mercoledì 31 marzo 2010

la preistoria tribale alla velocita della luce

Corrono alla velocità della luce (quasi) le particelle all'interno del Large Collider del Cern di Ginevra ed esplodono liberando un'energia di grandezza indicibile e gli semidei che presiedono a quegli accadimenti complessi brindano e manifestano la loro gioia per quest'altro passo in avanti di un'umanità che, guardata, invece, sul lato della politica, dei rapporti fra cittadini, i suoi passi li fa indietro e dà segreto sfogo (in cabina elettorale) ai bassi istinti del votare col portafoglio, votare i peggiori fra loro perché mettano in atto le politiche avvilenti e vigliacche dei furbi contro gli onesti.
'Farla franca' è la loro parola d'ordine e al vertice del paese ne abbiamo il Campione indiscusso, colui che ha avuto l'ardire di comprarsi la fragilissima politica italiana coi soldi sporchi della sua ascesa imprenditoriale ai tempi di Tangentopoli - e i capitali mafiosi riciclati perché 'pecunia non olet'.

E' un contrasto intollerabile quello tra la nostra mente chiara, solare, di semidei, - che ci porta ai successi del Large Collider e della ricerca scientifica più avanzata, prossimi ormai a scoprire 'il bosone di Dio' e la complessa, invisibile realtà che si nasconde intorno alla fisica delle particelle, (la 'fisica dell'immortalità') - e la nostra preistoria tribale di Hutu e Tutsi che si combattono per il prevalere delle ragioni meschine degli uni sugli altri: evasori cronici e recidivi contro tartassati in busta paga.
Come le particelle del Cern lanciate l'una contro l'altra dentro il largo anello, questo corrersi incontro a voto armato ci riporta al correre degli Orazi e dei Curiazi: alla sfida mortale che è stata ingaggiata e dovrà vedere una fazione soccombere e l'altra brandire alta la spada insanguinata.

http://www.cicap.org/new/articolo.php?id=100847

lunedì 29 marzo 2010

fermate il mondo, voglio scendere

C'è stato un tempo in cui la volontà popolare, il popolo, godevano di sacro rispetto - più a sinistra che a destra, stando a quanto è emerso dalle inchieste giudiziarie sul caso Sifar-De Lorenzo e i golpe che si preparavano, coi gladiatori del 'caso Gladio' pronti a impugnare le armi in caso di verdetto popolare sfavorevole alla Dc e ai partiti di centro.
Vox populi vox dei, si diceva.
Ma se oggi i malnati di centrodestra inneggiano alla volontà popolare sono certo che, a maggioranze rovesciate, i loro commenti sarebbero più nello stile del loro leader populista,- che taccia di 'cogghioni' coloro che gli si oppongono e dei giudici indipendenti dal potere politico sappiamo bene che pensa e di tutte le 'istituzioni di garanzia, Agcom inclusa e direttore prono ai suoi voleri censorii.
E' una giornata di tristezza, oggi, una giornata in cui devo elaborare il lutto per l'immutabile quadro negativo che ci perseguita da quando Colui-che tutto-potrà (da qui in avanti) è sceso in campo e ha seminato odio e zizzania a piene mani e bocca e soldi e ha scassato istituzioni e avvelenato i pozzi dell'abbeverata comune.
Un popolo di infami conferma la sua pervicace vocazione a farsi del male e farne ai cittadini di diversa collocazione politica forzatamente conviventi e toccherà assistere e commentare, da qui in avanti, lo stillicidio di eventi tragici quali ci propinerà il Barabba a ghigno aperto e mascella volitiva: dalla 'sua' riforma della giustizia alla probabile incoronazione al soglio presidenziale, tra qualche anno.
Fermate il mondo, voglio scendere.

domenica 28 marzo 2010

la malaeducacion

Avevo dieci anni non ancora compiuti e uscivo da sei anni di un collegio di suore e mio padre, che mi aveva in affido giudiziario, pensò che fosse una buona idea l'affidarmi, per la colonia estiva, a quelli di don Orione - istituto che allora occupava un palazzo in Lista di Spagna.
Affido demandato ad altro affido, come si fa da sempre per gli appalti e poi si scoprono le rogne e i costi proibitivi e tutti scaricano le responsabilità a monte o a valle.
A sua discolpa bisogna dire che mio padre non aveva ancora una casa e dormiva e mangiava nel retrobottega umido del negozio. Mio padre, questo sconosciuto.

Quella della colonia non fu una bella esperienza anche perché il prete-direttore preposto all'accoglimento, mi accolse al modo che oggi riempie le pagine dei giornali di mezzo mondo: con melliflue parole e bonarie, ma la sua mano di 'padre' (così si facevano chiamare all'epoca e le suore 'madri', - chissà perché e per colmare quale carenza della loro personali realizzazioni), la sua mano, dicevo, andava a cercare chissà che di impubere su per i pantaloni corti che allora usavano scostando delicatamente l'elastico delle mutande. Dopo, una volta adulti, ci si chiede sempre se abbiamo avuto una qualche colpa per il nostro restare lì impalati senza saper reagire, - strillare, che so, dire male parole o piangere (ma ai maschietti si insegnava che non si doveva) e hanno sempre facile gioco i ginecologi accusati di molestie e i pedofili che rivestono un certo ruolo di responsabilità a dire che le pazienti (e i bambini loro affidati) spesso equivocano i loro gesti professionali e/o 'paterni' e sono preda di 'suggestioni'.
Alla fine della colonia avvisai mio padre di quella strana cosa che mi era accaduta e del profondo disagio che aveva suscitato nel mio animo di bambino e lui mi iscrisse alle medie in un altro istituto, gestito stavolta dai salesiani, dove tutto si svolse come si deve, per la mia e l'altrui fortuna.
Non la migliore delle storie e infanzie possibili, ne converrete.

E allora non usavano le denunce eclatanti e i giornali, forse, in maggioranza, avrebbero difeso a spada tratta l'onorabilità dei tanti anni di servizio di quel tal direttore e molti testimoni a difesa già ospiti di quell'istituto avrebbero sostenuto a spada tratta che si trattava di spaventose calunnie di una mente fragile, forse malata.
In ogni caso, all'epoca, glissare e passare le cose sotto silenzio e dimenticare le 'brutte cose' che ci accadevano pareva a tutti una buona idea. In fondo erano passati solo quindici anni dalla conclusione di una guerra mondiale e si cominciava a star bene anche grazie alle cambiali e la Dc governava il paese coi suoi uomini migliori usciti in gran parte dalle parrocchie e dall'Azione Cattolica e amministrava la 'cosa pubblica' con destrezza e agli italiani faceva più paura il comunismo cannibale di bambini che si denunciava ad ogni tornata elettorale. E nella cabina elettorale 'Dio ti vede, Stalin no'.

