giovedì 25 ottobre 2018

Quanta distanza c'è tra Buenos Aires e la morte?

Giunto alle soglie dei biblici settanta, il mio cervello, di notte, si dà alle pazze storie e ne inventa di tutti i colori e trame strampalate. E, stanotte, conoscendo la mia intenzione di recarmi a visitare il paese del grande vecchio, Borges, il nume tutelare degli scrittori latino americani, mi ha proiettato in video e in voce una confusa trama di bohème argentina - con scrittori commisti a tangheri e belle donne che pazziavano in un locale malfamato (ma perché non si può dare buona letteratura e bohème anche nei bei locali eleganti? Il nostro Magris, ad esempio, ha scritto 'Danubio' e altri saggi magistrali seduto al tavolo di un bellissimo caffè storico di Trieste).
E se questo buffo sogno, uno dei mille che percorrono regolarmente le mie sinapsi in libertà, mi ha colpito e l'ho ricordato al risveglio è perché il mio cervello, fattosi menagramo, come ogni tanto gli capita, metteva in bocca ad uno scrittore riunito in quel locale di gente varia il titolo di un suo romanzo in gestazione: 'Quanta distanza c'è tra Buenos Aires e la morte?'.
Da toccarsi di sotto e munirsi di cornetti di plastica e il 13 in cornice metallica.
E, in verità, ciò che mi spaventa della morte (e un po' mi irrita. Possibile che non esista una eccezione che sia una a questo strano fenomeno di partenze e commiati misteriosi? Ci sono eccezioni per tutto, mannaggia!), ciò che mi spaventa, dicevo, è la mancanza di orizzonti predicibili, come si fa per ogni viaggio – con le guide della Lonely Planet che ci raccontano di città caotiche e intriganti e bei musei strapieni di opere d'arte e di grandi ghiacciai che franano direttamente in mare e di laghi salati e alberghi fatti di sale dove la notte le temperature scendono a -25.
Ecco il Grande Viaggio, invece, non ha narrazioni credibili, non ha luce e orizzonti di cielo e soli e lune - per contrasto con quanto le leggende religiose ci hanno raccontato di Empirei e paradisi fitti di angeloni e di santi (Oh, when the Saints...) e il ditone del Padreterno svolazzante che incontra quello del progenitore come nelle magistrali pitture nella Sistina di Michelangelo.
E, poi, mi secca alquanto constatare di essere prossimo a una dipartita (ogni giorno in più è un magnifico regalo) giusto quando il mondo degli uomini sta per esplodere fragorosamente tra marce di honduregni in fuga dalla miseria a migliaia (questo è lo 'storytelling', la narrazione compiaciuta delle sinistre di s-governo, ma pare che dietro ci sia l'organizzazione del solito Soros), bombe nelle case dei cicaleggianti democratici americani dei cachinni anti Trump, e il nostro Salvini che mena terribili fendenti pre elettorali all'indirizzo di Juncker e Moskovici, che il diavolo se li porti, insieme a Macron.
Che è come se ti spegnessero il televisore durante una partita di volley femminile tra l'Italia e la Serbia, e non sai se l'ultima schiacciata della Paola era dentro la linea, mannaggia,
'Fermate il mondo voglio scendere', diceva un noto adagio. Per me, invece, è importante sapere quanta distanza c'è tra Buenos Aires e la morte. Ho troppe cose ancora da vedere e raccontarvi.

