domenica 26 febbraio 2023

Non accendete le caldaie!!! - 27 febbraio 2022


E, mentre premo il pulsante di accensione della caldaia, perché il termostato segna 17.1, mi tormenta il pensiero che potrebbe essere uno degli ultimi giorni di riscaldamento del condominio, vista la determinazione suicida del nostro paese di schierarsi 'a coorte' (siam pronti alla morte?) con la consorteria dei paesi Nato che sanzionano la Russia fino a darsi forti martellate sugli zebedei e chiudono lo 'swift' che consente i pagamenti internazionali, inclusi quelli del gas russo.
E i pensieri che vi rotolano dietro sulla triste china della guerra che si farà, s'ha da fare, Dio lo vuole (la Libertà, il Progresso, la Solidarietà – la Trimurti fake dell'Occidente), come lasciano intendere i maggiorenti Nato intervistati compulsivamente dalle televisioni embedded e dai giornalisti con in testa l'eroico elmetto Press, i pensieri sono come onde in battigia, figlie impaurite della tempesta scoppiata al largo ieri e stanotte. Ce la faremo ad evitare il conflitto mondiale e l'olocausto atomico che ne consegue?
Non sarà che tutte queste dichiarazioni di rincalzo e di armamenti tardivi all'Ucraina, di 'leaders' occidentali e segretari di partito che si sono fatti di adrenalina o di altro, siano secchiate di benzina gettate da insensati sul fuoco russo e ucraino dei prossimi scannamenti casa per casa? E quell'eroe comico che si erge a fiero condottiero di ultima istanza, il Zelensky assunto a santo martire dai paesi Nato che spinge il suo popolo all'inevitabile massacro, (andate avanti voi...) non gli accade, nei sonni tormentati, di pensare che una sua resa immediata potrebbe porre fine al massacro?
E non sarebbe più sensato chiamare i pompieri, di qua del fronte di guerra, e intervistare in tivù quei pochi rimasti che parlano di trattative possibili e di quali offerte di pace e ragionevoli compromessi si potrebbero offrire a una Russia che si oppone manu militari allo stringersi della cintura d'assedio della Nato tutto intorno ai suoi confini?
Pensieri molesti ma che non hanno/avranno risposta perché quando si scende una china ripida è la gravità assassina a portati giù di corsa e, se fai tanto di puntare i talloni, lo sfarinamento dei sassi rischia di farti cadere rovinosamente e sbattere la schiena a terra.
Si sta, come d'autunno, sugli alberi le foglie. Eppure è primavera, la terza primavera del nostro scontento, del cupio disolvi di un triennio pandemico che si chiude col botto della guerra, forse mondiale, lo predice Biden l'insensato, imbeccato dai suoi stolti consiglieri militari, ben decisi a testare le ultime, formidabili armi in dotazione.
Stranamore è tornato, nella veste di un vecchio presidente che risale i sondaggi col garrire delle bandiere di una guerra segretamente auspicata per punire e mettere definitivamente alle corde lo storico nemico russo.
Godetevi i trailers in tivù mentre i missili fischiano sopra le vostre case e il fall out atomico si allarga e vi comprende - e sui teleschermi appannati appare la scritta tremolante de: 'fine delle trasmissioni'.

  

Meglio non indagare - 27 febbraio 2017

 