La 'malaeducacion' comincia sempre con un furto di fiducia: con una mente recettiva e fresca di bambino il cui naturale percorso di vita viene turbato ( a volte irrimediabilmente) da questi poveretti incapaci di sublimare le loro naturali pulsioni sessuali nel mistico approdo del servizio alla Croce e alla Dottrina della fede. Bisogna capirli, anch'essi sono uomini fallaci e, tuttavia, la divina Grazia sacramentale, ci veniva spiegato nell'ora di religione, è come l'acqua limpida di un torrente che non viene sporcata dal letto sudicio su cui può capitarle di scorrere. Sursum chorda.

Ma non sarebbe più semplice rinunciare a quella stupidaggine, a tutti palese, del celibato dei preti e lasciare a questi 'predestinati' e che 'hanno la vocazione' l'opportunità di misurarsi concretamente con l'amore pieno tra un uomo e una donna che vanno predicando senza nulla conoscere?

Sembra semplicistico, dopo tanti secoli di ottusa resistenza e migliaia di 'molestati' e vite rovinate, ma sovente sono le cose semplici - se, umilmente, si rinuncia a definirle 'dogma' e fregiarsi di insensate 'infallibilità' - che salvano dagli abissi della cattiva fama. Una mala fama che affossa millenarie istituzioni e le dice, definitivamente, non più credibili e convincenti all'alba del terzo millennio.

sabato 27 marzo 2010

venerdì 26 marzo 2010

ingiuriare i mascalzoni è rendere omaggio agli onesti

Non avevo mai guardato una trasmissione di Santoro oltre i venti minuti, non riesco a tollerare i 'dibattiti' in tivù e non perché – come mi diceva una 'gran brava persona' di mia conoscenza - io sia 'un fascista di sinistra', tutt'altro.

Non mi piace la forma chiusa che ha un dibattito in tivù, qualsiasi genere di dibattito, (appartengo alla generazione del : 'no! Il dibattito no!) perché ha tempi contingentati che non offrono piena ragione e pieno sfogo ai contendenti, ma, sopratutto, mi provoca un'ira profonda il parlarsi addosso che avviene, lo zittire cana/gliescamente l'avversario con la tecnica studiata ed esercitata per ore e ore negli studi mediaset : di ripetere a mitragliatrice lo slogan pre ruminato e mandato a memoria e iterare l'insulto o la diminuzione dell'avversario per avvilirlo e perché non possa dire ed esprimere compiutamente il suo pensiero.



Tutto ciò non è avvenuto ieri sera a 'raiperunanotte', la trasmissione che ha celebrato la rivalsa contra la censura perpetrata contro Annozero e gli altri noti programmi di approfondimento.

Non c'era il 'contraddittorio', è vero, ma immagino fosse perché nessuno della controparte del 'partito dell'amore' (triplo sic!) se l'è sentita di avallare lo sfregio di quell'evento che protestava contro la clamorosa censura di Un Solo - quale si è mostrata con la recita delle trascrizioni delle intercettazioni telefoniche intercorse tra il 'garante' dell'Agcom (un ex di fininvest, fedelissimo servo strisciante e balbettante del padrone aziendale), il direttore della Rai Masi e il presidente del consiglio italiano, la bestemmia vivente: il Barabba plurinquisito e mandato assolto con le note leggi ad personam e per virtù dei cavilli di danarosi avvocati.



E aveva il respiro di una 'democrazia ritrovata', quella trasmissione, di un cuore lanciato oltre le fila urlanti dell'esercito avversario e raccolto pietosamente a fine battaglia e riposto nella teca costituzionale che garantisce la piena libertà di espressione a tutti i cittadini che non trascenda nell'insulto o nella diffamazione priva di fondamenti e ragioni.

Già, perché ha avuto ragione Daniele Luttazzi - fulgido esempio di vergognosa e fascistissima censura da 'editti bulgari' – nel citare Quintiliano e gli antichi testi colla frase: 'ingiurare i mascalzoni è rendere omaggio agli onesti'.

E nel caso del nostro Barabba nazionale l'ingiuria è un obbligo morale, una distinzione tra chi ha votato consciamente 'per tornaconto' di portafoglio un notorio plurinquisito di cento malefatte pre e post Tangentopoli e ha consegnato il governo della Repubblica nelle mani di uno scassa-istituzioni, un fascista in pectore, un peronista e mallevadore di vecchi fascisti e nuovi fascismi mediatici, un 'uomo del fare' che non si cura che i suoi fedelissimi abbiano le mani in pasta negli appalti miliardari perché la sua filosofia di self made man è, da sempre, quella de : 'chi va al mulino si infarina'. Ecco allora Milano Uno e Due nascere col contributo di capitali mafiosi garantiti da Dell'Utri - come confessavano Spatuzza e Ciancimino in tribunale – e le televisioni commerciali della sua 'discesa in campo' le deve al partito socialista marcio e decotto di Craxi, il latitante di Hammamet.



Tutto questo è noto e arcinoto perché ormai la letteratura del malaffare berlusconiano riempie le librerie e le biblioteche, ma capita di assistere - come si è mostrato in apertura della trasmissione di Santoro - alle scene spaventose di un giornalista 'nemico' che va alla manifestazione de 'il milione che siamo in questa piazza' e se non viene linciato e fatto a brani è perché gli hanno detto - tassativamente - che l'unica cosa che potevano dire e ripetere in caso di interviste dei 'cani di Santoro' è che loro sono 'il partito dell'amore'. E uno di questi spaventosi esseri del 'menomalecheSilvioc'è' (che Scalfari su Repubblica aveva definito 'una bella piazza di brave persone, bontà sua) a un certo punto sbaglia e, freudianamente, rovescia l'assunto e gli esce dalla bocca : 'noi il partito dell'odio e voi dell'amore'.



