martedì 31 gennaio 2023

La Dottrina in disarmo.

 La Dottrina alle ortiche.


Figli del mondo. - 31 gennaio 2016
  
E' tutta colpa di Francesco e di quel suo lamentoso e strascicato : 'Chi sono io per giudicare?' riferito alla lobby dei gay che, oltre al matrimonio, pretendono perfino la comunione, gli sfrontati.
E uno di felicemente convivente e 'sposato di fatto' ce l'aveva in casa e gli ha fatto clamoroso 'outing', quasi per coglionarlo, giusto a ridosso di quel suo impotente e rassegnato dirsi uomo fra gli uomini e non più papa infallibile e solida roccia di certezze dottrinali su cui si fonda la sua Chiesa ormai in disarmo.
E la 'misericordia' - prodigiosa invenzione buonista e tanto 'mediatica' (ma forse dai giudici di Giosafatte non sarà molto apprezzata, chissà, chi morirà vedrà) ha fatto il resto e adesso perdoniamo di tutto e di più e perfino quelli del family day – invece di invocare gli sfracelli dell'Altissimo ed evocare il fuoco di Sodoma e Gomorra – hanno fatto una manifestazione all'acqua di rose, buonista, che è un 'addio alle armi' della rocciosa Dottrina e un riconoscimento che, di questi tempi, facciamo tutti un po' il caxxo che ci pare e il Disordine Universale regna sovrano e gli eventuali guasti di futuri adolescenti disadattati usciti dalle 'famiglie gay' dove 'c'è tanto amore', a sentir loro, li vedremo fra dieci anni e chissà che succederà nelle scuole all'epoca, tanto 'noi non ci saremo' e, se ci saremo, saremo vecchietti rincoglioniti e il mondo andrà nel verso che meglio gli pare, come ieri e come sempre.
Però non chiedeteci se siamo felici di quest'andazzo. La felicità è davvero tutta un'altra cosa. 'E' un'ape che se posa / su un bottone de rosa e se ne va.' Amen e così sia. Andate in pace.

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lunedì 30 gennaio 2023

Poi venne la pandemia. Igienismi a confronto.

 Del lavarsi spesso le mani e d'altro.

Della sporcizia diffusa. 31 gennaio 2013

Si dice che un cane che il morde il padrone non fa notizia, ma il suo contrario si. E' vero. E a questo rovesciamento di ruoli canonici mi ha fatto pensare la notizia di un etiope che, in un supermercato cittadino, ha apostrofato due signore indigene di 'sporche cristiane' .
Di solito si dice 'sporco negro' e questo fatto che anche delle povere cristiane si becchino l'aggettivo tremendo e insultante ci fa entrare di colpo nel ventunesimo secolo delle migrazioni e immigrazioni dei grandi numeri e consolidate.
Dimenticavo: c'è anche lo 'sporco ebreo', ma quella è storia recente e passata in giudicato (processo di Norimberga e dintorni).
Che poi: chissà perché si taccia tutta questa gente di varia origine e cultura e religione di scarsa pulizia - e, magari, i poverini sono igienisti al limite della mania. Mancano all'appello gli 'sporchi islamici', ma è, forse, per via delle abluzioni rituali che costoro fanno nel cortile delle moschee e l'abitudine di togliersi le scarpe prima di entrare.
Ma, secondo voi, i nazisti erano, a loro volta, 'sporchi' - come si dice perfino dei 'comunisti'?
Non sarebbe ora di darci, tutti, tutti, una bella ripulita al lessico ed entrare nel merito delle differenze di cultura e colore della pelle giusto per capirle e averne contezza e, magari, rispetto?
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Prossimamente dalle vostre terrazze.

 

Prossimamente dalle vostre terrazze.