mercoledì 24 ottobre 2018

Quei burocrati sordi e grigi

Quei burocrati sordi e grigi
Potremmo fare come stanno facendo gli honduregni e la varia compagnia di sedicenti profughi aggregata cammin facendo: di organizzare una marcia dei nostri poveri e di genti 'meno abbienti' (inclusi i clandestini fin qui importati a man bassa buonisticamente) e tutti coloro che sono in odore di 'reddito di cittadinanza' e farli valicare minacciosamente le Alpi e che marcino in direzione di Bruxelles (traversando il Luxemburgo di Juncker) e assedino a migliaia la Commissione europea che ha bocciato la nostra manovra, la 'manovra del popolo'. E, magari, chiederemo a un tal fine il contributo finanziario e organizzativo di Soros, il filantropo ungherese che è 'mani(o)na' destabilizzante di ogni 'migrazione' globale – come si legge nell'articolo qui sotto.
Perché la perentoria richiesta dei falchi - o cornacchie gracchianti che usano vergognosamente delle loro posizioni in seno alla Commissione per avviare una impropria campagna elettorale europea - quei falchi, dicevo, che ci spediscono le 'letterine' di riprovazione e bocciano il 2,4 del nostro rapporto deficiti/pil vogliono proprio questo: che, entro le tre settimane intimate al governo italiano per cambiare il d.e.f., dovrà scomparire il reddito di cittadinanza e si dovrà dilazionare o, forse, cassare il cambiamento della odiata 'legge Fornero' al fine di 'rispettare i parametri' e il pareggio di bilancio che i Soloni dello s-governo pd hanno voluto immettere nella Costituzione, nientemeno!
Cominciano oggi le tre settimane che sconvolgeranno l'Europa e, forse, il mondo, il mondo dei mercati e dello spread di sicuro, ma noi, noi elettori giallo-verdi, tireremo dritto (speriamo, vedremo) e risponderemo con una contro campagna elettorale 'aspra e forte' alla campagna elettorale vergognosissima dei burocrati europei che tromberemo a maggio nelle urne. E se minacceranno sanzioni pecuniarie le rimanderemo ai mittenti, e se minacceranno di scalarle dai fondi europei che ci spettano ci rifiuteremo di pagare la retta dovuta a quest'Europa di burocrati 'sordi e grigi' – e sarà quel Dio vorrà e 'Dio è con noi': come dicono ai giornalisti gli honduregni in marcia verso gli States e vedremo come andrà a finire.
ILFATTOQUOTIDIANO.IT
Ci sono i dossier sulle elezioni Europee del 2014 ma anche quelli sul voto nei singoli Stati, i fascicoli sui finanziamenti elargiti alle organizzazioni non governative di tutto il mondo e persino i rapporti sul dibattito politico in Italia ai tempi della crisi dell’Ucraina. Sono solo alcuni dei d...

domenica 21 ottobre 2018

Sperdimenti e vecchi imperi

Sperdimenti e vecchi imperi


22 ottobre 2015
E da palazzo Malipiero, luogo pulito e un filo asettico e inespressivo, il padiglione dell'Iran si è trasferito in calle san Giovanni, - in uno dei luoghi desolati dell'abbandono delle attività industriali e artigianali di Venezia che bene esprime e rappresenta l'idea di conflitto e macerie e di guerra permanente che abbiamo, noi lettori dei giornali, di quelle zone dell'Asia unificate, nei secoli lontani, nell'Impero Persiano delle mitiche guerreall'Occidente e alle democrazie delle città-stato elladiche.
E, di stanza in stanza e di artista in artista, si mostra, mal filtrato dal linguaggio dell'Arte, il senso di sperdimento e di sgomento che agita le menti e i cuori dei figli (molti di loro vivono e lavorano in Occidente) di quelle terre disgraziate.
E, se all'ingresso vi accoglie un giocoso (apparentemente) cammello che 'ha fatto le valigie' e si consegna tutto intero a un suo immaginario viaggio e stralunato addio all'esotico deserto delle origini, in altra stanza è una carta geografica che disegna un subcontinente col filo spinato delle sue mille contraddizioni sociali e i conflitti di tutti contro tutti: islamici pachistani versus induisti, sunniti contro sciiti e gli alawiti e wahabiti contro chissà chi e perché e tutti confusamente contro il 'Great game' dei maledetti occidentali di turno e le loro ambizioni geo strategiche e decisioni quasi sempre folli e sbagliate nell'area mediorientale che sono continuo stimolo a disastrose guerre stupide e massacri spaventosi e gli esodi biblici conseguenti.
E chissà se quel capitello mostrato in sezione con gli eleganti caratteri arabi che si mostrano all'interno allude alle distruzioni di Palmira da parte di quei suonati integrali dell'Isis o è gioco artistico concluso nella sua bravura. O se quella foto di gruppo in un deserto di genti tutte chiuse in luttuosi abiti neri esprime un rabbioso: 'Che ci facciamo qui?'- poveri noi, esseri umani che la sorte ha castigato per nascita e condannato alle nequizie delle arabe tradizioni e culture islamiche del conflitto permanente e delle recriminazioni perpetue e inacidite contro l'odiato Occidente che ci ha rifilato Israele.
E l'unica, solare opera d'arte che unisce gioco artistico e ironia e allusioni precise e irridenti col linguaggio delle antiche stampe della tradizione islamo-indiana è un video che incanta e ti incolla davanti per tutta la sua durata e oltre e narra da par suo le trasformazioni del mito dell'araba fenice e lo sfilare degli animali della giungla d'antan coi maragià seduti in coppa agli elefanti che trasfigurano nell'attualità delle guerre dei generali e dei fucili e missili e gli f16 e le bombe 'di precisione'.
Chapeau all'artista e 'Bonjour tristesse'. Com'era bello l'Oriente del mito e dei viaggi esotici di noi viaggiatori che più non viaggiamo in quelle fornaci d'odio e di orrore terroristico.