Ecco quel che succede quando si parla alla 'pancia' della gente in forma di slogans semplicistici e suggestivi: che la verità del rovesciare le retoriche frittate e deformare il senso delle cose e delle parole inopinatamente si rivela come le pentole diaboliche senza il coperchio e i 'giudici comunisti' sono, finalmente, solo persone che si provano a fare argine al malaffare dilagante post Tangentopoli al meglio delle condizioni improbe imposte da Berlusconi e dalla guardia armata dei suoi avvocati al loro mestiere e da quel poco che possono fare esce, buon ultimo, il verminaio immondo delle censure provate e fortemente volute da un Benito Berlusconi che vorrebbe fare 'di questa rai un bivacco di manipoli' e di ogni opposizione un silenzioso codazzo di servi o schiavi incatenati legati al suo caro trionfale.

venerdì 19 marzo 2010

il passo della storia e quello dell'oca

Non so se possa essere preso quale insegnamento della storia il fatto le dittature hanno una incubazione di anni relativamente breve e un 'fuoco' che le consacra e dà inizio al 'Ventennio'.
Il 'fuoco' di consacrazione del fascismo fu la marcia su Roma e, prima e dopo, le azioni banditesche contro le sedi dei giornali e dei partiti di opposizione e gli omicidi di chi contrastava le squadracce in azione.
In Germania fu la notte dei lunghi coltelli la consacrazione del nazionalsocialismo, che, dopo l'omicidio di Rohm e la normalizzazione delle sue S.A. rivoluzionarie, si assestò nella sua connotazione politica di destra estrema. Tutto in un pugno di anni feroci e convulsi e tradimento dei principi ispiratori da parte del Capo consacrato e onnipotente.

Se compariamo l'irresistibile ascesa del Barabba di lotta e di governo con quegli eventi non troppo lontani dovremmo concludere che troppi anni sono trascorsi dal suo 'scendere in campo' e dall'insediamento al potere e la parabola della storia recente va a chiudersi sopra di lui senza un 'fuoco' di eventi significativi che abbia consacrato la sua dittatura. La democrazia italiana è manifestamente fragile, ma resiste, sostanzialmente, nei suoi capisaldi.

In teoria, dovremmo essere al riparo da sorprese dell'ultima ora e l'oceanica manifestazione annunciata di domani dovrebbe essere una delle 'solite' boccate d'aria del Padrone di denari in vistoso debito di ossigeno. In teoria.
Nella realtà degli eventi caotici in incubazione, invece, possiamo ragionevolmente ipotizzare che il drago ferito e in affanno abbia in mano strumenti (i desideri e i progetti e gli uomini designati ci sono di sicuro) tali da poter sparigliare il gioco delle squadre interne che lo contrastano e altro non aspetti che un evento scatenante o un fuoco d'artificio che ha in cassetto da tempo che gli consenta l'agire eversivo. La P2, da cui questo tragico epigono fascistoide, discende questo genere di progetti li aveva e ci sono noti dalle carte delle inchieste giudiziarie.

Mancano le squadracce in questo quadro ipotetico, è vero, e si fa fatica a immaginare le legioni di avvocati e commercialisti in gessato blu e scarpe di vernice e i pensionati e le casalinghe-tutto-video - assoldate col pretesto di una 'gita-a-roma-pranzo-a-sacco-compreso' - capaci di gesti 'rivoluzionari'; tuttavia una segreta inquietudine rimane e non dovremmo dimenticare che, se anche anche la storia si ripete in farsa, certune farse hanno corollari di sangue e tragedia e la 'fantasia' italica conosce colpi di scena impensati e l'Europa, monca di istituzioni comunitarie forti, forse sarebbe solo spettatrice di un insorgere eventuale del nuovo caudillismo in salsa italiana.

Non è insorta e non ha opposto nulla quando il Caudillo-ridens ha denunciato in piena assemblea del Partito popolare europeo il fantomatico 'complotto dei giudici' a suo danno - considerandolo 'fatto interno' della strampalata politica italiana e questo è l'altro elemento di riflessione che dovremmo sviluppare.
Il passo della storia sembra essere quasi sempre prevedibile, ma, a volte, inopinatamente, si muta in passo dell'oca.

giovedì 18 marzo 2010

verbo politico bipartisan?

L'ambiguità del verbo politico 'bipartisan' è tale che entrambi i contendenti possono affermare che l'arbitro ha fischiato fallo a loro favore.
Pensavo che Napolitano avesse fischiato il fallo contro Alfano, il ministro della giustizia (carica istituzionale che a scriverla o a dirla per esteso ti suona quale orribilissima bestemmia), per aver mandato gli ispettori nella procura che indaga sulle malefatte del suo padrone, il grintoso dittatorello dello stato libero di Bananas, ma mi sbagliavo.
Pare, invece, che abbia fischiato il presunto fallo del Csm, organismo che - come me - ha letto nell'atto di mandare a Trani i cani da fiuto del ministero un atto di intimidazione che più smaccato non si può per l'uso vigliaccamente personale che si fa di una istituzione della Repubblica.
Necessitiamo di un'interpretazione autentica da parte del Presidente della Repubblica, ma temo sia chiedere troppo a un uomo mentalmente stanco ed estenuato nel suo ruolo di 'super partes' in tempi di canaglie manifeste e spaventosi figl-di-put assunti al governo della Repubblica per le perverse logiche maggioritarie di un popolo di infami (che non lasciano fama).

mercoledì 17 marzo 2010

300 litri di sangue da buttare

Dimentichiamo, da troppi anni ormai, di guardare fuori dalle nostre finestre e c'è un mondo, un intero mondo che agisce e cambia in modo vorticoso, ma ci piace di osservare il nostro ombelico, il piccolo buco chiuso e grinzoso del nostro ombelico, perché la malia dell'universo televisivo berlusconiano, il chiudersi volontario nelle 'case' o nelle 'isole' a dire le note idio/zie sul nulla delle nostre esistenze è insensato verbo mistico e cartellino di appartenenza e identità.
Se non appari o non si parla di te in televisione sei nessuno. E poco importa se sono solo grida insensate, finte risse e parlarsi addosso che già solo al vedere gli spezzoni della selezione di 'blob' ti viene da premere 'off'.
Il Ragno Sultans - particolarmente velenoso e vorace negli ultimi mesi - ci ha imprigionato nella sua tela televisiva e siamo affetti dalla coazione a ripetere slogans di guerra, a battere grancasse e levare scudi e alte le insegne dell'esercito di appartenenza. Perfino il contradditorio libero della Rete mostra la corda e sui forum siamo al giro di boa: o di qua o di là e si aprono le bocche delle dighe e si affoga la pianura con tutti i villaggi che ospitava.
Democrazia l'è morta e gli spasmi e le contorsioni atroci del Padrone di denari che ci vengono dalla procura di Trani sono le contorsioni del drago colpito a morte ed è necessaria la massima attenzione per i conseguenti, mortali 'colpi di coda'.
Non è più il tempo della critica lecita e riconosciuta e tollerata dai noti figuri tragici a denti stretti e sappiamo - perché ci siamo passati attraverso negli anni di piombo - che quando si dismette l'arma della critica è pressoché automatico il passaggio alla 'critica delle armi' e non sarebbe male che guardassimo con sincera preoccupazione a est, alla Thailandia, dove i drammatici colpi di colpa di un tycoon televisivo di laggiù hanno portato allo 'show down': all'imbarbarimento del civile confronto al punto da gettare in piazza oltre 300 litri di sangue dalle vene di autentici im/be/cil/li col fine di drammatizzare il confronto allo spasimo.
E tutta la simbologia delle 'camicie rosse' thailandesi è di impianto televisivo perché il rosso viene bene in tivù, ma è, nello stesso tempo, simbolica di quanto si minaccia di voler fare se non si accettano i diktat e gli ultimatum : di fare scorrere il sangue per le strade e non mi stupirei se uguale strategia fosse stata presa in considerazione a palazzo Grazioli e ci fosse un 'telefono rosso' aperto tra il nostro padrone di denari e il tycoon tailandese in esilio che fa fuoco e fiamme per rientrare e piantare le sue bandiere di conquistatore sul parlamento e sul palazzo reale.
E' vero, mi obbietterete, che trovare da noi qualche migliaio di suonati che buttano il sangue non è facile come in Asia dove le ideologie del sacrifico di sé per una causa sono antiche, ma i soldi, ne converrete, comprano anche il sangue di qualche migliaio di disgraziati oltre che le anime morte dei 'portavoce' del premier e dei suoi maggiordomi e servi sciocchi televisivi e, se anche siamo il paese di Arlecchino e di Pulcinella, quando un Titano, reso folle dai continui dinieghi alla sua strategia di tutto possedere e comandare, afferra le colonne del tempio e le scuote con tutto il peso dei suoi muscolosissimi soldi il rischio che cada il tetto e crollino i muri è davvero molto, molto concreto.