E quando tocca agli album fotografici e alle diapositive ti rendi conto di come il tempo sia una affollata tomba di famiglia e un set cinematografico dove un regista alieno gira il tuo personale 'come eravamo' e quello della storia del costume e della politica e della società.
E osserviamo con occhi liquidi il come siamo irrimediabilmente cambiati, ahinoi, in quest'autunno delle nostre vite che incede con apparente lentezza dei giorni ma è già futuro poco distinguibile nei suoi accadimenti alieni e pochissimo partecipato nel suo vortice tecnologico e informatico che rende evanescenza di schermi e archivi virtuali e 'mi piace' feisbuchiani le più corpose, seppur gialle o sbiadite, fotografie di padri, madri, fratelli, cugini e cugine dalle chiome cotonate – e molti già non ci sono più e la ruota del tempo continua a macinare vittime e rovine, Dorian Gray aiutaci tu nel chiuso della tua soffitta.
E mio padre ha vissuto una vita breve, ma nelle fotografie si dilunga e srotola le perle degli anni ruggenti e me lo mostra giovanissimo campione di remi e poi fante di marina a Tolone appeso a una mitragliatrice che mai ha usato perché l'otto settembre scatenò diserzioni di massa e lui e gli amici occasionali della leva militare intrapresero le loro personali anabasi di ritorno a piedi o nei vagoni merci - e seguì la latitanza nascosti nelle soffitte di parenti e amici, e le fughe sui tetti quando le pattuglie dei fascisti incattiviti ricevevano le soffiate dai vicini e suonavano alle porte di notte.
E perfino le mie foto di adolescente mi sembrano appartenere a un altro-da-me con quella faccia improbabile e 'un po' così' che abbiamo noi che abbiamo visto Venezia solo nelle brevi licenze pasquali ed estive fuori dai collegi di suore e preti – chissà che fine hanno fatto quei tali religiosi/e che un tempo dettavano legge educativa e repressiva e, in città, le signore della mia età ancora si fregiano di avere studiato dalle 'orsoline', e si vede e si nota.
E nel gioco della Storia che scompiglia le carte e le ridà mescolate nel tempo cambiato chissà che sarebbe stato mio padre – divenuto commerciante grazie a una raccomandazione e a un prestito del fratello – forse gli sarebbe piaciuto il Grande Fratello e avrebbe fatto carte false per parteciparvi e ne aveva 'le fisique du role' e gli sarebbero piaciute le sconcezze e le licenze e le vanità di quei personaggi del nostro tempo vanesio e libertino.
Chissà da chi ho preso io con tali genitori – forse hanno sbagliato a legare i cartellini di riconoscimento nelle culle, meglio non indagare.

 

Entanglement quantistici e confini.

Ed eccolo qui il tema dei temi: la complessità. Che, se misurata sul terreno della geopolitica, sortisce il risultato da 'mani sui capelli' esposto qui sotto:

'Se la Russia perdesse la guerra di Ucraina andrebbe in frantumi.' Ah beh, si beh ho visto un re.

Ed è vero che non sarebbe la prima volta, ma stavolta sarebbe deflagrazione maggiore perché non limitata agli stati satelliti della cintura ex Urss che, anche sotto il tallone di Stalin e del Partito Comunista sovietico, hanno mantenuto la loro identità di popolo e, sotto-sotto, di nazione – come è avvenuto per gli stati-ombra dei 'fratelli slavi' unificati (fratelli coltelli) da Tito nella ex Jugoslavia sotto egida ideologica e terzomondista.
E la Cina potrebbe essere interessata ad accorpare gli stati a lei prossimi territorialmente e gli Stati Uniti ad allungare le grinfie da nord e l'Ucraina-Nato, vincente sul terreno, a far suo il territorio adiacente del nemico sconfitto e darebbe vita ad una Grande Ucraina e/o Nova Russia, ma apriti cielo con i milioni di civili russi profughi in suol straniero a vagheggiare il loro leader sconfitto.
Alleniamo il cerebro su questi temi perché potrebbero essere il Geo-game del futuro prossimo e, forse, nascondere altri e diversi conflitti militari, se usciamo vivi dalla tempesta perfetta termonucleare.
La complessità è in noi e tra noi e sopra noi: particelle e onde gravitazionali in incessante danza caotica con rari 'entanglement' e disegna le trame delle nostre vite e quelle delle nazioni in conflitto tra loro.
L'idea pacificatrice ci viene dal tango: che, si dice, si raccomanda, bisogna essere in due a ballarlo, ma talvolta mi accade di osservare strane coppie allacciate nel vortice musicale (che dovrebbe offrire un sentimento comune ed una mirabile comunione) i cui pensieri vagano, invece, su paesaggi diversissimi e disegnano orizzonti spaziali: pianeti solitari sibilanti ciascuno sulla propria orbita lontana.
That's all, folks. Have a good sunday.

Potrebbe essere un'immagine raffigurante mappa e testo
 

 

Oltremondi, suggestioni e patrie redivive.