Sapevatelo

Ieri accadeva 21 ottobre 2017
Bisogna andarci piano, al rientro, evitare gli affollamenti, fare orecchie da mercante relativamente a certi dialoghi da assoluti imbecilli che viaggiano per l'etere di treni, vaporetti, autobus, mercati.
Da evitare come la peste i tiggi e i radiogiornali che danno conto esclusivamente dei treni di Renzi (che ne è stato del suo Air Force One?), degli incessanti barconi della pietà indebita e malintesa e dei drammi sociali relativi all'accoglienza imposta obtorto collo e delle mitiche elezioni che verranno e che riscaldano gli animi al diapason.
Perché, quando si rientra da un viaggio così, da quella Svizzera di cui si diceva: 'Me ne vado in Svizzera' proprio per dire di uno stacco necessario, di un oblio, di un cadere di braccia: di un non farcela più a reggere l'andazzo italico del casino e della sempiterna lite sociale e politica tra comari, - quando si rientra, dicevo, bisogna dosare omeopaticamente tutto quanto sa di italiano e nostrano per non rovinare l'effetto di 'apaisement' che ti è sedimentato dentro nel visitare le città diverse e nell'osservare i moti e i sorrisi di altri volti e di altri comportamenti sociali; e i dialoghi distesi e mai gridati e i silenzi: quei silenzi che non trovi mai nella partitura italica del concerto quotidiano dissonante e sgangherato con grande finale in frastuono elettorale sempiterno.
E la S-fizzera, cari voi, è davvero un gran bel paese di cittadi ottimamente organizzate e valli incantate e cime celestiali e pascoli che fanno aggio e si impongono sull'idea che abbiamo di paradiso, ma già lo sapete – e la metafora degli orologi svizzeri, che sono l'idea platonica dell'Orologio e perfetta misura del Tempo che passa e ci affanna, già vi dice della capacità di quei popoli di governare gli eventi e dominare sapientemente l'Impero del Caos – fiume carsico che sfoga e riemerge impetuoso a sud del Ticino, nelle terre delle 'diverse lingue e orribili favelle, / parole di dolore e accenti d'ira' dell'inferno italico di cui già ci narrava il Poeta secoli orsono.
E gli Svizzeri l'hanno capito da tempo, dai tempi delle guerre di religione della Riforma luterana e calvinista, osteggiata a fil di spada romana e sanguinose notti di san Bartolomeo, che l'isolamento e il chiamarsi fuori dal maledetto caos europeo giovava e giova - e perfino nel presente disordine delle migrazioni selvagge dei 'popoli del mare', s-governate dagli imbelli parlamenti nazionali e dalla superfetazione di quello di Strasburgo, i popoli svizzeri trovano una misura di equilibrio che non esclude bensì include, con lodevole senso della misura e parecchio 'grano salis', le genti varie e diverse. Incluse e 'integrate' solo se troveranno lavoro e casa e si mostreranno rispettose di leggi e divieti e non vagheranno, misere e avvilite, ad elemosinare in permanenza davanti ai supermercati come usa da noi, nel paese dell'accoglienza imposta e dello s-governo permanente delle cose.
Perché, dove il troppo stroppia, ivi è 'pianto stridor di denti' e rivolta sociale e dramma mal recitato e possibile e predicibile finale in tragedia. Sapevatelo.