Per approfondire:
http://www.repubblica.it/politica/2010/03/17/news/la_sindrome_del_padrone-2706562/
http://it.euronews.net/2010/03/16/sangue-versato-davanti-al-governo-le-camicie-rosse-thailandesi/

martedì 16 marzo 2010

case-famiglia e realities


I realities (ne conosco solo gli spezzoni da blob) sono la nuova forma di 'famiglia' in embrione?

C'è una 'Casa' (casa-famiglia?), ci sono dei disadattati (chi non lo è di questi tempi) che litigano, ca@@eggiano, flatulano in compagnia, amoreggiano (che specie di amore?).

E ci sono i vecchi genitori, di fuori, - quelli che non avevano mai il tempo per giocare coi figli, quelli troppo impegnati a litigare tra loro e a separarsi – tutti a dire con rabbia al figlio che aspira a fare quella esperienza di famiglia nuova che 6 milioni e mezzo di italiani sono tutti cogghioni.



Poi ci sono i forum ed è anche quella una 'Casa' dove si straparla di politica, ci si azzuffa, si 'consente' e si fanno le ole vergognose ai propri campioni, ci si prende le misure a botte di morsi e insulti sanguinosi ('berlusconiano delle mie beole!' 'bersaniano di emme!' 'boniniano del ca@@o!'), si sta in branco o, cacciati, si esce dal branco e si va per territori solitari a cercare una rara femmina disponibile per l'accoppiamento, come accade ai lupi che hanno perso la lotta per la dominanza.

Ogni riferimento a fatti e persone realmente esistenti è puramente casuale e la metafora sul branco dei lupi e sui loro comportamenti 'sociali' mi viene direttamente dai documentari di Angela.



Ma, in fondo, è sempre voglia di famiglia allargata e di nuova socializzazione quella che sta al fondo e, in tempi dove la parola 'fratello' sta per perdere di significato a causa di un solo figlio per coppia, forse è la vecchia voglia di fratellanza quella che modella le pulsioni nuove.

Fratellanza o fraternità - e la prima 'rivoluzione' andata a segno e che ha aperto la strada alla modernità ne ha fatto un'egida universalmente riconosciuta: 'libertè, fraternitè, egalitè'.



Peccato che della prima si straparli e la si usi 'ad personam' deformandone il senso (così come della parola 'amore' : usata da un tale che più odio di così non sa suscitare coi suoi comportamenti e gli insulti e le sue politiche) e della terza non vi sia molto commercio e pratica sulla crosta del pianeta Terra.



Ma, insomma, prendiamo atto che c'è voglia di famiglia e tutti teniamo famiglia e anche certi alti lai che vengono dal branco maggiore di là forse hanno qualcosa di 'familiare' e rispondono a una atavica fame e sete di Heimat, la patria di provenienza, il luogo dove si è cresciuti insieme, nel bene e nel male (e se c'è uno zio stro..zo nella 'casa' chi non ne ha uno in famiglia? e un cugino caratteriale e con la fissa della pedagogia adattata al tempo del signor B., tocca tollerare e cercarne il lato buono - che deve pur avere seppure benissimo nascosto ).



In fin dei conti anch'io, - che trasgredisco e ballo il tango e m'innamoro ogni volta delle belle donne che mi fanno il grande regalo di lasciarsi stringere tra le braccia - mi sono commosso con 'Shall we dance?' quando Susan Sarandon dice all'investigatore che ha ingaggiato : '...ciò che cerchiamo in un matrimonio, più che l'amore - che passa e 'lentamente ci dice addio' - è qualcuno che sia testimone delle nostre vite e ci incalzi e stimoli o ci sorregga, quando è il caso..'.



Proprio come in una moderna casa-famiglia che si rispetti. Buona giornata, cari.
08:43 Scritto da : chiarafede in filosofia addomesticata | Link permanente

lunedì 15 marzo 2010

una questione di democrazia

Non è l'aspetto penale (di cui nulla sappiamo) il punto più importante dell'inchiesta dei magistrati di Trani che indaga il presidente del Consiglio, il direttore del Tg1 e un commissario dell'Authority sulle Comunicazioni. L'ipotesi di concussione verrà vagliata dalla giustizia, e certamente il capo del governo avrà modo di difendersi e di far sentire le sue ragioni, o di far pesare le norme che bloccano di fatto ogni accertamento giudiziario sul suo conto, facendone un cittadino diverso da tutti gli altri, uguale soltanto all'immagine equestre che ha di se stesso.

Ma c'è una questione portata alla luce da questa inchiesta che non si può evitare e domina con la sua evidenza eloquente questa fase travagliata di agonia politica in cui si trova il berlusconismo. La questione è l'uso privato dello Stato, dei pubblici servizi creati per la collettività, della presidenza del Consiglio, persino delle Autorità di garanzia, che hanno nel loro statuto l'obbligo alla "lealtà e all'imparzialità", per non determinare "indebiti vantaggi" a qualcuno.

Siamo di fronte a una illegalità che si fa Stato, un abuso che diviene sistema, un disordine che diventa codice di comportamento e di garanzia per chi comanda.