Forse si sta sfarinando il muro di ostracismo verso la Russia combattente o, forse, qualche testa cadrà nella dirigenza di raimovie che ha mandato in onda, poche ore fa, un film non strepitoso, magari un filo 'graphic novel' e tuttavia strepitosamente elogiativo/celebrativo della resistenza russa all'aggressore tedesco a Stalingrado '('Stalingrad' è il titolo del film).
Cadrà qualche testa, dico io, perché rappresentare e ricordare l'immenso valore della resistenza russa all'esercito nazista super equipaggiato (agli inizi della campagna di Russia) non è come consentire, finalmente! al mettere in onda il lago dei cigni con la coreografia del Bol'shoi o a un recital delle poesie di Pasternak con testo a fronte e proiezione di diapositive storiche.
Quel film di eroi combattenti in qualche modo ci riporta all'oggi della 'operazione speciale' contro i nazistoni Azov e, se è vero che Putin non è Stalin e Zelensky non è Hitler, pur tuttavia vi si parla di soldati in armi per la patria russa, gli uni, contrapposti a quelli della patria ucraina, super armati e foraggiati di capitali occidentali e di missili e tanks e carri Leopard e Abrahams forniti dagli Stranamore del Pentagono e dal loro leader che pretende obbedienza e servaggio dai paesi affiliati alla Nato, malgrado i molti dubbi che si nutrono per la inevitabile escalation e il coinvolgimento nella guerra per procura.
E il tempo rema contro Stoltenberg e Biden e il montare delle opposte controffensive belliche in Ucraina e bombardamenti sempre maggiori porterà, in Europa, a parallele manifestazioni per la pace sempre più insistenti e aggressive – di grado pari, credo, auspico, a quelle del Vietnam nell'America che mandava a morire i suoi figli nelle giungle infide descritte in 'Apocalipse now'.
Chi vivrà vedrà e i fuochi d'artificio termonucleari li potrete osservare e descrivere anche dalle vostre terrazze, prossimamente.

sabato 28 gennaio 2023

Sono solo canzonette.

 

Finiremo per derubricare anche la guerra di Ucraina a commovente canzonetta ('Sono solo canzonette' ci ammoniva Battiato) dopo l'intervento del comico Zelensky a Sanremo?
La domanda è cogente ed è bene che ne siano informati i responsabili del Grande Evento che ogni anno a Febbraio cancella d'emblè ogni altro minore.
D'altronde non è la prima volta che qualcuno degli astanti a ascoltanti e votanti la rassegna a premi veniva informato su quel palco dell'esistenza di una guerra sporca – e toccò a Morandi, se ben ricordo, commuovere gli ignari che un tale, un suo amico americano, era stato costretto ad abbandonare la chitarra e ad imbracciare il mitra che faceva: 'Tatatatata – tatatatata...' come accattivante ritornello fatale. E giù applausi e lacrime tra le signore.

Anche quella, peraltro, era una guerra americana, una guerra santa contro il comunismo – bestia nera di ogni amministrazione d'oltre atlantico – e finì come sapete: con gli americani non 'sugli scudi' (si diceva di chi, anticamente, moriva con onore) bensì chiusi nei sacchi neri che tornavano a migliaia in patria a riempire di croci i cimiteri di guerra e le lapidi con i nomi dei caduti contro voglia.
Preclaro esempio che non sempre 'chi per la patria muor vissuto è assai', come pretende la ridicola retorica patriottarda.
E quest'altra guerra americana, combattuta dagli eroi (sic) ucraini per procura Nato, ben foraggiati di armamenti micidiali che Europa e America spediscono a tamburo e controffensiva battente, troverà anch'essa retorici echi musicali in una qualche canzonetta in gara?
Se no, sarà stata dura per i compositori rinunciare ad una facile commozione che garantisce dieci punti in più nella classifica generale e il minimo di un milione di voti 'da casa'.

Una guerra santa, questa di Ucraina, a sentire gli Stranamore americani del Pentagono con in testa Biden-lo-Svanito, non meno di quanto lo è stata la guerra del Vietnam contro il maledetto comunismo vincente di Ho Chi Minh, ma stavolta è santa la democrazia ucraina – da difendersi fino all'ultimo soldato e all'ultimo missile e con il rischio che gli ultimi fuochi d'artificio siano a testata multipla termonucleare.