sabato 20 ottobre 2018

Mutazioni

20/10/2016

E' tutta colpa di un libro che sto rileggendo proprio in questi giorni.
Mi spiego: il mio propendere odierno per auspicate soluzioni d'ordine e di vero governo sulla desolata e catastrofica scena globale è forse colpa di Frank J. Tipler e del suo libro 'La fisica dell'immortalità'.
Un libro che illude i suoi lettori che il caos sia governabile in tutte le sue maledette manifestazioni e perfino le leggi fondamentali che regolano l'espansione e/o la ritrazione dell'universo possano essere governate dall'uomo, espressione massima di quella che lui chiama 'la vita'.
Ed è talmente consolatoria quella sua esposizione di scienziato 'cosmologo' e della fisica quantistica da far pensare che davvero l'umanità sia avviata sulla via di 'magnifiche sorti e progressive', malgrado le sciagure della presente guerra in Siria, le trentamila mail nascoste e la disastrosa azione geopolitica in qualità di ex segretario di stato e i sotterfugi vergognosi della Clinton che, malgrado ciò, si avvia a conquistare la presidenza degli Stati Uniti d'America e del mondo - e l'Imbonitore fiorentino che impazza da noi con le sue pretese 'riforme' e le pentole senza coperchio che riesce a rifilare con destrezza agli italiani distratti e disinformati e 'buonisti' per pia propensione degli animi vistosamente carenti del necessario sostegno razionale.
E l'immagine di semidei che Frank. J. Tipler costruisce intorno agli uomini e le donne del futuro - di cui noi siamo i preistorici progenitori -capaci di governare le leggi fondamentali degli universi fa a pugni con tutto quanto di caotico e informe e desolante ci consegnano le quotidiane cronache giornalistiche: di guerre e di popoli delle religioni 'del Libro' gli uni contro gli altri armati proprio come nel Medioevo delle Crociate e nelle 'guerre dei trent'anni' di cui narrano gli storici.
E cadono le braccia, ogni mattina che Dio manda in terra, al pensiero di essere costretti a vivere in questo presente preistorico che ci nasconde gli orizzonti di quel futuro magnifico e 'divino' di cui parla il libro di Tipler. E scuotiamo la testa increduli delle resurrezioni da lui evocate e dette credibili e predicibili e ottenibili concretamente per via di scienza e conoscenza - mica le ubbie religiose e leggende di tombe scoperchiate e sedicenti profeti levitanti e i suoi apostoli avviati per le vie d'Europa a predicare 'la lieta novella', che tanti morti e disastri ha provocato nel suo feroce affermarsi e imperare contro gli opposti credi.
Non desta meraviglia, per tutto ciò esposto, che il mio animo di oggi veda di buon grado l'aprirsi di un orizzonte di futuro all'insegna di 'legge e ordine' e di autorevole governo del caos che ci affanna e il ritorno delle menti degli uomini e delle donne ai buoni e sani insegnamenti dei nonni che ci recitavano gli adagi ragionevoli e sensati de 'ogni cosa al suo posto' e 'tempo al tempo' che abbiamo dimenticato a favore delle disastrose libertà universali che non sappiamo governare – come Faust gli spiriti furiosi che esso stesso aveva liberato.

