aver - di contro - ucciso, tolto la vita (quella vita che gridano sacra), a più un medico abortista e/o suo assistente. E' accaduto in America, per impedire l'ingresso alla clinica dove si praticava l'aborto e chi ha sparato e spento la vita di un medico lo ha fatto 'in nome di Dio', e quella vita umana non ha tenuto in nessun conto perchè, a suo dire, andava contro il preteso comandamento.



Quindi non è la vita umana in sè che interessa a questi fanatici, a questi fondamentalisti suonati, non è il dolore di vivere e il rispetto della sofferenza di vivere, bensì la vita umana 'che è dono di Dio', preteso dono di quell'astratta Entità Suprema che si nasconde negli Empirei (chissa dove, chissà dove) e che essi pretendono di conoscere nelle Sue volontà prime e ultime e di cui si dicono seguaci e 'combattenti' (nell'atto della cresima) al punto da impugnare spade e bastoni ed erigere le pire che bruciavano gli eretici, gli scismatici e uccidere per le vie e le piazze e dentro le case a fil di spada i protestanti, gli anabattisti, i calvinisti (vecchi, donne e bambini inclusi) nella varie e frequenti 'notti di san Bartolomeo' raccontate nei libri di storia.



Questo è il loro rispetto della vita, il loro amore per la vita che si spegne e quella che nasce e le grida dei torturati nelle sale di tortura dell'Inquisizione e quelle di chi bruciava nei roghi dovremmo oggi far risuonare amplificate a mille watts in tutti i luoghi in cui gli eredi di quei misfatti, di quei crimini, si radunano impietosi e stupidi e gridano 'assassini' a chi esegue la volontà di Eluana e una sentenza irrevocabile ed esecutiva dei tribunali di questa Repubblica.



E, ancora, dovremmo rammentare l'assordante silenzio sui campi di sterminio nazisti del papa di allora, per le convenienze di sopravvivenza di casta e di potere delle loro tragiche 'eminenze' e a quel pensiero si rivolta lo stomaco nel guardare oggi le scene di quegli autentici imbecilli, di quegli assatanati che vanno a gridare 'assassini' davanti alla clinica dove soffre Eluana o lo scrivono sui vergognosi giornali di partito e di famiglia.



Costoro non sanno dove stia di casa la pietà e la loro arroganza nel pretendere di interpretare il verbo divino e imporlo erga omnes è di tale evidenza da aver riempito i libri di storia, - la storia del potere temporale dei papi, della Chiesa di Roma corrotta fino alle midolla che ha dato vita alla Riforma protestante e solo con la violenza dei roghi e delle torture e degli assassinii su mandato di papi e vescovi e cardinali e dei re e dei principi che associavano nelle loro imprese criminali riuscirono ad imporre il loro verbo assassino, - non della vita umana rispettoso, bensì solo delle sue ridicole pretese di 'interpretazione divina'.

domenica 1 febbraio 2009

infami?

Mi aspetto, per coerenza, che la voce del Censore di questo forum si levi alta e forte anche contro di te, caro Eulo, che hai centrato la sostanza del problema. E che il suo dito severo ti ammonisca: non si fa, non si può dire 'infami'.

Tutta la coprolalia del Vandalo si, quella si tollera, e le contumelie contro Veltroni e i sinistrati perchè il Vandalo, lo sappiamo tutti, non fa male a nessuno, ma Chiarafede no, Chiarafede è un uomo d'onore e le sue definizioni toccano le ferite purulente e le infettano e la malattia dilaga.

Se è lecito dire e dare degli infami a un popolo che nella sua lunga storia ha ondeggiato pigramente tra il peggio che c'era e il peggio che si annunciava e puntualmente si è verificato e oggi ha l'aspetto volgare e laido del ridanciano dittatorello dello stato libero di bananas sua maestosa banalità silvio berlusconi. Questo è il problema. E Chiarafede è uomo d'onore.

Perchè il mite Emilio, l'Emilio sereno e scherzoso con Gei e Mellen e te e gli altri allegri compagnoni del forum ha levato alto il suo dito ammonitore contro Chiarafede il fellone, il troppo ardito, colui che offende nel profondo il sentire degli italiani che si riconoscono nel cialtrone di lotta e di governo? Bella domanda.

E la risposta facilis potrebbe essere che è un umorale del c...o, un maledetto permaloso che da tempo meditava e covava la sua vendetta e oggi che ha la titolarità del forum unificato la può agevolmente compiere. Guai a te, Chiarafede, fuori dal mio paradiso, questo non si può dire e tu offendi il mio sentire profondo.

Poco gli importa che il suo campione di lotta e di governo offenda il mio di sentire, che dia dei coglioni agli elettori del centrosinistra o del demente ai suoi giudici (ormai incapaci di ferirlo a causa delle leggi ad personam), e del kapò ai suoi oppositori europei e che scateni la canea dei suoi parlamentari in vigilanza rai perchè sia posto l'interdetto a Orlando.

L'opposizione a sua maestà se la sceglie lui. L'opposizione ai destri la devono fare loro stessi: Zelig politici impareggiabili, qui lo dico e qui lo nego, io sono io e voi non siete un cazzo.

Questo per lui, per l'Emilio Censore, l'Ammonitore, è acqua fresca e 'infami' a coloro che si riconoscono in quel tal figuro di dittatorello da tre palle un soldo non si può dire perchè sua Signoria forumistica si offende e minaccia l'espulsione.

Alla via così, bella gente. Suonatevela e cantatevela. C'è un tale, uno che di nome fa Luttazzi, che di lavorare in televisione neanche a parlarne, per aver detto 'paese di merda' in una lontana trasmissione. Io la chiamo censura ed è la peggiore infamia che si possa stampare in finale di partita sulla fronte di un popolo.

Comincia sempre così una dittatura. Con barzellette stupide e la complicità di un popolo che ride e vota il suo campione e gli saltella felice dietro.

riferimento: virgilio community forum 'invece del patibolo'