Con la politica espulsa e immiserita a cornice retorica e richiamo ideologico, sostituita com'è nella pratica quotidiana dal comando, che deforma il potere perché cerca il dominio. Questi sono tratti di regime, perché il sovrano prova a mantenere il consenso attraverso la manipolazione dell'informazione di massa, inquinando le Autorità di controllo poste a tutela dei cittadini, con un'azione sistemica di minaccia e di controllo che avviene in forma occulta, all'ombra di un conflitto di interessi già gigantesco e ripugnante ad ogni democrazia. Il controllo padronale e politico sull'universo televisivo (unico caso al mondo per un leader politico) non basta più quando la politica latita e la realtà irrompe. Bisogna andare oltre, deformando là dove non si riesce a governare, calpestando là dove non basta il controllo.
Così il presidente del Consiglio, a capo di un Paese in perdita costante di velocità, passa le sue giornate tenendo a rapporto un commissario dell'Agcom per confessargli le sue paure non per la crisi economica internazionale, ma per due trasmissioni di Michele Santoro, dove la libera informazione avrebbe parlato del processo Mills e del caso Spatuzza, corruzione e mafia. I due parlano come soci, o come complici, o come servo e padrone, cercando qualche mezzo  -  naturalmente illecito perché la Rai non dipende né dall'uno né dall'altro  -  per cancellare Santoro: e l'uomo di garanzia propone al premier di trovare qualcuno che inventi un esposto (lui che come commissario dovrebbe ricevere le denunce e imparzialmente giudicarle) incaricandosi poi direttamente e volentieri di provvedere all'assistenza legale per il volenteroso.

Poi il premier parla direttamente con il direttore del Tg1, manifestando le sue preoccupazioni, e il "direttorissimo" (come lo chiama il primo ministro) il giorno dopo va in onda puntualissimo con un editoriale contro Spatuzza. Infine, lo statista trova il tempo addirittura per lamentarsi della presenza mia e di Scalfari a "Parla con me", una delle pochissime trasmissioni Rai che ha invitato "Repubblica": si contano sulle dita della mano di un mutilato, mentre il giornalismo di destra vive praticamente incollato alle poltrone bianche di "Porta a porta" e ad altri divani di Stato.

La fluida normalità di questi eventi, che sarebbero eccezionali e gravissimi in ogni Paese occidentale, rivela un metodo, porta a galla un "sistema". Citando Conrad, l'avevamo chiamata "struttura delta", un meccanismo che opera quotidianamente e in profondità nello spazio tra l'informazione e la politica, orientando passo per passo la prima nella lettura della seconda: in modo da ri-costruire la realtà espellendo i fatti sgraditi al potere o semplicemente rendendoli incomprensibili, per disegnare un paesaggio virtuoso in cui rifulgano le gesta del Principe.

Oggi si scopre che il premier è il vero capo operativo della "struttura delta" e non solo l'utilizzatore finale. Lui stesso dà gli ordini, inventa le manipolazioni della realtà, minaccia, evoca i nemici, suggerisce le liste di proscrizione, deforma il libero mercato televisivo, addita i bersagli. Che farà quest'uomo impaurito con i servizi segreti che dipendono formalmente dal suo ufficio, se usa in modo così automatico e disinvolto la dirigenza della Rai e le Autorità di garanzia, istituzionalmente estranee al suo comando? Come li sta usando, nell'ombra e nell'illegalità, contro gli stessi giornalisti che lo preoccupano e che vorrebbe cancellare, in una sorta di editto bulgaro permanente?

La sfortuna freudiana ha portato ieri Bondi a evocare una "cabina di regia" di giudici e sinistre, proprio mentre il Gran Regista forniva un'anteprima sontuosa del suo iperrealismo da partito unico, a reti unificate. La coazione gelliana a ripetere ha spinto Cicchitto a evocare il "network dell'odio", proprio quando il Capo del network dell'amore insulta avversari e magistrati, in una destra di governo ormai e sempre più ridotta alla ragione sociale della P2, che voleva occupare lo Stato, non governarlo. L'istinto ha condotto La Russa ad afferrare per il bavero un giornalista critico del leader, alzando le mani come la guardia pretoriana di un sovrano alla vigilia del golpe, proprio nel momento in cui un collaboratore si chinava in diretta televisiva sul premier suggerendogli la risposta giusta, in un fuori onda del potere impotente che certo finirà nei siparietti quotidiani di Raisat.

La verità è che ogni traccia di amministrazione è scomparsa, nell'orizzonte berlusconiano del 2010, ogni spazio di politica è prosciugato. Questo, è ora di dirlo, non è più un governo (salvo forse Tremonti, che bene o male si ricorda di guidare un dicastero), non è una coalizione, non è nemmeno un partito. Stiamo assistendo in diretta alla decomposizione di una leadership, a un potere in panne, nella sua pervasiva estensione immobile che non produce più nulla, nemmeno consenso, se è vero il declino dei sondaggi.

Era facile prevedere che l'agonia politica del berlusconismo sarebbe stata terribile, e le istituzioni pagheranno nei prossimi mesi un prezzo molto alto. Non abbiamo ancora visto il peggio. Ma non pensavamo a questo spettacolo quotidiano di un sovrano sempre più assoluto e sempre meno capace di autorità: costretto in pochi giorni a rimediare con un decreto di maggioranza a errori elettorali del suo partito, mentre è obbligato a bloccare il Parlamento con due leggi ad personam che lo sottraggono ai suoi giudici, sempre più ossessionato dalla minima quantità di libera informazione che ancora sopravvive in questo Paese.

Nessuno di questi problemi, ormai, si risolve nelle regole. La deformazione è il nuovo volto della politica, l'abuso la sua costante. Si pone una questione di democrazia, fatta di sostanza e di forma, equilibrio tra i poteri, rispetto delle istituzioni, ma anche semplicemente di senso del limite costituzionale, di rispetto minimo dello Stato e della funzione che grazie al voto dei cittadini si esercita pro tempore. Questo e non altro  -  la cornice della Costituzione  -  porterà oggi in piazza a Roma migliaia di persone. È un sentimento utile a tutto il Paese, comunque voti. Un Paese che non merita questa riduzione miserabile della politica a calco vuoto di un sistema senza più un'anima, in un mix finale di protervia e di impotenza che dovrebbe preoccupare tutti: a sinistra e persino a destra.
Ezio Mauro copyright la Repubblica

sabato 13 marzo 2010

spezzeremo le reni alla Grecia

C'era sentore di primavera, ieri sera, alle sei, in campo santa Margherita. Le persone che si affollavano intorno al palco dove avrebbe parlato Beppe Grillo non erano molte, ma alla comparsa di 'Beppe' già erano raddoppiate e, a voler fare lo storico lavoro sporco della Questura, azzarderei intorno al migliaio. Ma importa qualcosa la cifra? Fossero state cento cambiava qualcosa del senso profondo che ha gridare e sostenere le cose 'contro' che tutti conosciamo che uscivano dalla gola del simpatico comico genovese imbarazzatissimo nella nuova veste di 'politico' dell'antipolitica?