lunedì 15 ottobre 2018

Le glorie del vecio Leon

Vista con gli occhi dell'esule Venezia è proprio quella 'bella città' pubblicizzata nelle agenzie di viaggio dell'intero pianeta, città sull'acqua, sospesa nella magia delle sue apparizioni (vado bene per un dèpliant?) - e si capisce la pulsione irresistibile - la macchina fotografica come protesi e gridolini di ammirazione -, e faccio spazio in vaporetto sorridendo a quei turisti in fregola di clic fotografici la cui memoria all'interno delle schede registra il Canal grande per intero, metro per metro, da mostrare ad amici e parenti al ritorno. Amici e parenti a cui daranno l'indirizzo del loro b§b e/o appartamento affittato su internet: tanto carino - e vedessi la 'camera con vista': su canale interno e/o campiello o cupola di chiesa.
E la città è davvero una 'città di turisti' e li vedi entrare, a gruppi di tre o quattro, con le chiavi in mano negli appartamenti venduti a caro, carissimo prezzo (vendiamo cara la pelle, in effetti, come il povero Bragadin resistente all'assedio) e riempiono i supermercati perché farsi da mangiare all'interno delle cucine dei veneziani esodati 'non ha prezzo', con o senza mastercard, - e neanche più i fantasmi li perseguitano, questi barbari danarosi, in quelle stanze che hanno registrato il passaggio e le vite illustri 'de' viniziani' di ogni epoca e tempo.
Città neanche più di fantasmi, dicevo, e, se passi davanti all'Arsenale 'de' viniziani' dove 'bolle d'inverno la tenace pece', ascolti la guida turistica non più indigena (ci hanno sottratto con destrezza anche il diritto dell'illustrazione indigena del nostro abbandono - che almeno uno straccio di occupazione la garantiva) la ascolti raccontare al gruppo di turisti estasiato le prodezze guerresche dei soldati della Serenissima che vinsero a Lepanto e nell'Arsenale riparavano 'i legni lor non sani' e commerciavano nel Mediterraneo con i sultani mai domi.
Le glorie del 'vecio Leon': canto sguaiato che neanche più senti risuonare nelle osterie oggi restaurate e fitte dei nuovi ospiti danarosi a cui piace 'la carbonara' e 'la matriciana' (senza la 'a' iniziale).
E quelli che hanno piantato le tende davanti alla Vida (no stene cavar 'a Vida) la metaforica vita l'hanno persa nell'ennesima battaglia campale (da 'campo') per la sopravvivenza di quel poco che resta della 'popolarità' di quel campo ormai ridotto a 'riserva indiana' - e tanto vale che si infilino le penne tra i capelli, a mo' dei Sioux o degli Cheyennes, che si vedono nelle foto-ricordo virate in seppia nei campi di prigionia dopo la resa e la consegna delle armi.
E leggere gli striscioni che ieri hanno steso fuori dalle eleganti trifore di Ca' Farsetti (dove si celebrano i matrimoni dei nuovi ospiti asiatici a botte di dollaroni) fa una tristezza, ma una tristezza che 'lèvati!'. 'Basta sfratti!' vi si leggeva. Con il lucro che si ricava da una casa affittata ai turisti anche le cause per sfratto devono aver subito le accelerazioni del caso. Ma è solo un 'ritorno di fiamma' - o un fuoco fatuo, fate voi.


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venerdì 12 ottobre 2018

Luna, Sole, pioggia e le altre catastrofi quotidiane.

13 ottobre 2014
Or sono trent'anni fa, traversavo a bordo di un autobus diretto a Patna, India, il 'teraj' nepalese: una conca tettonica colmata dalle millenarie sedimentazioni fluviali, e una zona sismica di faglia che, quella sera, scuoteva, invece, con violentissime scosse sussultorie, la mia povera pancia - e imploravo, di mezz'ora in mezz'ora, l'autista di fermarsi e consentire le obbligate evacuazioni a bordo strada nell'ilarità generale.
Pioveva che Dio la mandava e piovve l'intera notte fino a oltre il confine. E la prima luce dell'alba illuminò di una luce livida la pianura indiana e i villaggi allagati dei contadini vestiti del solo dhoti della tradizione. E quella povera gente, vecchi donne e bambini, stavano fuori delle capanne e l'acqua gli arrivava alle ginocchia e alla pancia dei piccoli; e guardavano sfilare gli autobus dei nomadi viaggiatori e li salutavano con le mani levate e i mesti sorrisi di chi vive altro destino dal loro.
A quei contadini, rassegnati alle ricorrenti alluvioni e che venerano gli dei delle loro disgrazie e delle ricorrenti distruzioni, mi è capitato di pensare, ascoltando alla radio gli alti lai e le invettive e gli scoppi di rabbia dei semidei occidentali che siamo o pretendiamo di essere - e pensiamo che tutto della Natura matrigna possa controllarsi e ordinarsi al nostro vivere civile di cittadini di storiche città e metropoli.
E paghiamo fior di euroni agli esperti geologi e ai direttori della protezione civile, semidei maggiori, perché ci salvino dalle catastrofi a diano inizio alle grandi opere della mitica 'sistemazione del territorio urbano'.
Che è geremiade e invettive conseguenti destinate a ripetersi da qui a qualche giorno o mese o anno perché la tropicalizzazione del clima continuerà a dettare l'agenda-meteo dei prossimi anni e davvero non c'è semidio che tenga né grande opera che ci salvi dalla Natura matrigna contro la quale inveiva Giacomo, il 'giovane favoloso' del film a giorni nelle sale. Che fa la vergine Luna in ciel, ditemi, che fa? E il Sole e la Pioggia e i tornadi e i terremoti?
Vecchierel bianco, infermo,
mezzo vestito e scalzo,
con gravissimo fascio in su le spalle,
per montagna e per valle,
per sassi acuti, ed alta rena, e fratte, 25
al vento, alla tempesta, e quando avvampa
l’ora, e quando poi gela,
corre via, corre, anela,
varca torrenti e stagni,
cade, risorge, e più e più s’affretta, 30
senza posa o ristoro,
lacero, sanguinoso; infin ch’arriva
colà dove la via
e dove il tanto affaticar fu volto:
abisso orrido, immenso, 35
ov’ei precipitando, il tutto obblia.
Vergine luna, tale
è la vita mortale.