Una guerra 'per la democrazia' (ri-sic) di una organizzazione militare nata dopo la seconda guerra mondiale che fa carte false per cingere un assedio mortale tutto intorno allo storico nemico russo (la maledetta costruzione mentale del 'nemico' a prescindere, malgrado il comunismo colà sia morto e sepolto) e trascura di informare il mondo che i fatti di piazza Maidan che hanno promosso in Occidente quella pretesa democrazia sono tutt'altro che un luminoso esempio di volontà popolare acclarata (vedi il bel documentario annesso 'La maschere della rivoluzione').

E Zelensky avrà facile gioco, con tutta la stampa americana ed europea embedded ai filo Nato di una guerra che più faziosamente mediatica non si può, a piangere le lacrime di coccodrillo della vittima azzannata, ma qualcuno della libera stampa (esiste ancora?) dovrebbe fargli il controcanto subito dopo e raccontare la storia degli otto anni di guerra nel Donbass: con i nazistoni ucraini Azov intenti all'opera di macellazione e i 15000 morti denunciati di suoi cittadini russofoni che chiedevano rispetto per la loro diversa appartenenza politica e culturale - e gli 'accordi di Minsk' sempre disattesi dall'Ucraina che si faceva forte dell'appoggio dichiarato e garantito dai maledetti Stranamore di Oltreatlantico che non si peritano di farci correre il rischio di un olocausto termonucleare.
Correva l'anno...

Le Maschere della Rivoluzione (2014. Documentario)
"Le maschere della rivoluzione" è un film documentario realizzato dal giornalista francese Paul Moreria. Un documentario eccezionale, che scuote le coscienze e …
Altro...

I peggiori incubi delle nostre vite.

 



I peggiori incubi della nostra vita - 28 gennaio 2014

Nei peggiori incubi della nostra vita c'è la caduta libera in un vuoto senza fine; e c'è un tale, in cui ci riconosciamo, che chiede un'informazione a chiunque gli passi vicino e nessuno se lo fila ed è come se non lo vedessero e non esistesse e la sua voce si perde in un vuoto e in un esclusione peggiore della morte.
E, se è vero che il giorno della Memoria rischia di annoiarci – con tutto quel battage di articoli di stampa e telegiornali dedicati e films che passano a tutte le ore in tutte le reti - è vero anche che il peggior incubo delle nostre vite è accaduto a un intero popolo, - i cui membri erano stati riconosciuti ed erano ampiamente integrati da decenni negli Stati in cui avevano trovato ospitalità e cittadinanza e avevano prodotto ricchezza e alcuni erano cittadini illustri e stimatissimi professori.
E provate voi a svegliarvi una mattina e sentite dei colpi violenti alla porta ed aprite impauriti e vi ordinano, manu militari, di ficcare poche cose in una valigia e di seguirli.
E vi fanno salire su un camion e vi stipano su dei carri-bestiame -e il resto lo sapete ed è il peggior crimine della storia dell'umanità che ancora ci perseguita per come sia stato possibile concepirlo ed eseguirlo - e dire 'normale' evoluzione politica la storia del nazionalsocialismo tedesco e di tutti i nazionalismi di stampo fascista che insorsero come funghi velenosi nel mondo tutto in quegli anni di tregenda e di autentica, assoluta follia delle generazioni dei nonni a cui siamo sfuggiti per puro miracolo e con il sacrificio biblico di milioni di morti ammazzati nelle guerre che quei pensieri malvagi e malvagie elaborazioni politiche hanno provocato - e nei terribili bombardamenti sulle città che le hanno concluse.
A quegli incubi scampaci, oh nostro Signore immaginario - in cui fatichiamo di credere per l'enormità del Male al cui trionfo Egli ha consentito e non ce ne capacitiamo.

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venerdì 27 gennaio 2023

Invitati da Amadeus.