Dire - in una realtà sociale dove i troppi comici della cosiddetta 'politica' sono decrepiti tromboni sfiatati e i cabarettisti squallidi alla Emilio Fede e il suo Caimano-padrone si mostrano ogni giorno impuniti e avvilenti a migliaia di spettatori col loro teatrino asfittico e le grida e gli slogans idio/ti - dire che un comico in politica è la risposta inevitabile è facile battuta, ma, in realtà, è più vera del vero e perfino la satira si è spuntata nel suo denunciare ridendo a denti stretti perché i suoi strali sono stati spuntati dalla perfetta idiozia di un popolo bove che tutto si beve e tutto tracanna ubriaco lo schifo che scende dal fiasco dell'epopea berlusconiana, feccia compresa.

Conosco il repertorio di Grillo per aver assistito, in video e in voce, a molti dei suoi spettacoli e la denuncia forte che egli fa del troppo di 'vecchio' e di 'sporco' che connota la nostra vita sociale e politica mi è tutta nota e sappiamo che è verissimo e più vero del vero che il marcio nostrano è infinitamente più marcio e fetido di quello che c'era in Danimarca e veniva denunciato da Amleto, ma la frase che più mi ha con-vinto (vincere insieme) è stata la citazione che nei sonnacchiosi Sessanta in America, a dare la sveglia è stato il gesto semplice di una ragazza che, nell'autobus, andò a sedersi nel posto 'riservato ai bianchi' e tutto iniziò della post modernità con Martin Luther King e Malcom X e gli arresti e la prigione per i membri altolocati del K K Klan.

Perciò voterò la sua lista di 'scalzacani' che, giura Grillo, 'bombarderanno di idee nuove i consigli regionali e comunali e provinciali'. Il miglior bombardamento dai tempi di Dresda e con bombe davvero 'intelligenti'.

Sono scomparsi i ridicoli faccioni di Brunetta dalle scale dei garages del Tronchetto e sugli imbarcaderi dei vaporetti perché li avevano riempiti - scritti sull'ampia fronte pensosa di nulla - di 'ladro', 'evasore' e 'f. di put....' e altro ed era uno scempio intollerabile per l'incaz/zoso ministro che vuole fare il sindaco a mezzo servizio e pontiere di casse di 'schei' che, a suo dire, verranno stanziati per la salvaguardia e il ripopolamento e le infrastrutture, ci penserà lui.

Difficile fare previsioni di questi tempi. L'astensionismo crescerà di un poco, più a sinistra che a destra, ma gli eserciti schierati in battaglia battono da troppo tempo sugli scudi colle lance e le grida insen/sate e quel che udiamo sono le intimidazioni e l'imposizione di un silenzio da caserma a una democrazia che più fragile non si può - giunta sull'orlo della realizzazione del progetto P2 di Ligio Gelli che sponsorizza apertis verbis il migliore su piazza: l'Impunito di Tangentopoli, il Barabba, l'Ammazzagiudici e trascina in guerra le sue partite iva che un tempo si dicevano 'maggioranza silenziosa' ma sono diventati 'maggioranza sediziosa' col dna ancora intriso di 'avanguardismi', 'manipoli' e 'spezzeremo le reni alla Grecia'.

'Ma che vogliamo spezzare e spezzare', rideva Grillo dal palco, 'che noi siamo in dialisi da decenni!'.

Vota Antonio, vota Antonio. Italiani!!

mercoledì 10 marzo 2010

le marce su roma al tempo del signor b.




Turbinano i fiocchi di neve in questo medio marzo meteorologicamente folle come il paese che va ad elezioni-si, elezioni-ni, elezioni-shock in ogni caso.

Mi sono chiesto per anni - posto di fronte a tutte le soperchierie e le malefatte politiche e giudiziarie del signor b. quale sarebbe stato il momento clou, lo show down, la 'confrontation', si direbbe oggi, (che per dire 'luogo' si preferisce 'location': che origini da qui la stupidità collettiva che va all'abbeverata coll'avanguardismo politico di ritorno?) - mi sono sempre chiesto, dicevo, in che modo, con quali avvenimenti drammatici e/o tragici si sarebbe manifestata la sindrome 'hutu e tutsi' che vado denunciando da anni nel mio blog e nei forum a cui ho partecipato e dato vita.



E, buffamente, il modo pare essere (il work avanguardistico-eversivo è ancora in progress e 'in nuce') quello storico già visto e che i cinegiornali luce su raitre ci mostrano di bel nuovo per rinfrescarci la memoria: una marcia su Roma-due annunciata e Benito Berlusconi va all'arrembaggio col suo popolo di partite iva arroganti e allergiche alle regole ( perfino quelle del condominio di appartenenza, figuriamoci, e non mi stupirei se mi dicessero che certi destri di mia conoscenza si alzano in piedi nel corso delle assemblee rossi in viso e, al modo di Sgarbi, tacciano di 'comunisti' e di 'complotto condominiale' i loro vicini della scala b e di pianerottolo perché si oppongono alla sopraelevazione ad personam della mansardina e pure senza sanatoria e il cartello obbligatorio di inizio-lavori).



Siamo alle comiche finali, verrebbe da dire, perché, quasi sempre, la storia si ripete in farsa, ma potremmo avere delle sorprese e non sappiamo se i commercialisti in cravatta che vedremo gridare rossi in viso: 'lotta-duva-senza-fattuva', digitando sull'i pod e scattando le foto che inseriranno sul profilo di facebook saranno i prossimi itali balbi in camicia azzurra che guideranno i loro manipoli squadristici al grido di 'forza Silvio' davanti alle sedi del pd o dell'idv bastonando i presenti e dando fuoco alle suppellettili.

Una prima bomba c'è stata, stando alle cronache, e sarà bene chiedersi 'per chi suona la campana' e stare in campana e contattare con la necessaria discrezione qualche albanese o rumeno se gli avanza un kalashnikov nascosto nelle cantine di casa, non si sa mai. La Casa Rosada sotto le bombe dei golpisti e Allende coll'elmetto e il fucile in mano dovrebbero averci insegnato qualcosa.



E per nostra fortuna il re odierno non è quel Vittorio Emanuele brevilineo e malaffarista che consegnò la città alle bande dei malfattori in camicia nera e si rifiutò di firmare lo stato d'assedio e non diede l'ordine di sparare ad alzo zero contro la canaglia eversiva e banditesca.