Il lupo costituzionale

C'è un mistero del tempo presente che passeremo integro alle prossime generazioni: 'A cosa esattamente è servito quel testo biblico che chiamiamo 'La Costituzione' – redatto da una compagine di valent'uomini molti decenni fa e mai revisionata e ripensata per meglio corrispondere ai tempi diversi e alle mutate cose delle generazioni, incredule di tanta sacrale longevità.
E' ben vero che anche i Dieci Comandamenti, dettati sul Sacro Monte da un roveto ardente e parlante, godono di uguale e maggiore longevità e, alla pari della nostra Costituzione, sono fra i sacri testi meno applicati e rispettati nel mondo degli uomini – fatto salvo l'oneroso (e reiterato, ad ogni approvazione di legge controversa) ricorso alla Corte, i cui sacerdoti hanno segnato la vita pubblica e arginato e/o stoppato le sue leggi nel bene e nel male, nel progresso e nella trista conservazione, mentre la vita delle persone, che sempre muta, continua a macinare cose e pensieri nuovi e chiede alle leggi di adeguarvisi.
E siamo curiosi di sapere se le predizioni catastrofiche di Tito Boeri sulle conseguenze del D.e.f. giallo/verde sulle pensioni prossime venture di donne e giovani valessero un intervento di tanto peso quale quello propinatoci dal Mattarella, gran sacerdote costituzionale e incessante fabulatore, che ci parla di 'pesi e contrappesi' neanche fosse uno speziale – e il parere del Boeri (grand commis di Renzi buonanima) pesa davvero troppo nella contesa politica e, giustamente, Salvini lo invita a 'presentarsi alle elezioni prossime venture' e a 'non disturbare il conducente' nel corso della sua guida, al fine di non far deragliare il tram che i giallo verdi conducono faticosamente all'approvazione del parlamento.
E bisognerebbe invitare il Mattarella e le opposizioni tutte a moderare i toni sedicenti e pretesi 'costituzionali' perché – come per l'insulto reiterato e fuori proposito di 'fascistaleghistarazzista' lanciato urbi et orbi a tutti i diversi di fede è diventato come quel: 'Al lupo, al lupo!' del pastorello burlone – che nessuno se lo filò più proprio quando il lupo gli si è parato di fronte per davvero.

Terre di frontiera

La frontiera sud dell'Europa - 12/10/2013 (considerazioni non peregrine in tempi non sospetti)
Ha ragione Grillo a richiamare i suoi parlamentari all'ordine sulla questione 'bossi-fini' e le frontiere marine indifendibili. Non è questione di 'uno vale uno', né di negare l'autonomia di giudizio del singolo e dei gruppi parlamentari che si stanno 'facendo le ossa' faticosamente e cercano di uscirne vivi dal tritacarne mediatico che sempre li sbeffeggia e prova a farli apparire come neofiti impreparati e buffi nel loro procedere a tentoni e nel fronteggiamento radicale dei loro leaders Grillo e Casaleggio.
E' questione di sostanza, invece, e di messaggio che si invia oltre le nostre indifendibili frontiere marine e di nuovi barconi e gommoni che, registrata la disponibilità e l'ondata di commozione per i morti, intraprendono la perigliosa navigazione sperando di trovare 'accoglienza' e buona disponibilità d'animo nel popolo italiano che li accoglie. Ma è così? Esiste davvero una maggioranza di italiani di buon animo e caritatevole, disposti a spendere i soldi dei contribuenti per nuovi centri di accoglienza e strutture capaci di fronteggiare l'emergenza invece che per nuove carceri che garantiscano condizioni 'umane' per i carcerati da rieducare e ci evitino le sbrigative e discutibili e avvilenti amnistie e gli indulti e le multe milionarie comminate dall'Europa?
L'impressione è che la maggioranza degli italiani, oggi tornata 'silenziosa', non sia affatto favorevole al numero sempre più alto degli ingressi clandestini e pensa, invece, che l'emergenza debba davvero essere 'europea' – un'Europa che dica finalmente sua la 'frontiera sud' e ci attrezzi finanziariamente a far fronte agli sbarchi quotidiani e si dica disponibile a smistare verso gli stati-membri le eccedenze alle quali non possiamo prestare adeguati aiuti e le future integrazioni, - dati i penosi numeri di un bilancio dello Stato che fa acqua da tutte le parti e fatichiamo a rientrare nei parametri econometrici imposti.
 