Mi è stata regalata l'opera omnia di P.P. Pasolini, ma non mi riesce di andare oltre le poche pagine di ogni singola opera.
So qual'è la ragione. Pasolini mi sta(va) antipatico come persona. Non mi piaceva la sua voce e il suo viso quadrato e la bocca sottile, non mi piacevano le cose che diceva nel corso delle troppe interviste che lo osannavano. Se lo conosci lo eviti – e più ne seguivo (ieri, su raiscuola) il compendio della vita e delle opere e l'esegesi entusiasta dei critici, più mi confermavo nel mio respingimento.
Era scrittore e regista e giornalista debordante, assordante, provocatorio per partito preso, logorroico e impoetico – ad onta dei molti che si ostinano a raccomandarcelo quale 'poeta'.
Nel migliore dei casi era un 'anti poeta' dei suoi tempi grami.
Tempi che, a suo dire, fagocitavano, senza metabolizzarle, le culture ataviche dei 'semplici e puri' e vomitavano piccoli borghesi inespressivi a iosa.
Rifiutava il presente e il divenire dei tempi che lo hanno ospitato: una Cassandra che descrive compulsivamente la catastrofe del vivere associati e non offre uno spiraglio alla speranza.
Eppure viviamo e ci trasformiamo e produciamo cultura e mettiamo al mondo figli. Fin troppi: otto miliardi, ahinoi.
E ci prospettiamo le 'magnifiche sorti e progressive', malgrado le guerre e le carestie e le migrazioni senza speranza dei 'salvataggi in mare'.
'Nei tempi bui si canterà?' scriveva B. Brecht. E si rispondeva, con tetragona semplicità e tedesco buon senso: 'Si canterà. Dei tempi bui.' E A. Camus ci offriva uno spiraglio di consolazione, descrivendo la sua metaforica 'Peste', e metteva in bocca al medico Rieux la famosa frase: ' (…) ciò che notiamo nel corso delle calamità: che ci sono più cose da ammirare, nel mondo degli uomini e delle donne, di cose da disprezzare.'
La critica del vivente non può salire sul pulpito ogni giorno che dio manda in Terra, come accadeva a Pasolini, invitato a scrivere sul Corriere della sera, e maledire e ognora additare al ludibrio perché rischia di rifilarci i Savonarola post moderni.
Dante era la sua ispirazione, dicono gli esegeti, un poeta civile dell'Italia nel suo faticosissimo farsi e micidiale dividersi in micro fazioni l'una contro l'altra armata, un politico prestato alla poesia che infiggeva nella mer.. dei gironi infernali i protagonisti del suo tempo. E Dante ci ha consegnato l'Inferno in terra, un monumento poetico e civile, è ben vero, ma almeno è andato oltre.
Ha prospettato un Purgatorio e un Limbo, luoghi della consolazione auspicata e si è sforzato, senza troppo successo, di descriverci un Paradiso possibile.
E chissà che direbbe il Pier Paolo di questi nostri tempi presenti, se sarebbe alfiere degli lgbtqrst o se il troppo di osanna e di politicamente corretto che riserviamo a quei dessi e alle loro 'parate dell'orgoglio omosessuale' lo disturberebbe e ci offrirebbe una diversa chiave di lettura sociologica e politica.
Ogni giorno (e tempo) ha la sua pena, è ben vero, ma, suvvia, diamoci un tono, usiamo dei molti strumenti della presente cultura piccolo borghese trionfante che ci ha fagocitato ed ha prodotto i temibili 'leoni da tastiera' e lanciamo i cuori oltre l'ostacolo.
C'è Sanremo all'orizzonte. Exultate, iubilate.
Forse Amadeus l'avrebbe invitato all'Ariston (il Pasolini), ma dopo Zelensky, bensintende.

  • A un certo punto, di fronte alla crudeltà di una morte che non risparmia nessuno, si fa strada la convinzione che la peste, al di là del fatto patologico, sia una malattia morale che ogni gruppo sociale cova in sé, alimentandola con l’odio delle passioni politiche, con l’indifferenza degli uni verso gli altri e con l’ingiustizia che paralizza il corso delle libere istituzioni.
    La chiusura delle porte d’accesso a Orano, resasi necessaria per cercare di bloccare la diffusione del contagio, simboleggia dunque il ghetto in cui tutti gli uomini vivono la loro disperata prigionia, senza che calore o simpatia umana riescano a spezzare questa catena di dolore. https://www.studiarapido.it/la-peste-di-albert-camus.../
    La peste di Albert Camus, riassunto e commento - Studia Rapido
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    La peste di Albert Camus, riassunto e commento - Studia Rapido
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