L'augurio è che l'odierno capo delle forze armate, Napolitano, giunto al dunque, lo stato d'assedio lo firmi e al suo fianco abbia un Fini primo ministro in pectore di un 'governo di salvezza nazionale' incaricato di pubblico processo contro i maggiorenti del partito dell'amore e delle banane come suo primo atto pubblico e di 'riconciliazione nazionale'.



E se ci sarà risparmiato un Benito-berlusconi a testa in giù a piazzale Loreto meglio così (chi potrebbe essere la Petacci allato a gonna in giù: la D'Addario? la minorenne napoletana? qualcuna che fu fatta ministra o sottosegretaria?) e ci accontenteremo delle patrie galere o, in subordine, un dorato esilio a Panama o alle Cayman - previo sequestro di tutte le proprietà di famiglia e le televisioni e i conti svizzeri per rimborsare i cassintegrati e le famiglie dei piccoli imprenditori morti suicidi di tutto quanto non è stato fatto per la 'questione lavoro' in questo disgraziato paese.

martedì 9 marzo 2010

amori e notti


Forse chiediamo troppo e lo carichiamo troppo, l'amore, di pesi impropri e aspettative che appartengono alle attese di ognuno: tutte diverse e di difficile conciliazione.

Una mia amica si chiede (dell'amore) 'ma ce n'è ancora da qualche parte?' ed è domanda retorica perché di amore trasuda ogni nostro gesto e voglia di attenzione e i sogni che facciamo - che al mattino svaniscono ma ci lasciano dentro un sapore di amaro per quanto di essi mai trova forma compiuta nella realtà quotidiana.



Ma è proprio il quotidiano il nemico e il come non sappiamo più elaborare gli sguardi di amore del marito (o la moglie) con il/la quale conviviamo da troppi anni e l'amore si è perso o ha mutato pelle e ci intriga, invece, lo sguardo nuovo di un qualcuno che per strada ci ha rivolto la parola e il gesto desideranti.

Ma se interviene la malattia o un dialogo duro e una decisione di separazione e sofferenza conseguente subito morde il pensiero dell'amore che è stato e mai muore, ma solo perde smalto, si opacizza e in quel suo ossidare e opacizzare ci stanno tutte le nostre paure e le inadeguatezze e le approssimazioni all'idea di 'amore' - che vogliamo 'alto' e 'forte' e che duri per sempre, ma niente è per sempre e, forse, l'amore si abbina alla morte proprio per il suo essere propedeutico all'idea del morire, del non sapere/potere essere all'altezza della sfida magnifica del vivere e dell'amare.



'Càlati giù, o notte dell'amore, / fammi dimenticare la mia vita, / accoglimi nel seno del tuo cuore / liberami dal mondo e dalla vita!'

(P. Valduga)

giovedì 4 marzo 2010

i fuorigioco e il cartellino rosso

Il mondo non è un esempio di ordinate e tranquille cose, d'accordo, ma invitate a casa vostra un amico tedesco (che capisca la lingua) e lasciatelo ascoltare i tele e radio giornali ed avrà, netta, l'impressione di un cupio dissolvi: un precipitare di situazioni marce e corrotte da tempo, ma che stanno per implodere su stesse come in un buco nero - o forse a esplodere: con gli effetti devastanti che sono propri alle grandi deflagrazioni.

Le elezioni regionali sono il detonatore di una situazione di conflitto permanente, esplicito o forse ancora latente in qualche sua parte, e mostrano nei visi e nei dialoghi della gente di destra l'allergia spaventosa alle regole di cui soffre il loro schieramento politico prono ai voleri del suo re di denari - che sempre necessita di eccezioni e salvacondotti giudiziari e di altro genere.

La questione delle regole è massimamente importante sul terreno elettorale perché - per mediare il linguaggio sportivo e calcistico - è come decidere di comune intesa chi sarà l'arbitro e quali regole e sanzioni può e deve decidere nel corso del confronto sportivo e se un giocatore è fuorigioco il gol non è valido e se c'è fallo grave si alza il cartellino rosso e si espelle dal campo il cialtrone.

Così, mutatis mutandi, avviene per le regole del confronto politico ed elettorale e a nulla giova invocare populisticamente il 'diritto a votare' la propria lista se non c'è stato rispetto delle regole fissate dalle leggi fondative e dai regolamenti - e il pasticcio in cui è andato a ficcarsi il centrodestra e i pasticci che hanno combinato i loro delegati a fare e presentare le liste hanno solo quei responsabili: loro stessi e chi li ha scelti e delegati a quella importantissima funzione.

E che si ascoltino appelli 'alla piazza' per affermare il diritto di non curarsi delle regole è l'apoteosi della vocazione fascista e populistica dei colonnelli del centrodestra e del loro capo e il documentario che abbiamo visto l'altro ieri in tivù sull'ascesa del movimento fascista che bastonava gli oppositori e li uccideva e bruciava le sedi dei giornali di opposizione fa venire i brividi per quanto di mai risolto è contenuto nella storia patria e gli hutu e i tutsi che sempre incombono sulla nostra democrazia - più fragile persino di quella greca perché ha lasciato accumulare una enorme quantità di veleni politici che, prima o poi, finiranno per tracimare e dilagare e si mostreranno le immagini dei morti e dei feriti per le strade.
http://www.repubblica.it/politica/2010/03/04/news/il_vuoto_al_potere-2499730/

mercoledì 3 marzo 2010

i martiri inutili delle democrazie

I martiri della storia sono più importanti di quelli della religione? Chi si lascia morire per affermare una sua idea di libertà e magari non ha fede nell'Aldilà è più ammirevole di chi muore per mano pagana e 'ritorna alla Casa del Padre'?
Si racconta che i martiri cristiani immolati nel Colosseo per le zanne e gli artigli delle spaventevoli fiere sorridessero per quel momento di libertà dell'anima dal corpo che veniva loro regalato - e il dolore delle ferite e degli squarci corporali ne era come anestetizzato. Difficile crederlo.
Il dolore del corpo che affronta la morte è ancora - e lo resterà a lungo – la paura più grande che ci attanaglia quando ci sfiora il pensiero di una morte ormai prossima. E la piena del dolore oncologico, a volte, ci fa invocare l'angelo della morte e sia presto finito quel nostro strazio.