lunedì 8 ottobre 2018

Qui radio-Londra

E' arrivato l'ordine dell'attacco da parte dello stato maggiore europeo ai giapponesi dell'informazione schierata politicamente: 'Tutti fuori dalle trincee!'.
Chi si mettesse in questo momento (ore 07.00) all'ascolto della rete ammiraglia rai più schierata con il pd e con i suoi uomini tuttora al vertice delle istituzioni potrà ascoltare il fuoco di fila di 'notizie' a raffica e le vere e proprie bombe mediatiche dei giornalisti di punta la cui spudorata narrazione è: 'Siamo prossimi al default, siamo come la Grecia della Trojka, siamo soli in Europa, si salvi chi può.'
Alleluia e viva lo spread ai massimi di sempre che da fiato e sostiene il bombardamento delle nostre artiglierie.
E, naturalmente, nei servizi definiti 'economici' e lodi a 'l'oggettività dei mercati' si invoca il cambio di rotta sulla manovra e su quel 2,4 del rapporto deficit/pil che è l'obbiettivo dello stato maggiore europeo già in campagna elettorale e che ha individuato nell'Italia giallo/verde il fronte di guerra debole su cui concentrare le artiglierie e scatenare l'onda dei suoi fanti mediatici e dei giornaloni embedded contro i populismi che insorgono come funghi in tutti gli stati membri e minano le loro aspettative di rielezione.
E possiamo ipotizzare, da qui a breve, la resistenza sul Piave del nostro governo che viaggia sul 60/62 per cento dei consensi elettorali, ma non sappiamo se dobbiamo passare attraverso la Caporetto economica finanziaria che potrebbe fiaccare gli animi e indurre una parte dei nostri fanti e il popolo che li sostiene nelle retrovie a cambiare idea sul sovranismo/populismo al potere e ad accettare il diktat dei generali felloni che conducono l'assalto da Bruxelles e già si fregano le mani e pregustano la facile vittoria e preparano la Trojka delle grandi occasioni che sfilerà sotto l'arco di trionfo a Roma con il plauso del pd e di Forza Italia, i nemici/amici di sempre.
Grandi eventi sono alle porte, cittadini, in questa guerra guerreggiata che sfocerà presto nell'assalto all'arma bianca contro il governo italiano regolarmente eletto, ma la cui sovranità non viene tenuta in nessun conto dai generali di Bruxelles e dai loro alleati interni, pd e grande stampa, attivi nella resistenza dietro le linee. Ci vorrebbe che, dal nostro Stato Maggiore sovranista, venisse la buona notizia che 'Abbiamo un piano B' che consolasse i nostri soldati chiusi nelle trincee e sotto bombardamento, magari la minaccia di usare la bomba atomica dell'Italexit per 'vedere l'effetto che fa', ma, per il momento, dal fronte di guerra viene solo il sordo boato delle esplosioni mediatiche dei lanzi filo europei e filo Bruxelles che ci inquietano e ci fanno dubitare degli esiti delle guerra.
Qui radio-Londra. Dateci notizie sullo stato della vostra brexit e della vostra economia in uscita dalla mala Europa così che possiamo averne lumi.

domenica 7 ottobre 2018

A maggio, a maggio!