 


Oltremondi, suggestioni e patrie redivive 26 febbraio 2022

...che, poi, se ci capitasse di poter rivisitare il passato e mi arrivasse la cartolina-precetto a casa di presentarmi in caserma per una leva militare di estrema ratio tipo: i 'ragazzi del 99', al fine di combattere il nemico austriaco nelle trincee e sul Piave io mi darei alla macchia e mi direi disertore dell'idea di una patria siffatta basata sulla 'ossessione dei confini' (Alessandro Baricco 'The Game') perché convinto assertore di una patria europea quale già si configurava in nuce all'epoca di Francesco Giuseppe nell'Austria Felix. Stati federati sotto una illuminata reggenza e buona amministrazione.
E mi piace tanto la 'marcia di Radestky' in musica, da ballare a fine d'anno come un tango-milonga in quel globalismo ante litteram di suggestioni artistiche commiste che solo il gioco della Storia consente di ipotizzare – e sbeffeggiare così le presenti diatribe e i conflitti asprissimi e le fake news della stampa mainstream sul nazionalismo ucraino filo Nato che sarebbe da premiare.
E condannare, di contro, il cattivone Putin, mostro mediatico orribile a vedersi e udirsi, che chiedeva, ragionevolmente, un ritorno alle sfere di influenza per sottrarsi all'assedio della Nato nei paesi ex satelliti fattisi vieppiù aggressivi verso lo storico nemico russo man mano che gli arrivavano gli armamenti più sofisticati e i missili nato schierati verso est.
Ma niente. Stoltenberg (nomen omen), tetragono, ha fatto orecchie da mercante fino alla presente guerra in Ucraina e la risoluzione del conflitto si risolverà con il metodo von Clausewitz: la guerra quale mezzo politico di ultima istanza.
E nel presente Oltremondo del web che tanto ci illude (oh Ermione) potremmo ipotizzare un referendum virtuale-globale (tipo piattaforma Rousseau) su chi vince e chi perde – e se, sotto-quesito, è ragionevole ipotizzare un ritorno alle storiche 'sfere di influenza' (tipo quella degli Usa che foraggiarono il colpo di stato in Cile) o se tutto può essere brillantemente risolto offrendo alla Russia di Putin una cittadinanza onoraria in seno alla Nato con qualche stock options in più da usarsi in caso di crisi grave futura.
Creatività, gente, creatività. E' la parola-chiave del terzo millennio. Votate, votate, votate.

Nottetempo casa per casa. I nazionalismi assassini del Novecento che si stiracchia dentro al terzo millennio. 22 Febbraio 2022
Mi ha colpito il racconto che si è fatto ieri dell'aver distribuito armi alla popolazione di Kiev.
Che, se fosse toccato a me, avrei ringraziato i combattenti, grato dell'ingombrante acquisto, ma l'avrei messo (il kalashnikov) in un canto dietro la porta, nell'evenienza ultima di un feroce 'casa per casa' - e giusto in caso di disperazione, se i 'cattivi' russi si azzardassero a fucilare i civili su due piedi tanto per far cassa.
Narrazioni improbabili, ma vedi mai che la cosa incanaglisca nei prossimi giorni e mesi per l'entrata in scena dei nazistoni ucraini delle varie brigate di cui si son viste le foto nel corso della lunga guerra del Donbass che oggi si spacciano per patrioti.
Scherzi a parte. Che il nazionalismo ucraino sia oggi spacciato quale 'cosa buona' e da difendere ad oltranza perché novello 'stato sovrano' riconosciuto e foraggiato militarmente dall'Occidente mi accende un lume nel cerebro e mi sovviene che i nazionalismi del Novecento, secolo corto e maledetto di devastanti conflitti mondiali, furono quasi tutti assassini ferocissimi e causa di morte di soldati e partigiani e civili inermi a centinaia di migliaia.
E l'avere accolto l'Ucraina nazionalista a braccia aperte in Occidente e averla inserita nella cintura militare d'assedio della Nato allo storico nemico russo, col senno di poi si è rivelata mossa incauta degli stati europei ed americani che oggi si paga col sangue delle storiche rivalse e degli ammonimenti manu militari.
E meglio sarebbe per tutti se la narrativa ufficiale embedded alla Nato e al filo americanismo da un tanto al chilo la smettesse di additare Putin quale mostro dittatore sanguinario, bensì quale capo di uno stato stanco e assai provato per le croniche inimicizie e le stragi (Donbass e dintorni) e che avanza le sue ragioni di difesa territoriale con il solo strumento, la guerra, che ha costretto l'Occidente arrogante e stolto ad una riflessione approfondita sugli errori commessi negli ultimi trent'anni.
E Putin, ne sono certo, si aspetta una soluzione diplomatica onorevole ad un tavolo di trattativa che segni una cesura netta con quel passato di storiche, infinite contrapposizioni – e la si faccia finita finalmente con l'idea di 'nemico' nel terzo millennio degli Oltremondi virtuali che avrebbero dovuto cancellare infino l'idea di una guerra ancora possibile tra stati muniti di arsenali atomici spaventosissimi e capaci di annichilire la vita sul pianeta Terra.

venerdì 24 febbraio 2023

Il tempo delle preghiere.