Ma i martiri della storia, i martiri laici, muoiono soffrendo pienamente e privi di consolazione e non vi è anestetico mistico che li faccia sorridere giunti a quel punto del loro sacrificio, ma, forse, solo la speranza che la loro morte non sia stata vana.
Così è morto quel tal prigioniero delle carceri cubane e un altro oppositore al regime castrista ne ha preso il testimone e afferma che 'ci sono momenti nella storia in cui c'è bisogno di martiri' e Galileo, invece, davanti al tribunale dell'Inquisizione e alle sue minacce e alle torture note a tutti che praticavano gli orrendi carnefici, preferì ritrattare e al velato rimprovero del suo assistente rispose: 'Maledetta è la Terra che ha bisogno di eroi.'

Già: la Terra maledetta. Dove si suda e si soffre e si patiscono torti e sembra che la storia dell'uomo sia storia del suo 'male necessario' incontrastabile, come affermano i teologi incapaci di dare risposta credibile al perché di mille efferatezze ed ingiustizie in questa nostra valle di lacrime.

Guardavo, ieri sera, la ricostruzione della nostra storia recente: la presa del potere dei fascisti e del loro Dux furbo e accorto, a forza di botte, assassini, marce su Roma e mi dicevo che non c'è opposizione possibile al male della storia e che la morte dei martiri laici Matteotti e Amendola e Gramsci e tutti gli altri anonimi operai e contadini morti a difesa delle sedi dei partiti e dei giornali operai e delle fabbriche in sciopero è stata una morte inutile se, all'alba del terzo millennio, ancora si affaccia sulla scena quest'altro Dux ridicolo, stupido e feroce a un tempo – perché stupidità e ferocia vanno sempre a braccetto e le folle beote e osannanti le accompagnano e decretano l'aprirsi populistico di un'altra falla della storia, un altro regno della follia collettiva che ha consentito l'affermazione e l'impero dei nazionalsocialismi.

Non possiamo nulla contro l'affermarsi della violenza se non invocare (spesso vanamente) la legalità condivisa e l'ascesa del fascismo italiano si deve a un re pauroso e imbelle - un altro 'nano' politico che non firmò il decreto sullo stato d'assedio e non contrastò, armi dei carabinieri alla mano e puntate ad alzo zero, i maledetti, odiosi 'manipoli' e i 'fasci di combattimento' nel loro criminale bastonare e uccidere.

Solo il legittimo governo poteva opporre un valido ed efficace contrasto e l'esercito schierato a difesa della legalità. Se i partiti socialista e comunista di allora avessero lanciato la parola d'ordine del replicare colpo su colpo e armare le mani dei 'compagni' avremmo avuto in Italia lo svolgersi di una guerra civile simile a quella che avvenne in Spagna vent'anni più tardi e sarebbe stato un macello che avrebbe fatto seguito a quello già avvenuto sui fronti della grande guerra: la madre di tutte le tragedie nazionalsocialiste del secolo breve già incinta della figlia: la seconda 'guerra mondiale' e l'atomica che la conclude.

Legalità repubblicana e uomini probi e onesti che la amministrino e contrastino il malaffare e i nuovi dux in pectore che si ripropongono: è la lezione che ci viene da una storia di ferocie belluine e di martiri inutili e di guerre conseguenti ai sogni fradici degli Imperi.

E gli Hutu e i Tutsi dei tragici anni Venti è l'incubo che sempre incombe sulle fragili democrazie.

http://tiresia.over-blog.it/article-31433813.html

martedì 2 marzo 2010

le parole,i canti,il Verbo e le nostre paure


Dovremmo cantare, forse. Il canto consola. Il canto è un in-canto e lo ritroviamo in tutto ciò che ci trasporta in alto e ci 'libera': l'anima, o il sentimento e poco importa il sacro o il profano.

Si canta nel corso della messa, cantano gli ebrei ortodossi i loro inni o i 'mantra', come fanno i buddisti tibetani, cantano i grassi sacerdoti induisti nei loro templi affumicati e sudici. Cantavano le baccanti e i fedeli di Dioniso durante le processioni che celebravano la forza dell'emozione e della passione che fa aggio o s'intreccia colla razionalità e la tempera e la 'umanizza'.



Il mondo tutto 'canta', sommessamente o a squarciagola, ma è tutto un girare a vuoto attorno alla questione fondamentale: il canto che va in alto viene ascoltato da Qualcuno?

O è un canto auto ipnotico, un tentativo, sia pure commovente, esaltante, di 'cercare il contatto', ma, ahinoi, Lassù nessuno risponde perché, forse davvero non c'è Nessuno: nessun Empireo, nessun consesso di santi e beati, nessuna folla di trapassati che si spintona per la prima fila al passaggio della Grande Luce e/o per 'sedere alla destra del Padre'?



'C'è Qualcun'altro?' si chiede il tizio appeso a un viadotto - e il vuoto abissale di sotto che sta per inghiottirlo - dopo che una Voce gli comanda ieraticamente: 'Lasciati andare. Abbi fiducia in me!' - bella gag di Paolo Rossi in un suo spettacolo ormai datato.



Jahvè e tutte le sue diverse denominazioni 'all over the world and people' sono un 'precipitato di parole': tutte le parole che usiamo per convincerci che avremo riconoscimento e salvezza individuale e collettiva dopo la nostra morte - che tanto ci spaventa per il buio e il nulla che ci inghiotte.



Dovremmo finalmente accettare che sono le parole, il Verbo, che si son fatte Dio, ma il Verbo è il nostro, detto da antichi 'profeti' in forma leggendaria e mai aggiornato al terzo millennio.

Siamo noi uomini il Verbo: tutti noi che quel Dio cerchiamo annaspando, costruendo laboriose leggende bibliche, esegesi, dottrine, miti delle origini i più vari e diversi e ingenui e fantasiosi.



E siamo (stati) così stupidi che su quei miti e le loro settarie interpretazioni abbiamo combattuto guerre, gridato 'Dio lo vuole' e allacciato cinture esplosive ai fianchi dei 'martiri islamici' e via elencando delle spaventose cose che in nome di quel Verbo -diversamente declinato a seconda della latitudine e del ventre che ci ha partorito e della cultura di appartenenza- abbiamo pronunciato e pronunciamo in un delirio ininterrotto lungo migliaia di anni.



Quando ci assumeremo la responsabilità piena del nostro essere Verbo e Semidei e ci proietteremo con il necessario entusiasmo sui viaggi spaziali e le astronavi e i computer potentissimi che ci aiuteranno a colonizzare il cosmo, compiremo finalmente quel rito chiamato 'il congedo dai genitori' o 'l'uccisione del padre'.



Pare che ci vorrà ancora qualche secolo e molta pazienza e tolleranza e pietà per il 'male necessario' delle stupide cose e crudeli che ci affliggono e continueranno ad affliggere i nostri figli e nipoti, ma 'tempo verrà' che usciremo 'a rivedere le stelle'.

Amen e così sia (battere cento volte il capo sul Muro del Pianto e intonare il Canto).