Vista da un paesino austriaco di pochi abitanti, ma le case tutte abitate e bella gioventù per le strade interne che gioca con qualsiasi cosa gli capiti a tiro e saluta l'ospite e sprigiona l'energia del futuro che appartiene all'età, la vicenda di Riace ci appare storiaccia italiana di ragioni e torti stiracchiati da una parte politica e dall'altra - e il disprezzo delle leggi e il 'furbismo' sinistro come pratica politica applicata alla 'accoglienza' e ad una pretesa 'integrazione'.
E' la storia di un sensale di matrimoni fittizi che ci viene spacciato in cronaca quale 'sindaco visionario' (olé!) dalla solita nota maestrina dalla penna rossa - già 'presidenta' della Camera bassa e, per il suo mal predicare di futuri improbabili e conflittuali, castigata alle elezioni ultime scorse con percentuali da brivido freddo.
Una storia davvero tutta da dimenticare, quella di Riace - che avrebbe ispirato una commedia a Menandro, comico dell'età ellenistica - e non certo degna della citazione dell'Antigone tragica: citata a sproposito da qualche trinariciuto intellettuale di sinistra a cui dovremmo contrapporre il Socrate del discorso fatto ai suoi discepoli - disperati e che gli consigliavano la fuga - prima di bere la cicuta. Un discorso che è faro per le generazioni perché antepone la legalità e il rispetto delle leggi alla sua stessa vita.
E che ci scambi la dolorosa figura di Antigone con un tale che non disdegnava di proporre a un settantenne indigeno un matrimonio 'rato ma non consumato' al fine di lucrare l'ennesima cittadinanza indebita è sintomo di quella malattia senile della nostra sinistra di s-governo trombatissima alle elezioni ultime scorse, ma che, tuttora, va in giro per il paese con le sue pattuglie di manifestanti professionali a dire del suo isolamento politico e le predicazioni davvero degne di miglior causa.
Tiriamo un pietoso sipario su questo fescennino post moderno che ci indigna e ci sconvolge per la vergogna e l'arroganza del suo riproporsi in cronaca quale 'questione morale' e che, per proprietà transitiva, ci mostra l'Europa degli islamismi radicali e delle periferie urbane ridotte ad enclaves come un re nudo. A maggio, a maggio!
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lunedì 1 ottobre 2018

L'Europa in guerra

Perché un ceto politico in disarmo e sicuramente destinato ad 'andare a casa', con effetti clamorosi per gli assetti dell'Europa futura, abbia deciso di andare allo scontro frontale all'arma bianca con i 'populisti' in crescita vertiginosa in quasi tutti i paesi membri è il mistero di questi giorni e dei mesi futuri, da qui al maggio prossimo venturo della auspicata Liberazione e dell'inizio di una nuova politica europea.
Sembra davvero che qui dessi, quei Moskovici e Juncker e tutta l'intendenza di funzionari e tecnici e ragionieri oggi stupidamente puntigliosi sugli zero virgola della nostra manovra finanziaria, siano affetti dalla sindrome rabbiosa di Sansone de 'Muoia l'Europa con tutti gli europei' e, come tanti Luigi XV dimezzati e misconosciuti e in odore di sconfitta si ripetono nei loro affannosi conciliaboli 'tecnici': 'Dopo di noi il diluvio.'
E il diluvio annunciato dalle irresponsabili dichiarazioni di Moskovici e Juncker appaiati è quello dei 'mercati' che faranno schizzare sempre più in alto lo spread – ed è il bastone che dovrebbe farci chinare la testa e dirci succubi di pretese e 'inviolabili' regole europee da nessuno, in verità, rispettate al modo che le loro maestà pretendono 'ferree' ed emanazioni dei trattati sottoscritti, a partire dalla Francia che è andata al 2.8 del suo rapporto deficit/pil e non un fiato è venuto da quei prodi surfisti di Bruxelles che cavalcheranno lo tsunami dello spread da qui a maggio, ma, è facile predizione, ne saranno travolti.
Perché non c'è sei senza sette e, dopo la brexit e Trump e le sconfitte elettorali in Germania, Austria, Italia e Svezia saranno le elezioni europee di maggio a ridisegnare radicalmente gli scenari politici e quelli economici che ne seguiranno. E resta l'amaro in bocca per l'insensatezza che quei politici navigati e di lungo corso dimostrano con dichiarazioni che infiammano inutilmente lo scontro politico - e la nessuna capacità manovriera e diplomatica di saper gestire la crisi senza le distruzioni annunciate dello tsunami che essi stessi hanno provocato con le improvvide dichiarazioni urbi et orbi che liberano i cani furiosi dei 'mercati'. Pagheranno caro, pagheranno tutto.

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Diciamolo anche a Moskovici e a Juncker

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