Olocausti nucleari e dintorni. - 25 febbraio 2022

Conviene tenere gli occhi ben fissi sulle esplosioni ucraine di oggi e dei giorni a venire e continuare a sviluppare le complicate sinapsi che ne conseguono se vogliamo capire il nuovo della Storia.
Che sembra ripetersi, ma è come i virus che sviluppano le loro micidiali varianti per sopravvivere.
Se quello che ci spaventa dell'aggressione militare dei russi è il ricordo ancora vivo del caporale Hitler che invadeva la Polonia con la passiva condiscendenza e gli errori politici dei paesi a lui intorno – e il seguito dell'espansione militare tedesca fino all'Olocausto finale - è una buona sinapsi, ma trascura le varianti virali della complessità della vita sul pianeta Terra.
Di Hitler ce n'è uno solo nella Storia, tutti gli altri sono suoi pallidi imitatori – pur se a capo di una nazione ben più vasta e solida della nazione tedesca di allora e dotati delle mille diavolerie missilistiche a testata atomica che ci fanno tremar le vene ai polsi per l'ampiezza dell'area distruttiva che comportano e include le nostre case e quelle dei parenti e degli amici.
Ed ecco la prima variante. L'equilibrio del terrore atomico ancora tiene e terrà per qualche settimana e relega nella fantapolitica i vaneggiamenti del dottor Stranamore (il bel film di Kubrik, andate su internet a vedervelo, è istruttivo). Quindi niente truppe Nato ingaggiate sul terreno e sullo spazio aereo ucraino.
Ma i brividi che provammo all'epoca dell'uscita del film nelle sale – di un missile (o un bombardiere della classe Stealth) che sfugge ai radar russi e punta veloce, troppo veloce su Mosca, e i due presidenti che si fronteggiano telefonicamente e patteggiano la punizione del reciproco sacrificio atomico di alcune città americane quale giusta rivalsa – quei brividi, dicevo, sono di oggi perché basta una frase di troppo (delle troppe e sciocche di pretesi leaders quali ci riferiscono i tiggi embedded) e un qualche capo di stato dell'alleanza Nato che ama mostrare i muscoli e spinge per una punizione severa che vada oltre le inefficaci, mitiche 'sanzioni' (Biden?) e la china discendente dei pulsanti rossi militari e dei codici che avviano l'olocausto nucleare verrà scandito in diretta dai giornalisti nel corso dei loro abborracciati tiggi di guerra.
Dieci, nove, otto, sette, sei – come quando stiamo con le bottiglie di spumante in mano in esaltata attesa dell'anno nuovo, che mai è veramente nuovo e diverso.
Noi speriamo che ce la caviamo. Ripetiamolo in coro facendo gli scongiuri di rito, perché se davvero i toni e gli stupidi fronteggiamenti verbali del Baiden, presidente inadeguato, non si attenueranno e qualche saggio consigliere non lo convincerà che Putin non è il 'nemico' da annientare, bensì il leader politico con il quale venire a patti e disegnare insieme il futuro delle sfere di influenza e l'arretramento della cintura militare della Nato dalle attuali posizioni allora è il tempo delle preghiere.
Che Dio ci aiuti, come si dice e si dirà mentre il mondo si fa evanescente nelle sue nebbie belliche e l'odore delle polveri atomiche ci brucia i polmoni.

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Come eravamo. Cronache dalla nuova peste. (Part two)

 

Cronache dalla nuova peste. (Part two.)
Venezia sposa macchiata 22 febbraio 2020 ore 07.50
E quando ti alzi la mattina e ti vesti e ti lavi le mani ti soccorre il pensiero improvviso e la domanda spontanea de: 'Ma con tutto 'sto dover lavarsi le mani ben oltre i 20 secondi sanitari di rito e 'non toccarsi la bocca e gli occhi', come si farà a lavarsi il viso? A mani pulite, si può?'. E invidi le signore che ricorrono a batuffoli e ostie di cotone per struccarsi e 'scrubbare' le amorevoli gote per poi spalmarle di creme miracolose di nova giovanezza.
E sarà per l'ora presta, sarà per tutto quel battage dei telegiornali di ieri sera su morti e feriti e dispersi del corona virus spettrale e subdolo le calli sono sgombre di gente e pare che, i datori di lavoro consenzienti, tutti si siano consegnati nelle case-caserme fino a nuovo ordine e guardino fuori delle finestre curiosi dell'audace che si avventura in zona di guerra mal equipaggiato e privo di mascherina.
E quando arrivi in piazza ti rendi conto che la città strana e soleggiata ha dinamiche tutte sue e che nessun ospite di case in affitto e B§B ha avvisato i festosi turisti che gira tutto attorno alla città una epidemia che 'lèvati e torna al paese' finché sei in tempo. Forse perché il lucroso giocattolo turistico ha già subito il dramma delle acque alte incontrastate dal Mo.se tecnicamente inadeguato e se gli aggiungi la nuova peste del terzo millennio è un 'uno-due' da knock out e conta al tappeto fino a dieci.
E il distico di una vecchia barcarola dice che : 'Venezia rassomiglia ad una sposa / vestita di broccati e di velluti...' ma qui la sposa ha l'abito macchiato e gote smunte e, davanti alla basilica, ci sono solo brutte maschere (per le più belle bisogna aspettare oltre le dieci) e cinesine (o orientali, chi le distingue?) festose e cinguettanti coi loro selfies smorfiosetti e boccucce a cuore, beata gioventù!
E i bar sono tutti aperti mentre nelle zone del contagio conclamato sono stati i primi esercizi commerciali a chiudere e affiggere di fuori i cartelli: 'Ascoltate i telegiornali, ci si vede dopo la buriana.' E perfino io prendo fiducia e, prima di valicare il grande ponte di legno che mena alla stazione, ordino il classico cornetto croccante e macchiato con caffè lungo. Come scommetteva Pascal sulla fede: 'Fai come se ci credessi e la fede verrà come d'incanto.'
E se non sarà incanto pazienza, si farà senza.
E Mogliano Veneto, al sol della calda primavera, sembra un paese franco, coi suoi larghi marciapiedi dove ti puoi scansare facile e mantenere le doverose distanze sanitarie di rito e la gente si ferma a parlare come se niente fosse e hai l'impressione che qui abitino i coraggiosi che si oppongono allo spettro pestifero e offrono il petto come soldati e 'Fatti sotto, marrano!' ma è meglio dotarsi degli strumenti del caso e, anche qui, le mascherine sono esaurite e la paura cova sotto, ma sembra primavera e – chissà perché – abbiamo l'impressione che la stagione nuova sia come la Madonna della Salute che scaccia la peste sull'altare della chiesa veneziana omonima.
Tutto sta a crederci; intanto, una volta a casa, mi tolgo i vestiti e butto tutto quello che è stato in contatto con treni e autobus in lavatrice con, di base, quel liquido magico che promette di abbattere il 99,999 di batteri e lieviticidi.
Che saranno mai i 'lieviticidi'?
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Come eravamo. Cronache dalla nuova peste (part 4/3)

 

Il caos delle stelle danzanti. Cronache dalla nuova peste. Part four. - 25 febbraio 2020
Se è vera la formidabile intuizione del filosofo tedesco - poi ripresa in una bella canzone - che '...bisogna avere molto caos dentro di sé per poter vedere una stella danzante' ebbene, in questi giorni di corona virus scatenato e trionfante, dovremmo vederne intere costellazioni: impegnate in un samba infernale per sfuggire all'attrazione gravitazionale di un gigantesco buco nero economico.
Dalla clausura in cui mi aggiro meditabondo e 'solo e pensoso i più diserti calli' calpestando di una campagna struggentemente bella nelle sue ataviche solitudini trovo drammatica conferma di quei miei pensieri d'antan che dicono la società in cui viviamo una 'cage aux fous', - una 'cheba de mati', dove basta gridare 'allah u akbar' in un pubblico convegno per scatenare il fuggi-fuggi in cui si calpestano impietosamente i caduti, e dire 'corona virus' due volte per vedere formarsi file lunghissime davanti ai super mercati e gli scaffali d'un subito vuoti e le merci chissà quando e se nuovamente sui camions degli approvvigionamenti.
E la lettura delle puntuali descrizioni di Albert Camus della peste che dilaga in tutti i quartieri della sua Orano di fantasia prigioniera del contagio e dei fenomeni di impazzimento collettivo che ne conseguono forse avrebbe aiutato i governatori delle regioni al centro del nostro dramma nazionale e Conte, il deus ex machina dei provvedimenti emergenziali (invero macchinosi e pochissimo divini), a dire parole più assennate e impedire che il virus di una influenza di ceppo nuovo e mutato potesse fare più danni (economici) della peste veneziana di cui alla famosa basilica a cui rivolgiamo collettivamente le preci.
Ed ecco a voi il dispiegarsi della follia piena del 'si salvi chi può', gridato da tutti contro tutti: non tanto per l'espansione del contagio dai numeri, tutto sommato, gestibili – che se non si fosse fatto nessun tampone quei contagiati sarebbero iscritti nel novero delle normali influenze stagionali (e il tasso di mortalità é parecchio bassino e limitato alla fascia dei 70/80enni male in arnese), bensì per le conseguenze del panico che ha esaurito in pochi minuti le mascherine nelle farmacie e l'amuchina sugli scaffali dei supermercati, neanche respirassimo l'aria fetida di un lazzaretto stracolmo di morituri senza poter uscire '...a riveder le stelle'.
A' dda passà 'a nuttata. Ne avremo per un mesetto di sofferenza estrema, ma lo scoppiare della primavera dovrebbe aiutarci – e il primo che si azzarda a cantare le str...... di stelle danzanti per via del suo allegro caos interiore è meglio che cambi strada, se per caso mi incontra lungo i viottoli della campagna. Fanc...
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Cronache dalla nuova peste. Part three.
Clausura. 23 febbraio 2020
Questa mi mancava. L'esperienza della clausura, intendo. O dei 'domiciliari', se meglio vi esprime quel vagare di stanza in stanza e di letto in divano, cambiando libro o telefilm - e una capatina in terrazza, di quando in quando, per vedere se il mio condominietto di campagna si decide a mostrare un silenzioso passaggio di umani ad una qualche ora del giorno:
'Buongiorno.' 'Buonasera'. 'Come va?'. 'Si sta / come d'autunno / sugli alberi / le foglie.'
Quest'ultima meglio non dirla perché mette una tristezza che lèvati, ma racconta magistralmente, sia pure in poesia, la precarietà delle nostre vite prigioniere di una indicibile/invisibile calamità naturale.
Che, poi, le suore di clausura ci hanno fatto il callo a quella loro condizione di vita e sono bene organizzate – con quei loro tragitti svelti, le mani nelle ampie maniche, ad ore precise, tra il chiostro, la chiesa e gli orti da coltivare e le cucine e la biblioteca. E sospetto che una qualche paroletta galeotta se la dicano, le sorelle più indisciplinate, ad onta della maiolica azzurrina soprastante che intima loro 'Silentium' lungo i transiti del chiostro e nelle sale di riunione. E poi cantano il gregoriano con quelle loro voci dolcissime, che figata!
E che dire di quella storia che ci raccontano gli etologi di grido in televisione, nelle infinite trasmissioni dedicate allo stramaledettto 'corona virus' delle mie beole: che si tratta di un organismo vivente vecchio di miliardi di anni (l'anzianità fa grado?) che 'si replica' a nostro danno, secondo l'antico adagio 'mors tua vita mea' dei tanti documentari di natura che abbiamo visti in tivù.
Interessa a qualche animalista mistico-religioso (di quelli delle mascherine permanenti sul viso per non ingoiare gli insetti trasvolanti e distratti) la vita residua e la replicazione di uno stronzissimo virus 'corona'?
Abbiamo sterminato e quasi estinto tigri, leoni, rinoceronti ed elefanti, non ci fermeremo davanti ad uno stupissimo virus del c.... che si replica dentro di noi approfittando delle nebulizzazioni di uno starnuto o di uno che ti sputacchia parlando a pochi decimetri dalla tua bocca (ma che schifo!).
Parola del giorno – da ficcargliela in quel posto ai dotti etologi pontificanti – 'replicazione'.
E per fortuna che, in tanta noia di clausura, c'è da fare la lista di quel che ti manca e che prevedi di consumare con razioni precise e predeterminate da qui all'eternità del tempo che ci manca per estinguere, via vaccino, il virus caxxone. Qualche chilo di pasta, olio di oliva, patate. Nella speranza che quella quantità di idioti che vediamo in televisione allontanarsi dal supermercato con un camion-carrello di roba da coprirci due anni di carestia e gli scaffali vuoti e i magazzini non più riempiti dai blocchi dei militari sulle strade non ti costringano fra qualche giorno alla fame.
Ecco, forse la quarta parte di questa cronaca sarà intitolata alla 'fame', quella di Ugolino che: '...e che conviene ancor ch'altrui si chiuda'.
Statemi bene e dimagrite cum grano salis, auto carcerati responsabili.
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